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Autore: _The Little Dreamer_    01/01/2017    5 recensioni
In quella stanza c’era silenzio, che stava diventando quasi assordante per le orecchie di John Watson. L’unico suono che sentiva, era il ritmo regolare del cuore registrato dall’elettrocardiogramma. Un cuore che continuava a battere forte, nonostante tutto. Il cuore di William Sherlock Scott Holmes.
[Idealmente ambientata nella quarta stagione]
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Do you regret your life?








 
 
 
«Do you regret your life?
Even before I was touched, I belonged to you;
you had only to look at me.»
– Excerpt from The Burning Heart (Louise Glück)

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In quella stanza c’era silenzio, che stava diventando quasi assordante per le orecchie di John Watson. L’unico suono che sentiva era il ritmo regolare del cuore registrato dall’elettrocardiogramma. Un cuore che continuava a battere forte, nonostante tutto. Il cuore di William Sherlock Scott Holmes.
Quella stanza anonima sembrava davvero troppo luminosa per i suoi gusti e la testa girava talmente tanto che ogni cosa intorno a lui appariva sfocata.
Fissò giusto un attimo l’orologio da polso che segnava la mezzanotte inoltrata. Ricordava a malapena l’ora in cui arrivò quella chiamata: stava dando da mangiare alla piccola Rosamund, quando il telefono squillò. Era Molly Hooper.
«Dimmi, Molly» disse John, mentre con una mano teneva il telefono vicino all’orecchio e con l’altra teneva il cucchiaino con cui mangiava sua figlia.
«Si tratta di Sher- ». La sua voce si spezzò per il pianto, che dall’altra parte si sentiva come un suono quasi meccanico e leggermente fastidioso, ma nonostante questo era abbastanza riconoscibile.
«Che cosa è successo a Sherlock?» chiese John, che cercava di mantenere ancora un certo contegno, destinato a durare davvero poco, perché dall’altra parte la ragazza rispose: «È grave. Vieni subito al Barts», detto questo aveva interrotto la chiamata senza aggiungere altro.
In poco tempo, la preoccupazione che aveva avvertito nella voce di Molly raggiunse il suo petto, lasciandolo senza fiato per qualche secondo.
John si guardò intorno con la consapevolezza di essere solo, poiché Mary era andata da un’amica di vecchia data che viveva lontano da Londra. Dopo averla vestita a dovere per affrontare il freddo, prese la bambina e la portò con sé.
Quei minuti passati stando seduto sul taxi, sembravano non passare mai: era quasi insopportabile restare lì, senza sapere le condizioni del suo migliore amico.
Arrivato al St Bartholomew's Hospital, trovò Molly e Lestrade ad aspettarlo.
«L’abbiamo trovato in uno stato di overdose» disse Molly con tono preoccupato, interrotta subito da Lestrade, che spiegò: «L’avevo chiamato un’ora prima e sembrava tutto normale, come sempre.»
John guardò entrambi, poi chiese: «Dov’è?».
Fu il pianto di Rosamund a svegliarlo da quei pensieri. Al posto di quel dolce sorriso, c’era una smorfia e i suoi occhi chiari erano completamente coperti dalle lacrime; John la strinse a sé e iniziò a cullarla con una grande calma e la pazienza giusta per farla riaddormentare, lasciando sulla sua tempia sinistra un leggero bacio.
«Va tutto bene, tesoro» sussurrò appena a sua figlia, poi rivolse uno sguardo a Sherlock, disteso su quel letto di ospedale.
Sembrava solo un lontano ricordo quella smorfia compiaciuta che faceva quando stupiva tutti quanti con le sue deduzioni, adesso sostituita da delle labbra prive del loro colore roseo e che esprimevano il nulla più totale, vuoto, buio. Niente, completamente.
«Rimpiangi la tua vita, Sherlock?» chiese, mentre una lacrima solcava il suo viso e subito dopo ne seguì un’altra e un’altra ancora. In pochi minuti, John perse il conto di quelle lacrime.






