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Autore: Neferikare    25/12/2016    3 recensioni
Questa volta Pitch Black è deciso: rovinerà il Natale a tutti i bambini della Terra, che ci siano i Guardiani a proteggerli o meno!
E per farlo quale idea migliore, se non quella di chiedere aiuto a chi odia il Natale tanto quanto lui?
Un vecchio amico dal pelo verde poco collaborativo, un cane-renna incontinente e il sovrano della paura: cosa potrebbe mai andare storto?
Tutto, praticamente.
Fra Civil War gastronomiche, momenti canori e regali improbabili, Pitch si troverà faccia a faccia con una sola quanto amara consapevolezza: che lui, a Natale, avrebbe fatto meglio a restare chiuso in casa a giocare a tombola con Onyx.
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Cinque Guardiani, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Cappello di lana beige e bianco con tanto di pon-pon sulla sommità, sciarpa verde con scritto “Merry Christmas” a caratteri cubitali, classico maglione natalizio di un rosso acceso con ricamate renne e abeti vari, pantaloni neri rigorosamente di ciniglia che lasciavano scoperta la caviglia, guanti senza le dita ma con dei deliziosi campanelli sul dorso della mano, il tutto accompagnato da un’improbabile pelliccia nerastra sfilacciata e tenuta sulle spalle perché troppo corta.
Se lo avesse visto uno dei Guardiani, probabilmente Pitch si sarebbe guadagnato battutine sulla sua versione invernale per qualche secolo, ahimè pure giustificate!
Non aveva la minima idea del perché stesse facendo quel viaggio assurdo che durava ormai da giorni verso una meta praticamente sconosciuta, ma non si sarebbe dato per vinto per colpa di una tempesta di neve: deciso e motivato com’era a riuscire nella sua impresa, il sovrano dell’oscurità non si era ancora fermato un solo minuto a riposare… fatta eccezione per una breve pausa durante la quale si era reso conto che il tappo del suo termos -contenente della cioccolata calda che si era portato dietro per evitare l’ipotermia- si era congelato sul metallo stesso, rendendo impossibile il raggiungimento della preziosa bevanda.
Nel mezzo di una tormenta di neve che non dava cenno di volersi fermare, e con le gambe che a malapena lo reggevano in piedi da quanto si erano irrigidite a causa del freddo, Pitch Black continuava ad avanzare tenendo un braccio teso davanti al volto per evitare che il ghiaccio gli arrivasse negli occhi, eventualità disastrosa dal momento che già non si vedeva nulla.
Solo bianco, bianco ovunque, una sterminata distesa di neve candida, un paesaggio che pareva essere congelato nel tempo, la continua sensazione che quel gelo gli entrasse direttamente nelle ossa, maglione di lana e guanti o meno.
Cosa non si faceva per rovinare il Natale ai Guardiani, cosa!
Come ogni anno da quando ne aveva memoria, il periodo natalizio significava solo e soltanto una cosa per Pitch Black: piani malefici, o presunti tali, per mandare all’aria la festa più attesa da tutti i bambini del mondo.
O almeno provarci, che era già qualcosa.
Sì, perché -giustamente- ogni volta qualcosa andava storto, ad ogni suo minuziosissimo piano malvagio corrispondeva un fallimento altrettanto studiato nei dettagli da Nord e compagnia: c’era stata la volta in cui si era calato in un camino rendendosi conto dopo del caminetto acceso, ed era stato l’anno delle ustioni di terzo grado dopo il quale si teneva alla larga da ogni dannatissimo comignolo; poi ancora l’anno seguente, quello in cui era rimasto impigliato per una caviglia nelle lucine natalizie del tetto, standosene tutta la notte a penzolare dalla grondaia mentre gli si ghiacciava il fondoschiena.
E come dimenticare uno dei migliori anni, la favolosa esperienza dei bambini che, non avendo ricevuto i doni richiesti il Natale precedente, erano rimasti svegli ad attendere Babbo Natale di persona?
Armati di mazze da baseball.
Pitch aveva dovuto starsene un mese a letto lamentandosi del naso rotto, tutte le altre ossa e la dignità che nemmeno si sentiva più in corpo, prima di riuscire anche solo a racimolare le forze ed il coraggio per uscire dal suo buco di casa: mai più, non avrebbe mai più tentato di rovinare il Natale a Nord, sembrava che ci fosse una maledizione che preannunciava già un fallimento ogni volta!
E magari c’era pure qualche intruglio magico sotto, considerando i risultati dei tentativi di mandare all’aria pure l’Epifania: quella vecchia megera della Befana effettivamente non lo guardava di buon occhio da un pezzo, dopo la minaccia di “infilargli la scopa in luoghi dove le caramelle rubate dalle sue calze non potevano arrivare”, ma Pitch preferiva non pensare nemmeno a cosa bollisse nella pentola, o meglio nel pentolone, di quella strega.
 
