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Autore: Napee    05/01/2017    9 recensioni
“Ranma?”
“Zitta!”
“Ma...”
“Ti prego Akane, non fare domande. Non parlare. Stiamo così per un po'.”
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una notte molto fredda

Akane si strinse maggiormente la sciarpa intorno al collo.
Quel trenta Dicembre faceva davvero freddo e la neve sembrava non voler smettere mai di cadere, ricoprendo tutta Nerima con il suo bianco candore.
In giro per le strade già non c’era più nessuno, il silenzio regnava sovrano nel quartiere, eccezion fatta per le grida irate del suo, ormai ex, fidanzato che si potevano udire in lontananza.
Probabilmente qualche sua eccentrica pretendente si era inventata l’ennesimo complotto strampalato per accalappiarlo definitivamente.
Akane sbuffò un po' frustrata.
Lei e Ranma avevano rotto il fidanzamento da più di un anno... o meglio, lui aveva deciso di rifiutarla all’altare.
Quando lei gli si era presentata lì, vestita di tutto punto, con i suoi sentimenti ed il suo cuore palpitante colmo di aspettativa.
Ma lui preferì azzuffarsi con gli altri stupidi per quell’insulsa botte d’acqua.
Stizzita aumentò il passo, udendo la voce di lui sempre più vicina.
Quello sarebbe stato il loro secondo anno da non-fidanzati ed era sempre più straziante pensare e realizzare che ormai non vi era più niente che li legasse.
Prima, per quanto stupidamente non accettata, c’era stata l’imposizione del fidanzamento da parte dei rispettivi padri.
Poi era nata quella stramba amicizia dopo le mille avventure passate insieme.
Infine erano subentrati l’amore e quel maledetto orgoglio che non voleva mai abbandonarli.
Si amavano, lo sapevano entrambi.
Akane era pronta a scommettere che niente era cambiato in quei due anni, eppure nessuno dei due aveva ancora pronunciato quelle fatidiche due parole.
E l’argomento “matrimonio” era ben presto stato cancellato dalla lista delle conversazioni da tenere in famiglia.
Dopo due anni, con l’arrivo dell’inverno, il freddo era entrato a congelare anche i loro cuori.
Pian piano Ranma ed Akane si erano allontanati.
Senza discutere, senza un vero motivo, era solo successo.
Scosse la testa cacciando via quei pensieri tristi.
Non voleva pensare a quello stupido proprio durante il periodo che più preferiva dell’anno.
Raggiunse il portone di casa Tendo e lo aprì a fatica a causa della neve ingombrante che ne impediva il  movimento.
Entrò in casa ed un gelido silenzio la face rabbrividire.
Dove erano finiti tutti quanti?
Si tolse le scarpe e gironzolò per la casa alla ricerca di suo padre o delle sue sorelle, ma non vi era traccia di nessuno di questi.
Andò nella sala da pranzo e, proprio sul tavolo, trovò una busta da lettere e due biglietti del treno.
Che strano...
Aprì la busta e lesse il messaggio di suo padre in cui la informava che quest’anno avrebbero passato le feste di fine anno in una bellissima e prestigiosa spa nel sud di Tokyo.
Si ricordava qualcosa... qualche distratta conversazione alla quale avrebbe dovuto prestare decisamente più attenzione.
Continuò a leggere e, con non poca sorpresa, apprese che tutti quanti erano già partiti quella esatta mattina, mentre lei e Ranma erano stati lasciati indietro per l’ultimo giorno di studio sfrenato in biblioteca.
Ma gli erano anche stati lasciati i biglietti per permettere loro di raggiungere tutta la famiglia.
Akane sbuffò contrariata.
Non aveva voglia di sorbirsi un viaggio in treno con Ranma, ma il richiamo dell’acqua calda, del rilassamento e dei massaggi terapeutici erano una tentazione troppo grande a cui dire di no per un motivo tanto futile.
Poggiò la lettere sul tavolo in modo che, quando sarebbe tornato, anche Ranma avrebbe potuto leggerne il contenuto e si diresse in camera per poter preparare la valigia.

