Capitolo 10- Un'antica scoperta
Era
già dicembre e la vita all'Accademia scorreva tranquilla
come
sempre. Ormai erano trascorsi tre mesi da quando Judai era arrivato
all'isola, ma a Yomi sembrava che fosse passata solo qualche
settimana. Da quando il fratellino aveva fatto la sua rumorosa
apparizione le giornate della ragazza si erano trasformate del tutto
e, dopo mesi passati a tormentarsi per la scomparsa dei due amici,
aveva finalmente trovato un po' di pace. Per certi versi non ci
credeva nemmeno lei, ma la presenza di Judai era stata sufficiente
per riportare la gioia e l'allegria nella sua vita e in quella di
altre persone. Era stato grazie a Judai se Hayato era tornato
finalmente a lezione, ed era sempre stato grazie al fratellino se i
rapporti tra Sho e Ryo si erano distesi un po'. Ed era sempre grazie
alla caparbietà e all'innocenza di Judai se anche Manjoume
aveva
smesso di atteggiarsi a divinità scesa in terra.
Quest'ultimo
soprattutto aveva passato dei brutti momenti all'Accademia del Nord e
ne era tornato parecchio cambiato, sebbene lui continuasse a negare
ogni cosa. Se non fosse stato per i tre fratelli Ojama – gli
strani
spiriti di Duel Monster che si era portato dietro – lei non
sarebbe
mai venuta a conoscenza di tutta la storia. I tre gliel'avevano
raccontata qualche giorno dopo che il ragazzo era ritornato
all'Accademia, pregandola di non rivelarla a nessuno e lei li aveva
accontentati. Dopo quella chiacchierata, però, aveva capito
cosa
fosse successo al ricco figlio di papà e aveva iniziato a
provare
pietà nei suoi confronti. Alla fine aveva capito che non era
come
voleva apparire agli altri, e stranamente aveva finito con il
prenderlo in simpatia; forse si stava addirittura affezionando a quel
tipo altezzoso e spocchioso.
Quella
mattina, la ragazza si era precipitata al dormitorio rosso al sorgere
del sole, per svegliare il fratello e i due amici. Aveva appena
ricevuto una lettera importante e voleva condividerla con loro prima
che con chiunque altro.
«Cosa
diavolo ci fai qui, a quest'ora?» le chiese Judai,
sbadigliando
sonoramente. Si era seduto sulla sponda del letto da soli pochi
minuti e non sembrava che avesse voglia di ascoltarla; probabilmente
nella sua testa c'era spazio solo per le lenzuola del letto.
«Ho
una notizia da darvi» ripeté lei, un po' meno
emozionata della
prima volta. Non le piaceva ripetere le cose troppe volte.
«Quindi
ascoltatemi bene.»
«Qualsiasi
cosa fosse non poteva aspettare?»
«No»
sbottò stizzita Yomi. «Sei proprio antipatico, lo
sai?»
«Lo
sai che ho sempre sonno, perché sei venuta così
presto?»
«Non
vuoi sapere la buona notizia? Guarda che riguarda tua
sorella» disse
Yomi. «Anzi, in realtà sarebbero due, ma una non
posso dirtela per
il momento. Dovrai aspettare questa sera.»
«Veramente
vorrei dormire...»
La
ragazza lo fulminò con lo sguardo, poi lo afferrò
per uno orecchio,
tirandolo. Il ragazzo iniziò a gemere dal dolore e a
pregarla di
lasciarlo andare.
«Ti
ascolto, ti ascolto, ti ascolto» strillò. Yomi lo
lasciò andare,
fissandolo torva. «Ok, d'accordo, dimmi tutto.»
«Il
dottore ha detto che sono completamente guarita»
esclamò lei,
mostrando al fratello, a Sho e a Hayato la lettera che la
professoressa Ayukawa le aveva appena consegnato. Sulla cima del
foglio c'era il simbolo di una nota clinica di Domino City e subito
sotto il logo della Kaiba Corp. «Dice anche che d'ora in poi
non
dovrò fare alcun controllo. Sono guarita. Del
tutto!»