Comunque fossero messe le cose, il divagare della mente di Pitch venne malamente interrotto quando il suo naso non ebbe un violento impatto con una superficie piuttosto dura e ruvida, ma che non sembrava affatto roccia, ma più una pesante quanto marcia porta di legno umido logorata dalle intemperie di quel luogo dimenticato dal mondo.
L’indomani sarebbe passato ormai un anno dalla sua ultima visita a quel vecchio amico, e sinceramente Pitch avrebbe anche allungato le tempistiche prima di andare nuovamente da lui, ma con il Natale alle porte e nessun piano per rovinarlo non aveva proprio scelta: va bene, l’ultima volta avevano fallito comunque nonostante fossero in due, ma quelli erano dettagli.
Come anche erano dettagli i brividi che gli provocava ogni volta mettere piede sui ripidi e innevati pendii dei Picchi di Punta Bo, e non era solo per il freddo: quelle aspre montagne erano inquietanti già da sole, ma quello che gli faceva accapponare la pelle erano i canti gioiosi e spensierati della Giubilanza dei Nonsochi, abitanti della vicina Chinonsò.
Altro che bambini sulla Terra, quella era gente che si preparava al Natale tutto l’anno, era era sempre, costantemente, continuamente, entusiasta… anche troppo, per i modesti gusti di Pitch Black, che il Natale lo odiava già solo perché significava “piani che falliscono miseramente”.
Comunque fossero messe le cose, ora che era arrivato a destinazione non restava che fare il passo successivo, e cioè farsi aprire la porta; diede un paio di colpi sul legno nerastro:
«So che sei lì dentro, quindi non fingere di non avermi sentito e apri, prima che mi congeli in questo schifo di posto!» ordinò severo stringendosi nella sua improbabile pelliccia.
Non ricevendo risposta, insistette ulteriormente da bravo molestatore qual era, iniziando ad intensificare il continuo e furioso bussare:
«Apri, apri ho detto! Per tutti gli yeti pulciosi, non lasciarmi qui fuori a congelare come un-»
«E cosa mi dai in cambio, eh? Cosa mi dai in cambio, Pitchone?» si sentì chiedere da una voce gutturale proveniente dall’interno «Eh? Cosa, eh? Mi hai portato la torta, eh? La torta l’hai portata? Eh, Pitchone? EH?» continuò con la stessa enfasi con la quale Pitch aveva bussato la porta fino ad ora; gli cascarono le braccia mentre sbuffava annoiato, accidenti a lui ed all’avergli fatto scoprire le mirabolanti avventure di Cristina e Luca!
Dopo qualche attimo di esitazione e di sospiri, Pitch tirò fuori da sotto la pelliccia un fagotto coperto da un canovaccio rossiccio, reggendolo in mano ancora fumante:
«Sì, te l’ho portata la torta, sì. Ora aprimi, però, che qui si muore di fred-»
«Prima passa la torta a Max, poi decideremo se aprirti… ecco, adesso te lo mando eh, niente scherzi!» ribatté la solita voce; dopo un cigolio di serrature che venivano aperte, nella parte inferiore della grande porta si aprì una porticina più piccola, dalla quale Pitch riuscì giusto ad itnravedere il muso di un cane di piccola taglia.
Il quale, poggiato il fagotto a terra, gli diede una breve annusata per poi, con velocità disarmante, afferrarlo con la bocca e tirarselo dietro di sé mentre ballonzolava da una parte all’altra, giustamente lasciando che la porta gli si chiudesse dietro la coda: inutili furono i tentativi di Pitch di afferrarlo, tentativi che si infransero contro le imprecazioni che tirò quando le dita gli si incastrarono sotto i cardini.
Passò qualche istante nella più completa agonia da mano schiacciata sotto la porta, ma qappena ritrovò lucidità riprese a lamentarsi dimenandosi furibondo:
«Aprimi, APRIMI! Non lo ripeterò un’altra volta, non intendo farlo!» gridò come nemmeno un pazzo avrebbe potuto fare «Me ne sto qui fuori come un povero disgraziato mentre tu ed il tuo cane mangiate la mia torta! L’ho fatta io quella torta! IO! Aprimi! AAAAPRIIIMIIII!» continuò questa volta non solo bussando, ma gettandosi direttamente contro la porta; incurante delle ossa che ruggivano dal dolore di schiantarsi contro il legno massiccio, Pitch non terminò la sua sceneggiata, anzi andò avanti con sempre più rabbia «Sto perdendo la pazienza, dannatissimo sacco di pulci maleodorante! Sono il sovrano dell’oscurità, io! Oltre alla porta ti apro il c-» non fece in tempo a finire che, dopo l’ennesimo tuffo verso la porta, questa si apri improvvisamente facendolo cadere sul pavimento con il fondoschiena all’aria, chiudendosi subito dopo.
Chiudendosi, certo, come si erano chiusi gli occhi di Pitch Black dopo il colpo che si era preso all’impatto con il pavimento; prima di sentire i sensi abbandonarlo, però, riuscì giusto a distinguere la vaga figura di un cane dal pelo fulvo, nemmeno troppo grande, con una sorta di corno da renna legato sulla testa con un fiocco rosso, il quale gli si era avvicinato ed accucciato vicino:
«C-cosa… cosa v-vuoi… eh? S-stai r-ri… ridendo di… di me, vero? VERO?» domandò alla bestiola che piegò la testa di lato incurante delle domande dell’altro «Ma d-di… dimmi te… con i cani… ora p-parlo… con i cani. I c-cani! P-prima… prima gli… gli Incubi… e… ed ora… i cani...» rifletté ad alta voce Pitch boccheggiando «… Ma c-co… come m-mi sono ri-ridotto… come mi s-sono…» non fece in tempo a finire che sentì gli occhi farsi pesanti, e allora svenne.
Mentre qualcun altro lo guardava divertito, ovviamente.
 
