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Autore: _Cthylla_    25/12/2016    3 recensioni
AU | Emily Jane Pitchiner/Madre Natura X OC
Dal testo:
“«Smettila di insistere! Ho detto che non voglio andarci! Sono amici tuoi, non miei! E poi, quanto vuoi che possa importare a me del Natale?! Non metto neppure decorazioni in casa!»
Da quando si erano messe insieme due anni fa, dal ventidue/ventitré dicembre in avanti iniziava l’opera di convincimento: due o tre giorni in cui la parola che Emily Jane sentiva ripetere più spesso era “dai, dai!”.
Un incitamento che in altri contesti man mano aveva anche iniziato a piacerle, ma non se si trattava di andare a trascorrere la sera di Natale nella locanda del Leprecauno.
La sola fortuna era che, essendo arrivato il venticinque dicembre, quello sarebbe stato l’ultimo giorno di ‘dai’.”

[Consiglio la lettura a chi segue/ha seguito “La Luna Dorata II”]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Emily Jane Pitchiner, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La Luna Dorata'
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Miracolo di Natale

 

 
 
 
 
 
 
«E dai!»
 
«No».
 
«Dai!»
 
«Ho detto di no!»
 
«Andiaaaaamo…»
 
«Smettila di insistere! Ho detto che non voglio andarci! Sono amici tuoi, non miei! E poi, quanto vuoi che possa importare a me del Natale?! Non metto neppure decorazioni in casa!»
 
Da quando si erano messe insieme due anni fa, dal ventidue/ventitré dicembre in avanti iniziava l’opera di convincimento: due o tre giorni in cui la parola che Emily Jane sentiva ripetere più spesso era “dai, dai!”.
Un incitamento che in altri contesti man mano aveva anche iniziato a piacerle, ma non se si trattava di andare a trascorrere la sera di Natale nella locanda del Leprecauno.
La sola fortuna era che, essendo arrivato il venticinque dicembre, quello sarebbe stato l’ultimo giorno di “dai”.
 
«Nemmeno a me importa tanto del Natale, ma del cenone di Diarmid e dei biscottini glassati a forma di albero di Natale mi importa eccome. E poi c’è tutta bella gente!»
 
«Ah sì, guarda, uno meglio dell’altro» borbottò Emily Jane.
 
«Diarmid ti piace. Finnan anche».
 
«Diarmid e Finnan sono due, Eve!» sbottò «E dire che mi piacciono è eccessivo, sono solo più sopportabili degli altri, e non è così complicato… se sentissi Harlequin dire una delle sue scempiaggini, io-»
 
«Sei tu che le prendi nel modo sbagliato» minimizzò Eve, facendo spallucce «Nel senso che te la prendi troppo, e se si è autoeletto spirito del Carnevale è proprio perché-»
 
«Perché è un deficiente, e il Carnevale è da deficienti, ecco perché!» esclamò Madre Natura, incrociando le braccia davanti al petto «Il Carnevale è da deficienti, il Capodanno è inutile, con la Befana ci hai persino provato, la Pasqua è fastidiosa con tutte quelle uova dappertutto, Halloween dopo quest’anno è una cosa che odio più che mai, il Ringraziamento è sinonimo di stragi di tacchini, il Natale è brutto e- cosa stai facendo con quella spada?»
 
«“Spirito del Grinch, io ti ordino di uscire da questo corpo!”» disse Eve con enfasi, poggiando sulla fronte di Emily Jane la parte piatta della spada «“Perché capisco che vorresti un’altra notte con la sottoscritta, ma ora sono impegnata con una donna bellissima per cui nient-”»
 
«Ricordarmi le tue bislacche esperienze con qualunque cosa si muova non ti aiuterà a convincermi a venire, ma solo a… no, dai» mormorò, seppur poco convinta, quando Eve iniziò a baciarle il collo «Non è la sera, davvero, no…Eve, le mani…»
 
«Sei tu che hai bisogno di essere convinta a venire!» ribatté Eve, con un largo sorriso da Stregatto «Io ti prendo in parola!»
 
«Mi prendi in parola, ma nel senso che pare a te! … davvero» si scostò, anche se a fatica «L’anno scorso siamo rimaste a casa, non possiamo restarci anche stavolta?»
 
