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Autore: Lechatvert    04/01/2017    5 recensioni
Dieci anni prima di Rogue One, l'Alleanza Ribelle non esisteva. Però esistevano i ribelli.
Erano guidati dalla stessa speranza, dallo stesso fervore dei loro figli e, nelle notti più fredde, si sedevano stretti gli uni agli altri per ascoltare una storia.
E c'erano uomini, c'erano bambini, donne, vecchi. C'erano persino i morti, attorno ai fuochi di Fest, e tutti ascoltavano le storie di Tylan Halos e della sua squadriglia di viaggiatori.
A chi era coraggioso, servivano a prendere sonno.
A chi combatteva da tutta la vita, servivano a far passare la paura.
Genere: Angst, Guerra, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cassian Andor, K-2S0, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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saboteur



«Mariceli, sei qui?»
«Sei ancora sveglio?»
«Non riesco a dormire».
«A cosa pensi?»
«A te. Alle storie che racconti di notte. Perché ti siedi con noi e inventi qualcosa per non farci avere paura».
«Le storie sono come le luci nel cielo, Cassian. Servono per far passare la paura».
«Vorrei che mi spiegassi come fai».
«A raccontare storie?»
«A far passare la paura».
«E perché lo vorresti sapere?»
«Perché prima il Capitano Halos mi ha detto una cosa a cui non avevo mai pensato».
«Che ti ha detto?»
«Che non ci sarete per sempre».









PARTE PRIMA – GLI SCOMPARSI


Il giorno in cui Travia Chan creò il Gruppo Resistente di Atrivis, unendo per sempre le forze ribelli di Fest con quelle liberatrici del Sistema di Mantooine, noi dell’FRG ci sentimmo inevitabilmente traditi. I miei due compagni di stanza (troppo taciturni perché io ne ricordi il nome a così tanti anni di distanza), lasciarono quella che con solennità chiamavamo “la Resistenza” per passare beceramente all’Impero. «Meglio inculati la con divisa che inculati con le palle al freddo e coi mantooiani intorno», mi disse uno di loro poco prima di sbattere la porta e, passata la sorpresa di sentirgli dire più di tre parole nella stessa frase, mi sedetti sulla mia branda a contemplare la stanza nella sua vuota solitudine.
Quel giorno compivo sedici anni.
Ricordo che fuori nevicava, ma che stranamente non avevo freddo. Rivivendo oggi quei momenti di completo abbandono, penso che involontariamente mi stessi preparando ad affrontare l’inverno con le mie sole forze. “Un uomo sopravvive anche se la neve lo seppellisce”, mi aveva detto anni prima Travia Chan, mettendomi in mano un fucile il giorno stesso in cui mio padre era stato portato via dagli imperiali. “Giovane Harkor, hai molte battaglie da vincere prima di diventare un soldato”.
Siccome a sedici anni mi reputavo molto più uomo di quanto non mi reputi ora, mi imposi di non lasciarmi abbattere e approfittai del ritorno in patria della Squadriglia Anima per farmi vezzeggiare un poco da Terras Cunha, unico amico di mio padre ancora interessato a me che faceva pilota per conto di Travia Chan. Ufficialmente le tratte erano commerciali; in realtà, allora come oggi, la Squadriglia Anima di commerciale aveva ben poco.
Quella sera, Terras Cunha mi accolse con il suo solito umore (cioè pessimo).
Ci incontrammo al tavolo dell’unica bettola di Fest in cui non si congelava per via dell’orripilante clima del mio pianeta natale, ma finimmo con l'aver freddo lo stesso poiché qualcuno aveva ben pensato di sfondare le finestre venti minuti dopo l'inizio della bufera.
Trovai Cunha incredibilmente invecchiato: aveva completamente perso i capelli, e sotto agli occhi gli erano spuntati due pesanti aloni violacei, oltre che un fiume di rughe sulla fronte. Mi fece un cenno del capo quando mi vide avvicinarmi (il suo modo per farmi intendere che era contento di vedermi in forma) e io gli sorrisi di risposta, ben lieto di ritrovarlo, se non pimpante, almeno vivo.
«Mi hanno detto che ti sei dato una regolata» esordì, portandosi alle labbra un bicchiere di liquore. «Ti vedo bene, Cassian Harkor».
Mi sedetti al tavolo, ben attento a sfoggiare il blaster E-5 che ero riuscito a rubare da un vecchio deposito di Travia Chan e che ora portavo attaccato alla cintura. «Lo stesso per te, Terras Cunha».
«Guardalo un po’, il figlio di Krasin. Smilzo come lui, avete anche lo stesso brutto naso. Che cosa combini, in questo posto di merda?»
Alzai le spalle, dandomi le solite arie che un ragazzino pieno di sé si dà quando si trova davanti a un adulto. «Sopravvivo» dichiarai, orgoglioso.
Cunha alzò entrambe le sopracciglia, deciso a non scomporsi, poi si fece subito serio. «Sta' a sentire» mi disse a bassa voce, scoccandomi un'occhiata circospetta. «C’è una cosa per te. Krasin non ti avrebbe mai fatto crescere qui, io lo so bene. Perciò, consideralo il mio regalo di compleanno per te che adesso stai diventando un uomo».
Non mi lasciai vedere entusiasta. «Spara» brontolai. In realtà, fremevo dalla curiosità.
«Lascio la Squadriglia Anima per un po’ di tempo, e vorrei che venissi con me».
Mi accigliai. Chi mai avrebbe potuto lasciare un gruppo così ammirato e benvoluto in tempi così poco incoraggianti? La Guerra dei Cloni era finita da un pezzo, ma Fest faticava ancora a ingranare un’economia che andasse oltre la mera sussistenza.
«A chi ti vuoi unire?» domandai, facendomi sospettoso. Forse la domanda giusta non era perché, ma per cosa.
Vidi Cunha sghignazzare.
«Un mio vecchio amico mi ha chiesto un favore» rispose, vago. Posò il bicchiere vuoto sul tavolo, facendo cenno al cameriere di allungargliene subito un altro. «Non ti voglio mandare su di giri, Cassian, ma … hai mai sentito parlare del Capitano Halos?»