 
Se lo svenimento gli aveva lasciato appena il tempo di contemplare le misere condizioni in cui si era ridotto, passando da “l’uomo che sussurrava agli Incubi” a “l’uomo che sussurrava ai cani”, il risveglio non era stato meno brusco, a partire da quando aveva notato le condizioni del letto in cui si trovava: non osava nemmeno quali cibi avessero provocato quelle inquietanti macchie multicolore di unto che gli toccavano la poca pelle rimasta fuori dai ridicoli vestiti che si era messo addosso, come anche decise di fingere di non aver visto le ragnatele sopra la testiera stessa del giaciglio, e forse era meglio tralasciare pure le molle del materasso che fuoriuscivano dalle lenzuola trafiggendogli la schiena.
Calmo, doveva stare calmo, calmissimo: era arrivato, era dentro e, soprattutto, era finalmente al caldo, per cui la lista delle sue priorità era ormai stata ampiamente soddisfatta.
Gettò distrattamente lo sguardo socchiuso ancora reso appiccicoso dal brusco risveglio verso in fondo del letto, notando che il cane di prima se ne stava acciambellato ai suoi piedi sonnecchiando e svegliandosi insieme a lui, prendendo poi ad osservarlo insistentemente: conosceva Max da diverso tempo ormai, ma la sua tenuta da renna -con tanto di naso rosso!- era qualcosa di completamente nuovo anche per lui, dal momento che l’ultima volta che lo aveva visto le uniche cose vagamente natalizie nell’abbigliamento di quel cane -comunque, a conti fatti, sempre meno ridicolo del suo, doveva ammetterlo- era stato un papillon cremisi.
Stropicciò nuovamente gli occhi, giusto perché gli pareva di aver visto qualcosa sopra di lui, una figura nera nascosta dalla penombra di quella grotta fredda e umida:
«Ma buongiorno, incubo dei chirurghi di rinoplastica, buongiorno!» lo salutò la voce con particolare entusiasmo «La brutta addormentata si è svegliata e non mi aveva avvisato? Solo per questo non riceverai regali a Natale, malandrino che non sei altro!» continuò rimproverandolo; a Pitch bastò concentrarsi un attimo per riuscire a distinguere delle dita coperte da lunghi ciuffi di pelo verde che gli tormentavano le guance con i pizzicotti tipici delle vecchie zie.
Panico.
Panico generale.
Saltò in piedi sul letto nel giro di mezzo secondo, restando ovviamente incastrato in mezzo alle coperte e quindi avvolgendosi in mezzo a quelle come un salame, salame che era poi crollato a terra rotolando fino al muro mentre le coperte lo abbandonavano man mano che avanzava, restandosene sdraiato a terra con le gambe appoggiate contro la parete e la testa che gli girava vorticosamente.
Seguì qualche minuto di silenzio, interrotto qua e là da un rumore di passi e di zampettare del cane-renna, poi si sentì sovrastare da una figura fin troppo nota e famigliare:
«Re degli incubi, mi dicono» lo prese in giro il suo interlocutore «Sei troppo magrolino per spaventare Max, figurati se puoi spaventare i bambini! E di rubare il Natale… ah!» asserì l’altro accompagnando il tutto da una fragorosa quanto grottesca risata di scherno; ormai rassegnato, Pitch non poté fare altro che sospirare per l’ennesima volta: non c’era niente da fare, ogni dannata volta finiva sempre nello stesso modo, con lui che faceva qualche figuraccia ed il compagno di piani malvagi che gli ricordava quanto fossero fallimentari tali piani.
Dall’alto del suo metro e novanta di pelliccia verdognola e maleodorante, completata da una mano che si grattava il posteriore in modo del tutto indifferente, il Grinch osservava Pitch Black con aria pietosa, puntandogli addosso quei suoi occhi gialli dall’iride rossa che sembravano giudicarlo solo posando il loro sguardo su di lui; da parte sua, Pitch non era proprio nelle condizioni più adatte a sostenere un confronto con l’altro, dal momento che se ne stava con i lsuo corpicino grigiastro malamente avvolto in un ridicolo maglione natalizio e degli assurdi quanto inguardabili pantaloni di ciniglia, per non parlare della sciarpa che augurava buone feste.
Ed il Grinch odiava il Natale, lo odiava anche più di quanto lo odiasse Pitch.
 
