Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: Sophja99    21/12/2016    5 recensioni
Anys è una guerriera, che si è fatta strada nell'esercito reale grazie all'impegno e al desiderio di farsi valere e proteggere il suo regno da un mortale e pericoloso popolo nemico. La sua vita, tuttavia, cambia radicalmente dopo la conoscenza di Kyria, una donna all'apparenza completamente diversa da lei, ma che in realtà riesce a comprenderla meglio di chiunque altro.
Sesta classificata al contest "È una storia sai…" indetto da Najara87 sul forum di Efp.
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nome: Sophja99
Titolo: Soldier
Canzone: Suona il corno (Spirit)
Immagine: C
Note (Questo punto è fondamentale, vi ricordo che voglio che mi spieghiate come avete inteso la canzone e come la vostra storia la rispecchia): Diciamo che inizialmente ho scelto la canzone “Suona il corno” perché adoro Spirit e il messaggio del cartone sulla libertà e sul non arrendersi mai, nonostante tutto ciò che Spirit è costretto ad affrontare. In particolare, nel film la canzone parte nel momento in cui Spirit viene catturato dagli uomini e separato dal suo branco e da sua madre. È proprio questo il collegamento con la storia, che parla dell'amore tra due giovani donne, che, tuttavia, viene interrotto dalla guerra. Anys viene privata della sua libertà a vivere e amare Kyria, ma fino all'ultimo antepone la sua salvezza alla propria, proprio come farebbe un vero soldato. La canzone, perciò, come la storia, parla di Anys, una guerriera che, nonostante i pericoli, non si tira indietro davanti agli ostacoli e non smette di combattere per la libertà del suo popolo e della donna amata.

 

 

 

Soldier

 

Anys si slacciò la cintura che reggeva la fodera della spada e la appoggiò accanto al comodino. Si tolse le parti più ingombranti dell'armatura, anche se con qualche difficoltà a causa del braccio ancora non del tutto guarito. Si era procurata quella ferita profonda quasi un mese prima, durante una delle innumerevoli battaglie a cui aveva preso parte contro i nemici giurati del loro regno, i Wetàri, con cui erano in guerra da anni. Aveva partecipato a talmente tanti scontri in quell'ultimo anno che ormai non riusciva più nemmeno a tenerne il conto: non se ne era mai persa una, fino a un mese prima. Ad ogni battaglia era sempre in prima linea, tra i guerrieri più forti e abili, e di questo andava molto fiera: era riuscita a farsi valere e ad eccellere tra tutti gli altri soldati maschi nonostante fosse una donna e senza l'aiuto del padre, uno dei più importanti comandanti dell'Ordine della Rosa Nera, cioè il corpo militare principale del loro regno, atto a difenderlo dalle minacce esterne. Anys aveva deciso di sua spontanea volontà di entrare nelle truppe dell'Ordine e aveva sempre rifiutato qualsiasi intercessione del padre nella sua carriera militare, per farsi conoscere grazie alle sue abilità, e non tramite raccomandazioni. Si era impegnata per anni e non si era data pace con gli allenamenti fin quando la sua bravura e le sue fatiche non erano state finalmente premiate con la nomina a guerriera ufficiale dell'Ordine. Successivamente era stata finalmente mandata al fronte e non si era quasi più mossa da lì, eccetto per i brevi periodi in cui il padre la costringeva a rientrare per le festività, o almeno sino a un mese prima, quando aveva ricevuto la ferita al braccio, tanto grave da rischiare addirittura di perdere l'arto. Il padre aveva deciso di mandarla in uno dei villaggi di confine tra il loro regno e gli accampamenti dei Wetàri fin quando non fosse guarita, nonostante le proteste di Anys. Non aveva alcuna intenzione di abbandonare i suoi compagni e la guerra per una semplice lesione, ma lui era stato irremovibile. Le aveva detto che quella per lei non sarebbe comunque stata una vacanza, perché lì avrebbe avuto modo di controllare il villaggio Kewar, uno dei più vicini alla zona di confine, e difenderlo in caso di attacchi. Così, almeno, non sarebbe stata in pericolo, ma poteva continuare ad essere utile per l'Ordine. Lei, alla fine, era stata costretta ad accettare quella temporanea condizione, pur andando contro il suo desiderio di tornare subito a combattere. L'unica cosa positiva era che a Kewar non era costretta ad indossare l'armatura più pesante che solitamente portava durante gli scontri, bensì una con pantaloni e corsetti di cuoio, mentre l'unica parte del corpo protetta dal metallo era il petto.

