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Autore: Mei91    20/12/2016    5 recensioni
Mentre al villaggio tutti si apprestano a ultimare i preparativi per festeggiare il Natale, i pensieri di Rin vanno a Kohaku e Sesshomaru, che sono lontani ormai da un anno..."
Fanfiction scritta per il contest di Natale "Sfida a catena" indetto dal gruppo facebook "Takahashi Fanfiction Italia"
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sfida a catena indetto dal gruppo facebook Takahashi Fanfiction Italia

La mia sfida: Sesshomaru e Kohaku dovranno andare a prendere un regalo per natale per RIn e entrambi vogliono prenderle la stessa cosa. Alla fine ci deve essere un cenone con tutti i personaggi principali

 

 

 

 A FAMILY FOR CHRISTMAS

 

 

 

Natale era così vicino!

Seppur Rin non conoscesse bene questo Natale, da tre anni a quella parte: ovvero da quando Kagome era tornata dal futuro nell’Epoca Sengoku per sposare il fratello del Signor Sesshomaru, aveva portato con sé anche la celebrazione di quella nuova ed entusiasmante festa.

Nonostante Kagome ogni anno, assiduamente, le spiegasse che cosa significasse il Natale, lei ancora non lo aveva ben compreso, ma di una cosa era sicura: in quel giorno succedevano cose uniche, speciali.

Il primo anno in cui lo avevano festeggiato, dal pozzo Mangia Ossa, era avvenuto un miracolo, o perlomeno così lo chiamava Kagome: i membri della famiglia della ragazza erano riusciti a usarlo come passaggio, ed erano arrivati nel passato; infatti per la prima volta, quell’anno festeggiarono il Natale assieme alla figlia nell’epoca in cui lei aveva deciso di stare. Rin li trovava simpatici: la madre di Kagome era molto dolce; il nonno era un po’ strano, sempre troppo entusiasta nel vedere templi o sacerdotesse; con Sota aveva stretto una profonda amicizia e lo considerava quasi come se fosse anche suo fratello.

Il secondo anno di Natale invece, Sesshomaru era tornato al villaggio per incontrarla e aveva passato con lei più di qualche ora, ma alla fine si era fermato lì per mesi da quel giorno, e la cosa ancora più strana era che gli abitanti del villaggio gli portavano rispetto, gli rivolgevano parole cortesi e non lo temevano più. Non avevano paura di lui perché era il fratello maggiore del loro eroe, ovvero il Signor Inuyasha e marito di Kagome. Sesshomaru in quei mesi si era avvicinato anche parecchio a Inuyasha e a Kagome, e in qualche modo aveva mostrato interesse nel capire cosa avesse di così speciale quel Natale, per rendere euforica la moglie del fratello, allegre le genti del villaggio e imbronciato Inuyasha.

Quell’anno però Kagome aveva deciso di fare le cose in grande e aveva portato dal futuro una serie di pacchettini incartati, dando specifico ordine di non toccarli prima del fatidico giorno. Inoltre, con nonchalance, aveva costretto Inuyasha a usare la tecnica del Kongosoa per creare una quantità indefinita di smerigli. A quel punto li aveva appesi sugli enormi rami del Goshimboku, sulle capanne del villaggio e su molti degli alberi circostanti, creando un’atmosfera magica. Sempre dal futuro, aveva portato un’enorme stella gialla e luminosa e aveva ordinato al povero Inuyasha di portarla in cima all’enorme albero secolare per mettercela sopra. Il Goshimboku aveva preso così a brillare di luce propria, creando in tutti coloro che lo guardavano una sorta di pace interiore senza pari.

Kagome aveva poi ordinato a Sota di aiutarla ad allietare quel Natale insegnando a Rin stessa, a Sango, a Shippo, a Miroku, a Kohaku, e persino a Kirara, strani canti e musichette a sfondo natalizio, come diceva lei. Kagome aveva tentato di insegnare anche a Sesshomaru quei canti, venendo, come era prevedibile, ampiamente ignorata. Con Inuyasha non era andata meglio: il marito aveva preferito raggiungere il fratello per evitare quel supplizio, anche se Rin lo trovava divertente.

In quel giorno, la ragazza del futuro, aveva preso anche a raccontare molte leggende che riguardavano il Natale, ma una in particolare l’aveva colpita.

La leggenda del demone normanno del vischio.

