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Autore: Elayne_1812    29/12/2016    4 recensioni
Non solo Kim Kibum era in grado di destreggiarsi con l’energia pura, un’abilità innata estremamente rara, ma era anche la chiave d’accesso al trono di Chosun. Cose che un ambizioso e scaltro come Heechul non poteva ignorare.
(dal prologo)
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- Io…mi sento vuoto. – disse semplicemente.
Vuoto? Non c’era niente di vuoto in quello sguardo ammaliante, in quelle labbra del colore dei fiori di ciliegio, in quegli sguardi decisi e al contempo imbarazzati. Come poteva essere vuoto, Key, quando era tutto il suo mondo?
Sopra di loro le nubi si stavano aprendo, rivelando sprazzi di un cielo puntellato di stelle. Jonghyun fissò gli occhi neri e profondi di Key, insondabili e affascinanti quanto la notte più misteriosa. Così belli che anche le stelle avevano decisi di specchiarvisi.
-Tu non sei vuoto, Key - disse Jonghyun, -io vedo l'universo nei tuoi occhi. - (dal capitolo 9)
jongkey, accenni 2min
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! Spero abbiate passato un buon Natale e che vi siate abbuffati per bene u.u
Piccola premessa prima: sono stata sinceramente indecisa fino all’ultimo se postare o no questo capitolo perché in teoria non è finito, il problema è che ad un certo punto mi sono resa conto che avevo già scritto molto ed ero giusto più o meno a metà di dove volevo arrivare. So che a molti di voi non dispiacciono i capitoli lunghi, ma quando è troppo è troppo XD e poi volevo lasciarvi il solito capitolo settimanale anche se un pochino in ritardo, un piccolo regalo per l’imminente anno nuovo XD
Ringrazio sempre i lettori assidui, chi ha inserito la storia tra preferite, seguite e da ricordare.
Un grazie speciale a chi mi ha lasciato i suoi commenti: Blugioiel, Chocolat95, Ghira_, KimJonghyun23, MagicaAli, Panda_murderess, Saranghae_JongKey, vanefreya e in particolare a chi ha commentato lo scorso capitolo: DreamsCatcher e Gonzy_10. Grazie per il vostro sostegno!
Spero di non aver lasciato tropi errori di battitura perché ho riletto post camomilla serale, quindi non esattamente nel pieno delle mie facoltà mentali.
Buona lettura!
 
 
Capitolo 21
One minute back
 
 
 

One minute, just one minute (time)
turn time back
Just one more minute (time, time)
turn the clock back
Just pretend I didn’t see that,
I’ll spend tomorrow like I did yesterday
One minute, just one minute (time, time) yeah”

Shinee, One minute back
 
 
Kibum arricciò il naso infastidito dall’odore dei cavalli appena stemperato dall’aria fredda che gli pungeva il viso. Sopra di loro un cielo plumbeo preannunciava l’arrivo della prima neve. Il principe scese i gradini dell’ingresso de L’Orchidea Blu e raggiunse gli altri pronti a partire. Sopirò affondando il naso nella pesante sciarpa di lana e alzò occhi rivolgendo un ultimo sguardo all’edificio che li aveva ospitati negli ultimi giorni. La locanda svettava in tutta la sua magnificenza in un tripudio di tegole laccate di blu e decorazioni verdi e rosse. Kibum si strinse nelle spalle e una folata di vento tagliente fece oscillare l’insegna della locanda.
Ancora non aveva abbandonato quel luogo di tranquillità e già ne percepiva la mancanza. Se la sua vita avesse potuto risolversi unicamente tra quelle mura confortevoli sarebbe stato davvero meraviglioso, sotto ogni punto di vista. Ma non c’era più tempo per abbandonarsi ai sogni.
-Key –, lo chiamò Jonghyun che già era montato a cavallo.
Kibum non poté fare a meno di sorridere e di fronte allo sguardo caldo ed ambrato del più grande il suo corpo smise di tremare. Gli occhi ambrati di Jonghyun era quanto di più caldo vi fosse all’intorno.
-Caro -, fece una voce dietro di lui.
Kibum si voltò per incontrare il volto paffuto e sorridente della halmeoni.
-Tieni -, fece la donna consegnandogli un piccolo involucro, - dolcetti per il viaggio, non fare indigestione ma metti qualcosa su quelle ossa. Povero caro!-
Gli occhi del principe lampeggiarono, ringraziò e s’accosto al cavallo di Jonghyun.
-Viene – disse il più grande tendendogli una mano per aiutarlo a salire.
Kibum si mordicchiò il labbro, l’idea di viaggiare a cavallo non lo allettava per niente, ma quanto meno sarebbe rimasto seduto dietro al più grande.
-Bene – fece Jinki sorridente passando in rassegna, - possiamo andare. –
Qualcosa di molto freddo si depositò sul naso di Kibum e rabbrividì. Allungò una mano incontrando il primo fiocco di neve bianco, piccolo e gelato. Arricciando il naso si strinse più forte a Jonghyun che sogghignò lanciandogli un’occhiata da oltre la spalla.
-Tranquillo, ti terrò al caldo per tutto il viaggio. –
 
 
 