Sho e
Hayato si scambiarono qualche sguardo perplesso.
«Perché?
Eri malata?» chiese il ragazzo dagli occhiali, scendendo dal
letto e
osservando da più da vicino la lettera che la ragazza teneva
tra le
mani.
«Non
proprio» rispose lei, «ero solo stata pugnalata al
fianco.»
«Solo?!
Come fai a parlarne come se fosse una cosa da nulla?!»
«Sho,
non c'è bisogno di farne una tragedia. Ho solo rischiato di
morire,
ma ora sto bene.»
Il
ragazzino la guardò sconcertato, poi si lasciò
andare ad un
profondo sospiro.
«Mio
fratello almeno lo sa?»
«Se
ti riferisci alla ferita, sì. Se ti riferisci alla lettera,
non
gliel'ho ancora detto; sono venuta prima qui.»
«Non
dovrebbe saperlo prima di noi?» si intromise Hayato,
sporgendosi dal
suo letto. «E' il tuo ragazzo e ultimamente sembrate essere
parecchio in sintonia. Non dovresti rovinare tutto come fai di
solito.»
Yomi
aggrottò le sopracciglia, offesa dalle insinuazioni
dell'amico
cicciottello. «Non è mica colpa mia se ogni tanto
litighiamo. La
colpa è anche sua e della sua testa dura»
borbottò. «No, va bene
così, credimi. Glielo dirò, ma prima volevo dirlo
a mio fratello.»
Spostò di nuovo lo sguardo su Judai, il quale continuava a
sbadigliare grattandosi la pancia. «Allora? Nulla di
dire?»
«Tornerai
a duellare?»
«Quello
potevo già farlo prima, anche se non abbiamo mai capito il
motivo.»
«Intendo
come facevi un tempo» puntualizzò lui,
stropicciandosi gli occhi.
«Prima duellavi praticamente sempre, ma fino ad adesso dovevi
trattenerti per evitare ricadute, dico bene? Se adesso il medico dice
che sei guarita del tutto, significa che potrò vederti
duellare di
nuovo come facevi un tempo.»
«Bè,
sì. Devo riprendere il ritmo, ma non credo ci saranno dei
problemi.
Venire qui è stata la scelta migliore che potessi
fare.»
«E
pensare che non volevi neanche metterci piede»
commentò il fratello
minore, ridendo tra sé e sé.
«Lo
sai che detesto obbedire a quel bastardo di Kaiba...»
«Hai
conosciuto il leggendario Kaiba?!» strillò Sho,
scattando di nuovo
in piedi. «Perché non me l'hai mai
detto?»
Yomi
fece spallucce, distogliendo lo sguardo dall'amico. «E' un
tipo
odioso e manipolatore, non vale la pena conoscerlo.»
«Ma è
il rivale di Yugi Muto!»
«Sì,
ma Yugi è cento volte più simpatico.»
«Non
dirmi che hai conosciuto pure lui?!»
«Dai,
Sho, non fare quella faccia» si intromise Judai, dando una
sonora
pacca sulla schiena dell'amico. «Pure io l'ho conosciuto. Mi
ha dato
“Kuriboh Alato”, ricordi?»
«Sì,
ricordo che me l'avevi già accennato»
commentò l'altro, lanciando
ai due fratelli occhiatacce. Poi sospirò e si rimise a
sedere sul
bordo del letto. «Certo che voi due siete proprio
fortunati!»
«Io
forse, ma mia sorella non lo è così tanto. Pensa
che questo, al
momento, è l'unico posto dove può duellare senza
fare del male alle
persone.»
«E
perché?» chiese Sho, guardando prima l'amico, poi
la ragazza.
Entrambi scossero la testa, aggiungendo che nessuno lo sapeva.
