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Autore: lily winterwood    27/12/2016    3 recensioni
[Kimi No Na Wa/Your Name!AU |Victuuri |Traduzione by Class Of 13]
Per qualche strana, inspiegabile, fantastica ragione, Yūri Katsuki e Viktor Nikiforov si stanno scambiando di posto.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Minako, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: AU, Cross-over, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note della Traduttrice a.k.a gli scleri di Class Of 13: Se non avete visto in qualche modo l'ultimo capolavoro di Makoto Shinkai Kimi No Na Wa (o Your Name, per chi preferisce l'inglisc), vi prego, rimediate in attesa che a gennaio arrivi al cinema da noi.
Questa storia, che è a metà tra un crossover e una Soulmates!AU, si ispira alla fatidica "leggenda del filo rosso del destino": poiché di recente ho scoperto - con una certa sorpresa - che non tutti ne sono a conoscenza, mi prodigo nel farvi un celere riassunto.
Si narra che ognuno di noi abbia legato al dito mignolo della propria mano sinistra un filo rosso la cui altra estremità è legata allo stesso dito della stessa mano della nostra anima gemella: le persone legate da tale filo sono destinate, in qualsiasi luogo o universo, ad incontrarsi ed innamorarsi ogni volta, per poi rimanere per sempre assieme.
Come presto vedrete, proprio come nel film, attraverso il sonno Yuuri e Viktor si scambiano di corpo, vivendo l'uno la vita dell'altro. I risultati? Beh, starete a vedere nel corso di questa storia, ma vi assicuro che si tratta di una piccola perla, al punto che ricevere dall'autrice il permesso di tradurla mi ha resa felice come una pasqua.
Come sempre, poiché non dispongo di una beta reader, eventuali riconoscimenti di errori e suggerimenti (non sono assolutamente una pro, nelle traduzioni - ma nemmeno nello scrivere io stessa nda-) non potranno che farmi piacere ed essere di immenso aiuto. Ah, se masticate un po' l'inglese e volete supportare direttamente l'autrice, trovate la storia originale qui: http://archiveofourown.org/works/8884927/chapters/20367091

P.S: Piccolo suggerimento da una traduttrice anonima che è una fag delle opere di Shinkai: vi consiglio di ascoltare Yumetourou e ZenZenZense dei RADWIMPS mentre leggete questo capitolo, sono due canzoni splendide che fanno parte della colonna sonora del film~

 

Capitolo 1: il mio corpo ti calza come un guanto.
 
 “I meet you. I remember you. Who are you?” - Elle, Hiroshima mon amour


Quando Viktor Nikiforov si sveglia, la prima cosa che sente è il dolore per essere caduto da un letto divenuto improvvisamente troppo stretto.

Tirandosi su dal pavimento, brontola e si toglie la polvere di dosso - solo per scoprire che la sua vista sembra essere più sfocata del normale e che sta indossando delle robe.

È strano. Di solito dorme solo con gli slip.

Victor si passa una mano tra i capelli e rimane scioccato da quanto si siano accorciati. Non riesce nemmeno a vedere di che colore siano.

Si guarda attorno, cercando di trovare uno specchio. C'è un altro letto nella stanza spinto in un angolo con un copriletto di un verde brillante. Ci sono degli scaffali pieni di libri di testo, due scrivanie con delle giacche nere appese alle sedie, una borsa ai piedi del suo letto con un paio di vecchi pattini da ghiaccio pieni di graffi che fanno capolino dal suo interno e una gabbia con tre criceti sul comodino che affianca l'altro letto.
C'è uno specchio accanto alle porte scorrevoli di un armadio e Viktor vi si avvicina per guardare al suo interno, fermandosi improvvisamente nello scorgere il proprio riflesso.

Si trova nel corpo di un giovane asiatico.


«Yūri! Faremo tardi all'allenamento!».

Yūri Katsuki balza a sedere sul letto per vedere il suo compagno di stanza Phichit Chulanont guardarlo con il capo inclinato su un lato. Lotta con i suoi occhiali e, quando li indossa, l'espressione preoccupata di Phichit viene messa a fuoco.
«Cosa c'è?», domanda Yūri.

«Ti sei ricordato gli occhiali, questa volta», sottolinea Phichit.

Yūri si acciglia. «Perché dovrei dimenticare i miei occhiali? Ne ho bisogno per vedere».