***
 
Dire che Taemin era esasperato era un eufemismo, nevrotico forse, irritabile quanto un serpente a sonagli. Percorse a grandi falcate lo studio del fratello spostando l’ennesima pila di carte, libri e domandandosi come Jinki non fosse ancora impazzito.
Bhe, si disse poi tra sé, qualche rotella fuori posto ce l’ha di sicuro.
Quando Jinki gli aveva detto di tornare al Rifugio la cosa non gli era andata molto a genio. Dopotutto anche lui voleva salvare la sua umma! Ma era stato anche orgoglioso perché suo fratello gli aveva praticamente lasciato momentaneamente le redini del comando. Preoccupato ma baldanzoso aveva fatto ritorno al Rifugio, proto a lavorare sodo e a dare il massimo, ma l’impresa si era rivelata più disperata del previsto. Gestire i Ribelli era davvero difficile e sino ad allora non si era mai reso conto di quante preoccupazioni e decisioni gravassero sulle spalle di Jinki. Come facesse ad essere ancora sano di mente per Taemin era un mistero, per quanto Jinki avesse dei tratti, bhe, da Jinki. Nulla da stupirsi tuttavia se la sua testa era spesso altrove portandolo in più di un’occasione ad inciampare nei suoi stessi piedi. E tutti qui tè…anche lui ne aveva bevuti parecchi in quei giorni, distendevano i nervi. Oltre ai problemi d’ordinaria amministrazione era costantemente in ansia per gli altri quattro.
Taemin recuperò un altro mucchio di carta iniziando a riordinarlo. Sospirò.
Kibum doveva essere terrorizzato all’idea di ritrovarsi faccia a faccia con il suo orribile promesso, senza contare che la sua identità in quella situazione precaria rischiava di venire a galla, magari nel momento meno opportuno.
Per esempio con Jonghyun nei dintorni! Taemin rabbrividì al solo pensiero, nonostante davanti ad una simile prospettiva l’aria sarebbe stata oltremodo bollente.
Povera umma!, pensò.
Jonghyun era stato fuori di sé prima di partire e Taemin non dubitava fosse un filo di nervi pronto ad esplodere, sempre che non avesse già fatto terra bruciata intorno a lui. Il fatto di non dover sopportare quella testa vuota in pieno delirio aveva i suoi lati positivi, ma questo non gl’impediva di essere ansioso di ricevere notizie. Se Jonghyun non aveva ancora ucciso qualcuno era un miracolo e Minho doveva sperare ritrovassero Kibum il prima possibile o, Taemin ne era certo, sarebbe stato lui la vittima designata.
In quanto al suo hyung, Taemin sperava davvero riuscisse a gestire tutto questo, o avrebbe fatto fuori gli altri due nel sonno dopo aver loro augurato la buona notte con un apparente sorriso rilassato.
Taemin si sedette dietro ad un tavolino basso al centro dello studio e recuperò dal caos all’intorno uno stilo che intinse in una boccetta d’inchiostro ormai semi vuota. Le poche gocce d’inchiostro schizzarono sui fogli e gli macchiarono le punte delle dita. Sbuffando prese la teiera al suo fianco per versarsi del tè.
Ecco a cosa servono questi intrugli, a sopprimere l’istinto di uccidere qualcosa o suicidarsi!, pensò.
Quando si portò la tazza di tè alle labbra scoprì essere vuota e sbuffò sonoramente. Anche il tè era finito!
Sto impazzendo!
Sperava davvero che gli altri fossero prossimi a tornare con buone notizie, infatti dubitava che Jonghyun sarebbe tornato indietro senza Kibum, piuttosto si sarebbe messo sulle sue tracce da solo. Bhe, in realtà Taemin era certo che nemmeno Jinki sarebbe stato disposto a tornare indietro a mani vuote.
Qualcuno bussò alla porta e Taemin scattò in piedi pronto a cacciare il mal capitato; ne aveva abbastanza di lamentale assurde. Non fece in tempo a dare voce a tutta la sua frustrazione che la porta s’aprì lasciandolo a bocca aperta.
-Lee Taemin – disse una voce irritata e leggermente acuta, - sono stato in camera tua ed era una fogna! –
-U-umma? – fece Taemin ancora incredulo.
-Riordinala subito! –
-Ummaaa!!! – esultò saltando al collo del più grande.
O la sua follia era giunta alla fase delle visioni e dei sogni ad occhi aperti o la sua umma era davvero tornata!
Taemin rammentava a stento un momento in cui poteva asserire con certezza di essere stato più felice. Riabbracciare gli altri e lasciarsi alle spalle tutte le preoccupazioni che lo avevano tormentato negli ultimi tempi si rivelò un vero toccasana, così come potersi spogliare di tutte le responsabilità che l’assenza del fratello l’avevano costretto a rivestire fu davvero rigenerante.
Altro che i tè di Jinki, pensò.
A dispetto dei suoi maggiori timori tutto si era risolto per il meglio. Erano di nuovo tutti insieme, Kibum era salvo e Jonghyun era ancora ignaro di cosa il più piccolo nascondeva.
Quella sera a cena fu una delle migliori per Taemin, tutti sembravano allegri e rilassati, come se non avessero alcun pensiero al mondo, benché la realtà fosse ben diversa. Illudersi di non avere alcun problema era pura utopia, Taemin lo sapeva bene perché anche nei momenti di maggiore felicità sentiva sempre dentro di sé quel qualcosa che mancava, quell’assenza e quelle preoccupazioni che era solito ignorare.
Per tutto il tempo tempestò gli altri di domande, desideroso di conoscere i dettagli degli ultimi avvenimenti. Già immaginava quello sciocco di Jonghyun gettarsi in qualche impresa eroica e rimase deluso quando venne a conoscenza di come si erano svolti realmente i fatti. Dunque, in un certo senso Kibum aveva dovuto cavarsela da solo e fare appello alla fortuna.
Sbuffò. Jonghyun inferocito pronto a salvare il suo dolce principe sarebbe stata proprio una gran bella visione nella sua testa.
-Jonghyun sei inutile -, sentenziò Taemin suscitando subito l’ira del più grande.
-Se avessi avuto la possibilità…- iniziò subito Jonghyun per riscattarsi.
-Sono certo che mi avresti salvato a qualunque costo -, intervenne con Kibum con un tono un po' troppo dolce per le orecchie di Taemin.
Gli occhi del più grande brillarono e circondò la vita del principe con un braccio, attirandolo a sé per scioccargli un bacio sulla guancia. Kibum arrossì.
Taemin inarcò un sopracciglio di fronte a quella scena, per quanto Kibum fosse affetto da imbarazzo cronico quando c’era di mezzo quella scimmia dal pollice opponibile di Jonghyun, al più piccolo parve una reazione eccessiva per delle effusioni così innocenti. Certo, in pubblico Kibum era sempre stato molto riservato attirandosi le prese in giro sue e di Jonghyun, ma…qualcosa a Taemin non tornava.
Tempo addietro il principe avrebbe pronunciato la medesima frase con una punta di sarcasmo. Ora, di sarcasmo Taemin non ne vedeva l’ombra. Appoggiò il mento su una mano e li osservò per bene. Per quanto avessero sempre manifestato gioia alla presenza dell’altro, Jonghyun non si era mai risparmiato di tormentare il più piccolo, né Kibum aveva rinunciato alla sua lingua tagliane. Certo gli ultimi giorni dovevano averli messi a dura prova, ma adesso a Taemin sembravano dei piccioncini intenti a tubare in piena stagione degli amori.
Fu dopo averli osservati per un bel po' che gli venne un’illuminazione e sgranò gli occhi.
Non saranno arrivati a dolce?!, pensò tra sé.
Eccitato picchiò i piedi sotto il tavolo, tornando poi ad osservarli con crescente curiosità. Non si staccavano gli occhi di dosso e fin qui tutto normale, ma la umma era fin troppo dolce ad accondiscendente verso quello scemo, sembrava una tigre tramutata in un micio senza unghiette, in quanto a Jonghyun gongolava più del solito, come una scimmia che ha appena scoperto un’isola deserta infestata da un rigoglioso bananeto.
Sì, annuì e sorrise Taemin tra sé, sono arrivati al dolce!
