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Autore: FloxWeasley    22/12/2016    5 recensioni
A volte tornare a casa è più difficile del previsto.
Lo sapeva bene Derek Shepherd, che una sera dopo l’altra si ritrovava in auto, dietro i finestrini appannati dal freddo, a contare le ragioni per cui il suo matrimonio gli stava sfuggendo di mano.
Ma aspettare che qualcuno torni a casa può essere ancora più doloroso e Addison sperava che almeno la vigilia di Natale suo marito non si sarebbe rinchiuso in sala operatoria per evitarla.
C’è spazio per un miracolo la sera di Natale?
Dalla storia:
“È la vigilia di Natale, Derek… avevi promesso che ci saresti stato”
[Storia partecipante al contest "Il mix Perfetto" indetto sul gruppo facebook "Il Giardino di Efp"]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Addison Montgomery Sheperd, Derek Sheperd
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Storia partecipante al contest "Il mix Perfetto" indetto sul gruppo facebook "Il Giardino di Efp".

Prompt: Gatto;
“Dobbiamo parlare”;
A volte mi manchi talmente tanto che fa male. (Scrubs);
Casa, Macchina;
Neve, Carezza, Lacrima, Divano, Sonno, Attesa, Telefonata, Bacio, Promessa, Viaggio, Radio.
Tema: telefono!centric
 






 
Night ride home
 

Come back to the way that you held me
Come back and keep me warm
Christmas is cool baby love me
Come back and wrap me up in your arms
I just want one gift
There’s just one thing on my list
Oh I wish that you come back this Christmas
[Come back this Christmas, Alyssa Bonagura]
 
 
 
“Shepherd”
“Derek, dove sei? Ti ho chiamato già diverse volte, stiamo per metterci a tavola, abbiamo cercato di ritardare il più possibile ma i bambini hanno fame…”

La voce preoccupata di Addison fece sospirare impercettibilmente l’uomo, che si passò una mano tra i folti capelli scuri e lanciò un’occhiata all’orologio luminoso sul cruscotto: le 20.35

“Derek?”
“Sì, scusa” si affrettò a rispondere lui, “Mi dispiace, Addie, mi hanno trattenuto fino a tardi e quando sono partito le strade erano piene di neve… sono dovuto tornare indietro per aiutare con i feriti di un grosso incidente”

Mezza verità: l’avevano sì trattenuto fino a tardi e la neve aveva effettivamente causato diversi incidenti, ma da quando era riuscito a staccare non si era mai mosso dal parcheggio; entro un paio di minuti si sarebbe ritrovato di nuovo a gironzolare attorno alla lavagna degli interventi in cerca di una scusa per non lasciare l’ospedale.

Non avrebbe dovuto essere così difficile. Tornare da sua moglie la sera, mettersi in viaggio verso casa di sua madre per il cenone della vigilia con la famiglia al completo.

Eppure nelle ultime settimane aveva passato molto più tempo del necessario chiuso in quella macchina che puzzava ancora di nuovo, la radio sintonizzata su una stazione a caso e solo il ronzio del riscaldamento centralizzato a fargli compagnia, senza trovare la forza di muoversi dal parcheggio dell’ospedale.

Non c’era un’unica ragione per cui non metteva quasi mai in moto verso casa, dopo diversi minuti passati dietro i finestrini appannati, ma finiva sempre per rientrare dalle porte da cui era appena uscito e infilarsi il camice appena tolto: le prime volte l’aveva fatto per pigrizia, per evitare di andare al cinema con Addison o per saltare una cena tra amici, poi per non dover litigare per tutte quelle sere in cui non era tornato a casa, infine si era reso conto di aver perso la presa su quella situazione, di essersela lasciata scivolare tra le mani ogni volta che non si era scusato per un appuntamento dimenticato o aveva voltato le spalle ad una lacrima; aveva eretto un muro tra sé e sua moglie e non era più sicuro di sapere come sfondarlo, né di volerlo davvero.
 


“Ok” sospirò lei. “Per che ora pensi di riuscire ad arrivare?”

Addison si era rintanata nel salotto semideserto per tentare l’ennesima chiamata al cellulare di suo marito, solo il pigro accendersi e spegnersi delle lucine colorate dell’albero di Natale a farle compagnia mentre dalla cucina arrivavano le voci allegre della famiglia Shepherd al completo.

Sapeva che non avrebbe dovuto stupirsi di ciò che Derek le aveva detto – perché erano chirurghi e le emergenze capitavano di continuo, ma soprattutto perché vederlo varcare la porta di casa negli ultimi tempi era diventata una cosa sempre più rara – ma non era riuscita ad impedire ad una delusione amara di riempirle il cuore quando aveva saputo che non sarebbe arrivato in tempo per la cena.