Nonostante tutte le figuracce già accumulate, fra svenimenti e rotolamenti vari, il sovrano della paura trovò comunque la forza per rimettersi in piedi senza essere costretto a farsi aiutare da chi l ostava osservando perplesso: si sistemò gli abiti lisciando la pelliccia alla bene e meglio con le mani, assunse una posizione tanto dritta quanto impettita e diede mostra di sé schiarendosi la voce come se stesse preparando chissà quale discorso, quando in realtà mise in piedi tutto quel teatrino per dare almeno la parvenza di essere sicuro di sé.
Ma dentro la propria mente l’unica cosa che voleva fare era sprofondare sotto tre metri di neve, che tanto ai Picchi di Punta Bo abbondava eccome.
Di tutta risposta, il Grinch allargò le braccia come per dire “Abbiamo capito, ora puoi anche smetterla di fare l’idiota”, ma decise di tralasciare quella parte:
«Buongiorno, appunto, eccomi qui in casa tua» si decise a dire Pitch per rompere il ghiaccio in modo più che pessimo abbandonando le braccia lungo i fianchi «Prima che tu dica qualsiasi cosa, non è una visita di cortesia, la metterei più sulla visita di affar… COSA ACCIDENTI STA-» sbraitò quando si accorse, ahimè troppo tardi, di Max che gli stava bellamente orinando sulla pelliccia, dimostrandogli l’immenso rispetto che nutriva per lui; fra una risata e l’altra del Grinch, Pitch cercò di contenersi dal cacciare in malo modo l’adorabile bestiola incontinente, limitandosi a tirare verso di sé la pelliccia per poi, resosi conto dell’odore che emanava, togliersela di dosso e gettarla il più lontano possibile.
Se quello era il preludio della giornata che gli si prospettava davanti, allora sarebbe stato un giorno lungo, molto lungo, lunghissimo.
Era giusto intento a continuare il proprio discorso quando il Grinch, già annoiato dalla sua presenza, se ne andò sbuffando per sedersi su un improbabile divano dalla stoffa logora ed il cui legno consumato dalle termiti, mettendo i piedi sul tavolo davanti a sé subito dopo aver afferrato una bottiglia ed un bicchiere dai pezzi tutti incollati:
«Fammi un favore e siediti anche tu, mi metti l’ansia addosso se te ne stai lì in piedi a dondolarti sul posto, e non lamentarti se poi Max ti scambia per un palo della luce da quanto sei secco!» lo invitò alla bene e meglio a sedersi anche lui, invito che Pitch accettò nonostante l’inizio di conversazione pessimo; guardò la sua seduta, una poltrona beige segnata da strappi e cuciture improvvisate su tutta la sua superficie, oltre che da resti di cibo sparsi ai piedi della stessa:
«Io non mi siedo su questa… roba, mi rifiuto, è tutto così… è così… è palesemente antigienico, è al limite della legalità!» prese a lamentarsi stizzito.
Il Grinch gli piantò addosso quel suo sguardo freddo e incredibilmente inquietante, con quegli occhi nascosti da ciuffi disordinati di pelo che doveva assomigliare a delle sopracciglia, poi fece spallucce gesticolando:
«Porcospino, Pitch! Sempre con le tue manie ossessivo-compulsive del tirare a lucido ogni luogo dove poggi il tuo regale fondoschiena grigio come la cenere sotto i camini dei Nonsochi! Tu e la tua misofobia mi date i nervi!» gli inveì contro scattando in piedi e puntandogli un dito sulla fronte reggendo il bicchiere con l’altra mano «Tu mi dai i nervi! Quasi quanto il Natale, renditene minimamente conto! Ed ora siediti, siediti per l’amor dei rostacchini che quelli di Chinonsò staranno già pregustando!» gli ordinò spingendolo appena sulla poltrona facendocelo sprofondare dentro.
Pitch on fece nemmeno in tempo ad assestarsi su quel cuscino ben poco morbido che si trovò Max acciambellato sulle gambe, con quel suo corno da renna che gli arrivava fin sotto il mento impedendogli di fare qualsiasi azione:
«Potresti dire al tuo cane di-»
«No, non posso. Se Max ha deciso che sei la sua nuova sedia, allora sarai la sua nuova sedia. Niente storie, Pitchone dei miei stivali che nemmeno indosso!»
«Ma io-»
«No, no e ancora no. NO. Nnnnnnoooooo.»
«Io però-»
«Noooon miii inteeeeereeeeessaaaaaaa! Nooon me neeeee freeegaaaaaa nuuuullaaaaaa! Taaaaaciiiiii!» rispose il Grinch allungando di proposito ogni singola lettera per farlo innervosire
«Veramente-» fece per lamentarsi ancora quando si trovò un pezzo di torta infilato in bocca con discreta violenza:
«Mangia! Mangia che poi dimagrisci! Mangia e taci! Maaaaangiaaaa!» insistette l’altro spingendoglielo più a fondo nella gola per farglielo masticare.
Pitch si sentiva mancare, non respirava quasi più dalla quantità industriale di pan di spagna che la sua povera bocca stava ingurgitando forzatamente, e sforzarsi di masticare non era facile:
«Dannat… NNnnnGNnnNNn! G-Grin…NNNnnnNN!!! Fam… GNNnnGggNNNN!! Fammi res… GGGNnnnggNNNNnnn!!!­» cercava di parlare facendo uscire solo dei grotteschi grugniti animaleschi mentre si dimenava in preda al panico; gesti che divertivano talmente tanto il Grinch che questo si era alzato, aveva messo un piede sulla poltrona dove se ne stava seduto -o meglio collassato- Pitch e, bottiglia di spumante alla mano, aveva infilato nella sua bocca pure quella insieme al cibo, dando vita ad uno spettacolo terrificante:
«Non fare storie! Chi non beve in compagnia, è un Nonsochi o è una spia!» asserì ridendo di gusto mentre, alla torta, aggiungeva pure del panettone con canditi
«N-non mi… GNNnnnnGnNNn! B-basta! P-piet… GNnnnGnnnnNNN!!!» tentò di liberarsi, ma fu del tutto inutile.
 