Non vedeva l’ora di sottoporre Kibum ad un serrato quanto imbarazzante interrogatorio che l’avrebbe fatto diventare rosso quanto un pomodoro maturo sino alle punte delle orecchie. Certo non sarebbe stato facile sottrarlo dalle grinfie di Jonghyun. Tuttavia, Taemin riuscì a spuntarla, come sempre del resto, e non appena conclusero la cena trascinò Kibum con sé tra le proteste di Jonghyun.
-Cosa pensi di fare, Taemin? -
-Smettila di agitarti sull’albero, avrete tutto il tempo per coccolarvi più tardi –, fece con sorriso furbo e voce sibillina.
Taemin lanciò un’occhiata a Kibum che stava già arrossendo ed esultò tra sé, sempre più sicuro di averci visto giusto.
-Ora deve aiutarmi a riordinare la mia stanza. –
Quando Kibum varcò la soglia della camera di Taemin si bloccò di colpo, nonostante l’avesse vista quella stessa mattina era certo di non ricordarsela così devastata.
Il mio subconscio deve averla rimossa dalla mia mente per pietà, pensò mettendosi una mano sulla fronte e scuotendo il capo.
Il principe entrò in punta di piedi cercando di non pestare la miriade di oggetti ed indumenti sparsi sui tappeti multicolori che riscaldavano e donavano colore all’ambiente. Taemin si spostava da un angolo all’altro aprendo armadi, cassetti e gettandovi alla rinfusa tutto ciò che incontrava sul suo cammino. Kibum scosse il capo più sconcertato di prima.
-Non è così che si riordina! –
Taemin sbuffò. – Ma così è più facile. –
-Così è barare. –
Taemin fece spallucce. Kibum iniziò a guardarsi intorno cercando di capire dove iniziare a governare quel caos senza soluzione di causa. L’idea di passare la serata ad aiutare Taemin non era esattamente tra suoi programmi, ma doveva ammettere che rivedere finalmente il più piccolo lo rallegrava, così come tutto sommato quel disordine riusciva a farlo sorridere.
Kibum si fece coraggio e sbirciò sotto il letto timoroso di ciò che avrebbe potuto trovarvi. Recuperò un calzino e quando lo alzò, Kibum lo fisso con disgusto arricciando il naso. Non si poteva di certo dire che mandasse effluvi di rose e per di più era bucato in più punti. Reggendolo schifato con le punte delle dita lo tenne il più possibile lontano dal suo naso e dalla sua vista.
-Che cosa diamine è questo? – fece stridulo.
La testa biondiccia di Taemin sbucò da oltre una pigna di vestiti, mentre in una mano sosteneva una ciotola vuota che, per quanto ne sapeva Kibum, poteva essere stata abbandonata lì da mesi.
-Un calzino – disse Taemin in tutta tranquillità.
-Un calzino? -, ripeté Kibum, piatto.
-Sì umma, un cal-zi-nooo. –
Kibum sospirò rassegnato. - Lo so Minnie, la mia era una domanda retorica. Cosa ci fa un calzino sotto il letto…No, non dirmelo, probabilmente è la cosa più normale che nascondi lì sotto. –
Lo gettò disgustato in un angolo, per quanto fosse un amante dell’ordine rimaneva un principe, non uno spazzino. Si sfregò le mani sui pantaloni per poi tornare a chinarsi individuando un vassoio con i resti di un pasto consumato a metà sgranò gli occhi.
-E questo cos’è???-
Taemin lo raggiunse per chinarsi a sua volta.
-Ehm -, iniziò l’altro tentando di giustificarsi di fronte allo sguardo del più grande, -  il pasto di…-
-No, non dirmi di quanti giorni fa! – Kibum gli mise una mano sulla bocca per zittirlo.
- È una fogna!-
Taemin s’imbronciò. - Non sei molto carino, umma. -
Kibum lo fulminò.
-Andiamo, non mi dirai che la stanza di Jonghyun è ordinata – fece con sorriso sornione.
Nominare quella testa vuota poteva essere il modo migliore per introdurre l’argomento che tanto premeva al più piccolo. Non aveva di certo trascinato l’altro in camera sua per mettere ordine! Taemin rifletté, Kibum non avrebbe mai risposto a domande specifiche, il modo migliore per fargli vuotare il sacco e coglierlo in fallo. Infatti, come volevasi dimostrare, un sorriso caloroso passo sul volto di Kibum al nome di Jonghyun, mentre un leggero rossore gli imporporava le gote. Taemin sogghignò.
-Non è esattamente un tripudio di ordine e perfezione ma di certo non scende a questi livelli. –
Taemin arricciò il naso a quella reazione che considerò decisamente scarsa. Kibum sembrava avere le difese totalmente alzante, non sarebbe stato facile scucirgli qualcosa.
Kibum sospirò. - Jonghyun fa del suo meglio.-
Oh certo, pensò Taemin guardandolo di sbieco, fa del suo meglio. Qualcosa gli diceva che Kibum non stava pensando all’ordine della stanza di Jonghyun.
-Sei diventato protettivo come il proprietario di un serraglio con le sue scimmie cappuccine. -
Kibum continuò a sorridere, ignorandolo, mentre recuperava vari oggetti da terra. Taemin sbuffò, il principe non gli stava di certo fornendo lo spettacolo che tanto agognava, ma doveva ammettere che quelle “non reazioni” la dicevano lunga. Era giunto il momento di stuzzicarlo. 
-Ma senti-, azzardò, - ora che voi, bhe, siete arrivati al dolce, devo chiamarlo appa?-
Kibum sbiancò prima di avvampare quanto il sole al tramonto, sgranò gli occhi per poi balbettare.
-D-dolce? – fece abbassando lo sguardo.
Taemin annuì soddisfatto. – Sai, quello di cui ti ho parlato tempo fa. La ciliegina sul tortino di cioccolato…-
Kibum scattò in piedi. – Yah, ho capito! Non sono affari tuoi! – disse isterico.
-Oh quindi è verooo -, fece Taemin gongolante.
L’altro fulminò, roteò gli occhi e sospirò, sconfitto. Com’era possibile che Taemin riuscisse sempre ad abbindolarlo?
Maledizione a me e al mio imbarazzo, finisco per spifferargli tutto senza rendermene conto. Kibum sbuffò
-Allora?-, insistette Taemin. – Voglio i dettagli! –
-Cos…yah! Ti sembrano richieste da fare? – domandò mettendo le mani ai fianchi.
Taemin tirò su col naso. – Credo proprio di meritarmeli, umma. Non fosse stato per tutto l’alcol che ti fatto bere quella sera staresti ancora a piangerti addosso e niente dolce, né antipasto, né…-
Kibum si portò una mano alla fronte sedendosi sul bordo del letto. Incrociò le braccia guardando Taemin che lo fissava carico d’aspettativa.
Guarda che presuntuoso, pensò sorridendo appena.
-Ho detto che non sono affari tuoi –, disse cercando di rimanere serio.
-Andiamo umma!, - si lamentò Taemin sedendosi al suo fianco. -Dimmi solo se ti è piaciuto, me lo merito! –
Se lo merita? rifletté Kibum, assurdo! Solo perché gli aveva dato una piccola spinta non poteva avanzare certe pretese e poi cos’avrebbe dovuto dirgli? Si mordicchiò il labbro e arrossì mentre la sua mente veniva invasa da ricordi molto più che piacevoli. Alla fine scosse il capo con decisione.
-Aniyo aniyooo -
-Oh, non ti è piaciuto? –, fece Taemin deluso.
-Non essere ridicolo è stato splend…-
Kibum si bloccò di colpo chiudendo ad aprendo la bocca a vuoto come un salmone. Ecco, si era tradito con le sue stesse parole! Il principe non riusciva proprio a capacitarsi di come il più piccolo riuscisse sempre a metterlo alle strette, senza sforzarsi troppo per giunta! E dire che nella sua vita aveva avuto a che fare con gente parecchio subdola, com’era possibile che uno come Taemin riuscisse sempre a spuntarla? Ogni dialogo con Taemin riusciva sempre a metterlo in imbarazzo e ad inquietarlo.  
-Sei uno spasso umma – rise Taemin.
Ridere di me deve essere uno dei suoi passatempi preferiti, osservò Kibum squadrandolo di sottecchi. Si alzò, che sistemasse la stanza da solo, lui aveva di meglio da fare!
Si diresse impettito verso la porta.
-Dove vai? – chiese il più piccolo, sbigottito.
-Sai, penso proprio che sistemerai la tua stanza da solo. –
-Oh certo, certo, immagino che tu abbia di meglio in programma –
Kibum si bloccò sulla soglia. Ecco, mi ha fregato di nuovo!
Si chinò a raccogliere un cuscino e glielo lanciò. -Peste!-
 