Un demone innocuo, a prima vista, ma con il potere di rendere felici le persone, di donare loro amore, prosperità, fortuna, sicurezza, protezione e benessere. Però aveva anche raccontato che nel giorno di Natale, ogni cinquecento anni, questa creatura tornava in Giappone per forgiare con la propria essenza, un gioiello in grado di donare a chi lo indossasse la facoltà di vedere realizzati, seppur solo per una volta, tutti i desideri più intimi dell’anima a cui l’oggetto veniva donato.

Rin si chiese se quella leggenda fosse vera e si disse che avrebbe tanto desiderato conoscere quel famoso demone del vischio.

Kagome aveva preso a raccontare anche la leggenda di un certo tizio che si faceva chiamare Babbo Natale e della sua fantomatica missione: in una sola notte poteva portare dei regali a tutti i bambini buoni del mondo. La giovane si chiese se questo Babbo Natale non fosse anche lui un demone, data la sua facoltà di rendere felici i piccoli di tutto il mondo in così breve tempo.

Dopo i racconti della ragazza del futuro, quella notte, Sesshomaru e Kohaku erano spariti nel nulla; lo sterminatore aveva lasciato dietro di sé soltanto una pergamena destinata a Rin, in cui affermava che sarebbe partito con il Signor Sesshomaru per allenarsi con lui e diventare più forte.

Rin aveva sospirato, non capendo il perché quei due se ne fossero andati senza nemmeno salutarla.

D’allora era passato un altro anno, e Kagome aveva già cominciato con la solfa dell’anno precedente riguardo al Natale. Rin era decisa a donarle tutto il suo appoggio. Era energica, euforica, frenetica, all’idea di vedere inscenato un’altra festa, questa volta con il suo contributo; inoltre sperava ardentemente che Sesshomaru e Kohaku, per le festività natalizie, sarebbero tornati al villaggio e lei non vedeva l’ora di rivederli e di far vedere al suo adorato Signor Sesshomaru come aveva contribuito ad aiutare Kagome. Inoltre voleva raccontagli le leggende riguardanti quel giorno così speciale, anche se lei stessa non le conosceva ancora bene.

 

………

 

Il tempo al fianco del signor Sesshomaru era passato velocemente: i vari combattimenti avvenuti in quell’anno avevano reso Kohaku più forte, più sicuro di sé, ma il pensiero di Rin non aveva mai abbandonato la sua mente. Voleva a tutti i costi dimostrarle di essere diventato un grande sterminatore e di poterla proteggere. Non vedeva l’ora di tornare al villaggio per poterle fare la tanto desiderata proposta di matrimonio, ma un dubbio lo tartassava: era un bene presentarsi durante le festività senza nemmeno un dono da portarle?

No, decisamente no. Doveva trovare un regalo adatto prima che il Natale giungesse, e ormai mancavano meno di due settimane.

Sesshomaru camminava lentamente seguito dal ragazzo, mentre un gelido vento gli muoveva i capelli facendoli volteggiare. Presto avrebbe nevicato nuovamente: il demone sentiva l’odore della neve nell’aria, sinonimo del Natale, festa che da tre anni a quella parte la sua piccola Rin aveva iniziato ad amare

Nei mesi in cui aveva vissuto al villaggio sotto le festività Natalizie, aveva notato che negli occhi della sua protetta si era acceso come un barlume, una sorta di allegria e gioia, era felice come non mai, e più lei era felice, più lo era lui.

Per Sesshomaru non c’era nulla che valesse di più del sorriso di Rin, che aggiunto all’atmosfera di pace che il Natale di Kagome aveva portato nell’Epoca Sengoku, per la prima volta lo avevano fatto sentire a casa in quel villaggio, spingendolo anche ad accettare il fratello e a condividere con lui le sue giornate, specialmente quando la moglie lo costringeva a fare cose di estrema futilità.

Per questo aveva deciso di intraprendere quel viaggio: per capire e valutare se davvero le sensazioni di pace e di casa, che aveva provato al villaggio, fossero solo dovuto al Natale e a Rin, oppure se viaggiando avrebbe ritrovato altrove quelle emozioni.

Alla fine era giunto a una conclusione: casa, pace e serenità stavano dove stava la famiglia e la sua famiglia erano Rin, Inuyasha e Kagome.

Doveva tornare, ma non aveva intenzione di presentarsi a Rin senza nemmeno un regalo di Natale.

Doveva trovare per lei il migliore dei regali, poi avrebbe ripreso il viaggio verso il villaggio, ma il tempo stringeva.