Scrutò ancora per un attimo fuori dalla finestra, immaginando le ruote dell’auto di Derek scricchiolare sulla neve appena caduta sul vialetto e i fari illuminare il giardino buio, poi scosse la testa e riaccostò le tende, andandosi a sedere sul divano.

“Non lo so, Addie… c’è un gran casino, non credo che quando finiremo me la sentirò di mettermi in viaggio… vi raggiungo domattina, va bene?”

La donna chiuse gli occhi e strinse le labbra con aria ferita, portandosi una mano alla fronte.

Era consapevole del fatto che non fosse colpa di Derek: il loro lavoro richiedeva dei sacrifici e, come chirurgo, più di chiunque altro avrebbe dovuto capirlo.
Eppure non riusciva a non pensare che in dieci anni di matrimonio non avevano mai passato il Natale separati. C’erano state volte in cui erano stati di turno, certo, ma avevano sempre fatto in modo di essere assegnati insieme: anche un Natale in corsia, a contatto con il dolore e la morte, era preferibile ad uno trascorso separati.

“È la vigilia di Natale, Derek… avevi promesso che ci saresti stato”

Non avrebbe voluto suonare tanto disperata: suo marito non avrebbe capito, si sarebbe soltanto innervosito come sempre più spesso gli capitava quando lei si mostrava vulnerabile.
Odiava non riuscire a parlargli.

Lo sentiva sempre più lontano, le sue carezze erano fredde e i suoi baci vuoti ma Derek insisteva nel dire che andava tutto bene: “Sono solo stanco” era la sua frase preferita. “Non ora, Addison” aggiungeva sempre.
Ma non andava tutto bene e lei lo sapeva.

“Sai che vorrei essere lì, Addie, smettila di comportarti come se fosse colpa mia”

La donna sospirò e tacque. Cercava il coraggio per dirgli qualcosa – qualunque cosa – perché capisse come si sentiva in quel momento, ma il marito tagliò corto:

“Ora devo andare. Di’ a mamma che mi dispiace, ci vediamo domattina”
“Ok, ma-”
“Dai un bacio ai bambini da parte mia”
“Derek, aspetta!” lo fermò Addison, stringendo più forte il cellulare tra le dita.

Quello sbuffò spazientito, ma non attaccò. “Che c’è?” ribatté.

“Ti amo” fece lei in un soffio.

Dall’altro capo della linea le rispose il respiro quieto del marito e Addison rimase in attesa: non avrebbe dovuto avere bisogno di pensare a come risponderle, lo sapeva, ma aspettarlo era diventato a tal punto parte di lei che le veniva quasi naturale.

Aspettare che tornasse a casa, che la guardasse, che le rispondesse ti amo.

“A domani” replicò invece lui, sbrigativo, chiudendo la chiamata e lasciandola sola nel salotto semibuio a cercare un motivo qualsiasi per non dare il proprio matrimonio per spacciato.

Non aveva idea di come fossero giunti a quel punto, come avessero potuto arrivare ad una situazione tanto compromessa quando solo pochi mesi prima tutto sembrava andare per il meglio: era come se si fossero persi per strada e quando se ne erano resi conto erano già troppo lontani.
 

“Zia Addie?”

La vocina sottile di Sophie, l’ultima figlia di Liz, la distolse bruscamente dai propri pensieri. Addison asciugò frettolosamente le poche lacrime sfuggite al proprio controllo e tentò un sorriso in direzione della bambina, facendole segno di sedersi accanto a lei sul divano.
La piccola si sistemò goffamente tra le braccia il grosso gatto di casa e accese la luce, andando a prendere posto accanto alla donna.

“Lo zio Derek non arriva?”

Addison le rivolse un sorriso mesto e le accarezzò i capelli scuri.

“No, piccola, verrà domani mattina perché deve lavorare. Ma ti manda un bacio” le rispose, baciandola sulla punta del naso e facendola ridere.
“Ma vi volete lasciare?” chiese Sophie, facendosi di nuovo seria e stringendo il gatto al petto con aria preoccupata. La donna sussultò e scosse vigorosamente la testa, ma dovette stringere la testa della bimba a sé in un abbraccio soffocante perché non vedesse le lacrime che le pungevano gli occhi.
“No” replicò a bassa voce, desiderando con tutto il cuore che quella risposta non fosse tanto in bilico tra verità e menzogna. Un soffio di vento sarebbe bastato a farla cadere da una parte all’altra. “Non ci vogliamo lasciare, tesoro, non ti preoccupare” aggiunse, accarezzandole delicatamente i capelli.

