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Autore: ladyerinfraser    26/12/2016    2 recensioni
Tutto quel bianco lo infastidiva, lo accecava, ma al tempo stesso gli era d’aiuto.
Non poteva permettersi di addormentarsi, non in quel momento. Doveva resistere, nonostante la stanchezza, nonostante l’essere stato sveglio per due giorni di fila.Doveva resistere per lui.
[...]
Quell'agape, quell'amore incondizionato, lo avrebbe accompagnato, in un modo o nell'altro, per sempre.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tutto quel bianco lo infastidiva, lo accecava, ma al tempo stesso gli era d’aiuto.
Non poteva permettersi di addormentarsi, non in quel momento. Doveva resistere, nonostante la stanchezza, nonostante l’essere stato sveglio per due giorni di fila.
Doveva resistere per lui.
Fregandosene di passare per maleducato, portò le gambe al petto. La sua felpa rossa era l’unica nota di colore in quella stanza, dove anche le persone sembravano essere diventate un tutt’uno con quel luogo.
Una ciocca di capelli biondi sfuggì dalla coda ormai sfatta e gli caddero davanti gli occhi, così simili ai suoi.
Prese un respiro profondo, cercando di controllarsi e poi espirò. Ripetè quell’operazione varie volte, ed improvvisamente una canzone gli torna alla mente, una melodia su cui aveva pattinato circa dieci anni prima. Doveva immaginarsi un qualcosa o un qualcuno per cui provasse amore incondizionato, e aveva trovato quell’amore nel nonno. L’unica persona che lo conoscesse veramente.
Ricordava ancora la prima volta che l’aveva accompagnato ad una gara di pattinaggio: era così teso che aveva passato tutto il giorno prima e parte della mattinata dopo a vomitare, e le parole che gli aveva rivolto con quel suo fare un po’ dittatoriale ancora gli riecheggiavano nel cuore:
“Testa alta, Yuri.”
Aveva provato per anni a cercare di non farsi toccare completamente dagli eventi, o anche solo di pretendere davanti agli altri che fosse così, ma solo recentemente ci era riuscito. O almeno era quello che credeva.
Qualcuno entrò nella stanza. In un primo istante non ci fece caso, poi riconobbe quei passi e strinse ancora di più le gambe al petto, la testa nascosta sotto il cappuccio.
Non voleva che lo vedesse in quello stato, nessuno avrebbe dovuto vederlo così vulnerabile.
- Yurio…-
Quella voce era così rassicurante, e, nonostante il tempo passato, gli ricordava casa, quel calore che ti scalda il cuore in un istante e che gli serviva proprio in quel momento. Alzò un po’ la testa e lo vide lì, con quel sorriso forzato. Un ghigno salì sul volto di Yuri: quell’aspetto del suo carattere l’aveva preso da Yuuri, quel cercare di rincuorare gli altri con tutto ciò che poteva. Un po’ gli dispiaceva di non vederlo al suo fianco, ma uno di quei due era già troppo da sopportare.
 - Victor Nikiforov…- disse cercando di sembrare arrogante – A cosa devo il suo on…-
Si bloccò all’improvviso portando una mano sulla bocca: il cuore aveva ricominciato a battere forte, gli occhi si stavano bagnando più velocemente di quanto avesse previsto, le labbra avevano cominciato a tremare. Un’altra parola e non sarebbe stato in grado di trattenersi.
Dal volto di Victor scomparve il sorriso, tornò ad essere serio e a guardarlo preoccupato. Con un tocco gentile, gli sistemò dietro le orecchie una ciocca di capelli e gli lasciò una carezza sulla guancia.
Una carezza che bruciava per l’amore che vi era riversato dentro.
Yuri lo sapeva: quello di cui aveva bisogno in quel momento era un abbraccio, e non avrebbe voluto nessun altro vicino a lui se non quello che considerava suo fratello.