Si sedette ai piedi del letto e sorrise, come un dolce pensiero la avvolse. C'era un altro motivo che le aveva reso piacevole la permanenza a Kewar, oltre ai vestiti: Kyria. L'aveva conosciuta per puro caso: durante uno dei suoi giri di ricognizione intorno al villaggio, poco dopo l'arrivo di Anys a Kewar, l'aveva vista tra i campi mentre si occupava del raccolto del grano. L'aveva subito colpita in una maniera del tutto sconosciuta e sorprendente: stava ridendo con altre giovani con una naturalezza e purezza tali da spingerla a fermarsi a guardarla. Era bellissima: il viso illuminato da una gioia che ben poche volte Anys aveva provato, con i capelli dorati che le ricadevano dietro le spalle in una cascata lucente e meravigliosa. Anys era rimasta sconvolta da una tale bellezza, ma, soprattutto, dalla sua reazione quando aveva visto quella ragazza, e subito si era costretta a volgere lo sguardo altrove e continuare a camminare, sebbene non riuscisse ancora a togliersi dalla testa il volto angelico della ragazza. Il giorno successivo l'aveva rivista nella piazza del villaggio, la mattina presto, intenta a raccogliere l'acqua da un pozzo, mentre canticchiava un motivetto che parve ad Anys molto triste e nostalgico. Rimase incantata ad ascoltare quella voce soave, quando questa si bloccò all'improvviso; Anys si accorse che stava trovando difficoltà a sollevare il secchio attraverso la corda e decise di approcciarsi a lei per aiutarla. Senza dirle nulla, le venne accanto e, afferrata la fune poco sopra il punto in cui la teneva la ragazza, tirò con forza e il secchio apparì da sopra il pozzo di pietra.

«Grazie» disse quella, prendendo il contenitore e staccandolo dalla corda per versare l'acqua raccolta in una bacinella.

«Io sono Anys» affermò la guerriera, porgendole la mano quando l'altra ebbe terminato il lavoro.

«Kyria» rispose, stringendogliela, per poi abbassare il volto come se si vergognasse di parlare con lei o ne avesse paura. Quindi, si piegò per sollevare la pesante cisterna, sbuffando. «Aspetta, la prendo io» si offrì Anys, prendendola dalle sue mani con una tale delicatezza che nemmeno lei credeva di avere. Kyria la lasciò fare e le rivolse uno sguardo riconoscente. «Ti accompagno» disse poi Anys e la ragazza le fece strada, guidandola fino alla periferia del villaggio, dove si trovavano gli estesi campi che fornivano il cibo a Kewar, gli stessi dove aveva visto Kyria per la prima volta. Non riusciva a credere che finalmente l'avesse conosciuta e le stesse camminando accanto. Kyria le rivelò di essere una contadina e di vivere nel villaggio con il padre, l'unico componente della sua famiglia ad essere rimasto in vita, dopo la morte della madre e del fratellino a causa di una terribile malattia che si era abbattuta anni prima su quella zona e aveva decimato gli abitanti. Anys aveva sentito parlare di quell'evento, ma allora era stata troppo occupata con le sue battaglie contro i Wetàri per preoccuparsene. Sentire la sua storia, le infuse un forte dispiacere per ciò che la ragazza doveva aver patito. Osservò il suo viso di profilo, dalla carnagione rosea e i tratti morbidi, che rivelavano un'anima innocente, ma sofferente, troppo giovane per sopportare tanto dolore. La accompagnò nella sua casa, una modesta baracca in mezzo a un milione di altre, e là fece anche la conoscenza del padre, un uomo sulla sessantina vigoroso e gentile. Anys, quindi, salutò Kyria e fece ritorno al villaggio, nel quartiere interamente adibito ai militari sia stabili sia di passaggio, come lei.

