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Autore: CelticMan    24/12/2016    1 recensioni
Questo è un ricordo, che si alterna tra tempi passati e presenti come succede spesso nella mente umana.
Riguarda soprattutto un ricordo legato ad un Natale/Capodanno passato, nel quale Jessica Fletcher visse un momento bello e uno tremendo.
PER QUESTA FANFIC MI RIFACCIO AL PERSONAGGIO DI JESSICA FLETCHER, SEGUENDO UNA LINEA TEMPORALE DIFFERENTE DALLA SERIE (come per lo scrittore D. Bain che calcola gli anni dalla serie ad oggi).
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jessica Fletcher
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aprii gli occhi in maniera del tutto inconsapevole, saggiando nell’aria un aroma denso e ricco di tradizione. Era da poco sorto il sole e ricordo perfettamente il corredo utilizzato per la decorazione della camera da letto. La trapunta che mi solleticava il viso odorava di fresco, seppure il contatto col mio corpo l’avesse ormai resa stropicciata e accaldata, ma queste sono delle sottigliezze quando ormai la stagione fredda è iniziata e il Natale è alle porte, travestendosi da bambino per meglio farsi piacere dal mondo.
 Mi sollevai dal letto e dopo un attento cambio di look, preceduto dal classico rituale mattutino in bagno, scesi al piano di sotto. La stessa casa che tutt’oggi mi ospita era arredata per l’occasione: il caminetto acceso e circondato da festoni glitterati, l’albero a qualche metro di distanza, maestoso e alto sino al soffitto, i tappeti finemente puliti e tutte le altre moltitudini di decorazioni che ai bei tempi amavo uscir fuori dagli scatoloni ogni anno.
Il ricordo più grande però fece il suo ingresso, nella mia visuale, dalla cucina alla mia destra. Un uomo poco più che sessantenne, con indosso un maglione a trame rosse e bianche con slitta e renne intrecciate sul petto, un’andatura pimpante e un sorriso sempre gentile. Il mio Frank.
«Ben svegliata, mia cara».
Come ogni mattina il suo saluto aveva il potere di risollevarmi il morale, donandomi un senso di stabilità che nessun altro è mai riuscito ad eguagliare. Subito riposi al sorriso e da lì mi accompagnò a far colazione. Quanto adorava cucinare. I suoi pancakes, corretti con noce moscata e brandy per l’occasione natalizia, erano i migliori e non mi meravigliai di trovare due ospiti ben graditi nella mia cucina.
«Chissà perché già avevo previsto la vostra presenza», risi di gusto allungando un cenno del capo verso lo sceriffo Tupper e il mio caro complice Seth Hazlitt. «Sceriffo, ma lei non dovrebbe aiutare sua moglie per la vigilia?». Allungai un braccio per versare un po’ di latte e cannella nella tazza di mio marito, osservando guardinga il fare di Amos. Non mi fu difficile indovinare la sua risposta.
«Non c’è posto per me in casa!», sbotto di colpo a bocca piena, tanto che ci mancò poco che il pancakes gli ritornasse giù nel piatto. «Sa benissimo che sua sorella è arrivata ieri sera, come sa anche del caratterino nazista di quest’ultima. Oggi comandano le donne!».
«E quando mai è il contrario?», domandò accigliato Seth, inserendosi nella chiacchiera. Al suono delle nostre risa, lo sceriffo non poté far altro che fingere compiacimento facendo cadere l’argomento in quell’istante. Scosse il capo e per un attimo provai compassione nei suoi confronti. E’ sempre stato un brav’uomo. Anche troppo per i miei gusti.
 
La mattinata proseguì nel migliore dei modi, come ogni anno. Il riordino delle ultime cose, l’ordinazione che arriva troppo in anticipo, gli ospiti che cominciarono ad arrivare. Cugini da New York, altri da Philadelphia, e altri ancora dall’Europa. La maggior parte di loro provenivano dal ramo genealogico di Frank, a parte qualche nipote di vecchia data del mio. Come dimenticare i gorgheggi di zia Ellie mentre seguiva i programmi televisivi, i quali come di prassi trasmettevano i vari concerti natalizi. Adoravo quei momenti canterini. Il pomeriggio si animava in maniera mostruosa. Gli uomini che discutevano di sport o giocavano a carte, i nipotini che giocavano in giro per la casa, le donne più anziane affaccendate tra fornelli e ortaggi e quelle più giovani si distribuivano un po’ ovunque. Poi arrivava l’orario, come già preannunciato, nel quale si dava inizio ad un vero e proprio concerto intorno al fuoco.
Facevamo combaciare quel momento con quello della merenda dei più piccoli, così da poterli intrattenere con maggior risultato possibile. Le facce illuminate dal caminetto, i sorrisi luccicanti. Che meraviglia!
 
