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Autore: Luxanne A Blackheart    02/01/2017    3 recensioni
Nella Londra vittoriana un affascinante uomo proveniente dall'India, un benestante e facoltoso Lord imparentato con la regina, si trasferisce in uno dei quartieri più ricchi e alla moda dell'epoca.
Lui e la sua famiglia si adatteranno alla vita sociale inglese, partecipando a balli reali e alla vita mondana dell'epoca.
Da lontano sembrano perfetti con i loro vestiti costosi, i bei sorrisi affascinanti e i modi di fare garbati. Ammalianti come un serpente prima di attaccare.
Ma sotto quella apparenza di perfezione c'è di più...
Il loro aspetto cela qualcosa di raccapricciante e orribile.
Grida e strani versi si odono nella buia e fredda notte; sangue, sospiri, affari di malcostume e morte incombono sulla loro bella casa e su chiunque osi avvicinarli.
In una Londra sporca, popolata dalla volgarità, dal malaffare, dal sangue e dalla morte la famiglia Nottern saprà trovarvi la dimora ideale.
E voi, saprete farvi conquistare dalla Famiglia del Diavolo?
Genere: Dark, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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PROLOGO.






I frutti avvizziscono, l'bacio muore e il tempo scorre;
Tu ti nutri di un perpetuo alito,
E vivi dopo infiniti cambiamenti,
Ed esci fresca dai baci della morte;
Di languori riaccesi e rianimati,
Di delizie sterili e impure,
Di cose mostruose e infeconde sei la pallida
E velenosa regina.”
Algernon Charles Swinburne, Dolores.



 
Parigi, 1787.