«La
mia è una situazione strana» disse Yomi, dopo
qualche secondo di
silenzio. «Andava tutto bene finché non ho
partecipato ad un torneo
regionale. Durante quell'evento i miei avversari sono stati
ricoverati tutti in ospedale, senza alcun motivo apparente. Erano
semplicemente svenuti alla fine del duello. Secondo Crawford, il
presidente della Industrial Illusion, io mi nutrivo dell'energia dei
miei avversari senza rendermene conto. Per questo fui costretta a
smettere di duellare. Le cose, poi, peggiorarono e per vari motivi,
tra cui l'aggressione che ho subito, sono stata mandata qui, dove ho
scoperto di poter duellare senza problemi. Nessuno ha mai capito il
motivo, ma forse oggi verrà svelato l'arcano
mistero.»
«Oggi?»
chiesero i tre ragazzi, quasi in coro.
«Esatto!
Ma non posso dirvi nulla di più. Incrociate le dita e
sperate per
me!»
Salutò
i tre ragazzi e senza dire altro si fiondò fuori dalla
stanza, senza
lasciare loro il tempo di farle qualche altra domanda. Fosse stato
per lei avrebbe detto tutto al fratello e ai due amici, ma il
cancelliere era stato categorico: nessuno doveva essere a conoscenza
di quell'incontro, nemmeno le persone di cui si fidava più
di tutte.
Nemmeno Ryo. Sospirò, scuotendo la testa. Non le piaceva
nascondere
qualcosa al fidanzato, ma non aveva altra scelta. Era la cosa
migliore per evitare un'isteria di massa e gli stessi problemi che si
erano presentati l'anno precedente. In fondo, le persone che stavano
giungendo all'isola erano tutto fuorché dei perfetti
sconosciuti.
“Spero solo che abbiano delle buone notizie”
pensò, mentre
attraversava di corsa il vialetto che conduceva al dormitorio
Obelisk. Doveva ancora mostrare la lettera del medico a Ryo e poi
correre all'ufficio di Samejima, per incontrare i due uomini.
Le
ritornò alla mente la conversazione che aveva avuto poco
prima con
il cancelliere. La professoressa Ayukawa l'aveva buttata di sotto dal
letto che il sole doveva essere sorto da solo qualche ora. Dalle
imposte ancora socchiuse della sua stanza penetrava un tenue raggio
roseo che illuminava malamente il letto e l'armadio a parete. La
donna le aveva detto di prepararsi il prima possibile con il solito
sorriso cordiale dipinto sulle labbra, poi era uscita, richiudendo la
porta dietro di sé: Il primo pensiero di Yomi fu di
chiedersi in
quale guaio si fosse appena cacciata, ma il sorriso dolce e gentile
della professoressa aveva fatto evaporare tutti i suoi dubbi. Il
motivo per cui l'aveva svegliata doveva essere ben diverso,
altrimenti non le avrebbe sorriso in quel modo. Si era già
arrabbiata con lei, l'anno precedente, e Yomi ormai sapeva bene quale
espressione aspettarsi. Sospirò e si vestì il
più velocemente
possibile, poi scese al piano di sotto. Qui, mentre mangiava la sua
solita brioche ripiena di cioccolata, la professoressa l'aveva messa
al corrente della situazione e le aveva consegnato le due lettere che
le erano state inviate. Una era del medico che l'aveva presa in cura
dopo l'incidente, in cui in sostanza le diceva che era guarita;
l'altra era di Seto Kaiba in persona, nella quale le comunicava che
sarebbe giunto sull'isola in tarda mattinata.
«Il
cancelliere Samejima vuole parlarti riguardo a quella seconda
lettera, il prima possibile» le aveva detto, sorridendole.
«Sembra
che ci siano buone notizie!»
«Riguardo
a cosa?»
«Riguardo
al motivo per cui non puoi duellare. Seto Kaiba ha continuato con le
ricerche e insieme al signor Crawford sembra che abbia trovato
qualcosa. Forse la soluzione non è più
così lontana!»
«Lei
dice?»
«Dovresti
avere più fiducia...»
«Non
è quello, è solo che dopo quello che mi
è successo ho smesso di
fidarmi di Kaiba. Il più delle volte riesce solo a
deludermi.»
«Non
lo hai molto in simpatia, vero?»
Yomi
aveva scosso la testa. «Lo trovo arrogante e testardo. E non
ho mai
digerito il fatto che mi abbia spedita qui contro la mia
volontà.»