 
***
 
Kibum sapeva avrebbe rimpianto quei giorni perfetti passati alla locanda, ma mai avrebbe creduto sino a quel punto. Nonostante Jinki gli avesse severamente proibito di rimettere piede ad Hanamsi, sottraendogli parte delle sue incombenze, era oberato di lavoro.
-Non andrai più ad Hanamsi-, aveva detto Jinki, - non mi sento sicuro a rimandarti là, nemmeno con la dovuta protezione. -
All’inizio aveva protestato, quell’incarico gli aveva dato molteplici soddisfazioni e motivi di vanto.
-Ma posso andare con Minho! –
Nonostante le sue proteste Jinki era stata irremovibile. La frustrazione aveva inseguito Kibum lungo i corridoi del Rifugio mentre si dirigeva a cena seguito a ruota da Minho e la sua miriade di frasi intelligenti quanto inutili ad alleviare il suo amor proprio ferito così duramente.
-Insomma, ho fatto un ottimo lavoro là! – aveva detto alzando le braccia al cielo.
Minho aveva storto il naso. L’idea non gli piaceva per niente, dopo quello che avevano patito nelle ultime settimane non voleva rischiare di ripetere l’esperienza.
-Nessuno ha messo in dubbio il tuo ottimo lavoro.-
-Tsk, allora qualcuno dovrebbe spiegarmi perché improvvisamente sono stato…degradato! – aveva detto fuori di sé.
La situazione per Minho aveva del paradossale. Dopo quello che aveva passato voleva ancora andare al villaggio? Non gli era bastata forse l’ultima esperienza? A lui sicuramente sì! Si era perso Kibum una volta, l’avesse fatto una seconda Jinki e Jonghyun avrebbero messo fine alla sua vita. D’istinto si portò una mano al collo come se qualcuno stesse per reciderglielo.
-Cerca di ragionare, è troppo pericoloso. –
Kibum si era bloccato di colpo incrociando le braccia e squadrando Minho. – Credevo avessimo stabilito che non avresti fatto troppo la balia. –
-Credevo avessi anche detto che non avresti creato problemi. – Minho l’aveva squadrato a sua volta.
-Non voglio creare problemi! – aveva squittito Kibum.
La discussione era proseguita a cena e solo Jonghyun era stato capace di mettere un freno alle proteste del più piccolo.
-Vuoi farmi diventare matto? Spero davvero che tu stia scherzando o ti legherò in camera!– aveva detto Jonghyun allibito per poi abbracciare il più piccolo.
Kibum aveva messo il broncio. –Ma era un mio incarico, non è giusto…-
-Yah quindi vuoi davvero farmi impazzire? –, Jonghyun aveva sgranato gli occhi prendendo il più piccolo per le spalle.
-Certo che no! –
Taemin aveva sogghignato divertito. – Se sparisse potrebbe essere la tua occasione per salvarlo come si deve e renderti utile. –
Jonghyun l’aveva fulminato per poi tornare a rivolgersi a Key, gli occhi grandi e apprensivi. - Come pensi che starei se sparissi di nuovo? –
Kibum aveva abbassato il capo. – Scusa. -
Minho non aveva potuto fare a meno di chiedersi come Jonghyun riuscisse a tenere a freno quella furia, dopotutto Kibum sapeva essere irremovibile quando si metteva in testa qualcosa.
Alla fine Kibum era stato costretto a cedere, Jinki aveva preso la sua decisioni e lamentarsi era del tutto inutile. Per quanto la cosa lo rattristasse a mente lucida si rendeva perfettamente conto che tornare al villaggio era da folli e, tutto sommato, non ci teneva a fare altri spiacevoli incontri.
-E poi -, aveva detto Jonghyun, - ha già iniziato a nevicare, ciò significa che dovrai andare avanti e indietro da Hanamsi arrancando con il cavallo nella neve. –
Kibum aveva corrugato la fronte, pensoso. A quello non aveva pensato e riflettendoci per bene non ci teneva proprio trasformarsi in un cubetto di ghiaccio. D’istinto un brivido gli aveva percorso il corpo.
A conti fatti era davvero meglio così, per quanto il suo orgoglio ne risentisse. Contribuire in modo attivo alla vita del Rifugio era stato importante per lui, ma come gli era stato fatto notare le sue nuove incombenze richiedevano maggiore responsabilità, nonostante fosse relegato ad un tavolo. Infatti, Jinki gli aveva affidato tutta la corrispondenza con gli informatori di Soul e Busan.
-Così avrai sotto controllo la situazione-, aveva detto il Leader.
Kibum ne era stato entusiasta e ancora di più quando lo aveva riferito a gli altri.
-Dici sul serio? – aveva chiesto Jonghyun sgranando gli occhi.
Il principe aveva annuito sorridente.
-Jinki non fa vedere quella corrispondenza a nessuno-, aveva osservato Taemin, - è una grossa responsabilità. –
Oltre al fatto che Kibum era curioso di natura ed avere informazioni così importanti tra le mani non poteva che eccitarlo, in quel modo avrebbe avuto sotto controllo le principali città del regno ed i movimenti dei suoi nemici. In realtà, l’imperatore non lo preoccupava molto, ma Busan era un altro paio di maniche. Era lì che si nascondeva ed imperversava quella serpe di Heechul e sapere tutto ciò che accadeva in quella città poteva rivelarsi fondamentale, dopotutto nessuno lo conosceva meglio di lui. Tutto questo lo aveva reso più che determinato. In breve aveva trasformato la sua vecchi stanza in uno studio, dopotutto era inutilizzata da tempo visto che ormai viveva in quella di Jonghyun. Ora, tutta la corrispondenza degli informatori di Soul e Busan arrivava lì, sul quel tavolino basso e colmo di carte che era andato a sostituire il futon al centro. Gli armadi ed i cassettoni erano stati svuotati degli abiti e dei suoi oggetti personali per essere riempiti da libri, carte e boccette d’inchiostro. Insomma, la sua vita al Rifugio aveva subito un’ulteriore svolta e la routine era ripresa a ritmo anche troppo serrato insieme agli allenamenti. Più di una volta il principe aveva sbuffato osservando quelle miriadi di carte sul tavolo e il suo correre avanti e indietro dall’arena degli allenamenti. Se da un lato continuava ad esercitarsi con Minho, non aveva ancora iniziato a lavorare sulla sua abilità con Jonghyun. Tutto sommato era una vera fortuna o sarebbe impazzito! Nonostante il Leader avesse detto che sarebbe stato fondamentale nel suo segretissimo piano non faceva altro che rimandare, cosa che da un lato aveva impensierito Kibum e Jonghyun e dall’altro aveva fatto tirare un ad entrambi un sospiro di sollievo. Per quanto ad entrambi sembrasse strano aveva archiviato l’intera faccenda con un’alzata di spalle, d’altra parte avevano già sufficiente lavoro.
-Jinki avrà sicuramente i suoi buoni motivi -, aveva asserito Jonghyun.
Kibum si era limitato ad annuire per quanto se non avesse conosciuto Jinki sarebbe stato propenso ad affermare che il Leader non doveva avere le idee molto chiare negli ultimi tempi. Ma era impossibile!
 
 
 