“Padron Sesshomaru, cosa stiamo cercando?” Chiese Kohaku.

Il demone lo fulminò con lo sguardo ma non gli rispose. Il ragazzo emise un sospiro.

“Tra poco sarà Natale… Rin si aspetta…”

“Kohaku!” Lo chiamò freddo Sesshomaru bloccando il passo e odorando impercettibilmente l’aria.

“Si?”

“Taci!”

Una folata di vento li investì e Kohaku rabbrividì da capo a piedi. Una donna fece la sua apparizione davanti a loro: aveva lunghissimi capelli verdi, sembravano quasi delle foglie di vischio, gli occhi erano di un marrone caldo e le labbra tinte di rosso. Il ragazzo capì subito che si trattasse di una demone, e in un primo mento si mise in guardia, per poi rilassarsi quando la vide inchinarsi prontamente davanti a Sesshomaru.

“Mio buon amico, quale onore rivedervi dopo cinquecento anni!”

Kohaku sussultò.

“Come osi tu, orrendo demone, fermare il passo del Signor Sesshomaru!?” Chiese per poi lanciare la sua falce contro di lei, che prontamente la evitò emettendo delle risate di scherno.

“Padron Sesshomaru, dovreste insegnare le buone maniere al ragazzino. Se qualcuno porge un cheto saluto con tanto d’inchino, non ha certo intenzioni cattive, e poi io non attenterei mai alla vita di colui che pochi anni fa salvò la mia.”

“Freya, cinquecento anni non sono pochi!” Dichiarò Sesshomaru in tono controllato.

“Per me che sono il demone del vischio, valgono come cinque… all’epoca che mi salvaste la vita vi feci una promessa: quando ci saremmo incontrati di nuovo, avreste potuto chiedermi qualsiasi cosa desideraste! Quindi ora sono qui per sdebitarmi, chiedete pure.”

“Non voglio nulla!” Le comunicò il demone per poi riprendere il passo. La donna ridacchiò e si rivolse a Kohaku sfilandosi dal collo una collana e porgendogliela. Sesshomaru si era fermato ad aspettare il ragazzo, ma intanto l’orecchio era attento al discorso di Freya.

“Prendila tu dato che l’orgoglio smisurato del tuo padrone non permette che qualcuno si sdebiti. Gli dono questa collana, non amo ritornare su vecchie promesse più di una volta! Con questo ho ripagato il mio debito”

“Voi chi siete e cosa potete offrire al padrone che lui già non abbia? E inoltre che se ne farebbe padron Sesshomaru di questa collana?” Chiese Kohaku, che poi osservando meglio quel gingillo si rese conto di quanto fosse bello, e si ritrovò a pensare inevitabilmente che potesse essere il regalo perfetto per Rin.

La demone sorrise beffarda.

“Io sono Freya, il demone normanno del vischio, ogni cinquecento anni torno in Giappone per forgiare una collana dai particolari poteri. Questa conferisce un grande potere a chi la indossa: dona amore, prosperità, sicurezza e, se usata bene, è in grado di realizzare i desideri più profondi dell’anima di chi la indossa… ma attenzione: può essere usata solo una volta e può esaudire i desideri solo in una notte specifica, ultimamente in quest’epoca la chiamate con il nome di: Notte di Natale.” Concluse Freya per poi sparire come era venuta.

Kohaku guardò la collana incredulo, poi si avvicinò a Sesshomaru e gliela porse. Stranamente il demone la prese per poi tornare a camminare in direzione del villaggio.

Durante il viaggio di ritorno Sesshomaru si accorse che Kohaku era molto pensieroso e che probabilmente stavano pensando alla stessa cosa.

Quella collana era il dono perfetto per Rin, e il demone aveva intuito il bisogno estremo del giovane di non presentarsi a mani vuote alla ragazza.

Socchiudendo gli occhi Sesshomaru si fermò mentre Kohaku distratto per com’era gli andò a sbattere contro cadendo poi miseramente con il sedere a terra.

“Oh… scusate Sesshomaru-sama! Io…” Le parole gli morirono in gola quando vide la mano di Sesshomaru che gli porgeva la collana.

“Tienila tu! A me non serve!” Dichiarò senza neanche guardarlo negli occhi.

“Ma padrone…”

A quel punto i loro sguardi si incrociarono e il ragazzo capì all’istante che non poteva replicare, quindi prese piano la collana tra le mani e lo ringraziò. Il demone non rispose e riprese il cammino verso il villaggio.

