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Autore: Kary91    02/01/2017    3 recensioni
[One-Shot | Alec & Max | Missing Moment | Post 1x12 | Slice of life]
“Io… Mi piacciono i maschi” si arrese infine, lo stomaco contratto e le guance in fiamme.
Max lo fissò per qualche istante, le sopracciglia aggrottate in un’espressione meditabonda.
“Vuol dire che sei gay?” chiese infine, incrociando le gambe sulla trapunta: sembrava incuriosito, più che sorpreso.
Alec trasalì.
“Sai che significa essere gay?”
Max alzò gli occhi al cielo.
“Buongiorno?” esclamò, passandogli una mano di fronte agli occhi. “Sono piccolo, mica scemo!”
Alec azzardò un sorriso.
“Hai ragione. Ogni tanto dimentico che hai già nove anni…”
“È perché sono basso come uno di sette…” si lamentò il ragazzino, scuotendo infastidito la testa. “… Vorrei tanto essere alto come te.”
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alec Lightwood, Max Lightwood
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'We're Lightwoods;'
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Questa storia è stata scritta per l’event di Luglio  del gruppo We are out For Prompts, con il prompt Max & Alec: "Mi spiace che tu non abbia trovato Narnia, nel tuo armadio." (Quando Alec cerca di spiegargli che gli piacciono gli uomini)” di Little Redbird. Fa parte della serie “We’re Lightwoods”.

 

 

Brother Talk

 

“Ehi, Max…”

Alec si affacciò nella cameretta e rivolse al fratellino un’occhiata esitante.

“C’è una cosa che devo dirti.”

Il bambino, che stava leggendo un fumetto con le caviglie intrecciate a mezz’aria, si tirò subito a sedere.

“È una cosa da grandi?” s’informò.

Alec prese posto di fianco a lui.

“In un certo senso…” ammise, tormentandosi le dita. “… Voglio dire, non ha niente a che vedere con il Conclave o con i demoni. Riguarda solo me. Ma ci tengo che tu lo sappia, anche se non è… Insomma, parlarne è ancora difficile.”

Max storse le labbra.

“Ah! È per la storia del matrimonio…” indovinò, un po’ deluso. “… Mamma non mi ci ha voluto mandare” aggiunse, alzando gli occhi al cielo. “Credeva che avrei dato fuoco a qualcos’altro: ma se non mi hanno ancora ridato lo stilo! E comunque, qui all’Istituto ne parlano tutti. È vero che c’erano gli M&Ms?”

La tensione di Alec vacillò leggermente, sostituita dalla confusione.

“Non so nemmeno cosa siano gli M&Ms” ammise. “E comunque è proprio questo il punto: alla fine non mi sono sposato. Non potevo.”

“Beh, è normale” ribatté Max con una scrollata di spalle. “Neanche la conoscevi bene, quella Lydia.”

“È una bella persona” rispose Alec, riprendendo a tormentarsi le mani. “Ma non è per com’è fatta lei che ho cambiato idea. È per come sono fatto io.”

Max inarcò un sopracciglio e, per un istante, Alec si sorprese nel riconoscere nel suo sguardo qualcosa di Jace.

Prese fiato. I suoi occhi vagarono per la stanza alla ricerca d’ispirazione.

“Io… Mi piacciono i maschi” si arrese infine, lo stomaco contratto e le guance in fiamme. Non era sorpreso dal fatto che parlare con il suo fratellino lo stesse mettendo così in difficoltà: per Max, lui e Jace erano dei modelli da seguire, ma per quest’ultimo aveva una sorta di adorazione. Non voleva sparire completamente dalla lista dei suoi eroi. Non voleva deluderlo.

Max lo fissò per qualche istante, le sopracciglia aggrottate in un’espressione meditabonda.

“Vuol dire che sei gay?” chiese infine, incrociando le gambe sulla trapunta: sembrava incuriosito, più che sorpreso.

Alec, che stava sfogliano il fumetto con fare febbrile pur di sfuggire allo sguardo del fratellino, trasalì.

“Sai che significa essere gay?”

Max alzò gli occhi al cielo.

“Buongiorno?” esclamò, passandogli una mano di fronte agli occhi. “Sono piccolo, mica scemo!”

Alec azzardò un sorriso.

“Hai ragione. Ogni tanto dimentico che hai già nove anni…”

“È perché sono basso come uno di sette…” si lamentò il ragazzino, scuotendo infastidito la testa. “… Vorrei tanto essere alto come te.”

Un guizzo di orgoglio minò il nervosismo nello sguardo di Alec.

“Lo diventerai” promise, arruffando i capelli di Max. “E comunque sì, sono gay” ammise, con voce un po’ meno esitante. “Ieri al matrimonio ho baciato un ragazzo di fronte a tutti.”

