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Autore: Lurilala    27/12/2016    1 recensioni
Chara centric -
Se ti uccidessi mi vorresti bene comunque, mamma?
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chara, Toriel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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But nobody came -
{And if I hurted you, tell me, what would you do? Would you still love me?}

 

Una lama di luce tagliava l’oscurità della stanza, indecisa e tremolante.
Era una stanza grande, ben arredata, la stanza di un adulto felice, di un adulto che aveva trovato il suo piccolo ritaglio di paradiso nel mondo. Anche se era uno spicchio di mondo senza la luce del sole e senza la libertà, lui era felice.
Asgore Dreemurr era amato da tutti. Era saggio, era forte, sapeva cosa voleva dire vivere; guidava gli altri e custodiva la sua piccola famiglia piena di calore e affetto. Guardava i suoi due figli con gli occhi che qualsiasi bambino avrebbe bramato di avere addosso, con un amore che nessuno avrebbe potuto calcolare.
Asgore era al buio, steso sul suo grande letto di legno massiccio, e tremava forte, del tutto incosciente e preda di quei tremori bollenti e dolorosi. Certi fiori sapevano essere letali in quantità elevate, ma anche qualche petalo fatto cadere per sbaglio poteva compromettere molto la salute.
Toriel aveva chiamato il medico di famiglia, aveva preparato impacchi di ghiaccio al suo amato marito, aveva fatto di tutto per alleviare il suo dolore. “Non possiamo fare altro.” Aveva sentenziato a un certo punto il medico, da dietro i suoi occhialetti rotondi: “Ma non preoccupatevi, Maestà: il re ha una corporatura robusta, supererà senza dubbio la notte e poi sarà fuori pericolo.”
Era notte inoltrata, ormai. Tutti erano a letto e Asgore era solo nella sua stanza, lottando contro il veleno che lo faceva tremare come un bambino e annaspare in silenzio nel buio.
Asriel aveva pianto tutto il giorno, sarebbe rimasto al capezzale del padre tutta la notte se Toriel non l’avesse preso in braccio e portato nella sua stanza con carezze e rassicurazioni.
“E’ colpa nostra.” Aveva pianto il piccolo principe, la voce spezzata dai sensi di colpa.
Ora Asriel dormiva sogni agitati nella sua camera, senza che la preoccupazione lo lasciasse in pace neanche nel sonno. “E’ un figlio così devoto.” Avrebbero detto tutti, inteneriti dalla sua ansia.
Chara non aveva pianto, quel giorno. Non aveva chiesto scusa, non era rimasta più di qualche minuto nella camera di Asgore, non si era aggrappata al camice del medico implorando di fare qualcosa per lui. No, non aveva fatto nulla di tutto questo.
Lei voleva bene ad Asgore, gli voleva bene davvero. Lui era il padre che aveva sempre sognato e desiderato, avrebbe fatto di tutto per compiacerlo. Però era scoppiata a ridere vedendo che non riusciva più a respirare dopo aver assaggiato la loro torta, aveva sghignazzato vedendolo annaspare di dolore nel letto sotto le cure del medico.
Chara non riusciva a dormire, quella notte. E stava in piedi sulla soglia della camera di Asgore, guardava il buio cercando i contorni della sua figura, così placida e segretamente sofferente.
Non si sentiva in colpa, minimamente. Non capiva.
Le piccole mani erano aggrappate allo stipite della porta e i suoi occhi grandi e rossi come il sangue scandagliavano l’oscurità senza temerla. Tutti i bambini hanno paura del buio, ma lei no.
In verità, era affascinata da quello che era successo. Era affascinata da quanto poco ci volesse per ferire mortalmente qualcuno, anche senza volerlo. Se senza cattive intenzioni avevano fatto questo… Cosa avrebbero potuto fare desiderando di ferire?
Chara non era una bambina cattiva. Le piaceva giocare con gli altri bambini, le piaceva disegnare e farsi raccontare le favole prima di andare a dormire. Voleva bene a mamma e papà e ogni mattina dava un bacio e un abbraccio a entrambi, per iniziare bene la giornata. “Lei non è diversa dagli altri bambini.” Avrebbero detto tutti.