 

….

 

Inuyasha non ne poteva più.

Mancavano appena due giorni a Natale e in quel periodo Kagome diventava una vera e propria strega! Utilizzava i suoi malefici “a cuccia” per obbligarlo a fare ciò che voleva. Da giorni lei e Rin si erano coalizzate costringendolo a utilizzare più e più volte la tecnica del Kongosoa per creare gli smerigli per addobbare alberi e capanne di tutto il villaggio. A completare il tutto aveva iniziato anche a nevicare e i fiocchi di neve a contatto con i diamanti davano un connubio di colori dal rosso, al verde, al blu e al bianco.

Inoltre Kagome lo aveva costretto a scarrozzarla sulle cime degli alberi per appendere gli smerigli anche lì, con l’aggiunta di stelle dorate portate dal futuro.

Era esausto, mai come in quel momento aveva sperato di veder ritornare Sesshomaru o addirittura Naraku, tutto purché finisse quel supplizio sgradevole a cui la moglie da tre anni lo sottoponeva! Non ne poteva più.

“Inuyasha!”

La voce di Miroku giunse alle sue orecchie come un balsamo. Scese dall’albero su cui si era nascosto per raggiungerlo.

“Mi spieghi che stanno combinando Kagome, Rin e Sango dentro quella capanna?”

“Un cenone!”

“Un che?”

“Un cenone Natalizio.” Sussurrò esasperato mentre Miroku ridacchiava.

“Fratellone!” Urlò Sota raggiungendo Inuyasha che inarcò un sopracciglio e lo guardò.

“Fratellone, ci sono rumori strani dentro la tua capanna e c’è odore di bruciato!”

“Oh Kami!” Gemette il mezzo demone sbattendosi una mano in faccia.

“Non dirmi che Kagome sta cucinando!?” Fece il ragazzino terrorizzato.

“A quanto pare!”

“Oh Kami no… la nazista del Natale ora si vuole cimentare con l’arte culinaria! Ma perché?” Chiese Sota allarmato.

“Vuole creare una sorta di cenone Natalizio… la nazista?” Borbottò Inuyasha.

“Nel futuro la chiamavamo la nazista del Natale perché per lei doveva essere perfetto. Ci costringeva a lavorare per gli addobbi, per i regali e via dicendo, diventando al pari di una nazista e ora… Oh no! Oh no, mia sorella ha proprio deciso di avvelenarci tutti! Mamma!” Urlò scappando a gambe levate.

Miroku inarcò un sopracciglio. Né lui né Inuyasha avevano la più pallida idea di cosa significasse nazista.

“È davvero così pericoloso” Domandò il monaco iniziando a tremare all’idea.

“Dalla reazione di Sota, sospetto che sia anche peggio. Oh Kami, non mi ha ucciso Naraku solo perché ha passato la mano a mia moglie! Siamo morti!” Si lamentò Inuyasha mentre delle urla allarmate delle tre donne dentro alla capanna giunsero alle loro orecchie insieme all’odore pungente di bruciato.

“Siamo morti!”

Il giorno seguente, a pomeriggio inoltrato del ventiquattro dicembre, Sesshomaru e Kohaku erano finalmente giunti al villaggio, trovandolo pieno di brilluccichii assurdi, persino più di quelli degli anni precedenti. Vedendo l’utilizzo spropositato che era stato fatto anche dei fiori come decorazioni, entrambi capirono che probabilmente quell’anno a dare man forte a Kagome nelle sue pazze idee, ci si era messa anche Rin. Quest’ultima, come se avesse percepito la presenza del suo migliore amico e del suo padrone, si catapultò fuori dalla capanna con il kimono blu macchiato di una roba indefinita.

“Padron Sesshomaru! Kohaku! Che bello siete tornati in tempo per il cenone Natalizio! Abbiamo cucinato cose buonissime!” Esultò per poi tuffarsi tra le braccia di Sesshomaru che storse leggermente il naso per l’odore pungente di cibo che emanava.

Kohaku sussultò.

“Tu… tu… hai cucinato?”

“Sì, sì! Non vedo l’ora che tu e padron Sesshomaru assaggiate tutto!”

Kohaku gemette, poi sussurrò: “Mal di pancia in arrivo!”

“Come?” Chiese Rin mentre anche Sesshomaru si voltava verso il ragazzo per capire. Lui ancora non aveva avuto l’onore di assaporare le pietanze cucinate dalla giovane.