*


Ai tempi della guerra civile, Tylan Halos era stato il salvatore di tutti quei festiani che non credevano più nell’Impero e che erano pronti a imbracciare un’arma per andare a riconquistare le proprie terre innevate. Aveva allevato orfani, scacciato imperiali, riparato impianti di riscaldamento e combattuto battaglie che sembravano invincibili. E, in tutto questo, era anche riuscito a coltivare una profonda e sincera amicizia nei confronti di Terras Cunha, notoriamente simpatico tanto quanto un calcio negli stinchi quando per terra c’è ghiaia.
Mio padre ammirava Tylan Halos. Prima della sua cattura, mi faceva il suo nome quasi ogni giorno. Era stato il mio eroe per osmosi, perché su di lui avevo sentito talmente tante storie che mi era praticamente impossibile non adorarlo, anche se in realtà sul suo conto non conoscevo che leggende.
Quel giorno appresi il primo dato di fatto su di lui: con la nascita del Gruppo Resistente di Atrivis, Tylan Halos era stato fatto capitano. La sua squadra, di conseguenza, si era completamente rimessa agli ordini di Travia Chan. Come l’Anima, in un certo senso, solo molto più conosciuta.
Cominciavo a capire come mai Terras Cunha avesse tanta fretta di mollare i suoi compagni, ma all’epoca non ero che all’inizio della serie di scoperte che mi convinsero in seguito a lasciare Fest per sempre, e mi sentivo soddisfatto anche della più piccola deduzione.
Incontrammo il Capitano Halos nell’unico hangar di cui disponeva la piccola base dove risiedevo. L’Andor (il mercantile Ghtroc 720 che Halos si scarrozzava dietro da anni e che si rifiutò sempre di cambiare) era atterrato lì poco prima e ci osservava in silenzio, elegante quanto un rottame in mezzo ad altri rottami, in attesa di essere rimesso in moto per ricevere un agognato colpo di grazia con conseguente demolizione. Chiunque potrebbe valutare quanto crudele sia stata la vita con quel povero mercantile il cui unico, vero sogno era quello di farsi fare a pezzi ma a cui invece toccò una vita lunga e piena di ruggine.
Non appena ci scorse sulla soglia, Tylan Halos ci riservò il più caloroso dei saluti.
«Cunha, vecchio mio!» gridò dal fondo dell’hangar, facendo sobbalzare quasi tutti i piloti intenti a badare ai loro veicoli. La sua voce era profonda tanto quella di uno Wookie. «Ti sono caduti i capelli, alla fine!»
Cunha non raccolse. «Tylan, buonasera» lo salutò, minimalista come al solito. «Ti ho portato quello che cercavi».
Improvvisamente, ebbi l’impressione di essere la merce di scambio di una compravendita non del tutto legittima. Guardai Cunha, ma sul suo viso c’era il vuoto. Su quello del Capitano Halos, invece, brillava un sorriso cordiale.
«Tanto piacere!» esclamò, allungando nella mia direzione una grossa mano grondante olio. Io la guardai con sospetto ma mi costrinsi a rispondere per educazione.
«Cassian Harkor».
«Lo so, lo so. Il figlio di Krasin, no?»
Mi illuminai. «Lo conoscevi?»
«Per niente, ma sono contento che tu sia qui. Cunha ti ha già parlato del lavoretto che abbiamo da fare, no?»
Provai a rispondere che no, Cunha non mi aveva detto un bel niente, ma il Capitano era già partito a spiegare al suo vecchio amico come aveva fatto a bruciare metà della fiancata destra del suo mercantile, pregandolo di trovare un meccanico buono abbastanza da sostituirla in tempi brevi, anzi, brevissimi.
«Ma cosa vuoi che ti dica?» rispondeva scocciato Cunha, scuotendo il capo. «Questa nave fa schifo anche ai meccanici. Compratene una nuova, pidocchio».
Mi rassegnai a guardarli in silenzio.
Tylan Halos era un uomo grande e grosso, un gigante sulla quarantina dai capelli rossi e dalla barba poco curata. Certe sue smorfie mi ricordavano i mantooiani, ma non scoprii mai quale fosse la sua effettiva origine. Tylan era Tylan, non c’era altro da sapere.
Mi avvicinai all’Andor assieme a loro, osservando l’enorme bruciatura sulla fiancata con lo stesso sgomento con cui fissano i resti di un incidente particolarmente facile da evitare. Che razza di pilota poteva aver manovrato quel mercantile in maniera così goffa da strisciarlo contro la fusoliera di un’altra astronave?