Ad un certo punto, Pitch aveva sentito l’estremo bisogno di rimettere tutto quello che aveva in bocca -ma ormai anche nel naso, l’uvetta gli doveva essere finita nei polmoni insieme ai canditi!- mentre gli venivano le lacrime agli occhi: non sentiva più il sapore di nulla, solo un brutto miscuglio di crema chantilly, zabaione, meringhe, canditi vari, scorzette di agrumi, topping al cioccolato e amarene, granella di nocciole, spumante andato a male di pessima -pessimissima!- qualità… ed i peli verdastri delle dita del Grinch, anche quelli!
E forse fu proprio per quella spiacevole sensazione che trovò una forza spaventosa che gli permise, in un impeto di adrenalina pura, di scansarsi di dosso il Grinch facendolo finire con le chiappe all’aria mentre lui si ergeva con i pezzi di panettone ancora misti alla crema sparsi sul volto:
«Basta! BASTA! Sono Pitch Black! Sono il signore dell’oscurità, della paura, sono il re degli incubi! Ed odio il panettone! LO ODIO!» gridò come un forsennato stringendo i pugni mentre dei sottili filamenti simili ad ombre uscivano da sotto quegli orribili pantaloni di ciniglia «Panettone? Panettone? AH! Hasta el pandoro siempre!!! Lunga vita al pandoro!» continuò urlando come un forsennato mentre prendeva con decisione un panettone malefico e ne strappava interi pezzi con i denti grondanti di topping all’amarena rosso sangue.
Se fosse entrato qualcuno avrebbe pensato che quello fosse un omicidio, altro che rimpatriata!
Il delirio vero però Pitch lo raggiunse poco dopo, quando si afferrò con decisione i lembi del maglione facendo per toglierselo, gesto al quale il Grinch rabbrividì coprendo gli occhi al suo povero cane che gli era appena schizzato in braccio:
«Ma per favore! Porcospino! Contieniti! Cont-»
«AVANTI AD OLTRANZA, PANDORO E IGNORANZAH!» gridò l’Uomo nero mentre, con un gesto degno di Hulk, si strappava il maglione di dosso dando mostra di una canotta con il disegno di un pandoro sovrastato da due pugnali incrociati che recava sopra la scritta “#TeamPandoro” e sotto invece “Panettone candito infame, per te ci son le lame”.
Le ombre ormai avevano invaso buona parte della stanza, oscurando anche la poca luce che proveniva dall’apertura superiore della grotta, ed il fatto che Pitch Black fosse in pieno delirio gastronomico -e canoro!- non aiutava certo:
«Haaaai sentiiiito il lupo che uluuuuulaaa a Maaaaanny tuuu, che ne saaaaai tuuuu della liiiinceeeeee, CHE NEEEE SAAAAAAAAAI!» iniziò a cantare stonando ogni singola nota mentre veniva fuori la sua Pocahontas interiore «Saaaaai cantaaare coooomeeee caaanta il sottoooscriiittoooo, pittuuuuraaare coool pandoooro e i suooooi colooooor!» insistette imperterrito mentre si infilava una ghirlanda in testa.
E giustamente subito dopo il momento canoro ne era seguito subito un altro, e cioè quello da “predicatore-del-grande-pandoro-mmmagico”:
«Inchinatevi, oh eretici, perché la fine è vicina! Verrà il Grande Pandoro e giudicherà gli stolti che hanno venerato il suo gemello malvagio, il Panettone della Vergogna!» asserì ergendosi sulla poltrona ed alzando un pugno al cielo «Io ho visto la via, l’ho vista! Io sono il prescelto! Io sono-»
«Un emerito idiota!» rispose al posto suo il Grinch afferrandogli una caviglia con un filo di lucine natalizie per poi, con uno strattone, trascinarlo a terra e facendo ritirare anche le ombre insieme a lui.
Troppo ubriaco anche solo per rialzarsi, Pitch emise giusto un gridolino strozzato quando l’altro -forte del piede posato sulla schiena del poveretto per tenerlo incollato al pavimento- gli avvicinò una lampadina rotta di quel lungo cavo direttamente alla gola:
«Voi del Team Pandoro siete solo dei pivelli, i professionisti mangiano il panettone, IL PANETTONE! Quello con i canditi, ovviamente, perché solo i Nonsochi non hanno il coraggio di masticarli fra i loro preziosi dentini!» disse gonfiando il petto tutto esaltato «E invece guarda me! Guarda i denti di un vero uomo di montagna!» lo incitò mostrandogli una dentatura a dir poco raccapricciante, ed a Pitch parve di intravedere pure qualche strano insetto fra i vari resti di cibo presenti.
Mentre Pitch giaceva a terra intento a riprendersi dalla sbornia che lo aveva preso fra le proprie grinfie, Max aveva invece pensato bene di poggiare il proprio fondoschiena sulla sua faccia, scodinzolando bello tranquillo come se nulla fosse mentre la sua seduta personale cercava di resistere agli starnuti che quel solletico al naso gli provocava:
«Ti prego, levami questo cane di dosso, levamelo! Mi sta torturando, mi tortura facendomi il solletic… smettila! SMETTIL-» stava dicendo quando si sentì tappare la bocca con una grossa meringa mezza masticata:
«Vuoi che ti tolga Max di dosso, giusto?» domandò stranamente calmo il Grinch con una tranquillità che solitamente non gli apparteneva; ed era proprio questo dettaglio a preoccupare Pitch, il quale però si limitò a fare un breve cenno con la testa:
«benissimo, te lo tolgo subito di dosso… anzi, ho un’idea migliore!» propose togliendo il piede e liberandolo.
Liberandolo, ceeeeerto!
Infatti subito dopo lo aveva preso da sotto le ascelle, aveva fatto una manciata di giri di luci intorni al suo gracile corpo per legarlo mentre cercava inutilmente di divincolarsi e poi si era avviato vicino ad un grosso tubo circolare.
Un tubo di scarico.
Che portava all’immondezzaio.
Con Pitch sulla spalla, il Grinch aveva tolto il coperchio che chiudeva il tubo stesso, dal quale proveniva un olezzo come pochi altri di marcio e chissà cos’altro:
«Ti tolgo Max di torno, infatti ti faccio direttamente uscire dalla mia umile quanto tetra dimora, Pitchone amante dei pandori, felice eh?» domandò ghignando mentre l’altro lo implorava con strani versi dal dubbio significato; senza ascoltare ragione alcuna, il Grinch lo aveva già poggiato con ben poca delicatezza sull’imboccatura che lo avrebbe portato in mezzo all’immondizia di tutta Chinonsò -oltre alla sua, che era pure peggio- quando, improvvisamente e contro ogni sua più rosea previsione, Pitch trovò la forza per sputare la meringa.
Ed iniziare a piagnucolare come suo solito, ovviamente:
«Pietà, ti prego! Abbi pietà! TI PREGO!» lo implorò in preda alle lacrime ed alla disperazione «Volevo solo rovinare il Natale ai bambini della Terra! Volevo solo chiederti se potevi aiutarmi! Ti scongiuro! Ti prego non-»
«Tu… cosa?» ripeté il Grinch mostrandosi stranamente interessato per poi, dopo averci pensato sopra qualche secondo, scoppiare a ridere fragorosamente gettando Pitch sul divano ancora legato.
Chiuse il portellone del tubo di scarico e prese ad accarezzargli la testa mentre lo liberava:
«Non potevi dirmelo prima, eh? Vecchia volpe che non sei altro! Rovinare il Natale è sempre un piacere, figurati se ti dicevo di no!» lo rassicurò accarezzandogli la testa»
«Ma veramente io-»
«Dai dai dai, Pitchy carissimo, cosa hai in mente, eh? Vuoi una mano, forse? Perché in quel caso sono spiacente ma ho troppi impegni, ho anche io degli impegni, guarda!» mise subito in chiaro prendendo un’agenda che iniziò a sfogliare «Ore 16.00: autocommiserazione, poi alle 16.30: fissare il muro, il muro, Pitch! E poi ancora alle ore 17.00: risolvere la fame nel mondo, e non dirlo a nessuno, e vogliamo parlare della ginnastica delle 17.30, eh?» continuò ad elencare senza dargli il tempo per controbattere «Ore 18.30: cena con me, e questa non lo posso proprio rimandare ancora! Ed alle 19.00 devo lottare contro il disprezzo per me stesso, impresa ardua, caro il mio Pitchy esuberante! Quuuuuindi… l’agenda è piena, spiacente, e non posso spostare il disprezzo alle 21.00, perché a quell’ora devo fissare il muro di nuovo!» concluse chiudendo il piccolo libro.
 