«Ieri ti sei presentato agli allenamenti senza di loro», risponde semplicemente Phichit. Yūri lo osserva scioccato. «E hai fatto ritardo perché in qualche modo ti eri dimenticato come raggiungere la pista. Ma Ciao Ciao ha lasciato correre dopo averti visto ottenere ottimi risultati in allenamento! Sei perfino riuscito ad eseguire il tuo quadruplo Salchow!».

«Cosa?», ripete Yūri, sentendosi sempre più confuso. Come avrebbe potuto... L'ultima cosa che ricorda è di essere andato a letto e poi di aver avuto il più strano dei sogni sull'andare in Russia e pattinare proprio come il suo idolo Viktor Nikiforov.
Come ha potuto vivere un'intera giornata per poi non ricordare nulla di ciò che è accaduto?

«Che giorno è?», domanda Yūri mentre si allunga verso le robe per l'allenamento con mani tremanti.

«È il 20 aprile», afferma Phichit.
Il braccio di Yūri si ferma. Era stato soltanto il 18 quando si era messo a letto.

«Yūri?», domanda Phichit, la preoccupazione che si rifà viva nella sua voce. «Se non ti senti bene posso dire a Ciao Ciao di farti venire più tardi, o di darti un giorno di riposo --».
«Sto bene!», insiste immediatamente Yūri strofinandosi poi gli occhi. Si ferma nuovamente nel momento in cui nota qualcosa scritto sulla sua mano.

Ciao Yūri!

Yūri osserva le parole per un momento per poi sospirare, cominciando a vestirsi per l'allenamento.

È soltanto dopo, mentre sta ascoltando per metà le chiacchiere eccitate di Phichit sulla possibilità di pattinare sulla musica da Il Re e il Pattinatore per la prossima stagione mentre si dirigono alla pista, che controlla il proprio cellulare e trova delle nuove foto nel suo rullino fotografico.

«Siamo andati al Caffè Astro?», domanda improvvisamente.

«Sì», conferma Phichit. «Hai scattato foto ad ogni cosa».
Yūri osserva il grande quantitativo di selfie nell'album e sospira. «Così pare», sottolinea aprendo poi le note.

Lì c'è una nuova voce recitante la data del giorno prima. Accigliandosi, Yūri la apre e trova un dettagliato resoconto di ciò che è accaduto il giorno precedente, così come una critica piuttosto lunga alla coreografia del suo Programma Breve.
«Beh, chiunque si sia occupato del mio corpo ieri almeno se ne intendeva di pattinaggio artistico», commenta laconicamente Yūri mentre ripone il telefono in tasca. Phichit ride e insieme si dirigono all'allenamento.
Non succede nulla di particolarmente degno di nota. Yūri era inizialmente preoccupato del fatto che le persone avrebbero potuto pensare che fosse regredito rispetto a qualsivoglia progresso l'altro pattinatore avesse fatto il giorno prima, ma le persone sembrano troppo felici nel vederlo "tornato alla normalità" per commentare la sua tecnica. Successivamente prende qualcosa da mettere sotto i denti ad un piccolo Caffè assieme a Phichit e decide di tornare nella loro stanza per occuparsi dei compiti.

Soltanto una volta giunto alla sua scrivania nota un'altra cosa che l'altro pattinatore ha lasciato per lui. Uno dei suoi quaderni è ricoperto da appunti che non ricorda di aver scritto. Ci sono pagine e pagine di idee per coreografie, suggerimenti per riuscire ad eseguire un quadruplo Salchow, appunti sulle parti del suo corpo che l'altro pattinatore sembra pensare che abbiano bisogno di maggiore flessibilità. Yuuri ridacchia un po' leggendole ma si sente più grato che altro di avere questi appunti. È come avere un coach segreto che lo conosca anche meglio di Celestino.

Volge nuovamente lo sguardo alla sua mano. Ciao Yuri, recita il messaggio. Yūri prende un pennarello dal suo portapenne e scrive sulla propria mano, sotto quel messaggio:

Chi sei?

E anziché fare i compiti cerca qualche altro video di Viktor Nikiforov che pattina su You Tube e sospira nel guardare il suo idolo scivolare sul ghiaccio senza sforzo come un qualche divino dio del pattinaggio.

Cosa non darebbe per trascorrere un giorno nei pattini di Viktor...


