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Autore: hiromi_chan    25/12/2016    6 recensioni
Se questa fosse una fiaba (cosa che non è) inizierebbe così: c'era una volta un ragazzo chiamato Merlin. Sì, beh, capisco che già il nome possa far venire in mente robe magiche e simili, ma vi garantisco che non c'è un bel niente di fantasy, in questa storia.
… Anche se abbiamo una mezza specie di bestia e una donna che ha tutte le credenziali per essere definita strega cattiva.

{La Bella e la Bestia retelling; modern!AU}
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Balinor, Galvano, Hunith, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Note

Volevo solo dire che ho letto tutte le recensioni che voi bellissime persone avete lasciato alle mie varie storie. Le apprezzo tutte in modi che neanche riesco a spiegare e prometto che adesso alzo il mio culone e mi impegno a rispondere a mano a mano.

Poi, gente, la fantastica Maryluis ha realizzato una fanart per questo sclero collettivo per questa ff, è un adorabile Merlo con tanto di rosa blu e lo trovate sia su Tumblr (qui) che su FB (qui). Scuoricinate!

 

~



 

Dove eravamo rimasti?

 

Merlin è un ragazzo un po' logorroico e ruvido che chiaramente non è una principessa delle fiabe e che vorrebbe diventare maestro d'asilo. Purtroppo la sua famiglia è così povera che il giovane è costretto a interrompere gli studi e può permettersi solo un vecchio cellulare a conchiglia (che si chiama Kilgharrah e ha l'abitudine di spegnersi nei momenti meno opportuni).

Un giorno Balinor bussa alla porta di casa Emrys annunciando di dover saldare un debito con la famiglia Pendragon (una 'brutta storia su certe rose di contrabbando', o almeno così dice lui). Con la promessa che tutte le incombenze verranno sistemate da Pendragon jr., Merlin si ritrova a fare il domestico per lo sfuggente Arthur, che, tra l'altro, non ha bisogno dell'autista Balinor perché non esce di casa, tipo, mai.

(Da qui comincia la parte nuova, gente che ama saltare i pezzi.)

In seguito ad alcune disavventure che potremmo riassumere con: accuse accidentali di assassinio premeditato, chiacchierate cuore a cuore, torte al sale, vasi infranti e fiducia reciproca saldata, Merlin ha più o meno perso la testa deciso di considerare Arthur una persona per bene.

Il nostro eroe ha compreso che le cicatrici che segnano il volto di Arthur sono solo uno specchio di quelle interiori che lo costringono a una vita di reclusione. Deciso a sistemare la faccenda, Merlin ha ideato un piano che gli permetterà di reintrodurre Arthur al mondo. Il tutto prima che Arthur se ne vada in ritiro in qualche posto sperduto (Honolulu?) e il contratto di Merlin giunga al termine. Eccitante, no?

 

~

 

~Parte decima~

 

 

 

… Oh, siete ancora qui? Davvero carino da parte vostra, sul serio, siete personcine a modo, io non... Aspettate, ah, suvvia... abbassate quelli che sono sicuro non siano assolutamente oggetti contundenti, parliamone!

Sono un ragazzo impegnato, lo sapete bene. Diamine, passo metà giornata a pulire cacchine e cantare canzoncine su cocomeri tondi e carciofi felici, e per quanto io adori tutti voi, la parte del pulire cacchine non è che sia poi così edificante, dunque mi aspetto almeno un minimo di comprensione da parte vostra se preferisco tornarmene a casa e farmi i fatti miei piuttosto che continuare a raccontarvi questa storia.

Ma si dà il caso che sono anche un persona di parola, che una promessa è una promessa, che questa fiaba (ma non è una fiaba davvero, eh!) mi stia particolarmente a cuore eccetera eccetera. Dunque, a noi.

(… Solo, non prendetevela se rimarranno alcuni plot holes, è passato un po' anche per me. Nel caso in cui troviate delle contraddizioni nella linea temporale, poi, potete sempre convincervi che sto rispettando le unità di tempo e spazio aristoteliche. Sempre se vi fa piacere.)

La scena si apre con un Arthur intento a spostare nervosamente il peso da un piede all'altro.

«Ricordami perché ho accettato» disse.

«Perché la mia idea è indubbiamente geniale» rispose Merlin, tutto concentrato nel lisciare la giacca sulle spalle del suo datore di lavoro.

Il piano era semplice: se Arthur non voleva uscire, allora sarebbe bastato far venire gli altri in casa sua.

