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Autore: Menade Danzante    24/12/2016    1 recensioni
[ Storia scritta per l'event organizzato sul gruppo Facebook "We are out for prompt" | Prompt fornito da Elisa Story Zabini ]
Hogwarts!AU. John si accorge che da diversi giorni il Corvonero Sherlock Holmes non si presenta ai banchetti in Sala Grande. Preoccupato per la sua salute, il Grifondoro architetta un piano per salvare il suo amico, non potendo prevedere in alcun modo i risvolti che la situazione presenterà loro.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il Corvo e il Grifone





Greg stava raccontando per l'ennesima volta della magnifica azione effettuata in campo. John avrebbe potuto ripeterla a memoria sia in tutte le versioni orchestrate dal Cacciatore, sia con sintesi disarmante, facendo notare quanto, in realtà, quell'azione non fosse stata proprio il massimo della straordinarietà. Aveva soltanto segnato un gol. Watson avrebbe voluto fargli notare che se il Cercatore si fosse fatto sfuggire il boccino, a nulla sarebbe valsa la sua grande trovata.

Non lo fece. Non fece niente di tutto ciò: lo guardò e sorrise, si emozionò, si entusiasmò come la prima volta in cui Lestrade aveva raccontato la storia. Perché John era fatto così: non era infinitamente paziente, ma sapeva comportarsi adeguatamente in un ambito di socializzazione. Quello che avrebbe fatto l'appunto saccente e molto infelice non era presente, quel giorno. In realtà, Sherlock Holmes non si era presentato la sera precedente per la cena, né per il pranzo. Non aveva partecipato nemmeno ad un altro grande numero di pasti da un po' di tempo a quella parte e questo preoccupava John oltre ogni dire, più di quanto egli stesso fosse disposto ad ammettere.

Inevitabilmente, dal tavolo di Grifondoro ruotò leggermente la testa per controllare che la situazione fosse invariata. Purtroppo per lui, lo era: la Casa di Rowena vedeva nuovamente l'assenza di Sherlock.

Solo a fine pasto, tuttavia, si concesse di esternare pienamente i suoi dubbi e le sue paure. Si diresse con passo deciso verso Mycroft Holmes. Non era esattamente un suo grande amico, ma il Serpeverde rimaneva il fratello di Sherlock e chi meglio di un parente poteva essere informato sulla salute di un altro?

«Non so di cosa tu stia parlando» ribatté mellifluo Mycroft alla domanda “Come mai Sherlock non mangia più?”.

«Prego? Non hai notato l'assenza di tuo fratello, tu che noti sempre tutto?!» John era letteralmente scandalizzato. Se quello era uno dei soliti scherzi degli Holmes, li avrebbe presi a calci tutti e due.

«Ovvio che ho notato la sua assenza» fornì piccato il maggiore dei fratelli. «Credo che tu ti preoccupi troppo, John Watson. Quando il nostro Sherlock noterà che l'assenza di cibo gli fa perdere le capacità intellettive, da buon Corvonero, tornerà a mangiare qualcosa di sua spontanea volontà»

Il discorso era evidentemente chiuso per Mycroft. Ma a John quella risposta non bastava: le capacità del ragazzo oggetto delle sue preoccupazioni erano fuori dalla norma e Dio solo sapeva quanto avrebbero impiegato a deteriorarsi. Se avesse fatto prima il suo corpo in maniera irrimediabile?

Una cosa era certa: doveva intervenire.


«Ehi!» si sbracciò da dietro una colonna correndo in avanti per bloccare il suo amico. Aveva dovuto elaborare un piano pressoché infallibile per sorprendere Sherlock dopo la sessione di studio in biblioteca. Non avevano quasi mai lezioni in comune (John, generalmente, le condivideva con i Serpeverde), perciò l'unico modo per vederlo il prima possibile al di fuori di ogni organizzazione era quello di fargli una sorpresa.