«Potremmo» annuì Eve «Ma non voglio, quindi no! L’anno scorso siamo state a casa, quest’anno andiamo. È molto semplice da capire, mo banrìgh» affermò, con totale tranquillità.
 
«Fammi capire bene: io dovrei venire con te da qualche parte anche se non ne ho voglia solo perché lo dici tu?! Mi auguro di aver capito male, perché se pensi di potermi costringere a fare qualcosa di sbagli di grosso, Sam Hain!» esclamò, guardandola con aria torva.
 
Emily Jane era innamorata di Eve Hallows, o Sam Hain -il vecchio nome col quale la chiamava “perché sì” quando si innervosiva, come in quell’occasione-: la loro relazione procedeva in modo più sereno di quanto avrebbe potuto sperare, e giorno dopo giorno, anno dopo anno, avendo accanto qualcuno che tenesse a lei e se ne prendesse cura stava scoprendo un mondo completamente nuovo… ma questo non significava che Eve fosse priva di difetti.  
Anzi.
 
«Non ti costringo a fare nulla» replicò Eve.
 
«Bene» ribatté Emily Jane.
 
«Quando dopo vado porterò i tuoi saluti» rispose l’altra, con la massima tranquillità, gettandosi di peso sul grosso divano lì vicino.
 
Quella di Emily Jane era una casa ricavata dentro un albero immenso, ma la sua proprietaria l’aveva dotata di tutto il necessario e anche qualcosa in più, incluso un televisore dal grosso schermo, ultimo modello, sul quale guardava più che altro le repliche di “Dallas”.
Ma al momento non era delle soap opera che le importava. «…quando “dopo vai” dove?!» 
 
«Alla locanda».
 
«Ti ho detto che non ci vengo!» proruppe Emily Jane, innervosita più che mai.
 
«Tu no. Io sì!»
 
Madre Natura aveva voglia di mettersi a gridare come un’invasata, ma dopo sei anni totali di conoscenza aveva imparato a capire che farlo con Eve sarebbe stato totalmente inutile. La sola cosa che avrebbe potuto ottenere era perdere la voce e/o riempire casa di neve, e nessuna di queste opzioni era di suo gusto, per cui fece un respiro profondo, contò fino a dieci, si massaggiò le tempie e cercò di parlare con calma della questione. «Fammi capire bene: tu sei la mia ragazza, sbaglio?»
 
«Aye, wumman».
 
«Ecco! E vorresti lasciami qui da sola? Proprio a Natale?!»
 
Solo a quel punto Eve si degnò di tornare a guardarla. «Non vorrei lasciarti qui da sola, ma io voglio andare alla locanda, tu non vuoi venire con me, e io non posso essere in due posti contemporaneamente».
 
«Non mi sembra che tu abbia così tanta “necessità” di vedere quelle persone durante i periodi dell’anno in cui non ci sono feste di mezzo!» tornò all’attacco Emily Jane «Quindi non capisco-»
 
«Li vado a trovare anche quando non ci sono feste di mezzo, quindi non è precisamente la verità» la interruppe Eve «E i periodi festivi sono anche quelli in cui li becco tutti quanti insieme in una volta! Ora, è vero che io con la solitudine non ho nessunissimo problema, ma non mi dispiace-»
 
«Rivedere un po’dei tuoi ex amanti?! Tipo Cupid Valentine…e lo stesso Harlequin!»
 
«È successo diverso tempo fa, soprattutto la volta con Harlequin» minimizzò Eve «Nessuno di noi ci pensa più, a quello».
 
«Ci penso io anche per voi» borbottò Emily Jane «Non capisco proprio come si possa- mettimi giù! Ti proibisco di prendermi in braccio come se fossi una bambina mentre stiamo facendo un discorso serio!» Eve era poco più alta di lei e probabilmente avevano lo stesso peso, eppure non sembrava mai faticare quando la sollevava. «Eve, mi ascolti o no?!»
 
«Ti ascolto, ma non ti do retta lo stesso» disse lei, sedendosi di nuovo sul divano con Emily Jane in braccio. «Cosa c’è che non va?»
 
«Mi stai prendendo in giro?! È da prima che ti sto dicendo cosa c’è che non va! Possibile che non- tu non mi- e smettila di interrompermi con i bac- Sam Hain, parlo sul serio!» esclamò infine, seccata.
 