Victor era l’unico che aveva conosciuto Nikolai. La prima volta che si erano incontrati era Natale di un tempo ormai quasi dimenticato, quando Yuri stava per scendere in pista per l’ultima volta nella categoria Junior e Victor era ormai un affermato campione mondiale. Ricordava ancora che avevano passato ore a parlare di pattinaggio ed entrambi aveva elogiato la bravura e la tenacia di Yuri così tanto che al ragazzo erano venute le orecchie rosse per l’imbarazzo. Probabilmente è stata anche colpa della birra.  
Eppure non riusciva ad avvicinarsi all’ex campione russo.
Non riusciva ad allungare quella mano, e non sapeva ben distinguere in quel momento se si trattasse della forza che gli mancava o era l’orgoglio ad avere la meglio.
- Vieni con me.-
A quelle parole si risvegliò dal suo tepore e notò che ad un lato della stanza qualcuno gli stava scattando delle fotografie. Appena vide quel gruppo composto da tre fotografi e un paio di giornalisti tirò fuori il petto e cominciò a camminare verso di loro completamente rosso in viso, arrabbiato.
Fu Victor a prenderlo per una manica e a trascinarlo di peso fuori dalla stanza, lungo il corridoio e in un’altra stanza d’aspetto, vuota, e a cui chiusero la porta.
Yuri si era seduto, stavolta con il volto concentrato sui pugni chiusi che ancora tremavano per quel misto di rabbia, tristezza e paura che sentiva dentro. Stava per scoppiare, non riusciva a trattenersi.
- Yuri…-
Victor si ritrovò improvvisamente stretto al giovane. Sentiva il suo respiro caldo contro il suo petto e appena ricambiò l’abbraccio, Yuri iniziò a singhiozzare vistosamente. Non era abituato a trovarsi in quella situazione, e di solito, quando piangeva, lo faceva da solo, in camera sua.
Più piangeva, più iniziava a sentire male alla testa, più accusava la stanchezza. Eppure non riusciva a smettere.
Victor non parlava, non cercava di consolarlo ma era lì, e questo bastava ad entrambi.
E mentre piangeva l’unico volto che aveva in mente era quello di Nikolai, di quella volta che erano davanti al fuoco, pochi mesi fa. I capelli e la barba si erano imbiancati più del solito e il volto, nonostante il sorriso, si era fatto più vecchio e stanco. Allo stesso modo si era appesantito il suo corpo e le sue mani non erano più in grado di fare i loro amati pirozhki. Eppure Yuri continuava a vederlo come un uomo forte, che l’aveva preso con sé, che l’aveva cresciuto e che gli aveva voluto bene nonostante fosse un uomo solo.
Di quella sera ricordava la sua risata, che sapeva non l’avrebbe mai abbandonato.
Quegli occhi color del mare che sapeva, nel suo cuore, si sarebbero spenti durante quell’operazione al cuore a cui lui non voleva sottoporsi ma su cui Yuri aveva insistito.
- Il dottore… poco fa…- parlava a singhiozzi, ma Victor lo ascoltava pazientemente e senza lasciarlo andare – ha detto che ci sono state delle complicazioni.-
La stretta dell’amico si intensificò.
- Ha avuto un’emorragia interna…- Non riusciva a pronunciare quella frase, a dire quella parola ad alta voce. Non voleva neanche pensarci a cosa ne sarebbe stato di lui senza Nikolai, come sarebbe riuscito ad andare avanti e a sorridere di nuovo.
Le sue paure si realizzarono poco dopo. Nonostante avesse smesso di piangere perché non aveva più lacrime da versare, l’abbraccio tra i due non si era sciolto. Il dottore, un vecchio amico di famiglia, lo guardò semplicemente negli occhi, e scosse la testa.
E poi il buio.