Yūri si sveglia alla sensazione di qualcosa di umido contro la sua guancia.
Sorpreso, scatta a sedere solo per scontrarsi con un barboncino color cioccolato intento a leccare la sua guancia. «Vicchan, smettila!», strilla. Il cane si ferma per guardarlo quasi interrogativamente.
È in quel momento che Yuuri ricorda di non aver portato Vicchan con sé a Detroit. Oltretutto questo è cane è molto più grande e più vecchio di Vicchan. Infatti somiglia di più a...

Oh. Dev'essere di nuovo quel sogno.

«Makkachin, scendi», dice Yūri, e il barboncino salta giù dal letto troppo grande e troppo bianco. Yūri si arrampica fuori da questo, trova la vestaglia e si stiracchia. È di nuovo senza maglietta e, quando guarda nello specchio, Viktor Nikiforov ricambia il suo sguardo.

Così come il petto finemente cesellato di Viktor Nikiforov e i suoi addominali duri come la roccia e il suo bel sedere e - Yūri si obbliga ad interrompere quel corso dei suoi pensieri prima che diventi ancor più inquietante.

Solo perché si tratta di un sogno non significa che sia autorizzato a fare cose oscene con il corpo del suo idolo.

Yūri si veste di fretta e si dirige nella cucina dell'appartamento. Il frigo di Viktor è terribilmente vuoto, riempito solo con i più scialbi alimenti di base, un paio di scatole del take-out e un quantitativo poco salutare di vodka e champagne. Le credenze sono ugualmente vuote, con scatole contenenti principalmente barrette proteiche e di granola e quelle che Yūri si azzarda ad immaginare siano snack a basso contenuto calorico impacchettati in brillanti confezioni dalle lettere in cirillico. Il cibo per cani è su uno scaffale più in alto nella dispensa (la quale è anche'essa riempita da alcool; Yūri dovrà in qualche modo sistemare questa cosa), perciò riempie la ciotola per il cibo di Makkachin, cambia l'acqua e prende un paio di barrette alla granola prima di controllare il suo - beh, di Viktor - cellulare.
Ha diversi messaggi in russo. Yūri borbotta. Questo sogno è troppo realistico. Sarebbe stato carino essere in grado di capire il russo.
Google Translate gli fornisce qualcosa di molto simile a "dove sei" e "hai detto che saresti stato alla pista cinque minuti fa", cosa che porta Yūri ad andare nel panico. Digita (in inglese; non è masochista) un celere "Sto arrivando", prende il suo cappotto e la borsa sul divano che contiene un paio di pattini dalla lama dorata e si fionda fuori dalla porta.
È solo quando si sta avviando fuori da questo fin troppo eccentrico condominio di San Pietroburgo rivolgendo un cenno al portinaio che si rende conto di non avere idea di dove sia la pista.

Yuuri si guarda attorno, preso dal panico. La strada è relativamente tranquilla ma non c'è modo per cui possa abbordare un completo sconosciuto e chiedere indicazioni per la pista di pattinaggio. Ce ne potrebbe essere più di uno! E cosa succederebbe se quella persona non parlasse inglese?
Un altro messaggio. Yūri lo legge tramite Google Translate. "Sto venendo a prenderti", recita.
«Viktor!», qualcuno grida nemmeno un minuto dopo. Yūri sobbalza. Si volta, sorpreso, per vedere un adolescente fermo sul marciapiede a due passi da lui che indossa una felpa del Team russo e un sguardo imbronciato.

Yūri fa un passo indietro. Cosa ci fa Yuri Plisetsky in questo sogno? Conosce a malapena il ragazzo; tutto ciò che sa è che è dato come favorito per la vittoria del Gran Prix Junior di quest'anno.

Yuri Plisetsky fa un passo in avanti e lo calcia su uno stinco. Yūri balza indietro mentre Yuri si solleva verso il suo viso e comincia a gridare in russo contro di lui.
«Scusami», è tutto ciò che riesce a dire in risposta-

Yuri lo osserva. «Che diamine ti è preso, vecchiaccio?», domanda.
«Non lo so!», squittisce Yūri. «Questo è un sogno, giusto?».

Gli occhi di Yuri si assottigliano. E poi fa spallucce. «Come ti pare», dice. «Ma verrai con me alla pista. Hai detto di avere delle coreografie per i programmi del mio debutto nella categoria senior».
 