Le labbra di Max si arricciarono a formare un sorrisetto birichino.

“Anche davanti alla mamma?” domandò, prima di battersi un pugno contro la coscia. “Ma perché mi perdo sempre le cose più divertenti?”

Il sorriso di Alec si allargò.

“Non è stato divertente” ammise. “La mamma era furiosa.”

Una luce di comprensione illuminò lo sguardo del bambino.

“Adesso ho capito!” esclamò, battendogli una mano sulla spalla. “Quello stregone con gli occhi strani… è lui il tuo fidanzato?”

Alec gli rivolse un’occhiata sorpresa.

“Come sai di Magnus?”

Ancora una volta, Max roteò gli occhi.

“Te l’ho detto, Alec, non sono scemo! È comunque ieri ci ho parlato, è venuto qui all’Istituto: ti cercava.”

 Lo sguardo di Alec sembrò rischiararsi ulteriormente, accompagnato da un mezzo sorriso compiaciuto.

“Diciamo che ci piacciamo” ammise imbarazzato, arrotolando il fumetto su se stesso.

 Max si mise a braccia conserte.

“Adesso capisco perché la mamma è così arrabbiata” commentò, scuotendo la testa. “A lei gli stregoni non piacciono. Lui, però, mi sembra simpatico.”

“Alla mamma probabilmente non piace nemmeno il fatto che sia un maschio” replicò Alec con amarezza. “Essere gay non è una bella cosa, per gli Shadowhunters.”

“Che cavolata” obbiettò Max.

Alec gli sorrise.

“Dici?”

“Non è che se a un maschio piacciono i maschi combatte peggio…” osservò il ragazzino, con fare pratico. “… E comunque, la mamma dovrebbe essere contenta: si vede che sei più felice. È perché sei innamorato?”

Alec arrossì di nuovo. Innamorato era una parola grossa, si disse, e per quel poco di esperienza che aveva, non era certo che portasse sempre alla felicità. In fondo, non era ancora riuscito a scrollarsi di dosso il fastidio provato nel sorprendere Clary e Jace a baciarsi.

“No” ammise infine, accarezzando i capelli del fratellino. “È qualcos’altro: quello che è successo ieri potrebbe darmi dei problemi col Conclave, ma in questo momento non m’importa. È come se mi fossi liberato di un peso,” azzardò, sfregandosi le mani con fare impacciato. “Come se non dovessi più nascondermi. I Mondani, in questi casi, parlano di uscire dall’armadio. È come se fino a questo momento fossi rimasto chiuso da qualche parte, senza avere il coraggio di venire allo scoperto. Non era piacevole” rivelò, stringendosi nelle spalle.

“Così eri rinchiuso in un armadio, eh?” ripeté il ragazzino, riappropriandosi del fumetto. “Perché non sei andato a Narnia mentre ti nascondevi?”

Alec gli rivolse un’occhiata confusa.

“Narnia?”

“Jace mi ha letto un libro, una volta” si spiegò meglio Max. “C’erano dei fratelli che entravano in un guardaroba e mentre si nascondevano dietro i cappotti trovavano l’entrata per un mondo fantastico. E questo posto si chiama Narnia.”

Il suo sguardo tornò a farsi vivace, mentre raccontava.

“So che sembra una scemenza: insomma, è roba per bambini piccoli… Ma all’Accademia di Mumbai ci dicono sempre che tutte le storie sono vere.”

“Niente posti incantati” fu costretto ad ammettere Alec, sorridendo divertito. “Non nel mio armadio, per lo meno. Solo la realtà.”

 Max sembrò rimuginarci sopra per un po’. Infine, si strinse nelle spalle.

“Mi dispiace che tu non abbia trovato Narnia, nel tuo armadio” rispose, facendo ciondolare le gambe. “Sarebbe stato divertente. Ma sono contento che tu sia riuscito a uscire.”

Sorrise al fratello maggiore e gli diede una pacca sulla spalla.

Alec scosse divertito la testa.

“Vieni qui, delinquente!” esclamò, attirandolo per la collottola. “Grazie” mormorò poi, stringendolo a sé.

Il bambino ricambiò l’abbraccio.

“Figurati, quando vuoi.”

Alec si mise a ridere.

“C’è qualcos’altro che vuoi chiedermi?” domandò poi, lasciandolo andare.

Max tornò a sdraiarsi sul letto, la fronte corrucciata in una smorfia pensierosa.

“Sì!” esclamò infine, indirizzandogli un’occhiata allibita. “Sul serio non sai cosa siano gli M&Ms?”

 

 

 

   
 
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