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Autore: LittleDreamer90    31/12/2016    10 recensioni
Un giorno come tanti.
Sconosciuti che vanno e vengono.
Un profumo.
L'inizio di tutto.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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La sera era ormai calata e solo le sporadiche luci dei lampioni, che si riflettevano sull’asfalto ancora bagnato, illuminavano il paesaggio circostante.

Una ragazza si sedette stancamente su uno dei sedili dell’autobus, prendendo posto vicino al finestrino.
La giornata era stata pesante e l’atmosfera uggiosa non aveva di certo contribuito al suo umore.
E le lezioni all’università le erano sembrate infinite.

Sbuffando mentalmente contro il professore dell’ultima ora che si era attardato dieci minuti più del solito, si era precipitata verso la metropolitana, desiderando soltanto di riuscire ad arrivare in tempo alla fermata dell’autobus che finalmente l’avrebbe condotta a casa.
La pioggia, neanche a dirlo, non aveva aiutato la puntualità dei mezzi e la sua speranza di riuscire a prendere il pullman prima era andata in fumo.
Poco male, comunque, aveva dovuto aspettare solo una decina di minuti per la corsa successiva.

Si raddrizzò meglio sullo scomodo sedile, osservando con la coda dell’occhio la gente prendere posto.

Notando, nella fila davanti alla sua, una signora appendere l’ombrello dal manico sulla maniglia del sedile vuoto accanto a sé, ebbe l’impulso di afferrare lo zaino e di controllare di non aver perso il proprio.
Dannate perturbazioni a sprazzi! Con tutto quel “ora piove, ora non più”, aveva costantemente rischiato di lasciare inavvertitamente in giro l’ombrello acquistato quella stessa mattina.

Essendosi assicurata della presenza dello stesso in fondo alla borsa, si fermò titubante a guardare gli ultimi ritardatari salire sull’autobus in attesa.

Era indecisa se lasciare lo zaino sul sedile accanto a sé o posizionarselo in grembo. Da un lato provava rimorso nell’occupare così un posto libero, ma dall’altro odiava la sensazione di sentirsi compressa tra il finestrino ed un’altra persona, con il conseguente disagio di dover far alzare l’ipotetico compagno di viaggio al momento di scendere... Tuttavia c’era anche quella sua parte naturalmente cortese che le intimava di non essere cattiva e lasciare che chi ne avesse bisogno occupasse il posto… e quella a cui piaceva mettersi vicino al finestrino per guardare fuori… sì, era una contraddizione vivente!

Avrebbe preferito non avere nessuno seduto vicino, ma nello stesso tempo si sentiva in colpa per essere così egoista.

Si decise infine, lasciando libero il posto accanto a sé, prontamente occupato da un uomo:
- È libero? – aveva domandato gentilmente.

Al cenno affermativo di lei, si era offerto cortesemente di posizionare sul portapacchi sopra le loro teste lo zainetto pieno di libri che lei teneva goffamente in grembo.
La ragazza negò; temeva di dimenticarselo, visto che poi non sarebbe mai riuscita a riprenderlo da sola, vista la sua bassa statura.
La premura dell’uomo la sorprese e le fece comunque piacere.

Mentre l’autobus iniziava la sua marcia, rivolse di nuovo lo sguardo verso il buio.

Intanto il suo compagno di posto a sedere sembrava intento ad armeggiare con il suo smartphone.
La luce brillante dello schermo, in contrasto con il buio dell’abitacolo, rendeva impossibile non curiosare.
 Stava controllando delle E-mail. Effettivamente dall’abbigliamento le era subito parso un uomo d’affari.

Le scappò un sospiro e si massaggiò piano una tempia, iniziando ad accusare un lieve mal di testa, forse a causa della stanchezza.

L’uomo accanto a sé si sistemò meglio, aprendo il cappotto.

Fu allora che un particolare la colpì: il suo profumo.