Quella sera, Kibum era impegnato nei suoi allenamenti con Minho e già presagiva sarebbe finita come al solito: con la sua schiena distrutta. Se da un lato apprezzava il fatto che Minho non avesse alleggerito la mano in seguito alla scoperta del suo segreto, doveva ammettere che un po' più di gentilezza da parte dell’altro non sarebbe stata male.
Kibum scartò di lato proprio mentre la canna di bambù di Minho calava minacciosa su di lui, evitandola per un soffio. Sorrise tra sé, per quanto Minho fosse duro si rendeva conto ogni giorno di più di essere migliorato.
Kibum sorrise astuto e intercettò la mossa successiva dell’altro parando il colpo.
Minho sorrise. – Non male –, fece prima di attaccare di nuovo.
Il loro rapporto era cambiato nelle ultime settimane e in meglio. Kibum non se lo sarebbe mai aspettato, ma a dispetto delle aspettative condividere il suo segreto li aveva uniti.
Sarebbe bello, pensò, se fosse così anche con Jonghyun. Il cuore gli si strinse in petto e parò in malo modo l’ultimo assalto.
Era anche vero che immaginare un rapporto migliore di quello che già avevano con Jonghyun era impossibile.
-Stai attento -, lo ammonì Minho. Il ragazzo strinse gli occhi. – E abbassa quel braccio. –
La canna di Minho lo colpì in pieno sull’avambraccio.
Kibum si morse il labbro e riprese posizione corrugando la fronte. Pensare a quell’idiota lo stava distraendo! Osservò attentamente i movimenti di Minho incrociando le gambe l’una davanti all’altra e flettendosi leggermente sulle ginocchia, pronto a scattare alla minima avvisaglia di pericolo.
 Minho fece lo stesso, serio ed impaccabile come sempre.
Ultimamente Kibum aveva notato nell’altro degli strani comportamenti, o meglio strani alla luce del fatto che Minho sembrava uno dei più normali lì. Passava infatti molto tempo nel suo studio o a fare la ronda davanti ad esso senza un apparente motivo, a meno che non fosse stato improvvisamente colpito da quella che il principe chiamava “sindrome della balia”. In realtà, Kibum aveva quasi l’impressione che l’altro desiderasse metterlo al corrente di qualcosa, cosa di preciso non ne aveva idea, ma ogni volta che lo interrogava Minho s’inventava qualche scusa e spariva.
Bhe, aveva pensato Kibum, se non vuole parlarmi dei fatti suoi non sarò di certo io a porgli domande inopportune. Non mi chiamo Lee Taemin!
Kibum volteggiò su sé stesso ad attaccò, colpendo l’altro di striscio e sorrise trionfante, ma la sua esaltazione fu breve perché Minho lo incalzò con una serie di colpi facendolo rovinare a terra. Il principe strinse gli occhi quando il suo fondoschiena colpì il suolo.
-Bene -, fece Minho, - per sta sera basta. –
Kibum sbuffò mentre l’altro lo aiutava a rialzarsi. Aveva davvero pensato di essere migliorato ma dopo quella caduta imbarazzante…
Come un pollo, sono caduto come un pollo, pensò con amarezza.
Kibum abbassò gli occhi a strinse le mani intorno alla canna.
-Pensi che abbia la possibilità di fare qualche progresso? – chiese mentre lasciavano l’arena.
-Sei molto migliorato – rise Minho.
-Sono caduto – fece con il broncio.
-Bhe, ma io sono il migliore – rispose tranquillamente Minho.
Kibum sorrise guardando l’altro di sottecchi. Non metteva in dubbio la bravura di Minho, ma per quanto godesse di alta fama tra i Ribelli nella sua mente niente e nessuno avrebbe mai potuto sostituire Siwon.
-Ti vedo molto determinato –, osservò Minho vedendo che l’altro rimaneva rintanato nel suo mondo di dubbi.
Kibum annuì. –Dopo quello che è accaduto…è stato orribile non potere usare la mia abilità e sentirmi totalmente inerme. –
Rammentava fin troppo bene quella sensazione d’impotenza che aveva provato, soprattutto là nel bosco. Era stato orribile come orribili erano stati quei giorni. Si era sentito perduto ed inaridito come una foglia secca che, strappata dal suo ramo, vaga sballottata dai flutti del vento inconsapevole della propria destinazione, ma fin tropo conscia di aver abbandonato quei rami che soleva chiamare casa. Per Kibum quei rami erano state le braccia calde di Jonghyun e più il vento soffiava, più lui le aveva viste svanire lontane, così come la sua stesse anima, la sua essenza, si assottigliava arida. Dopotutto, come può una foglia sopravvivere senza la linfa vitale dell’albero da cui proviene? Aveva bisogno di quei rami per vivere, per sperare di vedere, ancora, il tripudio della primavera in fiore e fiorire con essa.
 