«Ma
alla fine gli sei grata per averti iscritta. Dico bene?»
«Non
proprio, ma gli sono grata per non avermela data vinta» aveva
replicato la ragazza, accennando un mezzo sorriso. «Ma non lo
perdonerò mai.»
La
professoressa Ayukawa aveva riso di gusto ed anche Yomi si era
lasciata andare ad una risata. Poi, insieme, erano uscite dal
dormitorio dirette verso l'edificio principale.
Una
volta qui, il cancelliere le aveva detto più o meno le
stesse cose
che le aveva riferito Ayukawa, pregandola di non dire nulla al
nessuno, almeno finché i due uomini non fossero partiti di
nuovo.
«Arriveranno
tra una mezz'oretta circa, quando gli studenti saranno ancora a
letto, perciò cerca di non fare ritardo» si era
raccomandato
l'uomo, alla fine.
«Lei
sa di cosa vogliono parlare?» gli aveva chiesto la ragazza,
ignorandolo. «Riguarda la mia condizione, ma cosa di
preciso?»
«Il
signor Kaiba mi ha detto solo che hanno svelato il mistero, ma
vogliono parlarne direttamente con te. Non so altro, ma dai suoi
discorsi posso assicurarti che il merito sia del signor Crawford.
Nell'ultimo anno ha viaggiato molto per alcuni scavi e forse ha
trovato qualcosa di interessante.»
«Negli
scavi?»
«Chissà,
il gioco di Duel Monster è molto antico, come tu ben sai, e
forse
anche i tuoi poteri lo sono. Non saprei che dirti, il signor Kaiba
è
stato parecchio vago e non ho ancora avuto il piacere di parlare
direttamente con Crawford.»
«Bè,
l'unica cosa che m'interessa al momento è capire come poter
tornare
a duellare. Il prossimo anno sarà l'ultimo qui, in
Accademia, e dopo
vorrei diventare una professionista, perciò se esiste una
soluzione
definitiva vorrei conoscerla.»
«Lo
saprai presto» l'aveva rassicurata l'uomo, sorridendole. Yomi
aveva
ricambiato ed era uscita dalla stanza. Voleva mostrare la lettera del
medico al fratello e al fidanzato, prima che arrivassero i due
uomini, ed era proprio nel dormitorio rosso che si era diretta.
Con
questi pensieri in testa, uscì dal dormitorio blu e si
diresse di
nuovo verso l'edificio principale. La conversazione con Ryo era stata
molto breve – forse troppo – ma, al momento, non
aveva nulla da
dirgli. Gli aveva mostrato la lettera e gli aveva detto per filo e
per segno ciò che le aveva scritto il medico, rassicurandolo
sulle
sue condizioni. Il ragazzo sembrava quasi felice di sentirlo, e per
un breve attimo Yomi ebbe la sensazione che stesse addirittura
sorridendo. Era difficile da dirlo anche per lei, però,
perché
l'espressione perennemente impassibile dell'Obelisk le impediva di
capirlo fino in fondo, ma quella volta era abbastanza certa che fosse
sollevato dal saperla del tutto guarita.
Varcò
l'ingresso dell'edifico principale e si diresse nell'ufficio del
cancelliere, esattamente come aveva fatto mezz'ora prima. Una volta
di fronte alla porta, si fermò per prendere fiato e calmare
i nervi
a fior di pelle, ed entrò.
Non
ebbe neanche il tempo di salutare i presenti che due braccia
muscolose la circondarono, abbracciandola.
«Yomi!
Ne è passato di tempo!» esclamò una
voce maschile, la stessa a cui
appartenevano le due braccia che la stavano quasi stritolando.
«Mokuba...
Lasciami...» mormorò lei, cercando di
divincolarsi. Non amava
particolarmente essere abbracciata dal fratello minore di Kaiba,
soprattutto in modo così caloroso.
«Ah,
giusto, dimenticavo che stai con quel tipo»
commentò l'altro,
lasciandosi sfuggire un ghigno divertito e allontanandosi dalla
ragazza. Yomi arrossì leggermente e lo fulminò
con lo sguardo.
«Non
credevo che saresti venuto anche tu...»