«Non è mica per la tua poca stima verso i miei amici, quella la conosco già, ma sono dieci giorni che sei strana... soprattutto quando sai che devo andare da qualche parte per una ragione o per un’altra».
 
Emily Jane si irrigidì, e per un attimo non seppe più dove guardare.
Non voleva parlare di quello, non voleva far altro che lasciarselo alle spalle, era la cosa più ragionevole da fare: non era forse finito tutto in un nulla di fatto? Sì, certo. Quindi perché lasciarsi condizionare? Era una cosa stupida.
Eppure eccola lì.
Cos’avrebbe pensato di lei Eve, sapendola ancora scossa per quella faccenda?
 
«…mo banrìgh, non sarà per quello che è successo a-»
 
«PER COS’ALTRO VUOI CHE SIA?!!» esplose lei, tutt’a un tratto «Sei partita il trentuno ottobre e io ero tranquilla, ma poi sono passati cinque giorni, una settimana, dieci giorni, quindici, e poi venti e tu ancora non tornavi, io ti chiamavo e tu avevi sempre il telefono spento, quello stracazzo di telefono che dimmi cosa lo porti dietro a fare se poi non lo accendi mai!!!» gridò, tutto d’un fiato «E poi anche alla locanda non sapevano che fine avessi fatto, e sono passati altri giorni, è passato più di un mese e io… e io avevo… prima ho temuto che mi avessi abbandonata anche tu, come tutti gli altri, ma ricordando che mi avevi detto che quello che fai è pericoloso ho… a un certo punto ho pensato che fossi… che ti fosse successo qualcosa di orribile, e avevo anche ragione visto che quando sei tornata eri un macello, Eve! Un macello!» terminò, con la voce incrinata «Tu non hai idea di quanto…» si coprì il volto con le mani «No, lasciamo perdere, tanto la tua risposta a tutto questo sarà “ma i fantasmi ormai sono dentro da dieci giorni, non c’è nulla di cui preoccuparsi”!»
 
«Mi dispiace».
 
Emily Jane sgranò gli occhi. Aveva veramente sentito quello che pensava? Hallows si era davvero definita “dispiaciuta”?!... eh sì, era proprio così, e conoscendo il soggetto era una specie di avvenimento.
 
«Ci ho messo molto più di quanto avessi previsto. Credo che in oltre tremilacinquecento anni di anni di attività questa sia stata la volta in cui i fantasmi me l’hanno fatta più lunga» continuò Eve «Mi spiace che sia successo proprio adesso che sto insieme a te, soprattutto vista la tua storia personale».
 
La sua storia personale, fatta di un’infanzia felice spezzata dalla morte, proseguita nell’abbandono e in maltrattamenti che un titano voglioso di una famiglia solo part-time non aveva mai notato, di un paio d’anni abbastanza buoni a vagabondare nel cosmo assieme al pilota spaziale Sanderson Mansnoozie -ora noto ai più come Sandman- , del “naufragio” di entrambi sulla Terra proprio ad opera dell’uomo che era stato suo padre e, infine, di circa millecinquecento anni di solitudine e totale sfiducia nel prossimo.
Fino a un paio di anni fa avrebbe reagito in maniera violenta contro chiunque si fosse azzardato anche solo ad accennare tutto questo, ma era una delle tante cose che Eve l’aveva aiutata -anzi, la stava tuttora aiutando- ad affrontare. «…potevi almeno chiamarmi. Almeno quello» disse piano Emily Jane.
 
«In realtà no! A quanto pare il cellulare era di sopra, in camera nostra, nel cassetto del comodino. L’ho ritrovato l’altro ieri».
 
La voglia di sbattere la testa contro un muro -o sbatterci quella di Eve- era veramente tanta, a volte. Tanta. «Tu sei… sei una causa persa, ecco cosa sei! Non pensi mai a chi si preoccupa per te!»
 
«Ti sembrerà una frase fatta, wumman, ma sta di fatto che quando sei arrabbiata sei veramente più bel… d’accordo, non guardarmi in quel modo, ho capito l’antifona» Eve alzò le mani in segno di resa, sorridendo tranquillamente «L’anno prossimo vedrò di portare il cellulare con me, e se dovessi vedere che la cosa va per le lunghe ti farò uno squillo appena avrò un momento libero. Promesso».
 