«Cosa?», domanda Yūri. Programmi per il debutto nella categoria senior? Il ragazzo era davvero previdente. «Io... Mi dispiace. Non so di cosa tu stia parlando».
«Oh, non dirmi che te ne sei dimenticato di nuovo!». Yuri getta le mani all'aria. «Guarda, amico, avevamo un accordo!».

Yūri ride imbarazzato. «Beh, uhm. Sono sicuro che Vik- Voglio dire, di averlo appuntato da qualche parte!».
E tira fuori il cellulare di Viktor e lo sblocca. Viktor gli aveva lasciato una nota sul suo programma: sicuramente ne avrà alcune anche per il programma di Yuri qui da qualche parte...

Oh. Giusto. Sarebbero state in russo.

«Uhm. Prendi questo? Sono sicuro che sia qui...», dice Yūri passando il telefono a Yuri. Il ragazzino lo prende rivolgendo una strana occhiata a Yūri e comincia a scorrere le note.

«Che ti prende?», domanda. «Hai improvvisamente dimenticato come fare qualsiasi cosa in russo? Dev'essere l'età che comincia a farsi sentire».

«Sono... Piuttosto stressato», mente Yūri anche se non è sorpreso quando Yuri gli risponde con un'occhiata incredula. Non ci sarebbe cascato nemmeno lui. Viktor Nikiforov non sarebbe mai così stressato da dimenticare come comprendere il russo.

«Eri strana anche un paio di giorni fa», sottolinea Yuri svogliatamente, cominciando a camminare lungo la strada. Yūri lo segue da vicino. «Combinare casini con i tuoi salti a destra e a manca. Yakov ti ha suggerito di provare di nuovo il tuo quadruplo flip e tu hai detto di non essere capace di farne uno. Come se Viktor Nikiforov non fosse capace di fare la mossa che è il suo marchio di fabbrica».
Yūri ricordava quella cosa dall'ultimo sogno. Uh. Questi sogni avevano davvero una buona idea di cosa fosse la continuità narrativa.
«Ho detto che era colpa delle vongole andate a male, sì?», domanda.

«Hai di nuovo mangiato delle vongole andate a male?», domanda Yuri restituendogli il telefono.

Yūri lo prende. «Sì, diciamo di sì», mormora. Perché la verità sarebbe troppo strana.
Se l'allenamento una volta tornato a Detroit era stato privo di eventi, l'allenamento a San Pietroburgo è terribile. Yūri si sente quasi in imbarazzo a fare una tale figuraccia nel corpo di Viktor, perché in quel modo sembra che Viktor stesso abbia improvvisamente sviluppato la grazia di una giraffa morente.
Deve essere grato a Yuri Plisetsky, però (e, detto sinceramente, quante volte nella sua vita penserà mai una cosa del genere?) perché il biondo è stato rapido nel dire a tutti che non si sentiva bene  - altre vongole andate a male - e di non dargli fastidio se combina casini sul ghiaccio. Ciò significa che  il oh-così-spaventoso coach Yakov Feltsman non sta prestando (troppa) attenzione alle sue (eccessive) cadute e al suo inciampare.

Dall'altro lato, Yuri Plisetsky sembra aver compreso qualsivoglia appunto sulla coreografia che Viktor gli ha lasciato sul suo cellulare e sta provando alcuni dei passi. Sta provando i salti quadrupli. E sta atterrando sui quadrupli Salchow meglio di quanto Yūri sia mia riuscito a fare.
Dopo l'allenamento Yūri fa ritorno all'appartamento. Si ferma da un fruttivendolo sulla strada e compra dell'altro cibo per il frigo di Viktor: perlopiù frutta e verdura, ma anche gli ingredienti più vicini che riesce a trovare per un katsudon decente, anche se leggermente non autentico. Dopo aver scaricato il cibo in cucina, porta fuori Makkachin al parco più vicino. L'aria è tiepida con l'incerta dolcezza della primavera e Yūri la assapora mentre osserva Makkachin annusare i cespugli e gli alberi.
Quella notte cucina due porzioni di katsudon, mangiandone una e riponendo l'altra nel frigo per Viktor assieme ad un appunto con la ricetta. Scarabocchia immagini di fiori e piccoli barboncini sui pattini e li lascia in giro per tutto l'appartamento. Si sdraia sul divano con Makkachin e scatta dei selfie.
E poi apre l'applicazione delle note e scrive gli eventi del giorno, seguiti da commenti sulla bellezza della città, su quanto sia soffice il pelo di Makkachin e su tutti i posti che vuole visitare la prossima volta che sarà qui.
Potrebbe non essere in grado di lasciare un feedback sul modo di pattinare di Viktor, ma almeno può godersi il suo mondo.