Sembrava una colonia, ma non di quelle forti o fastidiose. Era una fragranza leggera, buona ed avvolgente. Distrattamente si chiese di che marca fosse e come l’uomo fosse riuscito a mantenerla su di sé fino a quell’ora tarda della sera.
Aveva forse portato con sé la boccetta? 
No, impossibile! Era una cosa da donne, quella! Lei stessa aveva sempre in borsa un campioncino di profumo.

Inspirò di nuovo, rimanendo girata verso il finestrino.

Quel profumo la fece sorridere. Era caldo, confortante. Profumava di casa e di… papà, sì. Era quella, la sensazione; di quando, da bambina, correvi tra le braccia del papà appena rincasato dal lavoro e affondavi il naso nella sua camicia mentre lui ricambiava il gesto…

Un pizzico di malinconia scese su di lei. Aveva trascurato un po’ i genitori, ultimamente, presa com’era dagli studi e dall’università. A volte si rivolgevano qualche parola solo al momento della cena…

Nel tentativo di distrarsi, decise di ascoltare della musica.
Mentre rovistava alla ricerca degli auricolari, sentì su di sé lo sguardo del vicino di posto ed istintivamente ricambiò l’occhiata.
Un brivido strano le solcò la schiena e distolse lo sguardo, imbarazzata, sviando dalla vista di quegli occhi dall’innaturale sfumatura ambrata che, per un solo istante, le erano sembrati tizzoni ardenti nel buio.

Ripensandoci, l’uomo non era nemmeno così vecchio come aveva pensato a causa dei capelli bianchi… anzi, più che bianchi erano… d’argento?

Uno strano nervosismo la colse per il resto del viaggio, facendole dimenticare tutto il resto: la stanchezza, il disappunto di essere seduta dal lato opposto dell’autobus e un po’ più avanti di quello a cui era abituata, l’ansia ingiustificata ed irrazionale di non riconoscere il paesaggio a causa del buio e di perdere la fermata a cui avrebbe dovuto scendere.

Rimase ferma, mentre quel dannato profumo maschile continuava a circondarla e -assurdamente- a rilassarla.
Ogni tanto l’uomo, anzi, il demone? le lanciava un’occhiata fugace, forse chiedendosi il perché di quel comportamento strano.

L’arrivo alla sua fermata fu accolta con un misto di delusione e insieme di sollievo.

- Deve scendere? – le chiese il compagno di sedile, vedendola allacciarsi la giacca e sistemarsi i lunghi capelli corvini.
Che voce profonda aveva!

- Sì -  la risposta le uscì in uno strano pigolio e lei si rimproverò mentalmente – Grazie – riuscì infine a dire mentre l’uomo si alzava dal suo posto, facendola passare e rivolgendole un sorriso che le fece tremare le ginocchia.

L’autista fece la rotonda un po’ troppo forte e lei traballò, rischiando di ruzzolare, se non fosse per l’uomo che la trattenne.
Rischiò di nuovo di perdersi in quegli occhi color dell’ambra, mentre la sua attenzione rilevò anche che i capelli di lui erano fini e molto lunghi, nonostante fossero legati in una coda di cavallo.

L’autobus rallentò la sua corsa, fermandosi e la donna si riscosse, borbottando un – Grazie! – prima di fiondarsi giù dal mezzo.
L’aria fredda della sera le punse le guance e lei rimase come inebetita ad osservare il pullman allontanarsi.

- Izayoi -.

Sentire qualcuno pronunciare il suo nome la riportò alla realtà.

- Oh, Takemaru! Buona sera – salutò, scorgendo il ragazzo a pochi passi da lei.

Possibile che fosse sul suo stesso pullman e non lo avesse notato? Erano vicini di casa ed amici, entrambi si recavano giornalmente fuori città, lei per motivi di studio, lui per lavoro e non era poi così raro che si incrociassero...

Rispondendo inconsciamente ai suoi dubbi, il giovane fece cenno verso la sua auto, parcheggiata all’altro lato della strada: - Tuo padre mi ha chiesto il favore di venirti a prendere alla fermata – le spiegò.