Nei giorni seguenti la rivide spesso e passò molto tempo con lei, parlando delle rispettive vite: ogni mattina si alzava e si precipitava alla piazza di Kewar, spinta dal solo desiderio di poterla vedere e stare con lei. Le bastava solo guardarla e ascoltarla parlare per sentirsi bene. Con lei poteva abbandonare per poche ore le vesti da guerriera, che fino ad allora aveva sempre indossato con orgoglio, ed entrare nel mondo di Kyria. In fondo, non era molto diverso dal suo: anche lei doveva faticare giorno e notte per lavorare il campo di proprietà sua e del padre, come Anys doveva sempre mantenersi in allenamento per la battaglia successiva. Per la prima volta era entrata a contatto con una realtà alternativa, ma sempre appartenente allo stesso mondo in cui era nata e vissuta.

Non riusciva a capire perché tutto a un tratto provasse delle emozioni così forti e indecifrabili quando vedeva Kyria; si sentiva più leggera, come se milioni di farfalle le svolazzassero nello stomaco rendendo tutto più delicato e sopportabile. Adorava parlare con lei, ascoltare le sue esperienze di vita e a sua volta raccontarle della forza e dell'ardore con cui combatteva nelle battaglie, in parte perché sapeva di stare facendo qualcosa di giusto, per proteggere la sua patria, in parte perché per lei la sua spada era come una parte effettiva del braccio, un suo prolungamento. Solo due settimane dopo il loro primo incontro capì finalmente di cosa si trattasse: non semplice affetto o attrazione, ma puro amore, contro ogni logica e buonsenso. Nel loro regno non si era mai considerato giusto o sbagliato un rapporto tra due persone dello stesso genere: semplicemente si tendeva ad ignorare che esistesse o a lasciarlo passare. Anys non era tanto stupita nello starsi innamorando di una donna, quanto più del fatto che lei si stesse innamorando. Prima di allora nella sua vita non c'era mai stato spazio per l'amore, né per alcuna relazione, lunga o breve che fosse. Era cresciuta circondata da soldati maschi, che non la vedevano come una donna da sedurre, ma come una compagna d'armi, con cui condividevano tecniche di combattimento e intere giornate ad uccidere Wetàri. Si accorse che quella era la prima volta in cui aveva davvero avuto l'occasione di sperimentare com'era essere normali: non pensare a salvarsi le penne, né a quanti uomini fosse riuscita ad uccidere in una sola battaglia, ma a vivere in una comunità, partecipare a feste e balli, innamorarsi. Ed era tutto grazie a Kyria.

Passarono insieme la sera della festa annuale per la celebrazione del loro regno, tra balli e canti. Anys l'aveva festeggiata solo le poche volte in cui era tornata nel palazzo del padre e con una semplice e monotona cena; più spesso capitava che si trovasse nell'accampamento, che per lei era diventato quasi una seconda casa, e là le feste non venivano mai festeggiate. In mezzo alla morte e alla violenza che i soldati erano costretti ad affrontare ogni giorno, c'erano ben poche ragioni per festeggiare e divertirsi. Anys per la prima volta sperimentò cosa volesse dire vivere in una comunità dove tutti si conoscevano ed erano disposti ad aiutarsi, popolata da persone ben diverse da quelle che lei si era ritrovata ad uccidere quasi ogni singolo giorno di quegli ultimi anni; gente disponibile e gentile anche verso una sconosciuta come lei, proprio come aveva fatto anche Kyria. L'aveva presentata a tutti i suoi compaesani e questi l'avevano accolta con calore e trasporto, facendola sentire da una parte imbarazzata, ma dall'altra incredibilmente felice. La festa continuò fino a tarda notte, quando i partecipanti, chi ubriaco, chi no, iniziarono a fare rientro a casa, primi tra tutti i genitori con i loro figli troppo piccoli per rimanere svegli fino a quell'ora. Kyria si offrì di riaccompagnarla a casa e durante il percorso, nel silenzio della via, inaspettatamente le venne vicino, la trattenne toccandole un braccio e le lasciò un veloce e delicato bacio sulle labbra, senza alcuna ragione apparente. Anys si paralizzò; aveva combattuto innumerevoli battaglie, aveva visto milioni di nemici cadere sotto le falciate della sua spada ed ora un leggero bacio l'aveva sconcertata tanto da impedirle di muoversi e parlare. Kyria si allontanò rapidamente da lei, come se si vergognasse di aver compiuto un atto tanto avventato, ma subito dopo la guardò sorridendo, mentre le stringeva la mano e riprendeva a camminare accanto ad Anys, senza dire nulla. Quel gesto tenero e avventato era bastato a dichiarare i suoi sentimenti meglio di quanto avrebbero potuto fare mille parole.