[ Perché ti fai questo. Perché ancora una volta. ]
 




 
 
Ovviamente non arrivò nessuna risposta, ma lui continuò lo stesso.
«Sai, ho tanti rimpianti nella mia vita. Però, sono sicuro di una cosa: non la cambierei mai, se significasse non averti mai conosciuto.»
Il volto di Sherlock rimase impassibile come prima, non c’erano neanche quegli occhi profondi e azzurri a riscaldarlo da tutto il freddo che stava provando dentro.






 
[ Mi avevi promesso che ci saresti sempre stato. ]
 




 
 
«Mary è una settimana che manca, Sherlock. Probabilmente non dovrei fare così, ma dopo tanto tempo mi sto sentendo solo. Sono solo con mia figlia e mi manca. Mi manca il 221B e noi. Noi che–» disse, ma dopo un poco s’interruppe. «Ultimamente sto andando di nuovo da Ella, la mia terapista. Non so cosa mi sta succedendo e forse...» disse, bloccandosi ancora una volta di colpo.
Si coprì appena il volto con una mano come per reclamare la sua privacy per quel momento di debolezza, che un soldato poteva concedersi raramente.


 



 
[ Mi sta distruggendo tutto questo, Sherlock. ]







 
 
«Fin dall’inizio eravamo destinati a incontrarci. In qualche strano modo è così, non so ancora come, ma forse dovrei iniziare a crederci e Dio, c’è Mary ma–» disse, fermandosi solo per cercare le parole giuste «Dovevi solo guardarmi, Sherlock» terminò, alzando poi lo sguardo per ricercare quello dell’altro e, come in un miraggio crudele, quegli occhi adesso tendenti più al verde che all’azzurro, lo stavano fissando con insistenza.
«Oddio» esclamò in un primo momento, alzandosi in piedi di scatto, ma vedendolo inerme, chiese: «Cosa succede, Sherlock?»
Sherlock mantenne il suo sguardo fisso su John, accennando un lieve sorriso, poi rispose: «Ti ho sentito, ti sto guardando.»
 






 
[ Ti ucciderei con le mie stesse mani, ma non posso. ]






 
 
In quel momento John avrebbe voluto picchiarlo, ma tutto si ridusse a una 
risata spontanea . Solo dopo qualche secondo si permise di avvicinarsi a Sherlock per unire le loro labbra, pressandole in un  bacio intimo che non era dettato dalla passione, ma voleva rappresentare più una promessa, voleva esprimere in gesti tutti quei sentimenti che aveva represso per troppo tempo.
Si staccarono solo quando sentirono Rosamund ridere, tenuta tra i loro corpi e sorretta da entrambi. Si guardarono negli occhi per qualche secondo, poi Sherlock disse: «Non rimpiango affatto la mia vita, John.» Detto ciò, si avvicinò all’altro per un nuovo bacio, questa volta con un significato diverso da quello precedente.






 
[ Perché ti amo nonostante tutto. ]
 
 

 



 



Angolo autrice.
Salve!
Sto pubblicando ormai nel 2017, questo significa che sono stata assente per circa quattro mesi.
Insomma, questo periodo non è stato per niente soddisfacente, perché la scuola mi ha sommersa e ovviamente l'ispirazione non aveva intenzione di comparire neanche per idea. Poi ieri una ragazza mi ha dato un prompt per un event, ovvero la citazione che trovate all'inizio, e così ho iniziato a scrivere. Onestamente non sapevo se pubblicare o meno, ma alla fine mi son detta: se non lo fai adesso, rimarrebbe comunque in un angolo della tua pendrive.
Ovviamente fatemi sapere cosa ne pensate, perché non ho mai scritto una cosa del genere tra Sherlock e John. 
Accetto come sempre anche le critiche, purché siano costruttive. 
A presto!
 
 
  
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