Merlin non poteva restare a guardare mentre Arthur si consumava lentamente nei rimpianti, mentre affogava in quel mare di possibilità che si negava da solo. Mancavano poche ore alla vigilia di Natale e una manciata spaventosamente piccola di momenti al 31 Dicembre, quando il contratto di Merlin sarebbe scaduto e Villa Pendragon sarebbe stata chiusa per sempre. E il suo attuale proprietario, che fine avrebbe fatto? Oh, Arthur era rimasto sul vago, rimanendosene stoicamente in silenzio mentre Merlin sparava capitali e paesini sperduti nel mondo – Saint Tropez? Rovaniemi? Camelot? Disneyland Paris (sì lo so che non è una città, però vale comunque)?

Prima che l'irreparabile accadesse e Arthur se ne andasse davvero, Merlin si era mobilitato per convincerlo che uno come lui poteva fare un sacco di cose per dimostrarsi un leader affidabile del marchio Pendragon, visto tutto il suo talento, la sua passione, il suo buon cuore, i suoi soldi e la sua bellez-

Comunque, al diavolo Morgana, non era giusto che la strega scansasse Arthur e lo costringesse al ritiro per poi prendersi i meriti del lavoro svolto da lui in tutti quegli anni. Ovviamente Merlin non si era espresso in quei termini, perché Arthur conservava ancora un affetto quasi reverenziale per la sorella che Merlin davvero, davvero non capiva.

Per lui era sempre stato più facile allontanare e cancellare quelli che gli avevano fatto del male – Balinor ne era l'esempio eclatante, visto che Merlin aveva vissuto fingendo di non aver mai avuto un padre.

Ma Arthur era così diverso da Merlin, era buono e il suo animo così candido che, se avesse potuto, Merlin ne era certo, avrebbe abbracciato il mondo intero nella sua stretta salda e protettiva. Arthur era una persona splendida, molto migliore di lui, e anche per questo Merlin non sopportava di vederlo stagnare in quella situazione. La casa, Merlin l'aveva compreso bene, era una gabbia nella quale Arthur si era recluso volontariamente. Desiderava uscirne tanto quanto restarvi intrappolato, al riparo dal giudizio di se stesso più che di quello degli altri. Arthur credeva sinceramente che le possibilità rimastegli fossero solo due: rimanere chiuso a Villa Pendragon fino alla fine dei suoi giorni o allontanarsi e non tornare mai più, neanche col pensiero. E a Merlin, guarda caso, non piaceva né l'una né l'altra.

Non si era stancato per un attimo di ripetere ad Arthur che il suo volto non contava (che il suo passato non contava, che gli errori che aveva commesso non contavano), lui sarebbe stato un grande capitano per il gruppo Pendragon.

E per quanto Arthur insinuasse, sebbene ormai con una verve dimezzata rispetto agli inizi, Merlin non era stupido. Nossignore, non lo era affatto; sapeva che per il suo datore di lavoro non era una sciocchezza, che non si trattava di una questione da poco. Che non bastava una pacca sulla spalla, un 'va tutto bene', perché la sua preoccupazione e il suo rifiuto delle cicatrici esteriori non erano altro che lo specchio del disprezzo per quelle interiori. Merlin non aveva la pretesa di guarirlo. Ma desiderava, con tutto se stesso, aiutarlo come meglio poteva, e così fece.

Nel giro di qualche giorno gli inviti per la festa di Natale erano stati spediti agli azionisti; Villa Pendragon era stata tirata a lucido, inghirlandata, infiocchettata e cosparsa di porporina («Troppo luccichio?» aveva detto Merlin, «Insomma, sembra quasi un locale lgbt friendly» aveva risposto Arthur, «Quando dici lgbt non dimenticare la Q e la A, questioning e asessuali si incavolano giustamente un sacco se vengono tagliati fuori» aveva sussurrato Merlin in tono cospiratorio).

Perfino Mordred, l'incorreggibile campione del non-mi-farò-lavare-da-voi-non-mi-avrete-mai-marrani, era stato pulito e pettinato. In quel momento sfoggiava, con un'aria abbastanza scocciata, un bel fiocchetto rosso applicato sul guinzaglio – e fissato prudentemente da Merlin con la supercolla.

«Ora» disse Merlin, accarezzando il tessuto blu cobalto col probabile intento di accarezzare e basta la spalla di Arthur. «Facciamo il punto della situazione: domani questo posto sarà pieno di azionisti di mezza età dotati di baffi vibranti che detengono le sorti della tua azienda nelle loro mani grassocce; azionisti che vanno convinti delle tue qualità cosicché in consiglio voteranno che sia tu a gestire la baracca e non Morgana. Quindi dobbiamo far vibrare quei baffoni di sorpresa e-»

«Mi sembra ancora un colpo basso nei confronti di mia sorella.»