«Non
potevo perdere l'occasione di vederti.» Mokuba le
lanciò l'ennesimo
ghigno divertito e si allontanò verso i divanetti
dell'ufficio, sui
quali era seduto il fratello maggiore e il presidente della
Industrial Illusion.
«Giovane
Yomi, è un po' che non ci vediamo» la
salutò Crawford,
accompagnando la frase con un gesto della mano. «Oggi siamo
venuti
con delle buone notizie!»
«Il
cancelliere me l'ha accennato poco fa» replicò la
ragazza,
inchinandosi ai due in segno di saluto. «Ma non mi ha detto
cosa
avete scoperto.»
Crawford
si lasciò sfuggire una risata cristallina, poi le fece cenno
di
avvicinarsi e sedersi di fronte a loro. «La storia
è un po' lunga,
è meglio se ti siedi.»
«Avete
buone notizie, dico bene? Potrò duellare anche fuori da
quest'isola,
vero?»
«Siediti,
così possiamo parlarne con più
tranquillità» disse Crawford. Yomi
annuì in silenzio e prese posto di fianco al cancelliere. Di
fronte
ai due c'erano Crawford e Seto Kaiba, mentre dietro al fratello c'era
Mokuba, in piedi appoggiato al piano della scrivania. Tra i due
divanetti in pelle nera c'era un tavolino da fumo in vetro, con sopra
un vaso pacchiano di ceramica bianca e azzurra e due grossi fiori
colorati di plastica.
«Allora?»
chiese Yomi, dopo vari minuti di silenzio in cui aveva guardato, a
turno, i tre uomini di fronte a lei. Crawford annuì, poi si
schiarì
la voce e iniziò il lungo discorso.
«La
storia è un po' complicata e per raccontarla
dovrò andare un po'
indietro nel tempo» disse. «Risale tutto a circa un
annetto fa,
forse qualcosa meno, durante uno dei miei soliti scavi. Se ben
ricordi, quando ci siamo lasciati l'anno scorso, avevamo deciso di
tenerci in contatto per qualsiasi cosa. Io non avrei potuto fare
molto, se non assoldare qualche esperto per cercare di venire a capo
del problema. Un anno fa sembrava che quel dispositivo su cui
lavorava la Kaiba Corp fosse l'unica cosa che potesse permetterti di
duellare, ma qualsiasi cosa facessimo non sembrava voler funzionare.
Per un po' lasciai tutto nelle mani del giovane Kaiba e tornai ai
miei scavi. E' stato durante uno di quelli, prima che il cancelliere
mi contattasse per dirmi che avevate scoperto che potevi duellare
senza problemi su quest'isola, che ho trovato un oggetto molto
strano.»
«Un
oggetto?» chiese la ragazza, confusa.
«Un
artefatto antico, per la precisione.» Crawford si
voltò verso
Mokuba e le fece un cenno con la testa. Il giovane annuì e
si
allontanò, dirigendosi verso l'altro angolo dell'enorme
stanza. «Mi
trovavo qui in Giappone, su un'isola disabitata in mezzo all'oceano,
e stavamo scavando in un antico sito che sembrava risalire a ben
prima che i primi giapponesi mettessero piede nel Paese.»
«Stai
dicendo che risale agli Ainu?»
«Oh,
ma che ragazza ben informata che sei!» esclamò
l'altro, sorpreso.
«Esattamente, a giudicare dai vasi e altri oggetti di argilla
che
abbiamo trovato sembrava proprio un sito Ainu. L'unica cosa che non
quadra è un singolo oggetto, quello che più di
tutti mi ha colpito
e che ho portato qui appositamente per te.»
Mokuba
era appena ritornato con in mano una pesante valigia, grande quasi
quanto il tavolino su cui l'aveva posata. Il presidente della
Industrial Illusion si avvicinò e la aprì,
mostrando il contentuo
al cancelliere e alla ragazza. Avvolta da morbidi panni di raso
bianco c'era una vecchia spada giapponese dalla lama ricurva e
arrugginita vicino all'impugnatura. Era completa di elsa, impugnatura
e fodero di legno, e se non fosse stato per gli evidenti segni del
tempo sulla lama, la ragazza avrebbe creduto che fosse stata forgiata
da poco.