Lei non voleva fare del male ai suoi genitori. Non avrebbe mai voluto uccidere Asgore…
Però pensarlo le mandava un brivido strano lungo la schiena.
Qualcosa di caldo e umido, qualcosa che sapeva di aspettativa e paura insieme, che aveva in sé timore ed esaltazione e desiderio, tanto desiderio.
Chara guardò la figura distesa di Asgore, così immobile da sembrare che non respirasse neppure.
E se fosse così?
Qualcosa di incomprensibile le tagliò il respiro a quel pensiero.
Se fosse così? Se non respirasse più? Se fosse morto e fosse colpa mia?
Non sapeva come la faceva sentire quel pensiero. Non faceva poi così male, non le faceva venire voglia di piangere. Non sembrava una grande tragedia, in fondo. Non sembrava nulla di che.
Chara provò paura.
Si sentiva… Così cattiva. E non riusciva a pentirsene.
-Piccola mia?-
Chara sussultò, voltandosi di scatto verso il corridoio.
Toriel le veniva incontro nella sua vestaglia da notte, dolce preoccupazione sul volto. Le accarezzò la testa quando le fu accanto e Chara non provò nulla.
-Non riesci a dormire?- Le sussurrò l’adulta, passandole dolcemente le dita fra i capelli spettinati.
Chara abbassò il viso e non rispose, spostando nuovamente lo sguardo all’interno della stanza.
Toriel le sorrise comprensiva, continuando ad accarezzarla: -Non è colpa tua, bambina mia. Papà si riprenderà presto, non tormentarti. E’ stato solo un incidente.-
La bambina sospirò piano e puntò lo sguardo sul pavimento. I suoi occhi erano strani, al buio.
-Mamma?-
Quella parola aveva sempre un gusto così strano, sulle sue labbra.
-Sì, amore mio?-
Chara esitò. Si sentiva strana. Alzò lo sguardo sull’adulta, su quel mostro che le aveva dato molto più amore di quanto qualunque umano avesse mai fatto. Si chiedeva se quell’affetto sarebbe rimasto immutato, se si fosse comportata male. Si chiedeva se Toriel avrebbe avuto paura, sapendo cosa stava pensando.
I suoi occhi vermigli affondarono in quelli calmi e dolci di Toriel e la bambina scoprì di star tremando.
-Mamma… Tu… Mi odieresti mai?- Proferì infine, sentendosi sempre più dominata da quella sensazione strana e incomprensibile. Si chiese se l’avrebbe mai guardata con occhi diversi, con paura, magari. Si chiese come l’avrebbe guardata se avesse ucciso Asgore.
Toriel sospirò sorpresa e si chinò a prenderla in braccio prima di risponderle. Chara si nascose nel suo petto, scoprendo di avere il respiro affannoso. Chissà se l’avrebbe mai presa in braccio, se avesse ucciso qualcuno.
-Piccola mia, no, no, non ti odierei mai. Tu sei mia figlia, non potrei mai odiarti o farti del male. E neanche papà ti odia, nessuno ti incolpa di quello che è successo.- La strinse come se fosse la cosa più preziosa al mondo, con dolcezza, con l’amore vero e puro che solo una madre può possedere.
Chara non provò niente.
E se fra tutti uccidesse proprio lei, proprio Toriel, proprio sua madre? Si chiese come avrebbe reagito vedendo sua figlia ucciderla. Tremava sempre di più.
-Mamma… Mi perdoneresti? Se ti facessi del male mi perdoneresti?-
Pensò di farlo davvero e non le fece paura. Pensò di prendere di nuovo quei fiori, di farne cadere molti di più nell’impasto della torta, di mettercene un intero prato. Pensò di uccidere tutta la sua famiglia, anche Asgore, anche Asriel.
Pensò di uccidere l’intero Underground, che l’aveva accolta come una di loro.
Si chiese se l’avrebbero odiata tutti, se l’avesse fatto. Si chiese se Toriel avrebbe risposto diversamente, se avesse avuto delle colpe sulla coscienza.
-Sì, bambina mia. Non faresti mai del male a qualcuno intenzionalmente, no? Ti perdonerei tutto, piccola. Tu non sei cattiva… Io lo so.-
Chara non provò niente.
Se ti uccidessi mi vorresti bene comunque, mamma?
Non glielo chiese mai.