Ah, ecco…casa sua non era lontana, ma, effettivamente, andarsene in giro da sola di sera non era il massimo.

- Ti ringrazio molto, non avresti dovuto! – s’inchinò, prima di seguirlo verso l’automobile.
Il riscaldamento acceso la cullò in un dolce torpore mentre osservava la strada dal sedile del passeggero.

Curiosamente notò davanti a loro il “suo” pullman, rallentato forse a causa del traffico. Il mezzo si fermò per far scendere altri passeggeri.

Prudente come sempre, Takemaru evitò di sorpassare il pullman, dandogli la precedenza e lasciando un paio di persone libere di attraversare la strada sulle strisce pedonali.
Fu allora che Izayoi vide di nuovo quegli occhi brillare nel buio, come se fossero quelli di un gatto.

Quell'uomo aveva appena attraversato la strada di fronte a loro!
Il cuore le batté appena più forte e lei seguì con lo sguardo quella figura aggraziata ed aristocratica insieme.
Chissà se lo avrebbe mai rivisto...

Arrivata a casa, salutò frettolosamente Takemaru prima di fiondarsi oltre la porta d'ingresso.

Il silenzio l'accolse.
I suoi genitori non c'erano e le avevano comunicato con un breve messaggio, lasciato vicino alla sua cena in sala da pranzo, che avrebbero partecipato ad una cena di beneficenza.
Stanca, Izayoi mangiò in fretta, desiderosa solo di fiondarsi nella vasca di acqua calda.

Quando finalmente andò a dormire, il suo sonno fu cullato dal ricordo di un profumo maschile e di ipnotici occhi ambrati.




Una settimana più tardi, di nuovo sera, di nuovo una estenuante giornata di lezioni universitarie finite ad orario indecente.

- No no no!! Aspetta, non partire!!! – ansimò Izayoi correndo in direzione del pullman, già in moto.

Per volontà dei Kami l'autista ebbe pieta di lei e si fermò, aprendole la porta.

- Grazie! – le uscì in un soffio affannato.

Diamine, era davvero in forma pessima se una semplice corsa di alcuni metri l'aveva ridotta nello stato di una persona che soffre d'asma!

Traballò verso la parte posteriore dei posti, tentando di non venire sballottolata mentre il mezzo riprendeva la marcia.
Kami, ma come era possibile passare agevolmente in quello strettissimo passaggio in mezzo alle due file di sedili? Ci passava a stento, nonostante la magrezza.

- Ahi! – sibilò, urtando con l'avambraccio una delle maniglie esterne attaccate al lato dei sedili.

Dal nulla si sentì afferrare gentilmente poco sotto il punto in cui aveva sbattuto e… i suoi sensi registrarono di nuovo quel profumo, un istante prima di udire di nuovo quella voce: - Signorina, venga. Si sieda, prego.– e di incrociare di nuovo quegli occhi che l'avevano perseguitata dal mercoledì precedente.

Eseguì la richiesta automaticamente, visto che il suo cervello era come bloccato.

- Si è fatta male? – si preoccupò l’uomo, vedendola massaggiarsi il braccio mentre gli si sedeva accanto.

Izayoi arrossì, vergognandosi del pietoso stato in cui versava: con il fiatone e sudata per l'inaspettato scatto di corsa e…oddio, probabilmente i suoi capelli erano un completo disastro e il suo profumo non doveva essere dei migliori e… oh Kami, cosa le aveva chiesto? Non gli aveva ancora risposto, facendo la figura della maleducata!
Trasalì quando un dito artigliato entrò nella sua visuale per scostarle una ciocca dei lunghissimi capelli dal viso.

Il suo sguardo sbalordito sì specchiò negli occhi altrettanto increduli del compagno di sedile.