 

Anys continuò a sorridere come una sciocca ripensando a quel fatto, che le sembrava fin troppo lontano nel tempo, sebbene fosse passata solo poco più di una settimana e fosse ancora ben vivido nella sua mente. Avrebbe tanto voluto tornare indietro nel tempo al magico momento del loro primo bacio; e, invece, il giorno dopo avrebbe dovuto dire per sempre addio a Kyria per fare ritorno ad uno degli accampamenti in cui era stata stabilita da suo padre per tutto il mese successivo. Il sorriso le morì in gola e non poté fare altro che reprimere il volto di Kyria che continuava a riaffiorare prepotente nella sua mente, spazzando via ogni altro pensiero. Si sdraiò sulla sua branda e chiuse gli occhi, anche se era già certa che difficilmente sarebbe riuscita a prendere sonno con tutto il disordine che aveva nella testa. Dopo quelle che le sembrarono ore, passate nel silenzio più assoluto, rigirandosi continuamente senza riuscire a trovare il verso più comodo, proprio quando stava finalmente per scivolare nell'oblio, venne svegliata di soprassalto da rumori sempre più forti provenienti da fuori dalla sua stanza. Sollevò la testa, attenta a percepire il minimo suono e la sua fonte, e riconobbe le voci dei suoi compagni. Doveva essere successo qualcosa di serio per aver svegliato tutti a quell'ora della notte. Anys si alzò di scatto e si rimise addosso in fretta l'armatura, per poi afferrare la sua spada e correre fuori dalla camera. Il corridoio che collegava tutte le stanze dei soldati che alloggiavano nell'edificio era pieno di uomini di tutte le età, alcuni ancora assonnati, altri svegli e con i visi terrei e preoccupati.

«Cosa sta succedendo?» domandò Anys, mentre si allacciava la cintura e vi legava la fodera della spada, fermando un ragazzo che le stava passando accanto. Questo le rispose senza troppi giri di parole: «Kewar è stata attaccata dagli Wetàri.»

Anys non fece in tempo a chiedere altre spiegazioni che il giovane corse via, troppo impegnato per pensare ad una povera ragazza disorientata. Per essere arrivati fino al loro villaggio, gli Wetàri dovevano essere riusciti a sfondare le loro barriere al confine; non aveva idea di come fossero riusciti ad annientare le loro difese, ma in qualche modo erano giunti a Kewar ed ora la stavano attaccando. Lo seguì per uscire dall'edificio e quando ebbe varcato il portone d'ingresso venne travolta da un'insopportabile puzza di fumo e bruciato. Da più zone del villaggio alte fiamme si alzavano sopra le fragili casette di legno. Anys tossì mentre, sfoderata la spada, si dirigeva con il cuore in gola nell'unico luogo dove voleva andare al momento: da Kyria. Conosceva bene i Wetàri, le loro tattiche militari e le azioni brutali che erano in grado di compiere quando attaccavano un regno; era cresciuta studiando gli usi e le tecniche di combattimento sviluppate da quel popolo, per conoscere a fondo il suo nemico. Corse tra le vie di quello che un tempo era stato un meraviglioso villaggio, le orecchie assordate dalle urla acute delle persone rimaste bloccate nelle case andate a fuoco o uccise sotto i colpi dei primi Wetàri penetrati a Kewar, gli stessi che avevano appiccato le fiamme. Voleva aiutarle, proteggerle, ma c'era ben poco che avrebbe potuto fare per loro da sola. E poi l'unica cosa che aveva in mente al momento era Kyria. Poco prima di uscire dal villaggio, rischiò di essere colpita dall'arma di un nemico che aveva appena sterminato un'intera famiglia, ora immersa in una pozza di sangue, e che ora l'aveva puntata. La lama le graffiò una guancia, ma l'uomo riuscì a infliggerle solo una ferita superficiale, poiché Anys si scansò, evitando un colpo fatale, e si allontanò in fretta da lui, diretta verso la campagna poco distante da Kewar. Sperò con tutta sé stessa, sebbene già sapesse che fosse un'eventualità improbabile, che quella zona avesse scampato il fuoco almeno fino a quel momento, ma già da lontano scorse una cappa di fumo alzarsi dal luogo in cui si trovava la casa della ragazza. Il respiro della guerriera si fece pesante, non tanto per lo sforzo, quanto per la paura per cosa potesse essere accaduto a Kyria, mentre aumentava il passo per arrivare prima. Quando si fece vicina, riconobbe la casa della ragazza e si accorse con una fitta di sollievo che era tra le poche a non essere state ancora date alle fiamme, ma non tutto quadrava. La porta era spalancata e scalfita da quelli che sembravano essere stati colpi di ascia, tanto forti da far staccare e cadere a terra la maniglia in legno. Si fiondò nella casa ed entrò appena in tempo per vedere il padre di Kyria soccombere sotto il colpo terribilmente preciso di un Wetàro, un omone muscoloso e brutale. Kyria stava dietro al padre, che probabilmente aveva tentato di difendere con il suo corpo la figlia ed era stato infine ucciso. La ragazza emise un urlo come il corpo del padre cadde a terra con un tonfo, mentre il sangue usciva copioso dalla ferita al petto, macchiando il legno del pavimento. Kyria si accucciò accanto al padre e rigirò il suo corpo per vederlo in volto, mentre le guance si riempivano di lacrime amare. Anys, dopo lo stupore iniziale, si riscosse non appena comprese quale sarebbe stato il successivo obiettivo dello Wetàro e, avvalendosi dell'effetto sorpresa, prese la carica. Con un balzo raggiunse l'altezza del collo dell'uomo voltato e lo recise con un unico, semplice movimento. La testa cadde a terra, seguita poco dopo dal resto del corpo, e il rumore fece voltare Kyria, che si accorse della presenza di Anys. La ragazza la guardò con gratitudine e conforto perché l'aveva raggiunta, sebbene questi sentimenti fossero di gran lunga sovrastati dal dolore per la recente perdita dell'unico familiare che le era rimasto.