 
Kibum rientrò in stanza relativamente presto quella sera, anzi, dire che corse per raggiungerla era ancora poco. I suoi allenamenti erano terminati prima del solito e sperava di poter passare del tempo con Jonghyun, infatti, i pronostici del più grande sul tempo che avrebbero passato insieme si erano rivelati anche fin troppo positivi. I diversi incarichi li vedevano separati per buona parte della giornata e anche quando condividevano gli stessi orari di allenamento finiva sempre che Kibum avesse del lavoro in sospeso per Jinki o fosse semplicemente troppo distrutto perché riuscissero a ricavare del tempo solo per loro. Alla fine, per quanto le notti fossero lunghe al più piccolo sembravano durare meno della frazione di un secondo, gli bastava appoggiare il capo su qualunque cosa avesse la consistenza di un cuscino per crollare sfinito e risvegliarsi il giorno successivo. Le notti erano anche fin troppo corte per dormire.
Il principe varcò sorridente la soglia della stanza trovandola vuota. La sua espressione cambiò in un istante.
Dov’è quella testa vuota?  Si chiese mettendo le mani ai fianchi e picchiettando un piede sul tappeto che attutì appena il suono del nervoso del suo disappunto.
La stanza era silenziosa, tutto era al suo posto, i cassettoni, i tappeti, il letto, i cuscini e ogni genere di suppellettile, ma di Jonghyun non c’era traccia. Kibum sbuffò, aveva anche saltato la cena racimolando solo qualcosa dalle cucine.
Kim Jonghyun, pensò entrando in stanza e guardandosi attorno con circospezione, me la pagherai.
Beh, prima o poi sarebbe tornato e lui aveva tutta l’intenzione di approfittarne per farsi un bagno caldo e così fece. Ormai lavato e pronto per la notte gattonò sulle coperte morbide del letto per poi sedersi a gambe incrociante. Lasciò spaziare lo sguardo all’intorno lanciando un’occhiata poco convinta ai cuscini colorati dietro di lui. Erano una tentazione fin troppo invitante considerando la sua schiena a pezzi, ma raddrizzandosi decise che non avrebbe ceduto.
Devo rimanere svegliò per quando tornerà, pensò sorridendo.
Sopprimendo uno sbadiglio alzò le braccia e unì le mani stirandosi la schiena. Sbatté le palpebre e i suoi occhi si fissarono sul cassettone dove riponeva i suoi abiti. C’era un’altra cosa lì dentro, seppellita sotto cumuli di vestiti. Scese dal letto, aprì il cassettone e recuperò una spada accuratamente risposta in un fodero.
Siwon, pensò sorridendo triste.
Pensava spesso a lui negli ultimi tempi, ogni volta che si allenava con Minho. Kibum rivedeva molto tratti della sua guardia del corpo nell’amico e la cosa non poteva che farlo sorridere, ma anche procurargli una fitta di tristezza. Siwon gli aveva insegnato l’eleganza e la perfezione dell’arte della spada rendendolo un perfetto spadaccino capace di sfoggiare la propria abilità nei tornei di corte, Minho riportava quella perfezione allo stato grezzo per insegnarli a sopravvivere. Le due facce della stessa medaglia.
Kibum fece scorrere le dita sottili sulle decorazioni dell’elsa. Erano passati mesi dall’ultima volta che aveva posato gli occhi su quella spada e non sapeva cosa l’avesse portato a tirarla fuori, solo aveva sentito, inconsciamente, di averne bisogno. Un modo meschino e triste che la sua mente gli aveva suggerito per ingannare l’attesa. Sorrise amaro saggiando con le dita sottili il freddo del metallo. La verità era che gli procurava sempre delle sensazioni contrastanti, sanciva un legame profondo con una vita che si era lasciato alle spalle, con Siwon, e allo stesso tempo gli rammentava entrambi. Provava rabbia e tristezza. Era come ammirare il simulacro silente di un morto, percepire nel freddo del metallo quello stesso stiletto che pian piano si faceva largo nel suo cuore, il ricordo di una vita che, per quanto desiderasse rifuggire, lo inseguiva come un’ombra che prima o poi sarebbe calata su di lui. Allora, Kibum lo sapeva, avrebbe avuto bisogno della forza di quella spada per squarciare quel velo di ombre.
Quando sarò pronto ti impugnerò, si disse.
La rimise via e gattonò di nuovo sul letto, questa volta deciso a stendersi. Fu una vera fortuna che Jonghyun giungesse poco meno di un minuto dopo o sarebbe crollato.
-Jongie- fece raddrizzandosi e sorridendo al più grande.
L’altro gli sorrise di rimando donandogli una delle sue espressioni più calorose e il buon umore si riaccese in Kibum. Accedeva sempre, ma il principe ne rimaneva sempre stupito. Come la presenza dell’altro riuscisse a cancellare ogni suo malessere non lo sapeva, ma averlo accanto tanto gli bastava.
Seduto in ginocchio sul letto, Kibum accolse ad occhi socchiusi le labbra dell’altro che sfiorarono appena le sue quando lo raggiunse. Guardò Jonghyun, gli occhi luminosi e ambrati, la bocca carnosa appena atteggiata in un sorriso sornione.
-Minho mi ha detto che avete finito prima – disse Jonghyun palesando la causa di quel sorriso.
Si guardarono complici ed un brillio di malizia passò negli occhi d’entrambi. Forse quella sera avrebbero davvero potuto cogliere l’occasione di ritagliare anche solo quel minuto di perfezione, strapparlo dallo scorrere inesorabile dei giorni che li trascinava sempre di più in una routine che scorreva a ritmo quasi nevrotico. Kibum sfiorò le labbra del più grande per poi fissarlo attentamente. Era stanco, Jonghyun, nonostante le iridi luminose e desiderose di passare del tempo con lui, il suo viso era provato da un’ombra di occhiaie, gli zigomi pronunciati sembravano particolarmente spigolosi, come se mangiasse male e di fretta da giorni. Gli accarezzò i capelli scomposti e sorrise intenerito.
-Cosa c’è? – domandò Jonghyun con voce leggermente roca.
Kibum ebbe l’impressione che l’altro avesse corso per raggiungere la stanza.
-Sembri stanco – disse.
Jonghyun inarcò un sopracciglio e sorrise sghembo. – Non abbastanza. –
Kibum arrossì. –Idiota. –
Jonghyun gli accarezzò le guance appena imporporate. Anche Key sembrava stanco, pallido e magro nei suoi indumenti sottili e chiari. Eppure, si accorse Jonghyun accarezzando i capelli corvini dell’altro, apparentemente era fresco come un rosa. Jonghyun affondò il viso tra i capelli dell’altro saggiandone la morbidezza e respirandone il profumo.
-Uhm –, fece – sai di fresco. -
Kibum annuì. – Ho fatto un bagno. –
-Questo profumo, hai usato quegli olii del regno di Nihon? –
-Esatto -, disse il più piccolo attirandolo a sé artigliandogli la camicia con le dita sottili. - Quelli che hai così abilmente sottratto a lord Jung mesi fa. –
-Sapevo che erano destinati ad uso migliori, erano decisamente sprecati per quel porcello foderato di seta. –
Kibum rise.
-Ora -, fece picchiettando l’indice sul naso del più piccolo, - andrò a farmi un bagno e poi tornerò da te per farti tutte le coccole che un micetto laborioso e profumato come te si merita. –
Jonghyun fece per voltarsi e sparire nel bagno, ma il più piccolo lo trattenne. Trovava sempre molto divertenti quegli slanci audaci di Key che quasi stonavano con i suoi costanti rossori. Jonghyun sorrise adorante davanti allo sguardo furbo dell’altro, intervallato da un mordersi di labbra imbarazzato. Per lui Key era sempre imprevedibile e anche quando credeva di averne esplorato ogni sfaccettatura rimaneva sorpreso. Poteva dire di conoscerlo perfettamente, ma allo stesso tempo sentiva di non conoscerlo affatto. Era un labirinto, un labirinto di colori meravigliosi e cangianti. Era la pioggia a primavera con il sole, le tempesta estiva che coglie il viandante sin troppo fiducioso in un pomeriggio assolato. Il volto mutevole della luna a cui gli amanti giurano il loro eterno amore per poi esserne sbeffeggiati.
-Aspetta – fece Key tirandolo verso di sé.
Jonghyun l’assecondo scivolando sul letto e sedendosi in ginocchio di fronte all’altro. Lo guardò incuriosito e divertito, come sempre accadeva in quelle situazioni. Kibum gli prese il viso tra le mani ed iniziò a baciarlo e Jonghyun sorrise, mentre l’altro massaggiava le sue labbra con le proprie. Il più grande adorava quando era l’altro ad iniziare e ogni volta si concedeva il lusso di rimanere immobile ad assaporare quel momento prima di prendere il controllo della situazione, cosa che fece. Ma, ancora, Key lo stupì tirandolo sopra di sé ed entrambi scivolarono sulle coperte continuando a far danzare le loro labbra.
Era assurdo e meraviglioso allo stesso tempo eppure ogni volta che accadeva era impossibile non sentirsi avvolgere dai profumi di quella notte estiva, da quelle sensazioni strane e travolgenti che ormai avevano trovato senso e soluzione nella loro perfetta unione. Ogni bacio era come il primo e smuoveva qualcosa nell’aria, in ogni fibra del loro corpo e loro abilità imperversavano in formicolii impazziti moltiplicando ogni percezione. C’era sempre quel magnetismo, quello strattonare un tempo insensato e ora perfetto quanto le loro lingue che s’intrecciavano l’una con l’altra. In quei giorni per quanto quell’aria calda e magnetica aleggiasse sempre intorno a loro come una compagna fedele, quella perfezione, quell’attimo sospeso era stato difficile da ricreare e, più volte, Kibum si era domandato se non dovesse fermare il tempo per riuscirci, per mettere un freno allo scorrere incessante della vita reale che li travolgeva e sballottava come le rapide di un fiume in piena. Solo un minuto per udire il suono dei battiti dei loro cuori.
Anche Jonghyun rivoleva quell’attimo e avrebbe dato qualunque cosa per riavvolgere il filo del tempo, o fermarlo, per riportarli in quello spazio inviolato di perfezione che si era rotto. Sapeva che anche Key provava lo stesso, lo percepiva nei suoi baci, nelle sue carezze dolci che nascondevano l’urgenza d’inseguire un tempo a ritroso. Solo un minuto per ricreare la magia del battito dei loro cuori. Nonostante la foga di raggiungerlo che si stava consumando in quel bacio, Jonghyun si staccò.
-Piccolo tentatore -, sussurrò con fiato caldo ed affannato sulle labbra dell’altro. –Devo proprio andare a farmi un bagno. –
-Lo so. –
-E allora questo cos’era? – domandò il più grande corrugando la fronte.
Key sorrise furbo. – Un monito affinché tu sappia cosa ti perderai se mi farai aspettare troppo. –
-Oh è così, una minaccia, dunque? –
-Kim Jonghyun, credevo di averti già detto che io non minaccio, faccio promesse. –
Si sporse poi verso l’orecchio dell’altro, sussurrando. –E anche questo bacio è una promessa. –
-Oh anche il mio lo era -, fece Jonghyun alzandosi.
Lanciò un’ultima occhiata al più piccolo prima di sparire nel bagno. Credeva davvero di avere il controllo della situazione, ma la verità era che Key l’aveva fregato un’altra volta. Per quanto s’illudesse alla fine era sempre l’altro a reggere le redini del gioco.
-Fai in fretta o mi addormenterò! –, sentì gridare il più piccolo con una punta di stizza nella voce.
Passarono pochi minuti, Jonghyun ne era certo, nonostante avesse accolto con piacere il tepore dell’acqua calda ed i profumi del bagno che insieme avevano avuto un vero potere rigeneratore su di lui, eppure trovò Key addormentato. Il più piccolo era rannicchiato tra coperte e cuscini, il suo respiro usciva flebile e regolare dalle sue labbra a cuore che avevano sancito una promessa ed una condanna insieme. Jonghyun si sedette al suo fianco accarezzando i capelli morbidi del più piccolo e sorrise dolce. Key dormiva davvero profondamente, sprofondato in un mondo di sogni a lui conosciuto. Rimase a fissarlo per un po', svegliarlo era davvero un peccato mortale per quanto desiderasse anche solo specchiarsi in quegli occhi magnetici attraversati da mille lune. Quanto doveva essere stanco?
Si sdraiò al suo fianco, abbracciandolo, e Key s’accoccolò sul suo petto inconsapevolmente attratto dal calore del suo corpo.
– Se potessi ti porterei la luna e nasconderei il sole così che non possa più sorgere. L’oscurità non mi spaventa se un fiume di stelle solca il mio cielo, se vedo l’universo dei nei tuoi occhi. –
Jonghyun lo baciò piano su una guancia. –Buonanotte. –
 