“Niente, niente! Non vedo l’ora di assaggiare! “

“Davvero?”

“Sì! Ti ho portato un regalo!” Disse con un sorriso.

“Davvero? Cos’è? Cos’è? Cos’è?” Domandò euforica cominciando a saltare. Intanto però, per istinto, aveva preso la mano di Sesshomaru intrecciando le proprie dita con quelle del demone.

“Ehm… ecco vorrei parlati in privato e consegnarti il dono!”

L’euforia di Rin si spense all’istante.

“Ma non puoi dirmelo qui con il Signor Sesshomaru? Dai finalmente siamo tutti insieme!”

“Rin…” Iniziò il demone, ma la ragazza continuò a parlare e strinse maggiormente la sua mano per poi portarsi il braccio di Sesshomaru stretto al petto.

“Dai, Kohaku, tra noi non ci devono essere segreti! Nessuno, nessuno! Te lo ricordi? Ce lo siamo promessi da bambini!” Sussurrò.

Kohaku sobbalzò notando come stringesse Sesshomaru e come la infastidisse soltanto l’idea di separarsi da lui per qualche minuto. Con il ragazzo non aveva mai fatto così, anzi non ricordava neanche se Rin lo avesse mai abbracciato.

In quel momento capì di non avere speranze. Sollevò il viso e lo puntò sul demone, lanciandogli uno sguardo che significava molte cose, come a dirgli: te la lascio, ma se la farai soffrire ti ammazzerò. Per risposta, per la prima volta in vita sua, Kohaku ricevette un leggero sorriso da parte di Sesshomaru, e un cenno di assenso con la testa.

“Beh… ok. Adesso ti sei fatta grande Rin, sei diventata una bella donna, quindi ho pensato che ogni bella donna debba possedere una bella collana! Ecco qui!” Esclamò porgendole il gioiello.

La ragazza la prese con gli occhi che brillavano ma non lasciando mai la mano del demone.

Si trovavano sotto il Goshinboku pieno di smerigli, e ciò creava un’atmosfera davvero magica.

“Oddio Kohaku, ma è bellissima. Stupenda. Grazie, grazie Kohaku l’adoro!” Rin, per la prima volta da quando si erano rivisti, staccò la mano da quella di Sesshomaru e si catapultò addosso al ragazzo, stritolandolo in un abbraccio e sbaciucchiandogli una guancia.

Lo sterminatore arrossì da capo a piedi, e prima di fare qualcosa di cui si sarebbe sicuramente pentito, scatenando le furie di Sesshomaru e perdendo l’amicizia di Rin, si staccò da lei, la salutò con un dolce sorriso che celava la sua tristezza, si diresse dentro la capanna a salutare sua sorella Sango.

La ragazza batté più volte le palpebre, poi la voce di Sesshomaru le arrivò alle orecchie scatenandole un brivido lungo tutta la colonna vertebrale.

“Che mi sono perso?”

Rin ridacchiò e si voltò verso di lui.

“Natale è stanotte e noi siamo in festa… e ora che ci siete anche voi siamo al completo!” Lo informò tuffandoglisi nuovamente addosso. Le era mancato infinitamente. Lui ricambiò l’abbraccio mentre sul ramo del Goshimboku spuntò un ramoscello di vischio, che fece inarcare un sopracciglio al demone.

La voce di Freya risuonò nella sua mente.

“Baciala sotto il vischio. I doni che riceverai, sia tu che la fanciulla, saranno assai ben più grandi di quanto mai possa fare quella collana. Sii sincero con lei e con te stesso, apriti e falle il tuo dono. Dalle il tuo cuore e niente mai la potrà scalfire. Il vischio la proteggerà, così come proteggerà te, vi donerà amore e prosperità, sarete accettati e stimati senza alcuno pregiudizio. Il bacio sotto il vischio vi donerà amore, lei diventerà un mezzo demone e al tuo fianco vivrà per l’eternità. Il mio dono per te, padron Sesshomaru è questo. Buon Natale e a fra cinquecento anni, se ci rincontreremo. Freya.”

Sesshomaru non seppe perché ma quelle parole gli quietarono l’anima e lo fecero sorridere. Istintivamente si staccò da Rin e le mise una mano sotto il mento, per poi chinarsi su di lei e unire le sue labbra a quelle della giovane. La sentì annaspare, poi sospirare, poi agganciare le braccia attorno alla sua vita, sorridere sulle sue labbra e infine partecipare con ardore al bacio.