Inu No Taisho si maledisse internamente. La sua mano aveva agito prima ancora che il cervello registrasse il gesto.
Si ritrasse subito, conscio di aver attraversato l’invisibile linea di spazio personale che due semisconosciuti avrebbero per convenzione dovuto rispettare.
- Io… non volevo, mi scu- - iniziò a dire, sentendosi stranamente impacciato. Lui, il Grande Demone Cane, vecchio di secoli, il temibile e temuto demone ed ora importante uomo d'affari, si sentiva improvvisamente inadeguato.

Prima che potesse completare la frase però, la ragazza gli rivolse un timido ma affascinante sorriso.

La osservò portarsi una mano dietro la testa e tentare i sistemare il pettinino con cui aveva fermato la parte anteriore della chioma corvina.
I capelli le si erano leggermente aggrovigliati, forse a causa della corsa.

Il demone sentì le dita prudergli dal desiderio di aiutarla, di toccare ancora ina volta quella cortina setosa.
Kami-Sama, ma che gli prendeva, tutto ad un tratto?
Il suono del suo cellulare lo distolse dalla contemplazione. Sbuffando, accettò la chiamata di lavoro in arrivo, girandosi appena dall'altra parte, per non disturbare.

Sperando che lei non lo notasse, continuò ad osservarla grazie al riflesso del finestrino che, grazie alla mancanza di luce all'esterno, fungeva da perfetto specchio per i suoi occhi demoniaci.

Giunto il momento di scendere dal pullman, lei gli sorrise ancora, ringraziandolo per la cortesia.



Con il passare dei giorni, il loro divenne un appuntamento fisso, su quel pullman della sera. Ci volle però qualche altra settimana prima che si decidessero a presentarsi.

Izayoi si sentiva sempre più sciocca, come una ragazzina alla prima cotta.
Attendeva ogni mercoledì sera con trepidazione e aveva preso la frivola abitudine di tentare di darsi una sistemata prima di correre verso la fermata del bus.

Quella particolare sera però Izayoi non si sentiva affatto bene. Era quasi certa di avere la febbre, ma non aveva potuto proprio tornare a casa prima, quel giorno. Una parte di sé in realtà non voleva rinunciare al suo incontro serale e poi quel giorno era stato programmato un esame di metà semestre.

Con una punta di delusione appurò che non c'era traccia del suo bel demone misterioso.

Spossata e in preda ai brividi, si abbandonò stancamente sul sedile, assopendosi.

La risvegliò una calda sensazione di tepore ed un sussurro che suonava molto simile a “signorina? Signorina, si svegli”

Aprendo appena gli occhi, incontrò un paio di familiari iridi color dell'oro, che la scrutavano in un misto di dolcezza e preoccupazione.
Nonostante la sensazione di ottundimento, realizzò subito di essere stata coperta con una giacca e che… il suo bel demone incombeva appena su di lei.
Era lì, alla fine lui era salito e…

- Come si sente? Scotta, sa? – le sussurrò.

- Sei venuto… - borbottò inconsciamente la ragazza, ancora intontita.

Lui le rivolse un tenero sorriso: - Ho fatto un po' tardi e ho aspettato l’autobus alla fermata successiva – le spiegò, abbandonando le formalità di fronte a quel faccino – Scusami se ti ho svegliata. Non avrei voluto ma… tra poco devi scendere – le comunicò.

La giovane si intristì. Accidenti! Per colpa della febbre era stata ko per tutta la durata del viaggio e non aveva potuto provare a conversare con lui o anche solo osservarlo di nascosto come faceva sempre…
Trasalì nel sentire un elegante dito artigliato scostarle una ciocca di capelli dal viso. Proprio come la prima volta in cui l'aveva incontrato...

- Hai qualcuno che ti attende alla fermata? – si interessò il demone.

Lei arrossì, negando appena con un cenno del capo.
Tentò di sistemarsi e radunare le proprie cose, rendendosi conto, nonostante il mal di testa e la confusione che doveva prepararsi a scendere.

Inaspettatamente vide lui fare lo stesso.
- Sembrerebbe inopportuno che io ti accompagnassi a casa? Non è un problema per me scendere ad una fermata o due prima – le spiegò, notando la domanda inespressa negli occhi di lei.