«Immagino che per te far diventare prioritario avvertire la tua ragazza sia un sacrificio enorme» disse Madre Natura acidamente.
 
«Il lavoro è lavoro, e quando c’è è impegnativo, ma riuscirò a trovare un minuto di tempo per chiamarti, se servirà. Tu sei diventata una priorità da quando ti ho detto “ehilà” la prima volta, Emily Jane!» esclamò, e sorrise largamente «Cioè, quando ho finito sono venuta prima qui da te che dal Leprecauno alla locanda, renditi conto!»
 
«Ma che onore!» sbottò «Vengo addirittura prima del tuo amico folletto e di suo figlio!»
 
«Non lo ho mai fatto per nessun’altra persona con la quale sono stata insieme. Puoi non considerarlo un onore, ma per me è una novità. Sono più o meno milleseicento anni che vado da lui una volta finito, da circa tre secoli prima che aprisse la locanda, e in tutto questo tempo non ho mai rotto la tradizione… fino a dieci giorni fa. Per cui».
 
«Milleseicento anni “soltanto”?» avrebbe voluto continuare con le sue risposte acide, ma aveva trovato un po’strano quel dettaglio. «Tu e il Leprecauno non siete più o meno coetanei?»
 
«Aye» annuì Eve.
 
«Se prima non andavi da lui, perché poi hai cominciato?»
 
«Quella volta quando ho finito ero in Irlanda, ed era domenica».
 
Emily Jane sollevò un sopracciglio, non capendo dove volesse andare a parare. «E con questo?»
 
«Diarmid la domenica faceva i biscotti glassati per Finnan, che aveva un anno o giù di lì…»
 
«È cominciata per i biscotti!» Madre Natura fece facepalm «Se me lo avesse detto chiunque altro avrei pensato fosse una panzana…»
 
«Io non mento mai».
 
«Ma la cosa più assurda è che invece ci credo eccome!» continuò Emily Jane, senza ascoltarla «I biscotti!»
 
«Precisamente quelli che mangeremo questa sera!»
 
No, non era possibile.
Non poteva averlo detto davvero.
Non poteva essere rimasta della stessa idea.
Non aveva davvero insistito ancora con quella faccenda!
…e invece sì, lo aveva fatto eccome.
 
«Ma per chi parlo, io?! A volte mi sembra di stare insieme a un muro di gomma... e tu osi perfino ridere!»
 
«Sì che rido, perché tu in tutto questo pensi ancora che non ci andremo!... oh che bello, adoro la neve in casa» commentò Hallows catturando un fiocco di neve con la lingua «Rende tutto più natalizio».
 
«Sono sul punto di darti fuoco, ti avviso!!!»
 
«Sì, anche io ti amo».
 
«Ti darò fuoco, e poi… aspetta» si interruppe bruscamente, realizzando ciò che era appena successo e che aveva letteralmente dell’incredibile «Aspetta, tu hai detto… cioè, tu hai, TU, veramente…» farfugliò «Mi avevi detto di non aver mai detto quello a qualcuno... ma tu hai detto quello adesso! A me!»
 
Lo aveva detto proprio a lei, che si considerava una tra le creature più solitarie, torve, acide e “difficili” sul pianeta -o forse anche in tutta la galassia-, a lei, che era così maledettamente chiusa e non si considerava fatta per le sdolcinatezze tipiche delle persone innamorate, e che l’aveva fatta aspettare per quattro anni prima di decidere che sì, voleva stare con lei!…
Ecco, già il solo fatto che Eve Hallows avesse deciso di aspettarla e starle dietro per quattro anni, invece di lasciarla cuocere nel suo brodo e trovare facilmente pascoli più verdi, avrebbe dovuto farle capire che… cos’era, se non amore?
 
Eve inclinò leggermente la testa di lato, con una curiosa espressione un po’spaesata. «L’ho detto davvero?»
 
«Sì! Sì che l’hai detto! In un momento del tutto casuale e dopo la mia minaccia di darti fuoco! Ora che ci penso, in effetti potevi dirlo in un momento in cui c’entrasse di più con tutto il contesto…» “Ecco, ora se io fossi al posto di Eve mi infurierei: sono la prima persona a cui ha detto un ‘ti amo’ in oltre tremilacinquecento anni di vita, e vado a dirle che poteva scegliere un contesto migliore?!” pensò, riempiendosi da sola la faccia di schiaffi. Mentalmente. «Ah, ma chi se ne importa del contesto!... mi hai veramente detto che mi ami!» esclamò e, incredibile ma vero, si accorse di star sorridendo.
 