«John» salutò Sherlock a sua volta. «Dove dobbiamo andare?»

Watson aggrottò la fronte. «Io-»

«Non perdere tempo a dirmi che non dobbiamo andare da nessuna parte. Ti sei appostato lì per incontrarmi casualmente e vuoi convincermi ad andare da qualche parte, anche abbastanza in fretta. Da ciò posso dedurre due cose: o sarà una passeggiata estremamente lunga da rischiare di oltrepassare il coprifuoco (cosa di cui, sinceramente, dubito, perché vorrebbe dire spingersi quasi in prossimità della Foresta Proibita, e dunque mi avresti disturbato prima) o sei tu ad essere agitato e hai la necessità di fare questa cosa, qualunque cosa essa sia, il prima possibile»

Non si sarebbe mai abituato alle arringhe di Sherlock, soprattutto a quelle che lo facevano sembrare un completo idiota. Ogni santa volta John sentiva l'impellente bisogno di dirgliene quattro e di rimproverarlo: non era quello il modo di trattare le persone, soprattutto lui, l'unico in tutta Hogwarts che sembrasse disposto a stargli vicino.

«Strepitoso» si lasciò sfuggire, invece, del tutto inconsciamente. Era sempre così: voleva ucciderlo ma a parole non ci riusciva mai.

«Lo so» Gli occhi di Sherlock guizzarono mentre rispondeva.

«Allora andiamo. Seguimi»

«Non mi dici dove?»

«Fai una cosa: deducilo da te»


A tre minuti da quando John gli aveva lanciato la sfida era arrivata la deduzione esatta da parte dell'amico. Avevano in realtà dovuto attraversare tutta Hogwarts prima di giungere in prossimità delle cucine, e questo aveva richiesto più tempo. Una volta arrivati lì, John aveva pregato amabilmente un paio di elfi domestici perché preparassero in via straordinaria un pasto completo fuori orario per Sherlock Holmes. Gli elfi non se l'erano fatto ripetere due volte e avevano eseguito, senza porre domande. John ne fu molto lieto: gli sarebbe dispiaciuto dover dire di fronte a tutto lo staff che il diciassettenne accanto a lui si era comportato come un bambino stupido per una settimana intera e aveva impellente necessità di mettere qualcosa sotto ai denti.

Il pasto arrivò praticamente subito e Holmes fu costretto ad inforcare una forchetta e cominciare a masticare.

«Stiamo perdendo tempo» si lamentò Sherlock tra un boccone e l'altro. «Mangiare è noioso, non aumenta le mie conoscenze»

«Non voglio nemmeno replicare»

«Non sono denutrito, John, puoi ben vederlo»

Questo era vero. Non sembrava aver perso peso, ma non era necessariamente indice di una buona cosa. Evidentemente, aveva mangiato solo schifezze, solo cibo spazzatura rifilatogli da qualche amico (compagno di dormitorio, perché Sherlock di amici non ne aveva molti) ritornato da Hogsmeade.

«No, non ho mangiato cioccolata fino ad oggi» disse il moro, quasi a leggergli nel pensiero.

«Ah, no? E, di grazia, con cosa ti sei sfamato?»

«I muffin di Molly Hooper, la Tassorosso. Dovresti conoscerla»

Una stilettata al cuore fu soffocata all'istante senza nemmeno lasciarle il tempo di diffondere l'infezione di gelosia. Piuttosto, John rimarcò: «Non mi pare che sia cibo salutare. Mangia»

Sul volto di Sherlock comparve un sorriso. «Non sarei comunque morto»

John avrebbe voluto insistere per cercare di deviare il comportamento puramente infantile che l'altro aveva deciso di acquisire per tutto quel tempo, ma non lo fece. Intavolò un'altra conversazione, quasi casuale, raccontandogli quello che aveva fatto in quei giorni, rendendolo partecipe della sua vita, dei suoi incontri. Parlò anche della famosa partita e con sommo stupore sentì Sherlock rispondere riguardo ad un'azione. Era un'informazione troppo specifica perché fosse stata dedotta dalle semplici elucubrazioni fornite da John.