«Se Mari la trova messa così mi ammazza ed è la buona volta che me ne vado sul serio» si lamentava intanto il Capitano Halos, distrutto. «Ti giuro che di TIE ne ho visti volare parecchi, ma questi nuovi modelli sono tutta un’altra storia».
Cunha annuì. «Un dito in culo con l’unghia» ne convenne.
Tylan Halos fece spallucce. «Allora, in quanto pensi che me la ripareranno?»
«Vola ancora?»
«Perfettamente».
«La useremo così. Ammesso che troviamo un meccanico a cui fare abbastanza pena – e su Fest non ce ne sono – andrebbe via comunque una settimana. Abbiamo una settimana?»
«No».
«E allora partiamo così».
Ormai al limite della sopportazione della mia stessa curiosità, mi rifeci presente con un colpo di tosse. «Scusate» dissi, incrociando le braccia sul petto per darmi un tono come per anni avevo visto fare ai miei compagni nell’FRG. «Ma che avete intenzione di fare con questo rottame?»
Il Capitano Halos fulminò Cunha con lo sguardo, ma il pilota rispose alzando le spalle. «Lo ha detto lui che è un rottame, mica io» si difese. La cosa venne messa da parte e mi venne rinfacciata più tardi, mentre buttavo la mia roba in quella che da lì in poi sarebbe stata la mia cabina.
«La missione è complicata» mi disse il Capitano Halos, mettendosi nella mia stessa posa. «Ragazzo, ne sai qualcosa degli Scomparsi?»
Scossi il capo.
«Nemmeno io. Però so che da un giorno all’altro evitano di tornare a casa e svaniscono nel nulla. Da quel momento, nessuno ne sa più niente. La famiglia li cerca, ma non c’è più traccia di loro. Come se non fossero mai esistiti».
«Militari?»
«Affatto. Tutta gente normalissima».
Ripensai a mio padre, al giorno in cui era stato fatto prigioniero durante le guerre che avevano impestato Fest quando ero bambino. Mi chiesi se fosse stato meglio saperlo scomparso, piuttosto che prigioniero dell’Impero. Forse era un bene che quelle persone non sapessero che fine avessero fatto i loro cari, che continuassero a sperare in un loro impossibile ritorno.
Tylan Halos, intanto, andava avanti imperterrito. «L’anno scorso, grazie a una nostra intercettazione, siamo venuti a conoscenza del centro di detenzione di Rasp. Essendo così vicino all’Orlo Esterno, abbiamo pensato che potesse essere il luogo giusto dove iniziare a cercare gli Scomparsi, e abbiamo inviato un agente sotto copertura per sondare il terreno. Adesso bisogna recuperarlo».
Strappato alle mie elucubrazioni mentali, mi voltai di scatto verso il capitano. «Il vostro agente sotto copertura è laggiù da un anno?» chiesi, sconvolto. Non potevo concepire un solo giorno tra gli imperiali; un anno mi sembrava una condanna a morte.
Tylan Halos mi rassicurò subito. «Conoscerai Mari, è un talento naturale» rispose. «L’appuntamento è sulla Luna 4 di Rasp, tra tre giorni. Arriverà con un piccolo plotone imperiale per verificare il funzionamento di alcuni specchi di trasmissione. Li attaccheremo, caricheremo Mari e ripartiremo prima che da Rasp possano anche solo pensare di rispondere al fuoco».
Annuii. «Vi servo per coprirvi le spalle, quindi».
«Suo padre era un tiratore brillante» fece presente Cunha.
Gonfiai il petto. «Non sono da meno» assicurai, battendo la mano sul mio blaster rubato.
Tylan Halos mi guardò e sorrise. «D’accordo» concesse, stringendomi di nuovo la mano, stavolta con più trasporto di quando ci eravamo incontrati qualche minuto prima. «Benvenuto a bordo, allora. Vi battezzo ufficialmente, ragazzi: Andor Quattro e Andor Cinque».
«E gli altri Andor chi sono?» chiesi. A sedici anni non si può fare a meno di fare domande.
Per fortuna, Tylan Halos fu sempre paziente. «Capo Andor ce l’hai davanti» rispose. «Andor Due lo stiamo andando a prendere e Andor Tre, lui …»
Sentii Cunha sospirare. «Non dirmi che non lo hai ancora detonato!»
Da uno degli altoparlanti dell’Andor, una voce mi fece sobbalzare.
“Vi sento tutti e tre da quando siete venuti a constatare i danni. Fossi in voi, non mi permetterei di fare ironia su chi dovrà calcolare le rotte di volo per garantire il successo dell'operazione”.
Il Capitano Halos scoppiò a ridere, Cunha roteò gli occhi.
Poi, con il gracchiante rumore degli ammortizzatori che si abbassavano per aprire il portellone del mercantile, una figura apparve proprio davanti a noi.
Incuriosito, mi feci avanti e superai Cunha.
Fu la prima volta che mi trovai faccia a faccia con Kappa.