Lentamente Sesshomaru si staccò da lei e sussurrò.

“Sii per sempre mia Rin. Sposami!”

“Oh, Kami! Oh, Kami…” Iniziò lei balbettando e ansimando, poi urlò. “OH KAMI SANTI…Sì! Sì! Sì!!!” Prese a saltare come una bambina per poi fermarsi di scatto e notare il vischio. Con un sorriso puntò gli occhi su di lui che a sua volta stava sorridendo nel vederla così felice per la sua proposta.

“Un bacio sotto il vischio e un marito! Questo è il più bel Natale della mia vita, non potevo desiderare di meglio. È proprio vero, in questo giorno succedono cose bellissime!” Era euforica, si riappropriò delle labbra di Sesshomaru che in un primo momento si sorprese poi la ricambiò, infine una luce verde invase il corpo della ragazza, avvolgendola completamente, celandola alla vista, per poi diramarsi. Quando il demone riuscì di nuovo a vederla, si rese conto che fosse mutata: orecchiette nere sulla testa, canini appuntiti e artigli, le curve al posto giusto, dannatamente sexy. Il suo corpo emanava odore di demone cane assieme a quello d’umano.

“Ma che…” Iniziò a dire lei non capendo cosa fosse accaduto.

“Ora davvero possiamo stare insieme per sempre. Rin, sei come Inuyasha!” Esclamò Sesshomaru.

“Basta che non mi mandi a cuccia!” Ridacchiò lei stringendolo.

A quel punto insieme si avviarono dentro il villaggio a spiegare a tutti quello che era successo.

Quando entrarono dentro la capanna di Kagome e Inuyasha, un odore pungente di cibo speziato arrivò dritto alle narici di Sesshomaru, facendogli storcere leggermente le labbra. Molti umani che erano lì per festeggiare, alla vista del demone, sussultarono increduli, poi esclamarono: “Per il fulmini, donne, dobbiamo assolutamente aggiungere un posto a tavola!”

Un vecchio, accortosi di Sesshomaru, iniziò a correre urlando il nome di Inuyasha per avvertirlo che anche quel Natale il possente principe dei demoni era tornato al villaggio umano.

Il mezzo demone, appresa la notizia, si limitò a sbuffare stizzito. Rin prese la mano di Sesshomaru, che sembrava quasi infastidito da quella reazione.

 “Non ci fare caso” gli disse “Ogni volta, in questa festività, Inuyasha fa l’imbronciato. Non ho mai capito perché, è un festa così bella!”

Il demone annuì, e quando la porta della capanna si aprì rivelando suo fratello con addosso due bambine che gli tiravano le orecchie, un moccioso attaccato alla gamba destra e uno alla sinistra e che ridevano colmi di gioia, Sesshomaru capì perché Inuyasha odiasse il Natale.

“Babbo Nachele… dai zio Inuyasha fai il vecchio Babbo Nachele….” Urlò piena di euforia una delle bambine mentre il mezzo demone cercava inutilmente di liberarsene.

“Miroku, per carità riprenditi le mocciose!” Sbraitò infastidito non ottenendo nessuna risposta dal legittimo proprietario di quelle canaglie, che se ne stava nell’altra stanza a farsi i fatti suoi. Un attimo dopo Inuyasha spostò la sua attenzione su Sesshomaru e disse: “Che cavolo ci fai tu qui? E che hai da guardare?! Maledette mocciose!”

“Bambine, non tirate le orecchie allo zio! Almeno questo vi prego!” Fece Rin staccando la mano da quella di Sesshomaru per cercare di liberare il mezzo demone da quelle piccole pesti.

“Inu! Inu! Inu!” Canticchiavano rumorosamente i piccoli.

“Odio il Natale!”

Sesshomaru, impietosito, si avvicinò a una bambina e la prese per la vita staccandola dal fratello, sotto lo sguardo attonito di quest’ultimo e della nuova compagna. La ragazzina, implacabile, si arrampicò su di lui e prese a tiragli i capelli.

“Maru! Maru! Maru!” Fece con gli occhi che brillavano per l’entusiasmo.

Inuyasha fu tentato di scoppiare a ridere, ma si trattenne al contrario di Rin che non poté fare a meno di cedere a una molesta ilarità.

Richiamati dagli schiamazzi della sala da pranzo, Sango, Miroku e Kagome accorsero e, alla vista della loro bambina che se la stava prendendo con il più feroce dei demoni in circolazione, si gelò loro il sangue nelle vene.

