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Autore: Atra    24/12/2016    3 recensioni
A Trabia è sempre stato Natale, anche dopo l'attacco missilistico.
Dopo la morte di Artemisia, Selphie torna al proprio Garden e, fra ricordi e riflessioni, si ritrova a tirare le somme di quell'anno così particolare.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Selphie Tilmitt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Trabia è sempre stato Natale, anche dopo l'attacco missilistico.
Dopo la morte di Artemisia, Selphie torna al proprio Garden e, fra ricordi e riflessioni, si ritrova a tirare le somme di quell'anno così particolare.

-Vado a Trabia, mi è venuta voglia di un po' di atmosfera natalizia!-.
-Ma Selphie, siamo a primavera!-.
-Ma come, non sapete che a Trabia è sempre Natale?!-.

A Trabia era sempre stato Natale.
Per Selphie era impossibile immaginarsi il suo Garden senza quella fina patina di cristalli bianchi e blu che ricopriva e impreziosiva ogni cosa, intesseva merletti inghirlandati di diamanti sulle ragnatele e spargeva granelli scintillanti sul freddo metallo del cancello.
A Trabia la vita sapeva di neve e sale che scricchiolavano sotto le scarpe, di cioccolata calda a scottare la lingua, di aria pungente a sferzare gli zigomi, di battaglie a palle di neve in giardino, di pupazzi di neve a cui cedere la propria sciarpa, di spalate in compagnia, della sensazione di caldo sul corpo freddo, di fiato condensato, di giorni sotto lo stesso, pesante, cielo bianco, di bufere improvvise e del fumo acre dei camini accesi.
Trabia erano mille, piccole abitudini irrinunciabili per il resto di una vita: il doppio strato di calze, il thermos del caffè, la trapunta fino al mento, disegnare sul vetro condensato, il sapore della neve fresca.
A Trabia era Natale ogni giorno e per questo le decorazioni natalizie non venivano mai staccate dal loro posto.
A Trabia il Natale era una tradizione ormai coincidente con la vita.

A Selphie Trabia mancava sempre terribilmente per questi ed altri motivi, ma sapeva che quel piccolo angolo di tempo immoto sarebbe sempre rimasto lì ad aspettare che lei tornasse dai suoi giri per il mondo.
Tuttavia, da quando il Garden era stato distrutto dai missili inviati dalla Strega, Selphie aveva conservato la dolorosa sensazione che quel tempio incontaminato di felicità e serenità fosse stato profanato e che non sarebbe stato più lo stesso.
Allora Selphie era tornata a Trabia e aveva ricevuto la spiazzante certezza che la magia era stata spezzata e che il tempo aveva ripreso a scorrere inesorabile, prendendosi tutto in una volta ciò che non aveva toccato fino a quel momento.
Erano spariti luoghi e visi, risate e sorrisi, corse e giochi, scherzi e guai.
Erano spariti i festoni natalizi: alcuni giacevano ancora inceneriti a terra, altri erano appesi a un solo chiodo, oscillanti nel vento che si infilava nei pertugi fra le assi divelte.
Perché a Trabia aveva cominciato a soffiare un vento diverso, aggressivo, odoroso di pino e di fumo, di muschio e di cenere, di legno bagnato e di sangue.
Perché a Trabia tutto aveva cambiato faccia e il freddo era davvero entrato nel cuore di ognuno, facendo avverare le scherzose parole di chi una volta aveva l'impressione che il gelo entrasse nelle ossa se il cappotto non era ben chiuso.

Selphie era tornata nuovamente e aveva percorso in punta di piedi il vialetto devastato da profonde spaccature, si era sporta oltre il bordo della fontana centrale, le mani distese in avanti a sfiorare ormai solo la pietra nera e incrostata di cenere, si era arrampicata sui detriti più alti per respirare l'aria della sua Trabia, per nulla comparabile a quell'ossigeno misto a polvere e fumo, aveva scavato a mani nude e disseppellito i resti di decine di vite di cui non era rimasta traccia, i ricordi di chi era bruscamente a sua volta divenuto ricordo, oggetti malfunzionanti, alcuni rotti, altri pressoché inservibili...come chi una volta se n'era servito, del resto.

Selphie era sempre stata quella forte, a Trabia.
Il suo nome era entusiasmo, motivazione, consolazione, conforto, incoraggiamento. Lei era l'alta percentuale che, se aggiunta a una certa probabilità, rendeva possibile l'impossibile e fattibile il supposto.
In questo lei non era mai cambiata, a differenza di quel luogo, che era cambiato radicalmente proprio quando se n'era andata a inseguire il proprio futuro, come un uccellino spicca il volo da sotto l'ala della madre.
Forse era stato per quello che, quando era tornata, tutti le si erano fatti attorno così entusiasti: in lei era sopravvissuto ancora quel pezzo della vecchia, cara Trabia di una volta, un ricordo che nessun missile avrebbe mai potuto polverizzare.
Allora lei era diventata casa, era diventata quella madre dalle ali protettrici, era diventata la consumata effigie di un passato contemplato con un'ammirazione mista a una sorda, pulsante, amara nostalgia.
Lei, il simbolo di una Trabia piena di vita, di quel punto nero nell'immensa e inospitale distesa di ghiacci del continente, era tornata a una Trabia messa in ginocchio, esposta, silenziosa e discreta come un moribondo lasciato al suo destino, muta come la distesa di lapidi sparpagliate in un angolo allestito alla bell'e meglio.