«Come fai a sapere che ho parato quel tiro? La Adler è tra le migliori. Come l'hai capito? È stato qualcosa che ho detto?»

Sherlock si prese qualche secondo, guardandolo con occhi indecifrabili.

«Sei vagamente felice, era possibile che fossi stato bravo nel tuo ruolo» fece Holmes, come se volesse muoversi con circospezione. «Per il resto, ero sugli spalti»

Mancò poco che John si strozzasse con la saliva. «Sei venuto ad assistere e non me l'hai detto?»

Sherlock si strinse nelle spalle. «Non volevo metterti pressione. Avevi già troppa ansia da prestazione senza che ti dicessi che sarei venuto a vederti»

Watson si sentì arrossire. Il pronome. Sherlock avevo deciso di vedere una partita di Quidditch solo per seguire lui. Sentì il bisogno di schiarirsi la gola nel metabolizzare l'altro aspetto della questione: Sherlock si era preoccupato per il suo stato d'animo.

«La prossima volta» cominciò, cercando in tutti i modi di non guardarlo, «dimmelo. Mi farebbe piacere saperti nel pubblico, soprattutto nell'uno contro uno con la Adler»

Sherlock ridacchiò di nuovo, annuendo. Mentre lui tornava a mangiucchiare qualcosa senza troppo entusiasmo, John pensò che, in fondo, gli piaceva avere a che fare con Holmes, anche quando si comportava da stupido.


-


«Cristo» imprecò a denti stretti John quando un urto sospetto all'altezza del ginocchio lo fece tremare tutto. «Potresti dirmi quando c'è qualcosa di appuntito nelle vicinanze, razza di idiota che non sei altro?» La berciata non fece altro che far ridacchiare il Corvonero direttamente nel suo orecchio. «Non c'è niente di divertente, Sherlock! Potrei farmi male!»

«Sta' zitto» fu il commento lapidario di Holmes.

«Mi vuoi cieco e pure muto?!» Di nuovo, il suono baritonale della risata del bronzo-blu arrivò a sottolineare l'ironia nelle parole di John. D'istinto, il ragazzo di Grifondoro si portò le mani a toccare la benda, come se temesse di non sentirsela più addosso e di essere precipitato in un mondo buio e crudele in cui poter sentire la voce di Sherlock senza vederlo, senza vedere nient'altro. La benda scura era ancora al suo posto e Watson sbuffò.

«Mi dici dove stiamo andando?» si lamentò come un bambino. Lo irritava non sapere dove guardare e cosa fare di preciso, eppure la maggior parte del tempo trascorso con il minore dei fratelli Holmes era stato speso in questo modo, cercando di indovinare quali fossero i piani dell'altro senza mai riuscire a scovarli. John non aveva mai dubitato del suo amico e non avrebbe cominciato adesso: era solo piacevole irritarlo un po'.

«Deducilo»

Agli occhi di Sherlock era sicuramente un affare di semplice realizzazione. Probabilmente, quel ragazzo avrebbe intuito il percorso anche nell'impossibilità di guardarsi attorno. Non c'era ostacolo per lui che fosse degno di essere chiamato in quel modo. John si sentiva sempre un idiota quando ciò accadeva, quando Sherlock capiva tutto in un lampo e lui non era arrivato neanche a mettere insieme tutti i fili del discorso. Era snervante. Eppure, in quella situazione, a John piaceva essere lì, completamente in balia delle cure del ragazzo moro che dopo il banchetto in Sala Grande (ora partecipava ai pasti con una certa regolarità) lo aveva trascinato via dalla Torre di Grifondoro prima che potesse oltrepassare la Signora Grassa e gli aveva reso impossibile vedere. John era quasi sicuro che avesse anche cercato di confondere il percorso, non considerando minimamente che dietro agli spostamenti insensati potessero esserci semplicemente le scale di Hogwarts. Sherlock lo aveva guidato, era stato i suoi occhi per un tempo che il biondo non era riuscito ad identificare e continuava a farlo, visibilmente divertito da tutto quello che stava accadendo.