Viktor non è sicuro del perché ci sia lo scarabocchio di un cane su dei pattini da ghiaccio sullo specchio del suo bagno.
Non è sicuro anche del perché ci sia più frutta e verdura nel frigo (non era mai riuscito a comprendere cosa potesse fare con queste in modo che ne uscisse fuori qualcosa di commestibile), o del perché nel frigo ci sia una ciotola di una specie di carne impanata sul riso con dell'uovo assieme ad un ricetta in inglese attaccata ad essa.
(La riscalda comunque per colazione. Con grande probabilità è la cosa più buona che abbia mai mangiato.)
Yuri lo guarda in modo strano quando si presenta alla pista. «Niente vongole andate a male, vecchiaccio?».
«Non ho idea di cosa tu stia parlando», risponde Viktor.
«Siamo tornati alla normalità, quindi», dice Yuri. «Non riuscivi ad eseguire nemmeno un quadruplo salchow, ieri, né tantomeno ad insegnarmi la tua stessa coreografia».
«Ti ho mostrato la coreografia?», gli fa eco Viktor. «Sto ancora rifinendo delle parti!».
«Beh, non direi davvero che tu mi abbia mostrato qualsiasi cosa ieri, dal momento che eri così fuori da non riuscire nemmeno a leggere il russo». Yuri alza gli occhi al cielo. «Andiamo e basta, okay? Non sto mica ringiovanendo, qui».
Viktor sospira e si spinge via dai bordi.


«Yūri, andiamo. Lo so che puoi eseguire il quaduplo salchow», dice Celestino. Yūri si poggia contro i bordi, il respiro affannato. Prende un lungo sorso dalla sua bottiglia dell'acqua e sospira.
«Mi dispiace», dice.

«Semplicemente vai là fuori e prova di nuovo».

Yūri si asciuga il sudore dalla fronte e si dirige al centro del ghiaccio. Il successivo paio di tentativi di atterrare su un quadruplo salchow vanno miseramente male, anche quando tiene a mene il consiglio del suo coach del mistero.
È più tardi, mentre sta incerottando le vesciche sui suoi piedi, che nota un nuovo messaggio sulla sua gamba.

Controlla la tua scrivania. ;)

Nonostante il dolore ai suoi piedi protesti con ogni passo, Yūri se la svigna letteralmente verso il suo dormitorio. Fermandosi con una scivolata davanti alla sua scrivania, comincia a controllare tutto ciò che c'è sopra - i suoi quaderni, i suoi cassetti, il suo portapenne.
E poi la vede. C'è  una fotografia incorniciata di Viktor Nikiforov sulla sua scrivania, l'unica parte della sua considerevole collezione di cimeli di Viktor che ha portato con sé a Detroit. Ma adesso c'è una firma su di essa.

Viktor Nikiforov ha autografato la sua foto.


Viktor sta scorrendo le proprie note cercando il post che ha fatto riguardo i suoi programmi, quando nota la voce in inglese. Un altro giorno nella Vita di Viktor Nikiforov, recita. Accigliandosi, la apre.
Si tratta di un lungo resoconto su quello che deve essere stato il giorno precedente, seguito da eccitati commenti sulla bellezza della città e sul pelo di Makkachin. Viktor si ritrova a sorridere appena mentre legge quelle parti.
Adesso ispeziona il proprio appartamento, trovando tutti i piccoli scarabocchi che sono stati lasciati per lui, così che possa spostarli invece sul frigo.
E infine scrive, Yuri Katsuki, sei tu? sul suo braccio poco prima di andare a letto.
Al suo successivo risveglio la sua risposta è sulla sua mano. .


Non è un sogno, realizza Yūri mentre fissa con incredulità gli appunti sul suo programma che ricorda con certezza di non aver scritto. Quei giorni che trascorro come Viktor Nikiforov sono reali.
Non è un sogno
, realizza Victor mentre fissa, confuso, il suo frigo improvvisamente ben rifornito e una pletora di appunti su varia piatti giapponesi attaccata alle sue credenze. Quei giorni che trascorro come Yūri Katsuki sono reali.
Per qualche strana, inspiegabile, fantastica ragione, Yūri Katsuki e Viktor Nikiforov si stanno scambiando di posto.

 
   
 
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