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Autore: Ormhaxan    27/12/2016    12 recensioni
«I am the son and the heir of a shyness that is criminally vulgar, I am the son and heir of nothing in particular.»
È il 1985 a Londra e tra le strade della City si propaga la musica degli Smiths, simbolo di una generazione incasinata, affamata di vita, di riscatto e successo.
È il 1985 e Andrea fa del suo meglio per arrivare a fine mese, destreggiarsi tra un lavoro in un pub a Camden Town, pagare le bollette entro la scadenza e non finire fuori corso. La sua vita da ragazza di ventidue anni procede tranquilla, tra un turno di lavoro estenuante e una birra tra amici, fino a quando una serata come tante la sua migliore amica, Zoe, non fa un annuncio che lascia tutti di stucco: è finalmente entrata a far parte di una rock band, di cui diventerà la cantante, grazie a un annuncio trovato in un negozio di musica. Da quel momento, nulla sarà più come prima e il destino di Andrea deciderà di intrecciare i propri fili con quelli di altre persone quasi del tutto dimenticate, con la vita di un ragazzo scostante e apparentemente insignificante che vive esclusivamente per la musica.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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When you say it’s gonna happen now,
When exactly do you mean?
See I’ve already waited too long
And all my hope is gone.




 

Tic. Tac. Tic.
La pioggia continua a cadere da un manto di nubi grigio e rosa, si schianta suicida sui vetri della finestra del mio appartamento, un trilocale situato in un condominio residenziale modesto, popolato per lo più dalla media borghesia di Londra.
La pioggia mi ha sempre resa malinconica, il suo suono ha il potere di fare brutti scherzi alla mia mente che, ipnotizzata dal suo ritmo regolare, tende a perdersi tra i meandri nebulosi dei miei ricordi; sono questi i momenti in cui riaffiorano immagini da tempo rinchiuse in bauli ossidati dallo scorrere degli anni, sigillati con lucchetti arrugginiti da una patina verdastra, in un vano tentativo di cancellarli per sempre dalla mia vita.
Pioggia estiva inglese.
I ricordi sono tutto ciò che mi è rimasto, unico mezzo che ho per non dimenticare per sempre le risate, i sorrisi, i volti di chi si è perso per strada; sono sentimenti dolci e amari allo stesso tempo, di quelli che puntualmente ti ritrovi a sorridere malinconicamente, a maledire il destino da cui, come soleva ripetermi mia nonna quando ero una mocciosa, dipende ogni cosa.
Ned e il suo sogno di diventare un professore stimato, Leslie dai grandi occhi verdi, la sua voglia di conquistare quei quindici minuti di notorietà promessi; il rullante di una batteria, le note di una chitarra elettrica e la voce soave e allo stesso tempo graffiante di una ragazza. E poi lui…
Se chiudo gli occhi posso ancora vederli, i loro volti illuminati da brandelli di luce, i loro sorrisi spensierati, i loro occhi sempre attenti, la loro perenne fame; posso sentire la musica sparata a tutto volume, che rischia di spaccarmi i timpani, una canzone degli Smiths mandata ancora e ancora, la voce di Morrissey sbiascicata che si diffonde tra gli ambienti, nel profondo delle nostre anime marce e incazzate.
Loro contro il mondo, noi tutti contro il mondo, figli ed eredi di niente in particolare, come cantavano gli Smiths in una delle loro più famose canzoni. Noi instancabili guerrieri sempre pronti a lottare per la promessa di un domani migliore.
Domani. Ma quando sarà adesso?

Un fruscio quasi impercettibile di lenzuola mi fa trasalire e il mio istinto sempre allerta fa precipitare il mio smagrito e ancora provato corpo alla culla di vimini, uno dei pochi regali che qualcuno ha avuto la decenza di fare.
Sorrido, dandomi della sciocca quando la trovo addormentata, immersa in un sonno profondo, tranquillo: non mi sono ancora abituata a questa nuova situazione, alla mia nuova esistenza, eppure quello che inizialmente mi è parso un errore adesso mi sembra – no, non sembra, ma è senza alcun dubbio — la cosa migliore che abbia mai fatto.
Ho fatto tante cazzate nella mia vita, mi ritrovo a pensare mentre osservo mia figlia, di appena una settimana, dormire nella sua culla, ma avere lei è stata la cosa migliore che potesse mai accadermi.
Se potessi vedermi ora, saresti felice per me. Forse, nel luogo in cui sei adesso lo sei ugualmente, perché finalmente sai che tutto il dolore provato è nel passato e il presente è sereno. Perché sai che il domani migliore che abbiamo sempre voluto è finalmente qui.

La porta dall’altra parte della stanza si apre, permettendo ad un fascio di luce giallastra di fendere la semioscurità della stanza, rischiarirla. La figura che accompagna quello spiraglio di luce è aitante, si impone immediatamente tra quelle quattro pareti anche grazie alla sua lunga ombra proiettata sulla moquette scura, portando allo stesso tempo il freddo di quella insolita giornata di inizio estate e il calore della sua presenza.

«Sei tornato. – sussurro per non svegliare la bambina — Perché ci hai messo tanto?»
«Perdonami, — risponde lui, prima di circondarmi la vita con un braccio e posare un affettuoso bacio sulla mia fronte — sono stato trattenuto.»


 


*
 



Angolo Autrice: Hello, Folks! Non so bene cosa aspettarmi da questa storia, sarò sincera, perchè è davvero tanto che non scrivo una storia non storica - chi mi conosce sa che vivo per i romanzi storici - quindi tornare alle origini, se così possiamo dire, mi fa strano. Inoltre, questo prologo è stato praticamente scritto di getto, senza punti precisi.
Per questa storia attingerò a molte fonti, idee per storie scritte e poi cancellate o mai pubblicate, sperando di non essere mai banale o scontata. Se mai dovessi diventarlo, vi prego di farmelo presente e di perdonarmi.
Non so bene cos'altro aggiungere, se non che spero davvero di ricevere opinioni perchè, come mai prima, ne ho davvero bisogno.

Alla prossima,
V.
  
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