«Questo
è ciò di cui vi parlavo» disse l'uomo
dai capelli bianchi,
indicandola con un dito. «L'unico tassello che non
quadrava.»
«Questa
spada?» chiese Yomi, sollevando interdetta il sopracciglio.
«Perché
mai?»
«Per
vari motivi, il primo tra tutti è che stando alla datazione
sembra
risalire all'epoca in cui l'uomo ancora costruiva strumenti di selce
in mezzo alla natura selvaggia. Il carbonio 14 dice che questa spada
ha oltre quattordici mila anni e a quell'epoca è assai
improbabile
che ci fosse un insediamento umano su quell'isolotto.»
«Gli
Ainu non potrebbero averla trovata da qualche parte?»
«Alquanto
improbabile, ma è possibile. Questo, però, non
cambia il fatto che
nessuno può averla forgiata. Non avevano le conoscenze per
farlo.»
«Quindi
è una OOPart» commentò Yomi, chinandosi
sulla spada. Non
s'intendeva molto di katana, ma quella aveva una linea che le piaceva
molto.
«Una
cosa?» fece Mokuba, strabuzzando gli occhi. Seto si
lasciò sfuggire
un grugnito di disapprovazione, ma non disse nulla.
«Out
of Place Artifact» spiegò lei,
«in sostanza un oggetto che si
trova fuori posto o che risale ad un periodo in cui non sarebbe
potuto essere costruito.»
«Esattamente»
annuì Crawford, «e tutt'ora non abbiamo capito
cosa sia, a chi sia
appartenuto e perché si trovasse in quell'isola. Ma non
è questo,
quello che c'interessa.» Yomi sollevò lo sguardo
sull'uomo,
facendogli segno di proseguire. «Quando ritrovai questa spada
non
capii nemmeno cosa potessi avere davanti. Mi limitai a inviarlo ai
laboratori per l'analisi e finii persino on il dimenticarmi della sua
esistenza. Poi i miei dipendenti mi inviarono i risultati e fu solo
in quel momento che iniziai a credere di aver scoperto qualcosa di
interessante. Così iniziai a fare ricerche su ricerche,
visitai
altri siti sparsi in tutto il mondo, e cercai di venire a capo di
quella strana storia. Non scoprii molto, eccetto un'antica leggenda
tramandata da alcune tribù di Ainu a nord dell'isola
giapponese di
Hokkaido. Mi raccontarono di un'antica regina, ammantata di nero e
armata di una spada lucente come l'argento, in grado di fermare
giganteschi mostri e scongiurare la fine del mondo. La trovai una
storia interessante e anche molto familiare, perciò non
appena
tornai dal viaggio mi misi al computer e cercai tra tutti i resoconti
dei miei viaggi qualcosa di simile. Fu una ricerca lunga e
infruttuosa, e arrivai persino al punto di arrendermi e lasciar
perdere. Leggende e miti simili a quello che mi avevano raccontato
gli Ainu esistevano in tutte le culture di questo mondo e con tutti
gli scavi che avevo seguito non era facile stabilire quali fossero
simili per caso e quali perché effettivamente legate. Nel
frattempo
venni a conoscenza del fatto che tu avessi scoperto di poter duellare
senza problemi, qui sull'isola, e fu questa notizia a farmi accendere
la lampadina. Ebbi un vero e proprio colpo di genio e mi misi subito
all'opera per verificare la mia teoria.»
«Che
sarebbe?»
«Quest'isola
è questa la chiave di tutto. Insieme al segreto che
nasconde»
concluse Crawford, sorridendo fiero.
«Quale
segreto?» insistette la ragazza, voltandosi verso il
cancelliere.