Gli occhi di Toriel erano spalancati di stupore, le braccia ancora aperte per coprire il passaggio.
La guardava con la bocca schiusa di sorpresa e incredulità.
Il coltello era sporco di sangue e la ferita sul suo petto era troppo profonda. Era stata così veloce che Toriel non si era neanche resa conto di quel che succedeva; era stata così inaspettata che Toriel non si era neanche preparata a difendersi.
Guardava negli occhi la bambina, mentre il suo corpo caracollava instabile. Quella piccola umana che somigliava così tanto a sua figlia, quella piccola umana che sembrava così indifesa e sperduta...
Perché ora brandiva un coltello sporco di sangue? Sporco del suo sangue?
Cercò i suoi occhi, cercò la timida innocenza della prima volta che li aveva guardati. Cercò quel delicato castano dolce e ingenuo, quello sguardo sperduto da proteggere.
Trovò iridi rosse come il sangue che la fissavano affamate, pretenziose di una reazione, iridi capaci di brillare al buio, di ridere davanti al dolore altrui – ma anche di abbassarsi con vergogna davanti a una colpa, Toriel lo sapeva. Toriel conosceva quegli occhi.
Non si chiese se fosse davvero lei, non si chiese come avesse fatto a tornare.
Provò solo paura davanti a quello sguardo perverso troppo lontano da quello della sua bambina e ancora di più provò sgomento nel constatare che non aveva nulla di davvero diverso.
Era semplicemente lei, com’era sempre stata, come l’aveva sempre amata.
Ho… Sempre amato un mostro del genere?
-T… Tu… Mi odi davvero così tanto?-
Crollò a terra come una bambola rotta, un giocattolo vecchio che non piace più. La bambina dagli occhi di sangue, la sua bambina, incombeva su di lei e sorrideva.
“Avevi detto che mi avresti perdonata.
Avevi detto che non mi avresti odiata.
Avevi detto che nessuno l’avrebbe fatto.
… Perché mi hai mentito, mamma?
Perché ora hai paura di me?”

Il tempo andò avanti e gli omicidi con lui.
Gli occhi di Chara si fecero sempre più rossi, sempre più spenti e più folli.
Le Genocide Route si accumulavano una dopo l’altra e la stessa scena l’accoglieva ogni volta, lo stesso sguardo spaventato, la stessa bugia.
Chara li uccideva tutti ogni volta, uno dopo l’altro. Diventava sempre di più cattiva e disperata un omicidio dopo l’altro e la bambina che chiedeva rassicurazioni alla mamma spariva ogni giorno di più. Chara si stava corrodendo dentro e nessuno lo capì mai.
Tutti si chiesero perché proprio lei avesse iniziato ad uccidere coloro che l’avevano accolta con l’amore di una famiglia. Tutti dissero che era cattiva, che era folle, che era un mostro.
Chara stava cercando qualcuno che non la guardasse con odio.
Stava cercando qualcuno il cui amore non sarebbe mutato neanche dopo aver compiuto le peggiori oscenità.
Stava cercando qualcuno che l’amasse. Stava cercando qualcuno che non sarebbe andato via.
Fece terra bruciata intorno a sé e non rimase che polvere.
A lei era rivolto solamente odio. E pian piano Chara disimparò qualsiasi altra emozione a parte quella. Disimparò qualsiasi speranza e si affidò dalla disperazione.
Si dimenticò cosa stesse cercando nella sua furiosa smania di uccidere.
Si dimenticò di essere stata una figlia, una sorella, un’amica, una bambina, prima di un’assassina.
Si dimenticò di se stessa e indossò il suo ruolo come una vera pelle.
In fondo, dentro di sé, continuò a cercare qualcuno che la guardasse in modo diverso.

           
But nobody came.

  
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