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Autore: DaniNTI    28/12/2016    1 recensioni
"Lo spazio tra ogni punto" è il racconto interiore in prima persona di un anonimo giovane in un periodo della sua vita caratterizzato da un incontrastabile vuoto esistenziale e da un profondo sconforto.
Attraverso il racconto di momenti di vita quotidiana, che coinvolgono altri personaggi, tra cui una donna con cui egli ha una relazione di natura prevalentemente sessuale, due amici e il suo gatto, il protagonista dà voce alle sue riflessioni e ai suoi pensieri, i quali si configurano come una sorta di "flusso di coscienza" che intervalla la descrizione delle giornate.
Citazione dal testo:
"La mia quotidianità stantia è il limbo che mi spetta, e chissà chi l’ha deciso. Ho smesso di aver voglia di lottare per diventare ciò che non sono. Non porterebbe a nulla e la ragione è molto semplice: la mia coscienza è incredibilmente lucida, ma fottutamente debole. O forse sono le turbolenze con cui conviviamo ogni giorno nella nostra segreta interiorità ad essere troppo forti per chiunque provi a contrastarle".
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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La prima cosa che avevo detto a Brandon quando gli chiesi se potessi portare Elaine alla festa era specificare che lei non era la mia ragazza.
E a lei avevo detto che quell’invito non rappresentava un’evoluzione del nostro rapporto. Lei rispose ridendo, avendo trovato probabilmente ridicola quell’affermazione effettivamente un po’ pseudo-seriosa. Non si aspettava niente da quell’invito ovviamente, né tantomeno si aspettava e voleva nulla in generale, forse.
“Domenica Elaine 21”, scrissi in rosso con debito anticipo su un angolo della parete a fianco alla porta, di modo che la scritta mi risultasse visibile ogni volta che uscivo dalla stanza.
Dopo aver dato da mangiare a Salice, passai a prenderla da casa e poi prendemmo il bus insieme. Avevamo appuntamento con Duke alle 21:30 alle Orchidee; non era il caso di trovarsi direttamente da Brandon, dato che loro due non avevano ancora tanta confidenza, dunque avevamo deciso di incontrarci a metà strada mezz’ora prima per poi salire tutti insieme a casa di Brandon.
“E così tu saresti Duke!”, esclamò Elaine col tono di chi aspettava quel momento da tanto tempo.
“Piacere!”, rispose Duke con pari entusiasmo ma con un pizzico di goffaggine, allungando il braccio per darle una stretta di mano, ma in modo quasi robotico e forzato. Quel gesto mi ricordò quando da piccolo i tuoi ti ripetono  in continuazione che devi dire “grazie” quando ti viene regalato qualcosa da un’altra persona, e te lo ripetono a tal punto che prima o poi arrivi a farlo in automatico, come fosse un riflesso incondizionato; la persona che ha fatto il regalo, però, in un certo senso riesce sempre a percepire che quel ringraziamento in realtà proviene dalla bocca dei genitori.
Con ciò non intendo dire che Duke faceva le cose controvoglia, semplicemente la sua timidezza lo portava, nel momento in cui si rapportava con un estraneo, a non compiere le azioni in maniera naturale, ma anzi è come se le “ripescasse” al momento necessario da una la lista pre-stilata di cose che vanno fatte in una certa occasione.
Che fatica vivere così.
“Quindi vuoi imparare il francese eh?” Beh ,se vuoi sapere la mia, anche la peggiore guida online è migliore di questo ciarlatano”, e mi indicò col dito guardandomi con gli occhi di chi ti prende per il culo pur essendo in qualche modo tuo complice.
E ci gettammo tutti e tre in un’ipocrita risata.
Ipocrita per Elaine, ipocrita per Duke, e ipocrita anche per il sottoscritto.
Per tre motivi diversi.
Elaine sapeva che la sua battuta non era divertente, ma semplicemente non vedeva l’ora di sfoderare la sua risatina. Da quando una volta le dissi che mi piace molto il modo in cui ride ha sempre cercato di cogliere ogni buona occasione per farlo.
Io dal canto mio ridevo perché mi toccava farlo, pur trovando la battuta del tutto fuori luogo. Se non l’avessi fatto, sarei risultato agli occhi degli altri come quello che non sa ridere di sé stesso. E a inizio serata non è certo il massimo.
Duke rideva non perché trovasse la battuta particolarmente simpatica, ma perché obiettivamente ridere era meglio che provare a rispondere qualsiasi cosa. D’altronde, per quanto una risata possa suonare strana, è sempre meglio di una parola fuori posto.
Mentre ci incamminavamo in direzione di casa di Brandon, Elaine chiese a Duke perché volesse imparare il francese e uscì fuori il discorso della tipa.
Elaine provava molta simpatia per Duke, e iniziò da subito ad assumere un atteggiamento quasi da “sorella maggiore” nei suoi confronti, ma senza quel fare eccessivamente zelante di chi ti vuole insegnare a vivere. E’ solo che percepiva in lui della tenerezza e ciò la rendeva ben disposta. D’altronde, devi essere uno stronzo per non voler bene a Duke.
Giunti a casa di Brandon, arrivò l’incomodo momento di presentargli Elaine. Era quasi matematico che avrebbe fatto il cazzone, io avevo già preso le contromisure e l’avevo ovviamente avvertita.
“Elaine! Finalmente! Piacere! Toglimi una curiosità, sai com’è... il socio come credo saprai non ama troppo raccontare le cose e non è stato troppo chiaro. Come funziona, scopate soltanto o c’è dell’altro? Perché, beh, se ci fosse dell’altro lui non me lo direbbe a prescindere”. E accompagnò il tutto con un sorrisino che ambiva probabilmente ad un qualcosa di simpatico e colorato da una punta di sarcasmo, ma io dal canto mio percepivo solo maleducazione e spocchia.