 
***
 
 
Minho dischiuse leggermente le labbra e il suo respiro si condensò nell’aria di quella mattina dicembrina. Strinse l’elsa della spada saggiandone il metallo gelido con le dita scoperte e intirizzite. Si muoveva silenzioso e guardingo come un lupo tra i tronchi degli alberi incrostati di brina, i rami biancheggianti di cumuli di neve e ghiaccio che rilucevano sotto i raggi tenui di un sole che, a stento, si faceva largo tra il grigiore metallico delle nubi portatrici dell’ennesima nevicata. I suoi stivali scricchiolarono sulla neve e le sue orecchie si tesero, pronte a cogliere il minimo suono di presenza umana. Camminava solo tra quel biancore in quel paesaggio surreale fatto di alberi congelati, il fiume simile ad una lastra liscia che si era scavato prepotente un letto tra le rocce cristallizzate da un sottile strato di ghiaccio. Annusò l’aria percependo odore di bruciato. Erano vicini. Avanzò piano tra gli alberi.
Giorni fa, Jinki l’aveva convocato per metterlo al corrente di novità tutt’altro che confortanti giunte dagli esploratori.
-Dei soldati sono stati individuati battere la zona –, gli aveva detto il Leader.
Si erano scambiati uno sguardo inequivocabile.
-Da Soul? – aveva chiesto Minho.
Jinki aveva scosso il capo con crescente preoccupazione, benché il suo volto fosse rimasto liscio e gelido quanto la superfice dell’Han.
-No portano insegne, ma è possibile. –
Gli occhi di Minho si erano assottigliati sino a ridursi a fessure. Se era così le minacce di Jinki avevano colto nel segno e il ragazzo non aveva idea di come interpretare quella situazione.
-Posso mandare solo te, Minho–  aveva detto Jinki mettendo fine al suo continuo misurare a passi cadenzati e nervosi lo studio.
 Minho era molto curioso di sapere se poteva mandare solo lui o se voleva mandare solo lui. Una piccola differenza che per lui rappresentava molto, molto di più.
-Potrebbero essere qui per lui. -
Non c’era bisogno di specificare chi, era chiaro che si stesse riferendo a Kibum. Minho non aveva detto nulla, parlare con il Leader del principe lo metteva molto a disagio, era come se una parte di lui fosse combattuta e non capisse chi e da cosa dovesse realmente proteggere.
-Voglio sapere cosa fanno qui –, aveva detto Jinki, glaciale.
Minho aveva annuito ed era uscito, pronto alla caccia.
Minho sopirò ed i suoi passi guardinghi furono preceduti dal suo respiro condensato in nuvolette bianche. Avere a che fare con Jinki era sempre stato difficile, ma negli ultimi tempi Minho lo trovava impossibile. Ogni cosa che il Leader diceva e faceva suscitava sospetto e preoccupazione in lui, non solo per i suoi dilemmi personali ma anche per quella risposta mai avuta.
Ancora pochi metri e raggiunse l’improvvisato accampamento dei soldati. Era due, seduti intorno ad un piccolo fuoco intenti a scaldarsi e consumare un pasto frugale. Indossavano abiti semplici ma puliti, nessuna insegna, ma l’atteggiamento marziale che li denunciava come soldati era evidente in ogni loro singolo gesto. Minho ne aveva tati di soldati, c’era qualcosa nei loro movimenti, nei loro sguardi, nel mondo in cui le loro mani accarezzavano costantemente l’elsa della spada che aveva il potere di marchiarli come tali. Non importava quale fosse la loro insegna, se la dichiarassero o meno. Un soldato era un soldato sino al midollo.
-Chiedo scusa – fece avvicinandosi.
Subito i due alzarono i capi e lo sondarono attentamente.
-Posso condividere il vostro fuoco? – domandò.
I soldati si scambiarono delle occhiate, infine uno di loro annuì. Aveva la mascella squadrata e rigido e squadrato risultava ogni suoi movimento, il suo stesso annuire era quasi innaturale. Minho prese posto accanto al fuoco.
-Decisamente un pessimo periodo per viaggiare –, osservò Minho cordiale.
-Già –, disse l’altro senza degnarlo di uno sguardo.
Il silenzio calò per secondi che a Minho parvero minuti interminabili, durante i quali si squadrarono di sottecchi. Fu uno studiarsi a vicenda, una valutazione distaccata volta a valutare le armi ed i potenziali gli uni degli altri.
-Strano viaggiare senza bagaglio –, osservò uno dei soldati lanciandogli un’occhiata.
I muscoli di Minho si tesero, pronti a scattare mentre la mano scivolava sotto il mantello per incontrare l’elsa della spada. Poi accadde tutto velocemente, i mantelli volteggiarono e le spade furono estratte. Minho si mise in posizione affondando gli stivali nella neve, mosse la punta del piede per valutare la consistenza del terreno e fissò i soldati nelle loro pose rigide e pronte all’assalto.
-Ribelli – spuntò uno di loro tra la neve.
Minho sogghignò. – Finalmente qualcuno che si degna di chiamarci come si deve. –
Il ragazzo passò la spada da una mano all’altra molleggiandosi sulle gambe ansiose di scattare.
-Farei poco lo spiritoso, ragazzo, nel caso tu on te nen sia accorto sei solo. –
Minho alzò le spalle. Solo? E dov’era il problema, ne aveva battuti di soldati, solo.
-Quando volete -, disse fingendo un inchino.
Le spade iniziarono a mulinare sollevando turbinii di neve che seguirono i loro movimenti. Minho si muoveva veloce e fluente come in una danza, un lupo a caccia nel freddo inverno. I suoi muscoli scattavano e si flettevano per poi rilassarsi in attesa del prossimo colpo, la sua spada riluceva fredda e metallica sotto i raggi chiari del sole, colpiva e saettava simile a fauci affilate. In breve, la sicurezza dei soldati lascio il posto ad un crescente preoccupazioni e divennero nervosi. Minho non chiedeva di meglio. Gli avversari nervosi erano imprevedibili quanto stupidi. Sorrise tra sé, il momento opportuno per coglierli in fallo. Minho non aveva mai avuto paura di affrontare più di un avversario alla volta, era bravo e lo sapeva, e non aveva mai incontrato qualcuno capace di sopraffarlo, metterlo alle strette forse, ma nulla di più. I suoi attacchi, le sue parate sapevano essere perfetti e scaltri insieme, confondevano ed innervosivano i suoi nemici sino a spossarli.
Minho ruotò su sé stesso evitando l’attaccò irruento di un soldato, mentre l’altro avanzava da dietro per coglierlo alle spalle, ma lui fu più veloce, scartò di lato e respinse la lama avversaria. Il soldato dalla mascella squadrata urlò scagliandosi su di lui e il Minho rotolò tra la neve per poi rialzarsi fulmineo e disarmarlo con una serie di colpi violenti e precisi. Il soldato indietreggiò. Anche l’altro attaccò tagliando l’aria satura di tensione con un fendente e Minho abbassò il capo evitandolo per un soffio. Mentre scartava di lato percepì un movimento improvviso da parte del soldato disarmato così, danzando con eleganze, sollevo della neve con la punta dello stivale colpendo il soldato che aveva di fronte, distraendolo, poi volteggiò e si chinò per estrarre un pugnale da sotto il mantello e scagliarlo contro l’altro avversario. Fu un attimo ed il metallo vibrò attraversando l’aria gelida per conficcarsi preciso e letale nel collo del nemico che stramazzò a terra, soffocato dal suo stesso sangue che tinse il biancore della neve di rigagnoli cremisi.
Si voltò, un paio di stoccate, un assalto andato a buon fine e disarmo l’ultimo soldato che cadde a terra in ginocchio, stupefatto. Minho gli puntò la punta della spada alla gola ed il soldato deglutì.
-Fermo – disse.
-Non uccidermi, ti prego! – fece il soldato affondando il volto tra la neve.
Ansimante, Minho lo squadrò da capo a piedi. Ucciderlo? No, non rientrava nei suoi interessi, anche la morte dell’altro non gli faceva piacere.
-Non ho alcun interesse ad ucciderti. –
Tuttavia premette con più insistenza la punta della spada sul collo dell’altro generando in filo rosso e umido.
-Posso dirti tutto quello che vuoi!- piagnucolò subito il soldato.
Minho sorrise sprezzante. Odiava i soldati, tanto baldanzosi e sicuri di sé con una lama in mano, ma inermi quanto bambini senza.
-Bene, ma sarà a me che lo dirai. –
 