Sesshomaru restava apparentemente impassibile.

“Ma come cavolo fai a resistere?” Chiese incredulo Inuyasha.

“Abitudine!” Rispose il demone causando lo stupore di Rin, che restò allibita.

 “C… che vorresti dire con questo?” Fece incrociando le braccia al petto mentre lui le lanciava un’occhiata eloquente.

“Ok, va bene! Colpita e affondata! Ero una piovra da piccola ma non c’è bisogno di puntualizzare!”

“Non l’ho fatto. Hai fatto tutto da sola!” Le fece Notare Sesshomaru, mettendola ancor di più in imbarazzo.

In quel momento Kohaku entrò nella capanna e alla vista del demone con addosso la nipote che gli tirava i capelli sbiancò.

“Moriko! Che stai facendo?! Padron Sesshomaru non è come Inuyasha! Staccati subito!” Fece lo sterminatore cercando di tirare via la piccola, ma questa scoppiò a piangere attaccandosi ancor più morbosamente al demone.

Sesshomaru chiuse gli occhi facendo appello a tutto il suo autocontrollo.

“No! No! No! Maru! Maru! Maru!!!”

“Staccati Moriko! E tu Koriko, lascia Inuyasha! Per i Kami, non sono giocattoli! Sango! Miroku!” Si lamentò esasperato.

Il figlio maschio di Sango e Miroku, colpo dall’euforia del gioco che le sorelle stavano facendo, preso a tirare i capelli a Rin tutto contento.

“Takashi anche tu no! Dove sei dannata sorella?!” Esclamò Kohaku mentre con la mano destra tirava la gemella attaccata a Sesshomaru e con la mano sinistra Takashi che non voleva mollare Rin. Il ragazzino sembrava divertirsi un mondo, mentre Moriko era in un fiume di lacrime perché non voleva lasciare il demone, e più lo zio tirava i due bambini, più loro si opponevano, facendo male sia alla ragazza che a Sesshomaru.

Alla fine Rin sbottò: “Smettila Kohaku! Non li tirare! Se tiri ci fai male!”

Il demone non emise un fiato mentre Inuyasha lo osservava incredulo.

A quel punto Sango e Miroku si presentarono nella sala da pranzo con i pentoloni di cibo.

“OH Kami santi!” Esclamò Sango correndo da Sesshomaru e staccando la figlia da lui. Prontamente anche il monaco corse da Takashi per prenderlo, ma il moccioso pareva non voler abbandonare la ragazza e continuava a tirarle i capelli con forza maggiore.

“Ahi!!! Miroku, dovresti aiutarmi non rendermi calva. Aiuto!” Piagnucolò la povera vittima.

“Takashi, lo so che è una bella ragazza, e magari quando crescerai la potrai corteggiare, ma ora lasciala!” Cercò di convincerlo.

Il piccolo rise ribattendo con convinzione: “No… Rin mia!”

“Sì, ma quando crescerai! Papà ti sosterrà!”

Sesshomaru fulminò Miroku, che deglutì lanciandogli uno sguardo di intesa leggermente nervoso, come a volergli assicurare che lo stesse dicendo solo per placare il bambino.

Intanto Kagome si era avvicinata a Inuyasha e aveva staccato i due bambini, un maschio e una femmina, dalle gambe del marito.

“Mamma, Moriko e Koriko hanno detto che papà è loro!” Protestò il maschietto.

“No piccoli miei, Inuyasha è solo vostro. Non ve lo rubano! Su lasciate che papà si alzi!”

I due bambini erano gemelli e sembravano non avere più di un anno.

Sesshomaru non se ne era accorto immediatamente, ma in un secondo momento gli fu tutto chiaro: quelli erano i figli di Inuyasha e Kagome! Riusciva a sentirne l’odore demoniaco, anche se più lieve di quello del loro padre. Guardò incredulo il fratello come se volesse rimproverargli di aver taciuto sull’esistenza di quei bambini.

“Non hai chiesto e io non te l’ho detto! Ho due figli: Inumaru e Serin.” Si ritrovò quasi a giustificarsi il mezzo demone, poi si rivolse ai figli dicendo con un po’ di imbarazzo: “Bambini, lui è vostro zio Sesshomaru!”

“Rin…” Iniziò il demone rivolgendosi alla compagna.