«No, Arthur, è solo giusta concorrenza. E non è un colpo basso visto che tu» e qui sospirò con molta enfasi, «hai insisto per avvisarla delle tue intenzioni e l'hai pure invitata alla festa.»

«Ha detto che non è sicura di riuscire a venire» disse bruscamente Arthur, distogliendo lo sguardo.

Merlin sentì un dolore così acuto che avrebbe voluto urlare a pieni polmoni il suo UGH interiore, dannato Arthur. Gli appoggiò il palmo sulla guancia, piano, distraendolo dai pensieri che già gli stavano offuscando il volto. Arthur assunse l'espressione stupita e velatamente incredula che metteva su quando Merlin lo toccava – come se per lui ricevere una carezza da Merlin fosse un piccolo shock ogni volta.

«Va bene, sì, Morgana invitata. Come sei stupidamente corretto» sussurrò Merlin. «E vedrai che verrà. E se non lo farà, si sarà persa la festa del secolo.»

«La festa del secolo?»

«Mh-mh, tartine col salmone e tutto il resto» annuì Merlin. «Dunque: gente invitata, casa addobbata, Mordred...» il cucciolo abbaiò, «... toelettato, Kilgharrah in carica...»

Arthur lanciò uno sguardo diffidente al cellulare a conchiglia di Merlin che giaceva con aria innocente sul tavolino, collegato al caricabatterie. «Sicuro che quel coso faccia anche video?»

«Certo che sì. Non dubitare di lui a voce troppo alta o si offende e poi non collabora. La qualità dell'immagine non sarà il massimo, però. Suppongo che otterremo un effetto da filmato classico...»

«Meglio» disse Arthur con schiettezza, «si noterà meno tutto questo.» Indicò se stesso con un vago gesto della mano, che Merlin afferrò al volo, strizzando le dita una volta.

«Dovrei dire che mi sono stufato di ricordartelo, ma purtroppo per te non è così: tu non sei solo la tua faccia. Capito?» scandì, fissando Arthur negli occhi per sfidarlo ad abbassare lo sguardo. Se l'avesse fatto, Merlin l'avrebbe riacchiappato prima che potesse toccare terra. «Tra l'altro è una faccia neanche niente male.»

Un lievissimo rossore si sparse sulla guance di Arthur. «Me l'hai ripetuto allo sfinimento» disse, ma non con l'aria di uno che si sia stufato della cosa.

«Per recuperare tutte le volte che ti erano dovute e che non hai avuto» disse Merlin in tono pratico.

Di nuovo quell'espressione sbigottita che faceva tremare Merlin come una gelatina. Invece che fare una cosa poco appropriata come baciare il suo capo in un delicatissimo momento, optò per uno schiaffetto sulla guancia. «Manca solo il filmato» disse.

«Anche questo l'hai ripetuto allo sfinimento» disse Arthur, stavolta alzando gli occhi al cielo.

«Allora dai, siediti sulla poltrona e iniziamo, o continuerò a ripeterlo all'infinito per seccarti. Manca solo il filmato, il filmato, il filmato-»

«MER-LIN! Sei licenziato!»

«No, almeno non fino alla fine dell'anno!»

 

 

«... E vi lascio con l'augurio di un felice Natale e di un proficuo e sereno anno nuovo da vivere insieme alla nostra azienda» concluse Arthur, perfetto nel suo completo blu, con la schiena dritta e la voce ben modulata dopo tante prove.

«Wow» esalò Merlin, stoppando il video e abbassando Kilgharrah, «sembra proprio che abbiamo ripreso la sequenza dopo un breve stacco narrativo.»

Arthur si pizzicò il ponte del naso, ma era visibilmente più rilassato, adesso. Non che fosse stato imbarazzato mentre recitava il suo discorso in cui elencava il progetto aziendale elaborato per l'anno successivo – no, era stato... magnifico.

«Io continuo a non capire gran parte di quello che dici» disse a Merlin, magnificamente athuresco, così seccato ma forse un po' per finta o forse no – e sempre, sempre così lui.

Merlin sollevò una spalla. «Fa niente, a volte neanche io capisco del tutto ciò che dico. Adesso» Merlin batté le mani, «dovremmo pensare a...»

«Volevo dirti...» intervenne Arthur con una strana urgenza, e poi si interruppe, gli occhi comicamente grandi, quasi che quell'attacco gli fosse scappato di bocca. Si schiarì la gola e si alzò sfregandosi i palmi, l'immagine di un signorino nobile piombato lì per caso. Poi però scosse la testa, un sorriso timido e semplice che iniziava a fare la sua comparsa. «Volevo solo dirti... grazie. Per tutto quello che stai facendo. Quando sarò a...»