Il Natale, penso tutt’ora, sia una magia vera e propria. Pur conoscendo la storia della festività, prima pagana e poi cristiana, ci si stupisce ogni anno di più. Il tempo scorre. Il canto lascia spazio al lettore cd, il libro di racconti diventa un pc, il Babbo Natale un blocchetto di assegni. Ma alla radice di tutto questo cambiamento, permane un senso di pienezza che solo questa festa riesce a donare.
Sembra come se in questa data si concentri un’energia differente, che riesce a far esplodere dall’interno le emozioni di tutti. Quell’anno per me fu molto particolare e non per un disagio di tipo complessivo, bensì per un dato evento che seguì la festa.
Tornando a quel giorno, però, ricordo perfettamente l’animo luminoso di tutti attorno al lungo tavolo per il gran cenone. Presto giunse la mezzanotte e con essa il festeggiamento tra brindisi, dolci e regali. I più piccoli riempirono l’atmosfera di urla ed i più grandi non furono da meno, dando il peggiore degli esempi. Il viso mi doleva per il troppo ridere, ma misi da parte cinque splendidi regali, tra cui due libri che avevo desiderato per lungo tempo.
I giorni si susseguirono con una rapidità mostruosa, portandoci alla seconda festività più importante. Il Capodanno. Maledico ogni anno questo giorno.
A quel tempo tutto proseguì nel migliore dei modi, festeggiammo, partimmo per un lungo viaggio nel sud del paese, vivemmo appieno ogni esperienza. Vissi di un romanticismo estenuante, tornando ragazza anche se solo per pochi istanti. I baci lungo i porticati del museo, la cena a lume di candela nei pressi del fiume ghiacciato, il valzer circondata da roseti e raggi lunari. Sembrava il dono perfetto per un anno altrettanto esemplare, ma il destino giocò per me la carta più oscura.
Il 12 gennaio il mio adorato Frank avvertì un dolore lancinante all’altezza del petto. Io non ero in casa, in quanto il lavoro mi aveva richiamato al dovere. Non riuscirò mai a cancellare dalla mente quel maledetto giorno. Il direttore scolastico che interruppe la lezione di inglese, gli studenti spaesati quanto me. Frank era morto. Il mio Frank. Morto.
 
Percorsi il corridoio in fretta, correndo oltre i limiti dell’eleganza per raggiungere nel più breve tempo possibile l’ospedale più vicino. Amos mi stava già aspettando all’esterno e fu lui ad accompagnarmi, tentando di placare il mio pianto.
Giunti in ospedale appresi dell’infarto. Era rientrato da poco dopo un giro in barca, fischiettando, quando il male lo investì d’improvviso facendolo collassare in salotto. La sua pipa preferita era stata ritrovata a pochi centimetri dal corpo, ancora calda.
Non potei mai dire addio al mio amato Frank. Riuscii solamente a salutare la sua salma, la parte più anonima di lui. Gli occhi chiusi nell’eterno sonno, le labbra serie e serrate. Incapace di riconoscere l’uomo che aveva vissuto con me parte della sua vita, rifiutando di relazionarlo a quel corpo inerme e freddo e livido, firmai le varie documentazioni per procedere con i protocolli e venni scortata a casa, mentre Seth in lacrime tentava di calmarmi, farmi reagire.
Dovetti far forza sulla mia volontà per affrontare tutto ciò che seguì. Il riordino della casa, i funerali, la mia vita. Per anni soffrii di insonnia e depressione, senza mai uscirne in verità. Non mi era stata concessa una possibilità, per salvare mio marito, per salutarlo, per baciarlo e stringerlo a me.
 
Ogni anno per me si ripete tutto questo episodio, anche se ormai l’intensità del dolore sembra aver raggiunto un differente grado di importanza. L’accettazione del lutto avviene in maniera automatica, specie quando continui a portare l’amore dentro di te. Preferisco oggi portare in me la memoria sana, quella delle risate, dei dolci momenti che non torneranno mai più.
Il Natale è anche questo. Rendere grazie per tutto… o quasi tutto.
   
 
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