L'uomo dagli occhi chiari scese dalla carrozza, guardandosi intorno. Si trovava in uno dei quartieri più malfamati e poveri di Parigi.
Egli arricciò il naso quando un odore di piscio e feci umane e animali colpì il suo olfatto; l'ambiente era sporco e l'afa e l'umidità non aiutava di certo a rendere la situazione migliore.
I poveracci erano riuniti nelle locande a brindare e gridare come cani; le risate stridule delle donnacce e quelle grasse e malaticce degli uomini si udivano da un miglio di distanza. Degli uomini di ricco ceto sociale si aggiravano per le buie stradine, affiancandosi a ragazzini di sedici anni dai visi effeminati, apparentemente per parlare. Mani furtive strisciavano come serpenti e toccavano pelli, occhi esaminavano le carni ancora tenere, pure, apparentemente senza peccato.
Le puttane tutte sudate, dalle labbra rosse e gli occhi da cerbiatte, offrivano la loro mercanzia, sbottonandosi i bottoni dei vestiti semplici.
La luna, splendida nella sua bellezza opaca, brillava nel cielo, corteggiata dal luccichio delle stelle.
Il terreno era fangoso e appiccicaticcio, tant'è che i pesanti stivali del bell'uomo si attaccavano, producendo uno sgradevole rumore.
Si guardò intorno, ma nessuno sembrò notarlo. Erano tutti occupati nel fare qualcosa: chi si ubriacava, chi si accompagnava con gentildonne e gentiluomini, chi si lasciava andare nelle fumerie d'oppio, abbandonando per un momento il lume della ragione e rifugiandosi in un mondo irreale, inesistente e per questo meravigliosamente perfetto.
L'uomo svoltò sulla sinistra, notando dei bambini dai visi sporchi di nero, giocare con una carcassa di un topo, mentre la madre cercava di mendicare. Si aggrappò al suo lacero mantello, supplicandolo in francese.
“Vi prego, signore, datemi qualcosa. Io e i miei figli stiamo morendo di fame...”
“Non ho niente, donna.”
La madre venne spinta violentemente al suolo ed egli continuò per la sua strada.
Aveva bisogno di qualcosa da mangiare, qualcosa da mettere sotto i denti, ma notando le critiche condizioni nelle quali Parigi era messa, questo suo desiderio cominciava a scemare poco a poco.
La amava, quella città. Ma odiava quella lingua e odiava anche i francesi. Credevano di essere al di sopra degli altri, con la loro lingua musicale e la loro bella regina austriaca, che in realtà li avrebbe portati tutti alla rovina.
Le donne sono tutte così, pensò Vlad, affamato e stanco, ti succhiano via la vita e poi versano lacrime di coccodrillo alla tua morte.
Un prete versava dell'acqua santa su delle puttane, che ridevano di lui e gli mostravano il seno, per ripicca.
Vlad rise, accennando un sorriso a quelle meravigliose creature, proseguendo per la loro strada.
Quella era Parigi.
La gente di giorno era religiosa, lavoratrice e gentile con i malcapitati, ma non appena l'oscurità inghiottiva il giorno, mangiandoselo con i suoi aguzzi denti da demone, le stesse persone cambiavano completamente. Urlavano, sbraitavano, si ubriacavano, si drogavano e pagavano donne e ragazzini per ricevere del piacere, del sesso a poco prezzo, si vendevano al diavolo e banchettavano con lui, quando alla luce del giorno lo proclamavano come unica piaga del mondo.
Gli Umani sono tutti uguali. Incoerenti e sempre alla ricerca di qualcosa che spezzi la loro noiosa routine, sempre alla ricerca del divertimento, dell'amore che le loro stupide religioni cercano loro di insegnare. Gli umani sono gusci mezzi vuoti, se non fosse per la loro anima, sarebbero solamente pezzi di carne che camminano, sacche contenenti il suo nutrimento essenziale. Sono sempre pronti a dare la colpa a qualcun altro per le loro azioni, sono essere mostruosi ed egoisti, non guardano mai in faccia a nessuno per raggiungere il loro scopo. Cercano tanto di essere buoni, ma sanno benissimo che saranno sempre destinati a fare del male, è nella loro stupida natura, pensò Vlad, disgustato.
Nell'aria si disperse un odore che l'uomo conosceva molto bene, caldo, denso dal retrogusto metallico. Chiuse i suoi occhi verdi, annusando l'aria e facendosi guidare dal meraviglioso e paradisiaco profumo, dalla sua unica linfa vitale, dall'unica cosa in grado di sottometterlo.
Svoltò un ennesimo vicolo, ritrovandosi in uno dei quartieri abbandonati, poiché le case erano troppo vecchie per abitarci, cadevano letteralmente a pezzi e i topi ormai le avevano ufficialmente fatte loro dimora.
Vlad si tolse il cappuccio del mantello, gettandolo di lato. I suoi capelli rossi scintillarono quando i raggi lunari li colpirono.
Si udirono dei lamenti umani soffocati e l'odore del sangue si faceva sempre più persistente, impregnando tutta l'aria.
Ed eccoli che li vide, in una angolo, in un piccolo vicolo senza uscita, c'erano una donna e quello che sembrava un ragazzino, uno di quelli che aveva notato al suo arrivo.
La donna gli dava le spalle, Vlad poteva notare solamente i capelli biondi, da sembrare quasi bianchi, nella semioscurità. Il viso del giovane era dolorante, mente la donna lo schiacciava contro la parete, le mani chiuse intorno alle braccia della sua vittima per tenerlo fermo. Vlad sentiva e vedeva la vita fluire dal corpo del giovane, interamente per opera di quella meravigliosa creatura, che Vladimir conosceva alla perfezione.
“Camille, pensavo fossi più gentile di così. Non me ne offri un po'?”
La donna si staccò dal povero malcapitato, girandosi ad una velocità sopranaturale. La sua bella bocca da bambola di porcellana scintillava di rosso sotto il chiarore lunare, mentre essa si apriva in un sorriso affascinante. I canini appuntiti le bucavano il labbro inferiore, due gocce di sangue caddero sulla scollatura del suo vestito, macchiandole la pelle candida e priva di imperfezioni.
“Vlad! Mon amour, cosa ci fai a Parigi? Pensavo fossi ancora rinchiuso in quella maledetta prigione in Romania...”
“Be', sono fuggito, cosa che hai fatto anche tu, da quello che vedo.”, Vlad ghignò, raggiungendo la donna, per baciarla sulla guancia. Camille battè le mani, entusiasta. Sembrava ancora una bambina per i modi di fare, ma di aspetto dimostrava all'incirca vent'anni.
“Ma, aspetta, oggi non è il tuo compleanno?”
“Esattamente e sono venuto a trovarti proprio per questo motivo, Camille. Dove sono i nostri bambini?”
Gli occhi della donna luccicarono, quando l'uomo la strinse per la vita, sbattendola violentemente contro la parete del vicolo. Ormai il giovane era morto e il suo sangue se l'era bevuto tutto Camille. Vlad avvicinò il viso al collo della donna, dissetandosi direttamente da lei, che gemette.
“Oh, quanto mi eri mancato.”, sospirò la donna, mentre accarezzava i capelli scuri del suo amante. “I bambini sono in giro per il mondo. Non so dove, perché?”
“Siamo pur sempre una famiglia, Camille. Voglio che ritorniamo ad esserlo e la Londra della regina Vittoria mi sembra un'ottima città dove poter crescere i nostri bambini, che cosa ne dici?”
“Oh, sì, mi sembra un'idea bellissima!”, Camille lo bacio sulle labbra, mordendogli il labbro inferiore. “Vedo già Londra bruciare per opera nostra!”
“E che Londra sia allora, mia regina. Chiama i bambini, la Famiglia del Diavolo sta per riunirsi!”




**** ****
Salve a tutti!
Bentrovati per chi mi dovesse già conoscere e benvenuti per chi è appena giunto per la prima volta!
Mi chiamo Luxanne Andrea (non è il mio nome reale, lol) e questa è la mia nuova storia.
Spero che questo prologo vi abbia intrigato e vi sia piaciuto e che continuate a restare con me e i miei personaggi in questo percorso. So che è presto per esprimere dei pensieri riguardo alla storia, ma mi piacerebbe avere un pensiero da voi per vedere cosa vi ho lasciato e se c'è qualcosa su cui volete correggermi, fate pure, basta che in quello che dite ci sia educazione.
Non sono Camille, non vi mangio!
Considerato che sto scrivendo un'altra long e che mancano ancora un po' di capitoli per terminarla, spero di poter aggiornare settimanalmente, impegni e vita sociale permettendo.
Mi sono dilungata fin troppo xD
Grazie per aver letto e al prossimo capitolo in cui avrete modo di conoscere tutta la Famiglia del Diavolo!



-Luxanne.
   
 
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