- Io… no, non è necessario che si disturbi! – replicò Izayoi, notando solo in quel momento che lui le si era rivolto dandole del tu e che la cosa le aveva fatto stranamente piacere.

- Mhmh – scosse la testa il demone – Non se ne parla proprio. Non lascio una bella ragazza, per di più ammalata a girare da sola a quest'ora -.

Titubante ma anche lusingata per la premura, Izayoi accettò il braccio che lui le offriva.

Scesi dal mezzo pubblico, lei lo osservò di sottecchi, arrossendo appena.

L'uomo ricambiò lo sguardo e fece per dire qualcosa, salvo poi fermarsi e prorompere in una risata imbarazzata, che la colse di sorpresa: - Che razza di maleducato sono! Sono settimane che conversiamo del più e del meno, eppure non ti ho mai chiesto quale sia il tuo nome – disse “Forse la mia ex moglie ha ragione, a volte sono proprio goffo” rifletté per poi concludere – Io sono Inu. Inu No Taisho -.

- Izayoi – sussurrò lei – Izayoi Nakamura -.

Si sentì pervadere da un caldo brivido che nulla aveva a che fare con la febbre quando il demone ripeté il nome di lei, come carezzando con la voce ogni sillaba.

- Bene, Izayoi. Fa' strada, dunque. Ho promesso di portarti a casa incolume, giusto? – riprese Inu con un affascinante sorriso.

L’abitazione di lei non era troppo lontana e i due camminarono lentamente per alcuni minuti.
Inu no Taisho la sorreggeva, circondandola con una delle candide e soffici code.
Non gli era sfuggita la risatina sorpresa ed affascinata della ragazza che, aggrappata al suo braccio non aveva resistito alla tentazione di saggiare con un dito la consistenza della calda pelliccia.

Imboccata una via alla loro sinistra, Izayoi si fermò: - Ecco, sono arrivata – gli comunicò titubante, come se le dispiacesse lasciarlo – Grazie per avermi accompagnata. Allora… ci vediamo – gli sorrise.

Le parole di lui, pronunciate con una certa spacconeria, la lasciarono di stucco: - Certo che ci vediamo, signorina! Veda di rimettersi in salute, perché sa… conto di rivederla il più presto possibile -.

Izayoi si limitò a fargli un cenno di saluto prima di correre verso la propria abitazione, mentre lui rimase fermo dov’era, osservandola.

Giunta davanti al cancello, la ragazza prese un respiro e istintivamente si voltò indietro per dare un'ultima occhiata a…
Ebbe appena la possibilità di notare che la strada era deserta che sentì come un alito di vento passarle accanto.

Una carezza lievissima tra i capelli e un caldo sussurro che la lasciò intontita e con il cuore in subbuglio: - A presto, Izayoi. Buona Notte -.




- E poi? – chiese un bimbetto dai capelli corvini e gli occhi scuri, spaparanzato sul letto a pancia in giù, il mento appoggiato sulle braccia incrociate davanti a sé e i piedini che scalciavano verso l'alto.

Izayoi ridacchiò all'impazienza del figlio.
Per lo meno era riuscita a distrarlo in quella notte per lui sempre un po' difficile.

Una figura entrò di soppiatto nella camera, approfittando della momentanea distrazione e sensi indeboliti del figlio:
- E poi la signorina ha continuato ad incontrare quel signore tutti i mercoledì sera su quel pullman, chiacchierando con lui ed aspettando quel giorno della settimana con trepidante attesa – ridacchiò il demone, acchiappando il figlio alle spalle ed alzandolo tra le braccia – Che ci fai ancora sveglio, tu, eh? È tardi, cucciolo! -.

Izayoi lo guardò con rimprovero, prima di arrossire: - Inu! Che bugie ti stai inventando! Trepidante attesa? – sbuffò, vergognosa, mentre Inuyasha si lamentava del piccolo attentato del padre nei suoi confronti:

- Ehi!! Non vale papà! Lo sai che stasera non ti posso sentire arrivare! E comunque ti stavo aspettando -.