 
Il mare di Hasetsu lo calmava. Quello stesso mare che gli era rimasto dentro fin dalla prima volta che aveva messo piede in quella città. Non ricordava esattamente come fosse arrivato dall’altra parte del mondo, ma sapeva che erano passate tre settimane da quando era li in Giappone.
Il funerale si era svolto meno di un mese prima ma Yuri si sentiva ancora come se fosse in un incubo. Quel giorno, dopo essere tornati nella casa che un tempo aveva condiviso con Nikolai, si era andato a fare un bagno caldo, aveva chiuso la porta a chiave ed era scivolato talmente tanto in un mondo fatto di momenti e battiti di cuore che non si era neanche reso conto che Victor lo stava chiamando da tempo o che aveva addirittura sfondato la porta, preoccupato e con le lacrime agli occhi.
Si era seduto vicino a lui, gli aveva preso le mani e ci aveva lasciato sopra un lungo bacio mentre Yuuri aveva ricominciato a piangere, continuando a ripetere “è colpa mia, è colpa mia”, come se fosse un modo per esorcizzare quel dolore che provava. Preferiva odiarsi, piuttosto che sentirsi in quel modo, perso, solo, in trappola. Probabilmente fu in quel momento che Victor prese la decisione di portarlo a casa sua e di Yuuri.
Era stato proprio Yuuri ad aiutarlo ad affrontare quella che per lui era una colpa imperdonabile, era stato lui che l’aveva aiutato e lo stava ancora aiutando ad accettare piano piano quello che era successo. Victor era sempre lì, vicino a lui, e lo ascoltava mentre si confidava con il giapponese, in silenzio, mentre lo teneva per mano.
Stava riprendendo lentamente il controllo, e quel giorno aveva capito come potersi sfogare, come trovare un modo per lasciar andare il ricordo di Nikolai e salutarlo a modo suo.
Indossava la tuta grigia e, mentre correva lungo un viale di alberi scheletrici e pieni di neve, sentiva la collana di metallo del nonno batterle sul petto. Il senso di vuoto ancora prendeva possesso del suo corpo, costringendolo a fermarsi spesso e a pochi minuti di distanza.
Ma non tornò indietro.
Arrivato all’Ice Castle si fermò: Victor e Yuuri parlavano tra di loro alla fine della scalinata, un sorriso dolce sul volto di entrambi, le loro mani che si sfioravano, gli anelli d’oro che brillavano alla luce del sole.
Percepiva dentro di sé di nuovo del calore, quel calore che ti trasmette solo lo stare vicino a delle persone che ti amano e che tu ami senza chiedere nulla in cambio.
Pattinò su “Agape”, e mentre pattinava sul suo volto scendevano nuove lacrime di dolore, ma questa volta sapeva che la sua storia non sarebbe finita lì, sapeva che non avrebbe mai dimenticato quella figura paterna che l’aveva accompagnato mano nella mano fino ai 25 anni. Lo avrebbe reso ancora più fiero di essere il nonno della tigre di Russia e ogni vittoria, ogni momento che avrebbe vissuto l’avrebbe dedicato solo a lui.
Finita la melodia e ripreso fiato si girò verso quei due che aveva deciso tempo fa che sarebbero stati come una seconda famiglia per lui.
Gli rivolse un sorriso sincero, il primo dopo tanto tempo e annuì.
Yuri Plisetsky era tornato, stavolta più forte di prima.
Quell'agape, quell'amore incondizionato, lo avrebbe accompagnato, in un modo o nell'altro, per sempre.








E' una one-shot che ho scritto di getto, e forse si nota. Avevo bisogno di scrivere qualcosa su Yuri, e mentre la scrivevo stavo piangendo, visto che sotto le feste questo sentimento misto di mancanza e di amore l'ho provato di nuovo.
Spero vi piaccia. Vi lascio il link dell'altra one-shot che ho scritto, sui Victuuri.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3595169&i=1
Grazie ancora, veramente grazie di cuore.
   
 
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