Era persino felice, e tutto sommato il Natale non sembrava più così brutto.
 
«Eh sì» rispose Eve, ancora con quell’espressione «A quanto pare».
 
Peccato che minacciasse di diventarlo nuovamente. «Non sembri molto contenta» riuscì a dire, sentendo il sorriso svanire.
 
«Prima salto il Natale con la compagnia» disse Eve, osservando un punto indefinito oltre Emily Jane «Poi vengo da te per prima a fine missione invece di andare alla locanda, e ora anche questo. È strano…» commentò «Vabbè! È strano ma non è brutto, quindi chi se ne frega!» esclamò subito dopo, col suo largo sorriso «Dai, metti dei fiori coperti di brina tra i tuoi lunghi capelli belli e partiamo. Se Saturnali maschio ti dice qualcosa puoi pure dargli fuoco ai vestiti, tanto è dicembre, è freddo».
 
«No, fammi capire tu vorresti davvero finire il discorso… insomma…» Emily Jane scosse la testa, poi sbuffò «Non ci sto capendo nulla, Eve!»
 
«Siamo in due!»
 
«Ma come?!... Allora, non ho capito, mi ami o no?!»
 
«L’ho detto, quindi sì, certo» disse Eve, che sembrava aver recuperato tutta la sua tranquillità «Io non mento mai, ricordi?»
 
«Ma prima… meglio lasciar perdere, va’» borbottò «Comunque, visto che siamo in vena di… ecco…» abbassò gli occhi «Io ti…»
 
«Mi volevi fare una proposta indecente per il dopo cena? Anche io!» annuì Eve «Qualunque cosa sia, sono d’accordo a prescindere».
 
«Io ti amo» disse Madre Natura tutto d’un fiato, facendo finta di non sentire: se non l’avesse detto in quel momento, non ci sarebbe riuscita più.
 
Hallows la guardò per un istante senza dire o fare nulla, ma poi le diede un bacio sulla fronte, con una certa dolcezza. Un gesto che Emily Jane trovò molto dolce…
 
«Lo so!»
 
…fino a quel momento. «Che razza di risposta sarebbe “lo so”?!»
 
«Veritiera».
 
«Tu sei… Tu sei-»
 
«Bell’albero! Non me ne ero accorta!»
 
Un albero? Quale albero?
 
Emily Jane si voltò, e fu solo allora che si accorse dell’abete che era nato dal pavimento, ricoperto di neve e di lucine colorate che vagavano tra le fronde. Era senza dubbio opera sua, anche se involontaria, ed era anche venuta molto bene. «Ci mancavano soltanto gli alberi che spuntano a caso!»
 
«Non so se sia spuntato a caso o perché hai deciso che tutto sommato il Natale non è tra le feste più brutte… se puoi dare fuoco ai vestiti altrui».
 
«Eve, non intendo-»
 
«Oh sì che intendi, invece. Vedo i fiori tra i capelli».
 
Anche stavolta, Eve aveva ragione: pareva proprio che si fosse lasciata convincere senza neppure rendersene conto. «Posso veramente dare fuoco ai vestiti del tuo caro amico, se chiacchiererà troppo?»
 
«Ma sì, tanto ha il fattore di guarigione, chi se ne frega!... la tua prima cena di Natale con tutta la compagnia…» sorrise «Sono contenta che tu venga con me».
 
«Anche se probabilmente finirò per litigare con tutti?»
 
«Alle cene di Diarmid non si litiga, pena una bastonata in testa. Per la cronaca, le sue bastonate non fanno piacere e sono difficili da evitare, perché quel folletto è più veloce a colpire che a incamerare oro e argento… e credimi: come incamera lui, non incamera nessuno!»
 
Emily Jane fece un mezzo sbuffo divertito. «Quello lo avevo notato. Già solo con te deve incamerarne parecchio».
 
«La mia suite ha costi di gestione piuttosto alti, sì» minimizzò Eve «Ma non importa, me lo posso permettere. Andiamo, mo banrìgh? Ci sono dei biscotti glassati che aspettano di essere mangiati».
 