Sophie sospirò contro il suo petto, soddisfatta, e lasciò finalmente libero il gatto che si dimenava tra le sue braccia.
“Ok. Possiamo dormire insieme stanotte allora?”

Addison sorrise, commossa dalla dolcezza della nipotina. Forse non glielo aveva chiesto perché l’aveva vista giù di morale, ma senza dubbio era arrivata proprio nel momento giusto: il calore del suo corpicino accanto al proprio l’avrebbe aiutata a dimenticare la solitudine di quella gelida notte di Natale.

“Molto volentieri!” rispose, recuperando un po’ dell’allegria persa durante la telefonata. “Ma ora andiamo a cena, altrimenti chi la sente la nonna?”


 
*
 


Diverse ore dopo, quando l’intera casa era immersa in un sonno profondo, Derek era entrato nella propria vecchia camera da letto in punta di piedi.

Era vero, aveva detto a sua moglie che non si sarebbe mosso prima del mattino seguente, ma qualcosa nella telefonata che si erano scambiati gli aveva dato come uno scossone e quando anche l’ultimo paziente aveva lasciato la sala operatoria e il pronto soccorso si era fatto silenzioso e deserto l’idea di dormire nella stanza del medico di guardia gli aveva fatto un’immensa tristezza.

Si era messo in viaggio nonostante le tre fossero passate da un pezzo e aveva guidato a lungo nella notte gelida, chiedendosi se quell’improvviso cambiamento non significasse qualcosa mentre i tergicristalli lottavano con la neve che cadeva copiosa.

Forse c’era speranza per loro. Forse non era tutto perduto, forse era ancora in tempo per rimediare.

Trasportò il corpicino addormentato di Sophie nella sua camera quando la trovò accoccolata contro il petto di Addison e poi si lasciò cadere nel letto che aveva ospitato i suoi sogni di bambino e di adolescente, stringendo a sé la moglie con un sospiro esausto.
Quella mugolò qualcosa e aprì lentamente gli occhi, disturbata da quell’interruzione, e si fece confusa nel riconoscere la testa accanto alla sua sul cuscino.

“Derek! Sei qui…” mormorò, allungando una mano per accarezzargli i capelli con fare sonnolento.
L’uomo affondò il volto nell’incavo del suo collo e annuì.

“Dobbiamo parlare” aggiunse lei con voce improvvisamente seria.
“Domani” mugugnò stancamente Derek contro la sua spalla.

Non aveva voglia di discutere, in quel momento era troppo esausto e confuso per sostenere una conversazione con sua moglie.
Doveva ancora capire lui stesso il motivo per cui si era messo in macchina nel bel mezzo della notte per racimolare poche ore di sonno dividendo il suo vecchio letto con Addison.

“A volte mi manchi tanto che fa male” aggiunse la donna, così piano che Derek la udì a malapena.

Lui sospirò impercettibilmente e alzò il viso per baciarla, scovando lacrime sulle sue guance.
Sapeva quanto Addison detestasse mostrarsi vulnerabile ed era consapevole di non averle reso le cose semplici negli ultimi mesi, però  in quel momento era lì e quello era il massimo che poteva fare.

“Lo so” fece piano, posandole un bacio sulle labbra. “Andrà meglio, te lo prometto. Ora dormi”.

Ma non era mai stato bravo a mantenere le promesse.










Angolino autrice
Oddio, devo ammettere che tornare da queste parti mi fa un po' strano! Non pubblicavo da mesi e mesi e nel frattempo sono riuscita a scribacchiare quasi nulla... ma l'importante è essere riuscita a pubblicare qualcosina per Natale :3
Questa storia è nata per il contest del gruppo facebook "Il giardino di EFP" (fateci un giro, è pieno di iniziative!) ma ha avuto una genesi piuttosto travagliata: prima l'idea per il contest era un'altra che si è rivelata troppo lunga, poi un'altra ancora che non sono riuscita a continuare... e infine questa è venuta fuori in dieci giorni!
Mi piace perché rispecchia l'angst Addek che mi porto dentro più o meno da questa estate... più che i loro momenti di tenerezza, che ho esplorato anche troppo, adesso mi piace vedere la sofferenza e gli errori e le contraddizioni nella loro storia, spero si percepisca da qui :3
Che altro dire? Vi consiglio di ascoltare la canzone di Natale che ho messo all'inizio (molto bella) e anche quella da cui ho preso il titolo,
Night Ride Home di Joni Mitchell. (E Both Sides Now. E già che ci siete guardatevi Love Actually, che non solo è natalizio ma è anche uno dei miei film preferiti :3)
Ma ora basta chiacchiere! Buon Natale a tutti e come sempre... stay Addek u.u
  
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