«Kyria» disse Anys con dolcezza, andandole vicino e prendendole un braccio. «Non possiamo rimanere. Dobbiamo andarcene da Kewar.»

L'altra scosse la testa, attraversata da singhiozzi incontrollati. Anys la lasciò e con due dita chiuse gli occhi ancora aperti in un'espressione di paura dell'uomo. «Riposa in pace» sussurrò, per poi rivolgersi a Kyria. «Ne arriveranno altri, un intero esercito. Ci uccideranno se restiamo qua.»

Stavolta la ragazza annuì e si lasciò sollevare, stringere la mano e trascinare fuori da Anys. Come uscirono dalla casa, vennero nuovamente avvolte dalla puzza di legno e corpi bruciati, oltre che dal sentore di sangue e morte a cui ormai Anys aveva fatto l'abitudine. Solitamente quelle condizioni la facevano sentire a suo agio, perché rappresentavano il picco massimo della battaglia, dove smetteva di pensare a cosa fosse giusto o no e ogni suo pensiero era rivolto solo a quali movimenti dell'arma avrebbero garantito una fine più rapida dei suoi nemici. Quando combatteva, la sua mente si spegneva e Anys diventava solo una macchina della morte, il cui unico obiettivo era uccidere più avversari possibili; solo successivamente, quando l'eccitazione provocata dalla lotta si affievoliva, la grandezza del dolore che aveva provocato e delle vittime che aveva mietuto la colpivano come uno schiaffo.

Stavolta, però, era completamente diverso: quello non era un campo da battaglia, bensì un villaggio abitato da persone innocenti che non avevano mai neanche pensato di mettere mano ad un'arma e uccidere, poiché di quello si erano sempre occupati i soldati dell'Ordine della Rosa Nera, come lei. Quella gente non meritava una morte tanto atroce, né le sofferenze che gli Wetàri stavano infliggendo loro. Kyria non lo meritava.