«Bangkok?» tentò Merlin.

«… Quando sarò via, probabilmente, possibilmente, c'è una piccola percentuale di probabilità che tu...» Mosse le dita con fare vago, fissando il caminetto.

«Sì?» lo incalzò Merlin con divertimento, aspettandosi un ennesimo tira e molla alla sono-Arthur-Pendragon-e-mi-riconfermo-emotivamente-stitico.

Ma Arthur lo sorprese come spesso faceva, tagliando corto con le sue stronz- con le sue sciocchezze. Lo fissò dritto negli occhi, la luce fioca del caminetto che gli illuminava le cicatrici e le bruciature, le iridi azzurre come una fiamma. «Mi mancherai» disse, così piccolo, un uragano. «Mi mancherai tanto.»

Un colpo sparato al cuore.

«Oh» disse Merlin, le spalle che cadevano appena, completamente sconfitto dalla valanga di sentimenti che quell'uomo impossibile scatenava in lui.

«Merlin» disse Arthur, appena allarmato, un sopracciglio alto. La destra si era sollevata e ora giaceva lì, per aria, ridicola e inappropriata in mezzo a loro. «Merlin, cristo santo, stai piangendo?»

«Nooooo» fece Merlin, tirando su pesantemente col naso e strofinandosi la manica del maglione sulla faccia (un maglione con le renne, ovviamente). «Io, piangere? Ma quando mai?»

«Beh» disse Arthur, un po' sconcertato, oscillando sui piedi, «beh, quando Anna salva Elsa e diventa una statua di giacchio, tanto per dirne una. E anche quando tutti quei giocattoli parlanti si tengono per mano e vanno incontro alla morte verso l'inceneritore. Oh, e quando Mufasa muore e Simba cerca di svegliarlo. Per non parlare di quando Tadashi ci resta secco nell'incendio, ah, lì proprio ti colava il naso e ululavi peggio di Mordred-»

«Non vale, questi sono momenti assolutamente traumatici!» si lamentò Merlin oltraggiato, schiaffando il palmo contro il petto (sempre marmoreo...) di Arthur. «Solo un senza cuore come te potrebbe ridere della mamma di Merida!»

«Era un'orsa, Merlin. Un'orsa. È assolutamente ridicolo. È lecito che io abbia riso.»

«Sì, comunque... comunque...» Merlin si imbronciò, asciugandosi gli occhi ancora umidi. «Comunque non è che devo mancarti per forza. Ricordati che se la festa sarà un successo, hai promesso di non andartene e di tenerti stretto ciò che è tuo.» Il cuore gli saltò un battito e Merlin sperò ardentemente di rientrare nella categoria delle cose che Arthur non avrebbe dovuto abbandonare – poi si sentì stupido perché, insomma, in quella categoria c'era anche Lumiere, e poi si disse, cavolo, chissene frega.

Arthur aveva l'aria di voler dire 'non ho promesso un bel niente'. Ma lo sorprese, ancora, con un sospiro rassegnato. Passò un braccio intorno alle spalle di Merlin e lo guidò, un po' rudemente, fuori dalla stanza. «Passeggiamo fuori» disse.

«Agli ordini» rispose Merlin, e gli pianse un po' il cuore quando il braccio di Arthur abbandonò la sua spalla per indossare la giacca.

«Perché fai tutto questo per me?» buttò lì Arthur dandogli la schiena. Senza aspettare la risposta di Merlin, si avviò verso l'ingresso e uscì di casa.

'Perché ti amo, cervello da ameba' stava per dire Merlin. E si bloccò. Arthur era già nella neve, il cappotto scuro come un'ombra, la testa bionda appena un poco china. Era bellissimo anche così, grande e piccolissimo, e Merlin voleva solo correre e abbracciarlo da dietro, tenerlo stretto, sostenerlo per sempre e non lasciarlo scappare.

Ma non sarebbe stato giusto: Arthur doveva farle da solo, le sue scelte. Nessuno avrebbe potuto combattere i suoi demoni al posto suo.

Merlin allora si portò le mani a coppa sulla bocca: «Perché te lo meeeeeriti, idiota!» disse forte.

Arthur si fermò.

«Faccio tutto questo per te perché te lo meeeeriti, e perché per te io farei qualunque cosa!»

Piano piano, Arthur si voltò, pallido e sconvolto come se qualcuno gli avesse sferrato un pugno in faccia.