Pitch sentì il mondo crollargli addosso: aveva già progettato tutto -tutto!- per rovinare il Natale ai bambini che i Guardiani proteggevano tanto, e quei progetti davano per scontato che il suo vecchio amico Grinch lo rovinasse insieme a lui… mentre ora gli aveva appena detto che non lo avrebbe fatto, glielo aveva sbattuto in faccia senza pudore!
Istintivamente, si raggomitolò su se stesso tenendosi le ginocchia al petto ed iniziando a dondolarsi in preda alla confusione e a mille domande della serie “Cosa accidenti combino adesso? COSA?”, ed il peggio era che si trattava di una domanda alla quale non sapeva proprio rispondere!
Probabilmente però l’altro si era accorto della delusione che la notizia aveva provocato all’Uomo Nero, motivo per cui era sparito di tutta fretta dietro quello che aveva tutta l’aria di essere un guardaroba, iniziando a frugare a destra e a sinistra lanciando ovunque di tutto.
Quando il Grinch era ricomparso, teneva fra le mani una scatola che aveva tutta l’aria di essere molto pesante, che allungò a Pitch facendogli segno di alzarsi:
«Forse non potrò venire a darti una mano, ma qualcosa posso comunque fare: ecco, prendi questa, considerala come un regalo per un vecchio amico!» gli disse dandogli la scatola fra le mani che, appena Pitch prese, lo trascinò fin quasi a terra da quanto pesava.
Nonostante i dubbi iniziali sul contenuto di quella scatola misteriosa, e nonostante l’impellente voglia di aprirla sul posto, Pitch riuscì a trattenere la curiosità -e le lacrime- limitandosi invece a fare un breve cenno di ringraziamento:
«Vorrei chiederti cosa c’è qui dentro, ma suppongo che sarebbe maleducato da parte mia aprire un regalo davanti a chi me lo ha fatto, tuttavia…» gli venne improvvisamente un dubbio, che decise di rendere noto giusto per toglierselo dalla coscienza «… Non è che c’è dentro qualcosa per vendicarti della batosta che hai preso anche tu l’anno scorso, quando… quando mi hai dato una mano per rovinare malamente il Natale ai bambini, v-vero? Vero che non ce l’hai con me, eh? A-amici come… come prima, Grinch?» domandò senza nascondere un velo di preoccupazione.
Da parte sua, l’altro non aveva certo dimenticato la figuraccia fatta l’anno prima: aveva accettato di dare una mano a Pitch Black con i suoi soliti piani perfetti, e tutto ciò che aveva guadagnato da quell’impresa epica -almeno secondo l’Uomo Nero- era stata una serie non meglio definita di calci nel sedere dati direttamente da Nord, quel vecchio bisbetico di Babbo Natale che se lo avessero incontrato i Nonsochi gli si sarebbero prostrati dinanzi, dopo aver offerto lui delle deliziose fette di rostacchino fra l’altro!
E voleva tenersi fuori da quelle spiacevoli questioni, soprattutto se c’entravano i Guardiani e compagnia bella:
«Neeeeessun rancore, Pitchy caro, amiconi come siamo sempre stati, ovviamente!» lo tranquillizzò stringendogli la mano e recuperando la pelliccia di Pitch, che gli rimise prontamente sulle spalle «Ed ora vai a fare faville, mio caro Uomo Grigiastro, vai a casa tua e dimostra a quei mocciosi come ruba il Natale chi è stato appositamente consigliato dal Grinch, vai!» lo invitò ad uscire guidandolo fino alla porta mentre Max seguiva entrambi scodinzolando.
Pitch non sapeva bene come interpretare il gesto, se come fastidio di averlo intorno o come semplice premura, ma ora come ora era troppo eccitato all’idea di prendersi la sua rivincita per farsi pure delle domande:
«Allora grazie, grazie mille davvero! Non so proprio come avrei fatto senza di te, Grinch, non so come ringraziarti! GRAZIE!!!» disse in preda alla commozione mentre, con la porta aperta, faceva i conti con il gelo dell’ambiente esterno alla grotta «Grazie, grazie e di nuovo graz-» stava per finire quando, messo piede appena un centimetro fuori dallo stipite della porta che sentì uno scatto.
Che azionava una catapulta.
Eh.
Mentre osservava Pitch Black volare lontano lontaaano urlando come un bambino terrorizzato, sul viso del Grinch si dipinse un ghigno che andava da una parte all’altra del viso coperto da quella fitta peluria:
«Grazie a te, Pitchy, per avermi ricordato il vero significato del Natale» sussurrò appena mentre Max gli si sedeva vicino «La vendetta! LA VENDETTA!!!» gridò infine spaventando anche il povero cane, che se ne tornò velocemente in casa correndo, gesto che imitò poco dopo chiudendosi violentemente la porta dietro le spalle.
 