“Ahahaha, confermo…va grossomodo come ti è stato detto”, rispose Elaine con aria divertita. Non saprei davvero dire se lo fosse realmente o meno. La osservavo.
Elaine non si faceva mettere in imbarazzo dalle altre persone. E sapeva quando non era il caso di prendere le cose seriamente, riusciva sempre a capire bene chi aveva di fronte a sé e cercava di agire nel modo che la situazione del momento richiedeva.
Detto ciò, Brandon si sarebbe meritato un paio di schiaffi.
“Ehilà campioncino, io non mi sono ancora scordato dello scacco dell’altro giorno”, disse poi puntando la preda apparentemente più debole, Duke, che però paradossalmente accennando un mezzo sorriso mise a tacere Brandon, il quale, rimasto spiazzato da quell’espressione a metà tra il divertito e l’imbarazzato, non sapeva bene come proseguire il suo show.
Dunque presi la parola io, lo ringraziai dell’invito e tirai fuori la bottiglia di amaro.
“Oh, ma non dovevi amico, ho già provveduto a tutto io”, disse lui.
Brandon è un coglione, ma ci passi il tempo.
Alla fine lo faceva in modo bonario, la cosa migliore era non dare peso al suo fare a volte inopportuno, come aveva fatto Elaine.
Ci invitò a entrare e ad accomodarci. Ci sedemmo sul divano.
Gli altri amici di Brandon sarebbero arrivati mezz’ora dopo, a quanto ci disse.
Brandon aveva precisato che non dovevamo farci particolari aspettative su quella serata, dal momento era stata organizzata su due piedi. Dunque nessuno di noi si aspettava nulla, ma la serata andò in realtà piuttosto bene.
Forse dovremmo tutti avere meno aspettative sulle cose.
Le nostre vite sono a tutti gli effetti un flusso misterioso, insensato e inspiegabile di eventi sconnessi tra di loro. E nonostante ciò chissà perché continuiamo a vivere come se la via più logica fosse che le cose debbano prendere la direzione che desideriamo. Lottiamo affinché ciò succeda. E quando non succede ci sentiamo presi per il culo e veniamo sopraffatti dallo sconforto, come se all’origine di tutto ci fosse stato promesso altro. Non è così.
E alla fine la vita è un po’ una presa per il culo probabilmente, e forse vivremmo un po’ tutti meglio se partissimo da questo presupposto. La vita è solo esperienza. E l’esperienza a volte può generare valore. Come gli oggetti rotti una volta che vengono riparati. Le emozioni che sperimentiamo nel corso della vita, e che ci formano, in effetti forse hanno un valore intrinseco, belle o brutte che siano.
Gli amici di Brandon erano dei simpatici cazzoni, come prevedibile. Ci eravamo divertiti.
Terminammo la serata tutti più o meno brilli. Si erano formati piccoli gruppetti di varie persone. In quel momento io ed Elaine eravamo soli, e parlavamo del più e del meno.
Era rimasta ancora una bottiglia di spumante. A breve l’avremmo aperta, per una sorta di brindisi conclusivo della serata.
Ad un certo punto, preso probabilmente dall’alcool, iniziai a fare un discorso particolarmente strano ad Elaine:
“Hai mai notato che gli istanti in cui bevi il primo sorso di spumante sono sempre più lunghi di quelli in cui fai cin con gli altri?”, dissi di punto in bianco.
“Ma che cazzo stai dicendo? Merda se sei ubriaco!”, disse lei sganasciandosi dalle risate.
“Ti spiego una cosa”, le dissi cercando fiducioso di catturare il suo interesse.
“Ho realizzato questa cosa molto tempo fa” , aggiunsi sorridendo e gesticolando un po’.
“Sentiamo, dimmi cosa hai realizzato molto tempo fa”, disse lei aggiustandosi i capelli mentre continuava a ridermi in faccia a più non posso.
“La legge più antica del mondo dice che, quando un gruppo di persone brinda, ogni persona accompagna il suo primo sorso con una riflessione ”, esclamai.
Lei continuava a ridere ad ogni singola parola pronunciata dalla mia bocca.
Allora cercai di assumere un’espressione più seria argomentando al meglio il mio discorso, da lei preso sempre meno seriamente a causa del mio evidente stato confusionale:
“Avanti, non pensi mai a niente quando butti giù il primo sorso? E’ il primo vero momento di intimità con sé stessi dopo una serata passata ad interagire con la gente, come si fa a non pensare a nulla? Viene spontaneo farlo!”, dissi cercando in tutti i modi un suo consenso.
Mi lanciò un sorriso tenero e non disse nulla.
 Subito dopo Brandon chiamò tutti attorno al tavolo e aprì la bottiglia di spumante.
Brindammo.
Elaine, ormai presa dall’alcool anche lei, improvvisamente abbassò la musica dallo stereo e chiese a tutti un attimo di attenzione. Le persone la guardavano, incuriosite dalla situazione. Tutti fecero immediatamente silenzio, assecondando la sua richiesta.
E lei disse:
“Signori, la legge più antica del mondo dice che, quando un gruppo di persone brinda, ogni persona accompagna il suo primo sorso con una riflessione. Ora vi dirò con sincerità cosa ho pensato io in quel momento, e subito dopo ognuno di voi farà lo stesso”.
Eravamo tutti imbarazzati.
   
 
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