Lui sorrise al figlio minore, accarezzandogli la testa nella posizione in cui solitamente avrebbero fatto bella mostra di sé due orecchiette da cane.
Infine si rivolse alla moglie, guardandola con amore: - Non è forse vero, cara? Non ho detto altro che la verità. È inutile negarlo, lo percepivo, sai? – ribadì.

La donna distolse lo sguardo, non avendo il coraggio di negare. Era vero, a quel tempo il mercoledì sera diventato il momento della giornata e della settimana che amava di più.

- Diciamo le cose come stanno… un certo Signor Demone, avendo scoperto grazie alla sua galanteria dove la ragazza abitava, ha anche dovuto combattere la tentazione crescente di andarla ad osservare sotto casa, invece che attendere il ritorno serale a bordo dei mezzi pubblici per incontrarla - lo punzecchiò Izayoi. In due potevano giocare a quel gioco!

- Sì, ma e poi? – li richiamò il figlio.

- E poi niente. Mi sono solo deciso a chiedere a quella bella signorina di uscire – concluse spiccio Inu No Taisho, rimettendo il piccolo mezzodemone momentaneamente umano sul letto, staccandolo da una delle proprie fluenti code alla quale il piccolo si era aggrappato.

Il bambino sbadigliò, affondando nel piumone.

- Dai, amore, è ora di dormire – gli impose dolcemente Izayoi, ma InuYasha negò, ostinato.

Odiava le sue notti umane, non sentiva bene i suoni, o gli odori e non dormiva mai troppo bene. Non avere i suoi soliti punti di riferimento lo spaventava.

L'udito sopraffino del demone maggiore colse il borbottio proveniente dalla stanza accanto, occupata dal suo primogenito:

- Se non la pianta di fare i capricci lo uccido! -.

Inu No Taisho ridacchiò: - Una certa persona di là sta iniziando a perdere la pazienza, InuYasha. Forse ti conviene dormire, altrimenti… - gli comunicò, allusivo.

Il bambino trasalì, prima di urlare: - Scusa fratellone! Ok, faccio il bravo. Buona notte! – si affrettò a dire, mettendosi sotto le coperte.

La madre ridacchiò alla espressione del piccolo. Se fosse stato nella sua consueta forma, avrebbe avuto la faccia del cucciolo bastonato, con le orecchie abbassate.
Si alzò in piedi, baciandogli la fronte.

- Buona notte InuYasha – ripeté il padre, cingendo Izayoi per la vita, mentre uscivano dalla stanza – Lascio la luce del corridoio accesa, va bene? –.

Il figlio però lo sorprese: - No, papi. Lo so che lo fai sempre, nelle notti senza luna, ma oggi non serve – affermò, prima di sporgersi ad afferrare da sotto il cuscino una specie di collanina con un ciondolo allungato all'estremità. Girandolo appena, l'oggetto si illuminò di una luce blu.

Ah, era una specie di lucetta a batteria…

All'occhiata perplessa del demone, Izayoi sorrise, bisbigliando in modo che solo lui la sentisse: - Regalo di un'amichetta speciale dell'asilo, una certa Kagome -.

“Ah, ecco” pensò Inu No Taisho “Oh Kami, siamo già alla fase della fidanzatina? Così presto?” – Sogni d'oro, figliolo – concluse, uscendo dalla stanza.

- Notte papi! Notte mami – lo sentì dire – Notte Secchan! – concluse, ricevendo in cambio un ringhio seguito da un – Mphf! Chiamami ancora così, moccioso, e ti uccido – che fu sentito solo dai due adulti che procedevano lungo il corridoio.

Inu No Taisho provò l'impulso di alzare gli occhi al cielo per il brontolio del suo primogenito in fase adolescenziale, ma decise di lasciar perdere.
Sapeva bene che, sotto sotto, Sesshomaru tollerava il fratellino e anche Izayoi. In caso contrario non avrebbe mai accettato di vivere sotto il loro stesso tetto, rimanendo invece con la madre ad Osaka.