Strinse più forte la mano della ragazza, come a volersi assicurare che non si sarebbe allontanata da lei, e il manico della spada nell'altra. Corsero lungo la strada lastricata che collegava le case ai campi, in direzione dei boschi, tossendo talvolta per le gole e i polmoni pieni di fumo e circondate dalla tetra e triste atmosfera che aveva fatto da sfondo all'improvvisa distruzione di Kewar. Anys poteva sentire con chiarezza i singhiozzi e il pianto silenzioso che Kyria stava invano tentando di fermare o almeno nascondere. «Non hai bisogno di mostrati forte con me» disse, quindi, guardandola in volto e asciugandole alcune lacrime, per poi stringerle di nuovo la mano. «Hai tutte le ragioni per sfogarti e piangere.»

Lei tirò su con il naso e la guardò con riconoscenza per averla salvata e aiutata in un momento tanto doloroso. «Anys...» iniziò a dire con voce flebile, ma venne interrotta dallo scalpiccio di passi pesanti dietro di loro, segno che non erano più sole. La guerriera si voltò, stringendo forte il manico dell'arma per qualsiasi evenienza, e vide un uomo, un Wetàro. Era gigante, armato di una lunga sciabola, e con uno sguardo truce rivolto proprio verso di loro. Kyria sussultò come lo vide e Anys la spinse dietro di sé, con l'intenzione di proteggerla. L'uomo pronunciò alcune parole in una lingua gutturale a loro sconosciuta, ma che Anys aveva imparato a conoscere bene. Dove volevate scappare? aveva domandato lo Wetàro, mentre si preparava per attaccarle e distruggerle insieme al resto del villaggio.

Anys, però, non si fece trovare impreparata: caricò subito un affondo, facendo cozzare le due armi. Non aveva paura di quell'uomo, né delle sue dimensioni, di gran lunga maggiori di quelle della ragazza, poiché aveva alle spalle tanta di quella pratica e di scontri che ormai le sembrava un gioco da ragazzi batterlo. L'unico problema era che era da un mese che non si esercitava più e il braccio colpito era ancora debole, sebbene la ferita si fosse ormai quasi interamente rimarginata. Come se non bastasse, nella fretta di uscire dal palazzo e precipitarsi da Kyria, aveva dimenticato lo scudo ed ora non aveva altro oggetto al di fuori della spada a proteggerla.

Con il tempo aveva imparato a comprendere il modo di pensare e di agire dei suoi nemici: poiché mediamente erano più grandi di loro, puntavano tutto sulla forza bruta, mentre loro sfruttavano le tattiche e l'agilità, agevolata da un'armatura più leggera rispetto a quelle che portavano gli Wetàri. Provò a tirare qualche stoccata o fendente, ma tutti venivano puntualmente intercettati dalla lama dell'uomo. Anys iniziò a sentire le prime goccioline di sudore scenderle dalla fronte; doveva sbrigarsi a disarmarlo o nelle sue condizioni non avrebbe resistito a lungo contro i potenti colpi di sciabola che l'avversario le tirava e che lei cercava di evitare o fermare, seppur con grande sforzo. Doveva fare qualcosa per sbloccare quella situazione di stallo.