 
Pitch aveva la sensazione che quella sarebbe stata la notte del riscatto, del suo riscatto… quanto si sbagliava, il povero Pitch Black! Non avrebbe fallito quest’anno, se lo sentiva nel profondo della mente, delle ossa, di tutto!
Soprattutto dopo aver aperto il regalo del Grinch, che lo aveva lasciato perplesso e stupito subito dopo: certo, non l’aveva congedato nel migliore dei modi da quella visita, ma non poteva lamentarsi, soprattutto perché aveva regalato qualcosa di così tanto utile a lui!
Onyx lo guardava perplesso: con quei suoi occhi dorati in contrasto col naso rosso da Rudolph, il finto corno da renna legato sulla fronte con un delizioso fiocco color magenta doveva essere umiliante di suo, se poi ci si aggiungeva pure la ghirlanda di agrifoglio al collo ed i campanellini che gli adornavano il corpo e gli zoccoli beh… quel povero Incubo doveva volere molto male al proprio padrone in quel momento.
Abito da Babbo Natale rosso scarlatto -fatta eccezione per i pantaloni nero fumo - che scendeva con uno strascico dietro la schiena, con tanto di bordi di morbida pelliccia bianca, cappellino con pon-pon e lucine a intermittenza e scarpette cremisi anche loro con la punta nemmeno fosse un elfo.
E la pelle grigio cenere ora verde, tinta su consiglio del suo amico perché “Se con me ha funzionato, stai pur certo che funzionerà anche con te, parola di Grinch!”… anche se a dire il vero farsi il bagno in quello strano intruglio verdastro piuttosto maleodorante era stata una mezza tortura, da quanto pizzicava.
Ma era stato un dolore sopportabile, una tortura alla quale si sarebbe sottoposto mille e mille volte, dal momento che l’unica cosa importante era dove si trovava in quel singolo istante: davanti alla finestra della stanza di Jamie Bennett -il bambino preferito dei Guardiani!- che, sfortunatamente per lui, aveva avuto la brillante idea di lasciare la finestra aperta.
E lui cosa aveva fatto?
Si era chiesto perché proprio quella finestra fosse casualmente aperta?
Ma certo che no, era entrato con Onyx al seguito senza esitare un solo secondo!
Trovandosi davanti Jamie con le braccia conserte al petto, affiancato da Jack Frost e circondato dal resto dei Guardiani che parevano aver immaginato già il suo “piano infallibile”.
Per l’ennesima volta in quel giorno, per Pitch la vista si era annebbiata dopo la prima serie di colpi ricevuti in testa da non aveva nemmeno idea chi: forse quello che aveva sentito colpirlo era stato il Bastone di Jack, forse i pugni di Nord o una zampata di Calmoniglio, stava di fatto che aveva perso i sensi.
Di nuovo.
 