«E dei vestiti che aspettano di prendere fuoco» aggiunse Madre Natura, azzardando una battuta.
 
Quando Eve rise, Emily Jane pensò una volta di più che stare con un muro di gomma che dava risposte a caso, diceva di amarla e non mentiva mai, fosse tra le poche cose buone che le fossero capitate durante la sua imprevedibilmente lunga vita.
Anche se questo significava partecipare a cenoni con un insopportabile piccoletto italiano.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
«“Jin-gle beeells! Jin-gle beeeeells! Jingle aaall the waaaaaaaaaaaaayyyy!!!...”»
 
«Perdonatemi, gente, non sapevo quello che facevo!» gemette Harlequin.
 
«Te lo avevo detto che riempire di straforo i bicchieri altrui era una pessima idea, ma tu devi sempre fare di testa tua, Titus Quinctius Saturninus!!!» lo rimproverò April.
 
«“Oh what fuuuuun it is to ride in a one horse open sleeeeee-eigh!!!”»
 
«Questa sera l’impossibile è accaduto, Sam Hain» commentò Valentine, con aria vagamente sofferente «Non solo hai convinto la tua ragazza a partecipare al cenone, non solo non ci sono stati litigi…»
 
«C’era un motivo se le ho fatto portare del grain whisky, e se non l’ho avvertita che Harlequin le riempiva di continuo in bicchiere senza che lei se ne accorgesse, ihihihihihih!!!»
 
«…ma oltre a tutto questo abbiamo scoperto che c’è qualcuno che canta peggio di te!» continuò  Valentine.
 
«“Jin-gle beeells! Jin-gle beeeeells! Jingle aaall the waaaaaaaaaaaaayyyy!!!...”» cantò -anzi, stonò in maniera orribile- Emily Jane, evidentemente brilla.
 
«Peggio! Orribilmente peggio! Tragicamente peggio!» gridò il Leprecauno da sotto il tavolo «Mi sta cadendo la barba a ciuffi!»
 
«A me sembra a posto, papà» osservò Finnan, che sembrava piuttosto tranquillo.
 
«Dopo questo, guai a chi dice che io e quella ragazza lì, che sta stonando come io non sono mai riuscita a fare pur impegnandomi, non siamo fatte l’una per l’altra! Guardatela!» Hallows rise di nuovo «Come avrei potuto non amarla?»
 
«Aspeeeeeeetta…» si intromise la Befana, al momento nella sua forma preferita -da vecchia bacucca- «Ho sentito male, o hai detto veramente che la ami?»
 
«Aye» ribatté Eve, facendo spallucce «A ogni nota sbagliata un po’di più, ihihihihih!!!»
 
Cupid Valentine era allibito, e il Leprecauno da sotto il tavolo dovette dare diverse tirate ai suoi pantaloni perché questi abbassasse lo sguardo.
Quando il “dio” dell’amore si decise, comunque, trovò un folletto che indicava Hallows con una faccia ancor più attonita della sua. Era qualcosa che nessuno dei due avrebbe mai pensato di vedere nel corso della loro vita immortale, eppure, dopo oltre tremilacinquecento anni, era accaduto: Sam Hain aveva parlato di amore!
Pur vedendola dedicarsi da sei anni solo a Madre Natura -cosa di per sé incredibile- nessuno dei due si era azzardato a sperare così tanto, conoscendo il soggetto.
 
«Miracolo di Natale» commentò Finnan, che aveva intercettato lo scambio di sguardi tra i due.
 
«Proprio questo» mormorò Valentine.
 
«“Oh what fuuuuun it is to ride in a ooooone hooooorse o-peeeen sleeeeee-eigh!!!”…»
 





 Buonasera, anzi, buon Natale :D
Spero che la one shot randomica (non avete idea di quanto sia randomica, visto che inizialmente progettavo di scrivere un'altra in un altro fandom :'D fate due conti) non vi abbia annoiati troppo: l'ho scritta pensando che coloro che hanno letto "La Luna Dorata" possano essersi chiesti come andassero le cose tra Emily Jane/Madre Natura e Eve Hallows, e niente, ho buttato giù qualcosina con un vero e proprio miracolo di Natale in mezzo :)
Alla prossima,
_Dracarys_
   
 
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