note

Non so con esattezza da dove sia uscita questa storia.
Prima ero al cinema, poi in lacrime, poi al cinema di nuovo, poi in profonda pausa di riflessione con la vita ... e poi è comparsa Saboteur.
L'idea di base è quella di scavare nel passato di Cassian, di smascherare un po' di quelle "prigioni che si porta dentro" (Chirrut too cool for school) con una storia sulla sua adolescenza prima dell'Alleanza Ribelle.
Mi sono largamente ispirata al Rebel Alliance Sourcebook, prime dieci pagine o giù di lì. Atrvis, Fest, FRG e Travia Chan vengono tutti da qualcosa che non mi sono inventata ma che qualcuno prima di me ha provveduto a scrivere.
Fondamentalmente, di mio ci ho messo mezza missione e tre personaggi.

Lo so, lo so, lo so che ci sono un sacco di cose che non tornano (tipo il cognome di Cassian trallallà o il fatto che sia vagamente un po' troppo presto per Kappabello) ma non agitatevi: ogni cosa, a tempo debito, sarà spiegata. O almeno l'idea è quella.

Altro da aggiungere? Saranno in tutto dodici capitoli, uno per ogni canzone contenuta in un album che ho scoperto pochi giorni prima di andare al cinema a vedere Rogue One grazie a The OA, una serie bellissima che consiglio a tutti anche se con Star Wars non c'entra 'na ciospa. Lancio ufficialmente la gara per scoprire di che album si tratta (?). Perché non c'è il link nel titolo del capitolo. Assolutamente no.

Va bene, mi fermo.
Ringrazio chiunque abbia letto il capitolo, doppiamente chi ha letto anche i deliri le note senza cedere alla voglia di farmi del male fisico.
I commenti e le pedate virtuali (D:) sono ben accetti anche se vengono assieme, magari per ripagare lo screzio vi offrirei un caffé virtuale con biscotti virtuali (la vita è troppo agra per caffé e biscotti veri).

L'ho finita, stavolta davvero.

Bacini bacini
Lechatvert



   
 
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