“Non ci ho davvero pensato a dirtelo! È una delle novità che sono avvenute in questo anno durante la tua assenza!”

Sesshomaru sospirò tornando a guardare quei piccoli corpicini.

Quando finalmente Miroku riuscì a staccare il figlio da Rin, tutti si sedettero a cenare.

Mangiarono con gusto le pietanze cucinate da Kagome e Sango, non senza una certa incredulità: la loro cucina era… decente? Addirittura gustosa! Kagome aveva fatto progressi in cucina, enormi progressi! Tuttavia quando arrivò il dolce cucinato da Rin, Sesshomaru e Inuyasha, così come tutti gli altri, per poco non vomitarono.

“Ma… ma che c’è?” Chiese la ragazza mortificata. Nessuno osò rispondere in un primo momento, e alla fine solo Kohaku ebbe il coraggio di parlare.

“Rin…”

“Sì?”

“Il dolce…”

“È buono, vero?” Fece lei accennando un sorriso.

“È disgustoso!” Si ritrovò a dirle il ragazzo mortificato ma sincero.

Un urlò disumano riempi il villaggio.

Rin aveva dato un poderoso calcio nei gioielli di famiglia di Kohaku e quest’ultimo si era ritrovato a contorcersi a terra in un mare di imprecazioni.

“Così impari a dire bugie!” Ringhiò per poi rivolgersi a Sesshomaru dicendo: “Non è vero, mio futuro marito? Non ho cucinato un dolce da leccarsi i baffi?”

In tutta la stanza piombò un silenzio di tomba.

“Delizioso!” Esordì freddo Sesshomaru.

Inuyasha avrebbe voluto contraddirlo riguardo a dessert, ma in realtà l’espressione futuro marito aveva catturato la sua attenzione, tanto che si ritrovò a chiedere: “Cos’è questa storia?”

“Ho deciso di sposare Rin. Qualcosa da obiettare Inuyasha?”

“Io? No! Auguri fratello!” Si congratulò per poi accostarsi velocemente all’orecchio del demone e sussurrare: “Te la sorbirai tu da adesso in poi la sua cucina! E le dovrai mentire sempre, perché se per caso le dirai la verità…” Indicò il povero Kohaku, che ancora si teneva l’inguine dolorante con la mano “Potresti finire anche peggio di lui... Buon Natale Sesshomaru!”

Lo sguardo freddo del fratello gli lasciò intendere che lo considerasse un idiota, ma Inuyasha ignorò quella tacita accusa e si ritrovò a ridacchiare per quella che sarebbe stata la sua sorte con una moglie del genere.

Tre ore dopo, Sesshomaru e Rin erano stesi nella loro capanna, nudi, abbracciati l’uno all’altra.

“Sei sorpreso?” Chiese la ragazza.

“Per cosa?”

“Per Inuyasha!”

Sesshomaru accennò un sorriso dicendo: “Non pensavo che avrebbe avuto dei figli… e poi i nomi…”

“Perché no? È sposato da tre anni, è normale che alla fine abbia deciso di crearsi una famiglia… i nomi non sono scelti a caso.”

“Ah no?”

“Il nome del maschietto Inumaru, è l’unione del nome di Inuyasha e del tuo, lo ha scelto Kagome!”

Sesshomaru sussultò, aveva pensato che fosse semplicemente il suffisso per ottenere il significato ragazzo cane, non che c’entrasse qualcosa con lui. Sorrise sentendo una strana sensazione di calore nel petto, poi annuì dicendo: “E la femmina?”

“Serin? Arrivaci dai, non sei scemo!” Gli disse lei divertita.

Sesshomaru rifletté un secondo, poi sussultò: “L’unione del mio e del tuo nome?”

“Esatto e lo ha scelto Inuyasha stesso. Già l’anno scorso ho sentito dire a Kagome che sperava di spingerti a dichiararti a me o qualcosa di simile… a quel tempo non ci feci caso… secondo loro quando avresti sentito il nome della bambina...”

“L’ho fatto prima però!”

“E’ vero, ma lasciamo credere a Inuyasha e Kagome che sia stato il nome della bambina a spingerti a chiedermi in moglie, dopotutto è Natale!” Fece Rin sorridendo.

Sesshomaru la guardò intenerito.

“Solo perché sei tu a chiedermelo. Buon Natale Rin!”

“Buon Natale Sesshomaru!” Esclamò Rin prima di unire le labbra quelle del suo futuro sposo.

 

 

   
 
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