Poco prima di staccarsi, Anys, con un movimento rapido e sempre mantenendo la spada sollevata con il braccio buono, si piegò e raccolse un pugno di terra. Stava per tirarsi indietro, quando glie la tirò in faccia, cogliendolo di sorpresa e distraendolo. Quello si allontanò per stropicciarsi gli occhi e Anys approfittò subito dell'opportunità per attaccarlo nel momento in cui si trovava più indifeso e disattento. Caricò e lo colpì nell'unico punto che l'armatura lasciava scoperto, l'addome. Anys spinse la lama nella pelle e questa la lacerò come il manico si avvicinava al corpo dell'uomo, il cui sguardo era ora attraversato da un'espressione di puro stupore. Quindi, quando la ragazza ritenne di avergli inferto un colpo abbastanza fatale, estrasse l'arma di scatto, mentre il sangue iniziava subito a zampillare fuori dalla profonda ferita. «Anys» disse Kyria, facendola voltare. Non l'aveva mai vista uccidere un'altra persona prima d'ora e la guerriera temette che la ragazza ora potesse vederla con disgusto e, addirittura, paura, ma si accorse che in realtà Kyria era solo preoccupata per lei. Anys le rivolse un accenno di sorriso, nonostante il fiatone. Finalmente è finita... pensò, proprio quando la bocca di Kyria si aprì in un'espressione di stupore e terrore. La guerriera comprese ben presto il motivo di quel repentino cambiamento, mentre un dolore sempre più forte si diramava dal punto in cui la sciabola dello Wetàro le aveva trapassato il petto e l'armatura, rispuntando dall'altra parte con la punta tinta di un rosso acceso. L'arma venne estratta dal suo corpo mentre l'uomo si accasciava a terra, sfinito da questo ultimo sforzo e colpito a morte. Nell'aria risuonò l'acuto urlo di Kyria, mentre anche le gambe di Anys cedevano e lei cadeva a terra. Respirare diventava più difficile di secondo in secondo e, tutte le volte che il petto le si alzava per far entrare aria nei polmoni, veniva attraversata da fitte insopportabili di dolore. Tutto intorno a lei si fece ovattato e quasi non si accorse di aver toccato il suolo con la testa, se non per il fatto che ora davanti a lei non vedeva più il bosco in lontananza e Kyria, ma il cielo blu costellato da miriadi di stelle luminose. Qualcuno le si parò davanti, oscurando quel meraviglioso panorama, che, tuttavia, non sarebbe mai riuscito ad eguagliare il viso di Kyria e i suoi magnifici occhi verdi, ora solcati da lacrime che le stavano già rigando le morbide guance. Non sapeva cosa avrebbe dato per poter passare anche solo un altro giorno con lei, per poterle confessare tutto il suo amore e avere la possibilità di provare cosa significava stare davvero insieme, senza guerre, né sangue, né morte. Dopo pochi attimi, comprese cosa le stesse dicendo Kyria. «Non lasciarmi... Anys, non posso perdere anche te...»

La guerriera usò il poco fiato che le era rimasto per sussurrare: «Scappa.»

Ma quella non la stette ad ascoltare; anzi, si ripulì le guance dalle lacrime e intonò una canzone con la stessa voce che tanto aveva attratto Anys.

 

Suona il corno, dai
suonalo per me
è stagione ormai
di andarmene un po' così.


Senza più ali
Senza la tua luce
Come un cielo che
Stelle più non ha.
Ero il sogno di un soldato
Ero libertà
E morirò per te
Portami via o lasciami così


Suona il corno dai,
Tanto fa lo stesso,
non c'è più strada ormai
che porti fino a te.


Il buio mi assale
Mi porta via e in alto se ne va
L'anima mia che sale
Lasciami qui.


Ma da lontano
Oltre le montagne
Una voce dice ricordati chi sei
Sei un soldato che non sarà mai schiavo
Non ti arrendere
Ricordati chi sei.

 

Anys la riconobbe immediatamente e questa le fece tornare alla mente ricordi dolci e magici di un passato senza tempo, quando esistevano solo loro due e il loro amore, lontane da ogni dolore. L'ultima volta che aveva sentito Kyria cantare quella canzone era stato durante la loro prima notte insieme, quando si erano dichiarate i loro reciproci sentimenti e avevano deciso di seguirli contro ogni pregiudizio. Abbracciate su un prato, con solo la luna e le stelle come uniche testimoni del loro amore, Kyria le aveva detto di conoscere un canto popolare che spesso le aveva ricordato Anys, dopo tutti i racconti sulle esperienze di guerra che questa le aveva narrato nei loro frequenti incontri. «Da quando ti ho conosciuta, non riesco a non rivedere te nel testo di questa canzone» le aveva detto, dopo aver intonato le prime strofe del canto. «Tu combatti per la libertà di tutti noi e del nostro regno. E io so che continuerai a farlo anche nei momenti più bui, quando sembrerà che non ci sia più speranza. Perché è questo che sei: un soldato che non sarà mai schiavo

 

Sei un guerriero
che combatte per la vita
Per la libertà.

 

Gli occhi di Anys si riempirono di lacrime di dolore e al tempo stesso di gioia, perché non si sarebbe mai aspettata una morte più onorevole, cioè proteggendo Kyria e permettendole di continuare a vivere. L'agonia provocata dalla ferita e dalla fine imminente venne attutita e resa più sopportabile dal canto e dal volto di Kyria, l'unica persona che aveva mai davvero amato. La vita della guerriera si spense così, con gli occhi e la mente pieni del ricordo dei momenti passati con la ragazza; quelli più felici della sua vita.


Per la libertà.

 

 

Image and video hosting by TinyPic

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Sophja99