 
Jinki unì le mani dietro la schiena, ritto come un fuso e lo sguardo fisso sull’uomo ai suoi piedi. Quel piccolo ambiente roccioso, un tempo una delle tante celle che servivano quell’antica fortezza imperiale dimenticata e in disuso, trasudava un’umidita gelida gocciolante di condensa che formava dei sottili rigagnoli lungo le pareti. Nonostante quell’umido freddo e fastidioso, il Leader dei Ribelli rimaneva imperturbabile, cosa che non si poteva di certo dire per il suo prigioniero tremante. Appena dietro al Leader, la mano sull’elsa della spada, Minho osservava la scena con una certa inquietudine nell’animo facendo scorrere lo sguardo da Jinki al soldato. Minho provò quasi un moto di pietà nei confronti di quell’uomo che stava per passare tra le mani di un Lee Jinki tanto pacato quanto potenzialmente pericoloso.
-Chi sei?- domandò il soldato.
Jinki inarcò un sopracciglio, l’unico movimento umano su quel volto pietrificato.
-Io sono Lee Jinki, il Leader dei Ribelli. –
Il soldato sbarrò gli occhi e dopo aver aperto e chiuso la bocca a vuoto diverse volte, rise.
Minho sospirò. Non era stata di certo una mossa saggia quella dell’uomo la cui vita era già appesa ad un filo. Il Leader detestava non essere preso sul serio e considerando il suo umore negli ultimi tempi la situazione poteva prendere una piega poco piacevole.
Il volto del Leader divenne ancora più duro.
-Chi ti manda?-
Il soldato sogghignò anche se poco convinto. – Non risponderò alle domande di un ragazzino. – Disse sputando per terra.
-Oh lo farai-, fece Jinki.- Rispondi -, ripeté glaciale.
-Il mio lord. –
-Ma davvero? – sorrise Jinki.
Minho assottigliò e labbra. Se conosceva bene Jinki quel sorriso non prometteva nulla di buono. Anche il soldato dovette intuirlo perché si rivelò sorprendentemente celere nel rispondere.
-Lord Kim Heechul di Busan. –
-E, di grazia, cosa possiamo fare il per il tuo lord? –
L’uomo deglutì. – Dice che gli avete rubato qualcosa di prezioso e lo rivuole. –
Jinki strinse gli occhi. Kibum, pensò. Che quel lord fosse l’uomo da cui era tanto terrorizzato? Strinse i pugni, non poteva permetterlo!
-Minho-, fece Jinki senza voltarsi. – Ti sono grato per il tuo lavoro, vai e non fare parola con nessuno di tutto questo. –
Minho annuì ed uscì poco convinto. Non gli piaceva, non gli piaceva per niente, né lo sguardo di Jinki né la piega che stava prendendo la situazione.
-Bene- disse Jinki non appena l’altro se ne fu andato, - e cosa gli abbiamo sottratto di così prezioso? –
-Non l’ha detto. –
-Non l’ha detto? – sussurrò Jinki con finta sorpresa. - Dunque vi ha mandati a curiosare in giro, dico bene? –
L’uomo non rispose.
-Sai -, fece il Leader chinandosi sul malcapitato, - sono quasi tentato di rimandarti dal tuo lord e fargli sapere che quello ho preso è molto prezioso anche per me, troppo per lasciarlo andare. -
E Jinki era tentato, oh quanto lo era. Ma poteva davvero tentare quest’altro colpo di testa? I suoi lineamenti s’indurirono. Rischiava di essere troppo anche per lui e, dopotutto, poteva davvero mettere a rischio tutto ciò che aveva faticosamente costruito, tutte le persone che aveva promesso di proteggere, per orgoglio, rivalsa?
Per vendetta..., sussurrò una vocetta nella sua voce.
Stava rischiando troppo, mettendo a rischio troppo e per cosa? Strinse i pugni. Quante volte si era ripromesso di non cedere alla rabbia, di non lasciare che la sua sete di vendetta lo sopraffacesse? Mai e poi mai si sarebbe lasciato sfuggire quell’arma preziosa che gli era caduta tra capo e collo, ma vantarsene così sfacciatamente…era una lama a doppio taglio capace di ascenderlo vittorioso sul pinnacolo più alto del palazzo reale di Soul o sprofondarlo negli abissi più cupi.
Non è un’arma…è mio amico…
-Quindi mi lascerai andare?-
-Ho detto che sono tentato, non che lo farò. –
Il collo del soldato iniziò ad incrinarsi in modo grottescamente innaturale, scricchiolando tra singulti e raschiare di denti finché..crack, si spezzò come un bastoncino, un ramo sotto un cumulo di neve.
-Desolato, non posso proprio lasciarti andare. -
Il corpo, ormai primo di vita, s’accasciò al suolo umido e roccioso, simile ad un’inutile bambola spezzata.
 
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che sarete così gentili da ritagliarvi due minuti del vostro tempo per farmi sapere cosa ne pensate, le opinioni altrui sono sempre gradite!
 
Grazie e alla prossima! Vi faccio in anticipo gli auguri di buon anno!
 
P.s. lo so che lo ripeto spesso negli ultimi tempi, ma da gennaio potrei avere seriamente dei problemi ad aggiornare settimanalmente perché riprenderò pienamente i miei impegni in università. Invito comunque i lettori assidui a controllare la pagina, nonostante gli impegni può darsi in preda ad un attacco di Jongkey acuta sforni pagine su pagine di notte ed aggiorni prima del previsto. Dovessi sparire per un po' se vorrete mandarmi un mp per sincerarvi che sia ancora viva sentitevi liberi XD
 
 
 
 
   
 
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