Il mormorio della splendida donna al suo fianco lo riscosse dalla contemplazione della strana, ma insostituibile famiglia che aveva contribuito a creare: - Come è stata la tua giornata? Hai fatto tardi, stasera – gli fece notare.

Il demone sospirò dispiaciuto, soprattutto per aver mancato il momento della perdita dei poteri del secondogenito.

Come leggendogli nella mente, Izayoi gli strinse appena un po' di più il bicipite, dicendogli: - Non ti preoccupare, lo sa. Anzi, testardo com'è, oramai fa di tutto per mostrarsi forte anche quando sarebbe del tutto giustificabile non esserlo. Chissà da chi avrà preso… - lo stuzzicò.

Inu soppresse la risata che gli nacque spontanea, tentando di mantenere un certo aplomb: - Streghetta dispettosa. Cosa vorresti insinuare, eh? – fece serio, prima di alzarla tra le braccia e mettersi a trasportarla in stile sposa.

- Inu! – ansimò la donna, colta di sorpresa.

Lui però ignorò la sua protesta, sogghignando e dirigendosi verso la loro camera.

- Sei terribile – continuò Izayoi.

Inu No Taisho affondò il naso nei lunghi capelli della sua compagna, borbottando: - Oh sì, sono un terribile demone. Davvero davvero terribile -.

Il rumore della porta che veniva aperta e poi chiusa dietro di loro affievolì la risata divertita della donna.


Poco lontano, chiuso nella sua stanza, un piccolo mezzodemone cane dormiva beato, stringendo in mano la sua lucetta.

Ad una parete di distanza, un giovane demone cane completo alzò gli occhi al cielo in modo molto aristocratico, sbuffando appena, prima di frugare nel comodino accanto a sé alla ricerca dei tappi per le orecchie, per poter così continuare la lettura del suo libro in santa pace.






Buon Anno a tutti ☺ finalmente questa OS che ho iniziato a scrivere più di un mese e passa fa e che da almeno 20 giorni era lì che mi guardava in attesa di essere conclusa e riletta ha visto la luce. È una cosa un po' così, in effetti, senza un particolare senso... Non so nemmeno se ne sono soddisfatta o no... E se potrebbe piacere a chi legge ^^''

In primis, l'idea iniziale era di una consueta InuYasha/Kagome, ma poi… poi mi sembrava perfetta per loro, Inu e Izayoi. Anche se ho la certezza di avere reso almeno all'inizio Izayoi in Kagome-style almeno nel cervello ^^’’’
Il resto è venuto da sé, complice un istante di vita vissuta e sensazioni/riflessioni personali (ebbene sì, le pippe su zaini, ombrelli, posti, non arrivare al portapacchi, compagno di sedile sì o no, che brutto occupare un posto vuoto con lo zaino, non orientarsi al buio e perdere la fermata eccetera sono le mie! XD e anche gli odiati mercoledì di lezioni ad orari indegni e l'episodio del profumo del compagno di posto… non mi si è ovviamente e purtroppo seduto vicino alcun Inu No Taisho o Inuyasha…e no, nemmeno un baldo giovane ^^’’’ era un semplice signore gentile ed educato, un lavoratore, un padre di famiglia… ma tant'è. È davvero bastato il mio pensiero semi coerente di “Che buono il profumo che sento provenire da questo signore che si è seduto.. Chissà cos'è…” per innescare la mia mente pazza xD no, tranquilli… non sono un'importunatrice di Signori e non l'ho mai più incrociato :-D ho solo il difetto di essere piena di paturnie, trip mentali e avere un buon senso dell'olfatto xD
La parte finale… boh, ultimamente sono in fissa con InuYasha versione bimbo… e Sesshomaru… non potevo non metterlo, vi pare? Mi piace troppo scrivere delle sue reazioni xD
Ancora buon anno a tutti! Baci :*
   
 
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