Merlin abbassò le braccia, un sorriso lento e soddisfatto.

«Sei... sei un uomo...» balbettò Arthur, «... ridicolo. Con quel maglione con le renne e... per non parlare di quelle pantofole che... E quando ti metti gli occhiali!» Sembrava veramente sconvolto e offeso da tutte quelle cose alla Merlin. «Voglio dire, sei peggio della mamma di Merida. E lei è stata trasformata in un'orsa!»

Merlin ridacchiò, stringendosi nelle spalle. Si sentiva felicissimo e molto idiota, e forse non riuscite a capirlo, a giudicare dai vostri faccini perplessi, ma a volte è così, lo giuro. A volte ci sono questi momenti in cui guardi una persona e la trovi così ridicola e magnifica e pensi, 'sì, io la amo, la amo terribilmente', e tutto è tanto folle e bello che puoi solo ridere. Forse, se sarete fortunati, quando crescerete lo proverete anche voi.

Arthur allargò le braccia e Merlin scoppiò a ridere, la testa all'indietro, e poi saltò i gradini e si tuffò verso di lui, allacciandoglisi al collo. Arthur lo afferrò al volo, stringendogli la vita, ed era così bello, finalmente, così bello, averlo vicino, il suo respiro caldo sulla spalla di Merlin, il naso gelato sul collo di Merlin, l'abbraccio saldo, grato e protettivo che gli strizzava il cuore.

«Resterai con me fino alla fine di questa storia?» sussurrò Arthur.

Merlin sorrise. «Non è ovvio?»

 

~

 

 

Quella sera, davanti a un bicchiere di vino caldo che aveva dato alla testa un po' a tutti e due, saltò fuori una faccenda interessante. Ricordate ancora la storia del debito contratto da Balinor con i Pendragon? Ma sì, quella questione che aveva qualcosa a che fare con delle rose di contrabbando. Beh, se lo ricordate ancora, complimenti, sul serio.

Comunque.

«Cioè, mi stai dicendo che mio padre aveva fatto arrivare per tuo padre un camion con un carico abusivo di rose blu?» disse Merlin.

«Mh-mh. Era un regalo per mia madre, sai. Per la mia nascita. Lui sapeva che mamma le adorava, ma non era certo il tipo da mettersi a colorare rose. Se l'avessi conosciuto, ora capiresti.»

«Quindi ha... cosa... commissionato a Balinor di procurarsi in modi illeciti quelle rose?»

«Ehi, io sono nato prima del tempo, anche volendo non avrebbe avuto tempo di ordinarle e aspettare che gliele portassero. Ma non ha mai detto a Balinor di rubarle. Quella è stata un'idea sua.»

«Quindi mio padre è stato multato dalla guardia forestale per una cifra astronomica...»

«E mio padre, sentendosi responsabile, ha giurato che non avrebbe permesso che la famiglia di un amico restasse nell'indigenza. E la sua eredità è passata a me» annuì serio Arthur. «Così, quando i debiti di Balinor sono aumentati per... altre faccende personali...» (aveva perduto tutto comprando modellini di draghi e Funko Pop potteriani, Merlin fu grato che Arthur non lo dicesse ad alta voce), «... ho ricordato la promessa di mio padre e ho detto a Balinor di lavorare per me per queste ultime settimane dell'anno. Se l'avesse fatto, avrei pensato io a risolvere tutti i suoi problemi in nome della vecchia amicizia tra lui e Uther.»

«Ma poi Balinor ha portato qui me» disse Merlin. «Non ti ricorda di quella vecchia storia... quella con quel tizio sperduto che arriva in una casa, se ne approfitta, ruba una rosa per la figlia e poi consegna la figlia al mostro della casa...?»

Cinque secondi dopo scoppiarono sonoramente a ridere.

«È assurdo! Sembra una specie di plot device di serie B!» disse Merlin, asciugandosi gli occhi.

«Sì, ma tutto con te è assurdo, Merlin» disse Arthur con un sorriso così dolce da far male. E Merlin si disse che valeva la pena chiudere un occhio davanti a certe cose, se significava avere Arthur che gli sorrideva in quel modo, tenendogli la mano.

E spero sia così anche per voi. In fondo, non capita tutti i giorni che due innamorati incrocino le loro strade grazie a delle rose blu procurate illecitamente. Almeno la fantasia generale dovete apprezzarla.

Ora su, prepariamoci psicologicamente, perché sta arrivando il momento della fatidica festa... e c'è una strega che non ha intenzione di arrendersi tanto facilmente.

 

   
 
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