«La
leggenda della regina che si oppone a giganteschi mostri è
molto
simile ad un'iscrizione che ho scoperto in un antico scavo su
quest'isola, ormai oltre dieci anni fa. Ignoro ancora il collegamento
tra quest'isola e gli Ainu, ma forse neanche esiste, tuttavia le
similitudini ci sono e sono molto forti. La regina di cui parla la
leggenda è raffigurata sempre vestita di nero e armata di
spada,
esattamente come è rappresentata nei bassorilievi che ho
rinvenuto
qui. Per quanto riguarda i mostri che dicono sia in grado di fermare,
le somiglianze diventano sempre più forti. Gli Ainu parlano
di tre
mostri, uno dalle fattezze di drago in grado di controllare le fiamme
del sottosuolo, uno in grado di provocare enormi tempeste di fulmini
e tuoni; il terzo, invece, era in grado di richiamare le anime dei
morti dall'oltretomba e usarli come esercito personale. Questi tre
mostri sono gli annunciatori della fine del mondo, della distruzione
e della sua rinascita. E queste tre figure sono identiche a quelle
che rinvenni qui sull'isola. Sono le tre Bestie Sacre, le tre carte
più potenti che abbia mai creato e che sono conservate in
una
caverna sotto l'Accademia.»
«Proteggere
quelle tre carte è l'unico motivo per cui è stata
fondata questa
scuola» fece Seto, all'improvviso. Era rimasto in silenzio
per tutto
il tempo, sbuffando solo di tanto in tanto come se fosse scocciato da
tutti quei discorsi.
«Hai
davvero creato delle carte potenzialmente letali?» chiese
Yomi,
sollevando il sopracciglio con disappunto. Crwford si passò
una mano
tra i lunghi capelli bianchi e distolse lo sguardo, leggermente in
imbarazzo. Lo sguardo corrucciato della studentessa lo metteva a
disagio.
«Meglio
sotto forma di carte che ancora nei bassorilievi, credimi»
disse,
dopo un po'. «Se fossero rimasti imprigionati nella pietra
delle
tavole dove le ho trovate avrebbero causato molti più
danni.»
«L'Accademia,
tra l'altro, è nata con il solo scopo di proteggere quelle
carte e
impedire che vengano utilizzate. Se venisse liberato il potere di
quelle carte, la fine del mondo potrebbe essere molto più
vicina di
quello che pensiamo» proseguì Seto. Si
alzò in piedi e si avvicinò
alla finestra che dava sull'ingresso dell'edificio, diede una rapida
occhiata di sotto e ritornò sui suoi passi.
«Nessuno sano di mente
attaccherebbe apertamente una scuola che pullula di duellanti. E' il
posto più sicuro del mondo.»
«Aspettate,
fatemi capire bene» lo interruppe la ragazza,
«Avete trovato questa
spada su un'isola sperduta e credete che sia la stessa di cui parlano
le leggende degli Ainu su questa fantomatica regina, giusto?»
Crawford e Seto annuirono all'unisono. «E credete che sia la
spada
che la leggenda siano collegati a queste tre carte pericolose che
avete trovato qui, dieci anni fa?»
«Non
lo crediamo, ne siamo certi» puntualizzò Seto, con
il solito tono
che non ammetteva repliche. Quando Crawford mi ha contattato
raccontandomi ciò a cui era giunto, ho iniziato a fare
ricerche su i
materiali che avevamo raccolto dalle tre tavolette e su ciò
che mi
aveva inviato e che era stato raccolto dalla spada. Ho effettuato
delle analisi comparative e risulta che siano composte dalla stessa
sostanza sconosciuta.»
«Metallo?»
chiese Yomi.
«No,
qualcosa di intrinseco. Non è facile da spiegare, ma
è come se la
spada avesse la stessa anima delle tre Bestie Sacre. Entrano in
risonanza tra loro. E, giusto per essere chiari, non credo che un
oggetto possa avere un'anima.»
«Dopo
quello a cui hai assistito non dovresti essere così
scettico» lo
riprese Crawford, accompagnando la frase con una risatina sommessa.
«Ma comunque è qui che arriviamo alla parte
interessante di tutta
la storia. La spada e le tre Bestie Sacre sono in risonanza tra loro,
come se la loro anima fosse simile. Il motivo per cui la spada emetta
quest'energia non ci è dato saperlo, ma considerando
ciò che ci
avete comunicato voi mesi fa, la nostra conclusione è che
anche la
tua anima – o i tuoi strani poteri – siano in
sintonia con le tre
Bestie Sacre.»