«Sherlock, che ore sono?» domandò spezzando volontariamente l'atmosfera silenziosa e vagamente intima. «Dove siamo? Per l'amor di Dio, è tardi! Sai che significa questo?! I Prefetti! I Caposcuola! Sherlock, finiremo nei guai se non ci sbrighiamo! Dobbiamo tornare nei dormitori!»

«Rilassati»

«Sherlock, stiamo infrangendo delle regole scolastiche e onestamente, conoscendoti, penso che non sia finita qui la lista!»

Il Corvonero rise di nuovo. «Siamo quasi arrivati. Attento ai gradini»

L'ennesima rampa di scale fu superata con non pochi problemi da parte di John, che era stato reso ansioso dall'improvvisa realizzazione e molto più incline a inciampare nei suoi stessi piedi. Aveva mugugnato più volte di voler tornare indietro, ma Sherlock aveva continuato a guidarlo, giurando che avrebbe usato la forza se non si fosse mosso spontaneamente.

Camminarono ancora un po', poi Watson ebbe la sensazione di aver fatto qualcosa di profondamente insensato, come andare avanti e indietro per tre volte. Si chiese cosa diavolo stesse facendo lì e con quelle modalità, poi qualcosa gli fece morire la protesta sulla punta della lingua. Era qualcosa che somigliava al rumore di pietra che scorreva su altra pietra.

«Ma...» iniziò, incapace di formulare un pensiero coerente. Optò per: «Sherlock, è legale quello che stiamo facendo?»

«Non ci sono regole riguardo a quello che stiamo facendo» fornì il moro, spingendolo in avanti. «Il concetto di legalità in questo caso non ha senso di esistere»

John non sapeva se fosse meglio una risposta del genere o l'idea di star facendo qualcosa di sbagliato. Fu costretto ad obbedire sotto la pressione del corpo di Sherlock. Quella che evidentemente era una porta si richiuse alle sue spalle e John fu invaso da un odore di zucchero e cioccolato. Poco dopo la benda gli scivolò via dagli occhi e una stanza grande e spaziosa addobbata con i colori di Grifondoro apparve sotto al suo sguardo. Cuscini e pouf erano più o meno ovunque. Un tavolino basso ornava il centro della sala e sopra di esso vi erano i dolci, le confezioni del Madama Piediburro e dei Tre Manici di Scopa che facevano bella mostra di sé, insieme a qualche pacchetto di caramelle direttamente preso da Mielandia. Sulle pareti gli stendardi del Quidditch, le foto animate dei giocatori più arditi e, soprattutto, del Portiere John Watson davano un senso di apertura a quel luogo.

«Che cosa significa?» disse John, senza fiato, in realtà già proiettato verso quel tavolino con le Apifrizzole e la Burrobirra.

«Ti sei meritato una festa per la vittoria di Grifondoro, no?»

John non ebbe il cuore di dirgli che in Sala Comune era già stata fatta una festa del genere. Era certo che anche Sherlock lo sapesse e proprio questo sottolineava la bellezza del gesto.

«Solo per la vittoria di Grifondoro?» disse, appena civettuolo. Si avvicinò senza indugio al cibo, prendendo subito un pasticcino alla crema.

«No» ribatté Sherlock, accomodandosi sui cuscini. «Anche per aver affrontato – e battuto – da solo Irene Adler»

«Ah sì? E perché?»