 
Era ormai mattina inoltrata quando Onyx lo aveva svegliato con una leccata in faccia, ma non una mattina qualunque: la mattina del 25 dicembre, la mattina di Natale.
La mattina dopo il suo fallimento, l’ultimo di una lunga serie.
Pitch non sapeva più cosa fare per riuscire a rovinare il Natale a quei dannatissimi bambini protetti dai Guardiani, ma qualsiasi pensiero al riguardo sarebbe stato inutile, almeno in quel momento: se ne sarebbe parlato di nuovo fra un anno, quando si sarebbe trovato ad organizzare il prossimo colpo grosso, come amava definirlo lui… o l’ennesima sconfitta, come preferivano definirlo i Guardiani.
Preso com’era a piangersi addosso mentre se ne stava a letto dolorante con del ghiaccio in testa e anche altrove, quasi non fece caso al grosso pacchetto posato sulle sue gambe da Onyx, il quale aveva delicatamente aperto le fauci attento a non rovinare l’incarto, se così si poteva chiamare quell’accozzaglia di carta alimentare unta e bisunta; lo guardò qualche istante perplesso, lanciando un’occhiata anche allo stallone, intenzionato a chiedergli dove lo avesse trovato, ma rinunciò subito dopo, stanco com’era.
Si limitò semplicemente ad aprirlo, e restò piacevolmente sorpreso dal suo contenuto: una pelliccia nera identica a quella che Max gli aveva gentilmente rovinato, una pelliccia addirittura ancora più bella e lucida di quella che aveva in precedenza!
Stava per gettare via l’incarto e la scatola quando Onyx gli fece notare, indicandolo con uno zoccolo, un piccolo bigliettino allegato al regalo che si mise subito a leggere, impresa ardua dal momento che era pieno di correzioni e pareva essere stato scritto in buona parte da una bambina:


Quella mocciosa deliziosa bambina di Cindy Lou mi ha detto che sarebbe stato un gesto inutile, stupido e che mi ha fatto spendere un sacco di soldi molto carino farti avere una pelliccia nuova come regalo di Natale, ma io non credo proprio perché se tu l’avessi voluta te la saresti ricomprata… anzi, no, perché sei troppo povero, dal momento che è stato Max a rovinartela, quindi ecco qui il tuo sgorbio che potevi ricomprarti da solo regalo.
Spero che ti piaccia ma anche se non ti piace non venire a lamentarti da me e che le mie scuse possano bastare, ma soprattutto che con questo piccolo dono tu abbia capito il vero significato del Natale: LA VENDETTA il calore che diamo e che ci viene dato dalle persone per noi più importanti!
Tanti auguri di buon Natale, Pitch!
 
              Sinceramente tuo ma anche no, Grinch
 
 
Improvvisamente, l’Uomo Nero sentì una stretta al cuore, una sensazione mai provata prima e che, almeno nei primi momenti lo aveva spaventato, una sorta di gioia interiore fino ad ora a lui del tutto sconosciuta e, forse, anche temuta: spirito natalizio, lo chiamavano.
Onyx si sedette vicino posando il muso fra le sue braccia, godendosi le carezze del proprio padrone in lacrime… e sorridente, soprattutto quello.
Soprattutto quello.
 


 
 
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Angolino dell’autrice
 
Buon Natale a tutti!
 
E tutti i miei migliori auguri grinchosi e pitchosi!
Quale miglior modo di inaugurare il mio primo Natale in questo fandom, se non con una one shot piena di disagio, pandoro tanto desiderato e panettone che vola?
Lo ammetto, mi è venuta una voglia assurda di scrivere di un improbabile incontro fra Pitch Black ed il grinch dopo aver visto l’immagine che vi lascio sotto, non potevo proprio resistere!
Fra l’altro, ringrazio _Dracarys_ per avermi dato una mano a chiarire le idee su questa one shot, perché senza di lei sarebbe ancora ferma ad una pagina :’D
Non dico altro, se non una cosa: #TeamPandoro o #TeamPanettone?
Io faccio parte del #TeamPandoro, con Pitch sono proprio in buonissima compagnia… MA ANCHE NO! :’D
Di nuovo auguri di buona Natale e buone feste a tutti!

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