Non
appena terminò di pronunciare quelle parole, un silenzio di
tomba
scese nella stanza. Nessuno dei presenti si arrischiava a
interromperlo e dare voce ai propri pensieri. Si limitavano a
scambiarsi qualche sguardo fugace, in attesa che qualcun altro
decidesse di fare la prima mossa.
«Quindi
state dicendo che posso duellare solo perché queste tre
carte,
questi tre mostri, esistono?» chiese Yomi, dando finalmente
voce ai
suoi pensieri. La sua voce era roca, quasi sussurrata, ma nel
silenzio della stanza sembrava un grido disperato.
«E'
quello che pensiamo...»
«Quindi
non ho alcuna possibilità di duellare al di fuori di
quest'isola...»
«Non
lo sappiamo» la interruppe Seto. «Dobbiamo ancora
verificare la
nostra teoria. Ed è per questo che abbiamo portato con noi
la spada.
Male che vada ti daremo il permesso di tenerla con te.»
«Il
test lo faremo nei sotterranei dell'isola, dove sono custodite le tre
carte» aggiunse Crawford, sorridendo alla ragazza come a
volerla
tranquillizzare. «Il cancelliere, invece, si
occuperà dell'altra
faccenda.»
«Quale
faccenda?»
Crawford
e Samejima si scambiarono un'occhiata, poi il cancelliere
sospirò,
portandosi una mano sulla testa.
«Non
so se è un caso o meno, ma ieri notte ho ricevuto
comunicazioni
preoccupanti. Sembra che un gruppo di duellanti stiano cercando le
tre carte delle Bestie Sacre e dobbiamo prendere provvedimenti per
proteggerle. Per liberarle dalla prigione in cui si trovano servono
sette chiavi e queste sette chiavi posso essere vinte solo in duello,
perciò devo scegliere sette duellanti a cui affidarle. E
devo farlo
il prima possibile.»
«Ma
questo non ci interessa al momento» si intromise di nuovo
Crawford,
prendendo Yomi per un braccio e avviandosi verso la porta,
«ora
dobbiamo solo concentrarci sul risolvere il nostro problema e venire
a capo del mistero. Perciò, giovane Yomi, sei requisita per
il resto
del giorno. Fratelli Kaiba, venite anche voi!»
Seto e
Mokuba si scambiarono uno sguardo eloquente e si incamminarono dietro
ai due, il maggiore con la solita aria di chi non vorrebbe avere a
che fare con eventi strani e fuori dall'ordinario ma che, suo
malgrado, si ritrova sempre coinvolto, il minore con la pesante
valigia contenente l'artefatto appresso e un sorriso forzato dipinto
sul volto.
Non
appena Samejima fu di nuovo solo, si avvicinò ad un cassetto
nascosto della scrivania ed estrasse una scatola di legno quadrata e
laccata di nero e oro. La aprì con una piccola chiave e ne
osservò
a lungo il contenuto, poi sospirò e la richiuse.
Lanciò l'ennesimo
sguardo alla finestra e si lasciò sfuggire un sospiro. La
situazione
aveva preso una strana piega e lui non era più sicuro di
star
facendo la cosa giusta; era certo che alla fine di quella faccenda
gli avrebbero revocato la presidenza dell'Accademia. “Sono
proprio
un pessimo preside” pensò, mentre dubbi e
incertezze si agitavano
nel profondo del suo cuore. “Prima l'incidente con la classe
di
élite, adesso questi cavalieri delle ombre... La
tranquillità, in
questa scuola, ormai è solo un'utopia.”
***
Nda: Come avevo già accennato, da questo capitolo inizierò ad utilizzare i nomi giapponesi. Di seguito riporto brevemente chi è chi, per comodità di chi potrebbe non saperlo.
Judai: Jaden
Sho: Syrus
Ryo: Zane
Hayato: Chumley
Ayukawa: Fontaine
Samejima: Sheppard
Crawford: Pegasus
Manjoume: Chazz