Sherlock parve un momento in difficoltà, sovrappensiero. «Non è da tutti riuscire a battere una donna come la Adler»

«Donna?» John a volte non comprendeva appieno la terminologia usata da Sherlock, e in quel caso particolare proprio non se ne capacitava. Irene aveva l'età di Sherlock, diciassette anni. Lui ne aveva uno di meno, ma questo non lo portava a credere che fosse consono chiamare la Adler donna.

L'altro eluse la questione con un gesto della mano. Watson decise di non insistere: l'argomento forse infastidiva Holmes e non gli sembrava proprio il caso di farlo sentire male dopo tutto quello che aveva fatto per lui.

«Toglimi una curiosità» principiò il Grifondoro, leccandosi le dita. «Dove siamo? Non penso di essere mai entrato in questa stanza... Non la riconosco, al di là degli addobbi a tema»

«Ovviamente non ci sei mai entrato perché non osservi, non studi come faccio io, non ti applichi come dovresti e non sperimenti»

John gli scoccò un'occhiata furente.

«Siamo nella Stanza delle Necessità» rivelò Sherlock come se non fosse stato minacciato con lo sguardo.

«Quella che appare quando qualcuno ne ha bisogno e con tutto ciò di cui quel qualcuno ha bisogno?!»

«Corretto»

Tu hai avuto il bisogno impellente di organizzare una festa per me, per dirmi quanto sono bravo al Quidditch?!, ma John si limitò a pensare quella frase senza farla uscire dalla sua bocca. Piuttosto, decise di riempirla con un altro bignè.

«Hai detto che non dovremo preoccuparci delle cariche scolastiche...»

Sherlock non gli fece neanche concludere la frase: indicò un angolino in cui erano stati sistemati due sacchi a pelo con i rispettivi colori delle due Case. Si vedeva che stesse trattenendo il più possibile l'istinto di rimbeccarlo ancora su quanto fosse poco sveglio. Con sommo stupore di John, fu proprio la voglia di non insultarlo ancora che vinse in Sherlock. Più o meno.

«Ti ricordo che io sono un Prefetto» puntualizzò infatti il moro. «Diciamo che non dovresti avere problemi con me al tuo fianco»

John roteò gli occhi, a metà tra il divertito e lo stralunato: «A volte dimentico che l'idiota che fa esperimenti illeciti nel suo dormitorio e di tanto in tanto propone uscite serali nella Foresta Proibita è uno di quelli che dovrebbero contribuire a mantenere l'ordine in questa scuola»

«Faresti bene a tenerlo a mente: non vorrai che tolga punti a Grifondoro per tutte le cose illegali che fai insieme a me nella Foresta?»

John rise mollandogli un pugno leggero sulla spalla. Per quanto rischiasse ogni santa volta, John non avrebbe mai rinunciato a stare con Sherlock. Avrebbero potuto minacciarlo di togliere la possibilità alla sua Casa di ottenere la Coppa delle Case per anni, o di fare in modo che i Serpeverde vincessero sempre il campionato di Quidditch: se il prezzo fosse stato perdere la vicinanza di Sherlock Holmes, John Watson avrebbe bellamente ignorato tutto ciò e sarebbe rimasto con il Prefetto di Corvonero.

Ingoiò una gelatina TuttiGusti + 1 con il brillio negli occhi, conscio della verità dei suoi pensieri.

Durò poco: la gelatina sapeva di caccole.





FINE





Angolo dell'autrice: Salve!
Come dice anche l'introduzione, la storia è stata scritta per l'evento organizzato in questi giorni (e non ancora concluso) sul gruppo Facebook “We are out for prompt”. Nello specifico, è il frutto di due prompt combinati forniti da Elisa Story Zabini, che ringrazio tantissimo anche qui perché è stato bellissimo ricevere due tracce a tema Hogwarts!AU.
Spero che vi sia piaciuto leggerla come a me è piaciuto scriverla. Ringrazio tutti coloro che passeranno a leggerla e a lasciarmi un parere!
Un bacio e buone feste!

Menade Danzante

   
 
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