L'angolo dei morti non apparteneva all'immagine originale della vecchia e ridente Trabia, divenuta ormai un involontario e doloroso termine di paragone con la realtà presente.
Quell'angolo sorgeva in disparte, era cresciuto quasi spontaneamente dal terreno, come se esso fosse stato reso paradossalmente fertile dalle lacrime, dalla cenere, dal sangue.
Era un posto che si avrebbe tanto voluto accantonare, ma che il rispetto e il dolore riempivano di fiori, preghiere, ginocchia a contatto con la terra, labbra a sfiorare la fredda pietra delle lapidi.
Era il simbolo della tragedia appena avvenuta, come una ferita fresca a squarciare la carne, che forse avrebbe fatto meno male dimenticare, ma che tuttavia aveva bisogno di cure, proprio perché recente.

A questo ed altro aveva pensato Selphie, mentre, inginocchiata di fronte alla lapide di uno dei suoi più accaniti rivali a palle di neve, si chiedeva se il bilancio delle vite salvate e di quelle perdute fosse più verde, come le chiome dei pini che una volta popolavano il boschetto attorno al Garden, divenuto ora una triste distesa di cenere, oppure più rosso, come la scritta sullo striscione campeggiante in piazza, "Arise".
E tutti si erano impegnati davvero a far risorgere il Garden, con tanto entusiasmo da non dormirci la notte, da saltare i pasti e sospendere le lezioni, con il dolore come fonte di energia, con la speranza come guida.
Ora al centro della piazza la fontana era tornata a gorgogliare, i muri erano stati riverniciati, i detriti rimossi. Solo il vialetto principale era rimasto nelle stesse condizioni di prima, perché era stato impossibile rimediare al danno permanente dei missili, ma esso era stato rivestito di un lungo tappeto rosso, che tracciava una strada sicura fra una voragine e l'altra.
Quando l'aveva percorso, Selphie aveva sentito il cuore batterle come un tamburo nel petto, tanto che si era fermata pensierosa sull'orlo di una crepa a domandarsi se stava per rivedere una terza Trabia, diversa dalle due dei suoi ricordi.
Era stata la sua amica a trovarla e ad accompagnarla nell'esplorazione di un mondo nuovo, perché risorto, ricostruito sui frammenti dei ricordi, ma anche vecchio, perché improntato sul modello di un passato che non era mai rimasto alle spalle, ma aveva sempre camminato al fianco di tutti coloro che l'avevano vissuto, anche solo per pochi anni.
Per quel motivo Selphie poteva dire che a Trabia era Natale anche dopo l'attacco missilistico: i festoni e le ghirlande erano tornati a dondolare al leggero e pungente vento primaverile, la neve era tornata ad accumularsi e ad essere accumulata in ogni angolo, le piccole abitudini erano riaffiorate spontanee e gradite a tutti.
Tuttavia, era stato più difficile del previsto e questo Selphie l'aveva notato sin da subito. C'era una sottile forma di prudenza in tutti gli animi, manifestata nella voce bassa con cui si parlava della quasi recente disgrazia, nella timidezza dei sorrisi, nella discrezione delle risate, nella brevità delle battaglie a palle di neve. C'era quello e molto altro, come ad esempio l'angolo dei morti, che non poteva certamente essere interessato al processo di "resurrezione" che il Garden stava tentando.

Ma per questo Selphie non si era sentita di chiedere perdono, perché credeva fermamente che gli sforzi di chi provava speranza portassero comunque a  qualcosa di buono, come effettivamente era accaduto.
E se non era stato possibile riportare subito il passato al presente, forse era più naturale che il presente ritornasse spontaneamente al passato, o comunque a uno stato che ognuno di loro potesse definire "casa".
Selphie si era guardata intorno e aveva realmente riconosciuto una terza Trabia attorno a lei, ma quella era una Trabia coraggiosa, cresciuta, maturata con sofferenza, ma anche arricchita, per quanto possibile, dall'esperienza vissuta.
In quella Trabia Selphie sentì di riconoscersi profondamente, sentì la propria diversità dalla persona che era partita da lì un anno prima e vi era successivamente ritornata spezzata, provata da una missione fallita e dal peso di chissà quante vite bruscamente interrotte.
In quella Trabia Selphie si sentì accolta come una volta, forse perché lei stessa era cambiata, forse perché aveva tanto bisogno di un posto che l'accogliesse, ora che la lotta contro il male era stata vinta e i pensieri potevano tornare a contemplare gli orizzonti infiniti di una vita in pace.
Forse era stato quello a disorientarla e a cercare un punto di riferimento nella sua Trabia ridente, spezzata e successivamente risollevatasi in piedi, un po' come il resto del loro mondo.
Eppure Trabia sola era stata la sua casa; lo era stata perché ci era cresciuta, perché aveva accolto i ricordi più dolci della sua vita, perché le aveva insegnato ciò che non avrebbe mai scordato: l'amicizia, il coraggio, il rispetto, il valore.
E se Selphie si poteva rispecchiare nella Trabia che in quel momento si trovava attorno a lei, se da essa aveva imparato il peso enorme del "risorgere", non vedeva perché non dovesse chiamarla ancora "casa".
Trabia era ancora casa sua, lo sarebbe sempre stata, con il suo Natale perenne a chiederle ogni giorno il bilancio annuale, su cui lei si stava ancora interrogando.
Sì, ci stava ancora riflettendo, ma una lenta consapevolezza aveva fatto capolino ai bordi del suo cuore profondamente commosso: non importava il fatto che quel bilancio fosse rosso o verde, perché pesare con la stessa unità di misura delle vite perdute accanto a degli sforzi che non avevano ancora maturato tutti i loro frutti era una pretesa troppo ambiziosa.
Importava invece che, per il semplice fatto che Trabia viveva ancora ed era un modello di forza per lei stessa e per gli altri, il percorso in salita del suo Garden non potesse essere considerato fallimentare.
   
 
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