Mise l’ultimo maglione nella borsa e chiuse la cerniera soddisfatta.
Era stata molte volte alle terme ed ogni volta ne era uscita rilassatissima ed in pace... chissà se anche con il suo ex in giro sarebbe stato lo stesso.
Probabilmente no...
Già si figurava qualche strampalata idea di come le sue “fidanzate” si sarebbero presentate a rovinare le feste a tutti.
In quel momento, la porta venne sbattuta con forza e la voce di Ranma iniziò ad echeggiare per tutta la casa.
“Papà!” Chiamò il moro, ma senza ottenere risposta alcuna.
Akane uscì dalla stanza e si affacciò dalle scale per poterlo informare della “piacevole novità”.
“Non c’è nessuno, siamo solo io e te.” Rispose lei, attirando su di sé l’attenzione del ragazzo.
“Cosa?! Se è un’altro stupido tentativo per farci stare da soli...”
“Nessuno strano piano. Dobbiamo raggiungere tutti quanti in treno.” Lo interruppe lei con un tono molto più basso di quel che si aspettava.
Ancora non si era abituata del tutto a quella situazione, ancora, il sol vederlo, le faceva battere forte il cuore... ma quella non era una favola, i tempi felici erano finiti, spazzati via dalla crudele scelta di lui.
“Prepara i bagagli, partiamo fra poco per la stazione.” Ordinò seria facendo per tornare in camera sua, quando, all’improvviso, la luce sparì.
“Che diamine è successo?!” Chiese lei già spaventata.
“Probabilmente la nevicata ha fatto saltare la corrente.
Prova a chiamare qualcuno per risolvere il problema. Io intanto vado a fare i bagagli.” La liquidò lui sbrigativo.
Akane si rattristò ulteriormente.
Un tempo, l’avrebbe derisa per quella sua stupida paura del buio, un tempo l’avrebbe fatta arrabbiare di proposito facendole dimenticare della paura... ma quello accadeva solo prima.
Adesso era tutto diverso.
“Stupido idiota” bisbigliò fra sé e sé e si diresse in camera per prendere il cellulare.
Velocemente, digitò il numero del centralino ed attese la risposta.
“Centralino di Nerima nord, qual è l’emergenza?” Rispose una voce gracchiante ed odiosa, probabilmente qualche centralinista frustrata che non voleva lavorare durante le feste.
Akane spiegò velocemente la situazione e la signora scoppiò a riderle in faccia.
La mora strinse frustrata il telefono nella mano finché non lo sentì scricchiolare.
Ma come si permetteva?!
“A causa della neve, tutti i servizi d’emergenza sono occupati con vere emergenze.”
“Ma questa è un’emergenza!” Puntualizzò lei  piccata.
“ Fra poco devo prendere un treno!”
“Buona fortuna, le ferrovie sono state chiuse mezz’ora fa per via del ghiaccio sui binari.”
“Quindi sono bloccata a casa, senza luce e riscaldamento?” Urlò arrabbiata come non mai.
Era già disperata e non sapeva proprio come cavarsela.
“Provvederò a mandarle qualcuno che possa riparare il guasto elettrico, ma, come le ho già detto, ci sono altre emergenze più importanti prima di lei.
Forse il tecnico verrà domani mattina.
Buone feste.” La centralinista le riattaccò  in faccia, congedandola con un ironico, quanto sgradevole, augurio.
In risposta, Akane scaraventò il cellulare contro il muro frantumandolo in mille pezzi.
Questa proprio non ci voleva!
Scese le scale furente, pronta ad informare il suo ex fidanzato della nuova lieta novella.
“Che succede?” Chiese lui voltandosi sorpreso, probabilmente a causa del rumore pesante dei passi di lei.
“Non arriverà nessuno prima di domani e siamo bloccati qui perché le ferrovie sono chiuse.”
Ranma sgranò gli occhi incredulo e scosse la testa improvvisamente.
“Non esiste!” Dichiarò infine.
“Non possono lasciarci qui da soli!”
Fece per prendere il suo cellulare, ma si trovò le tasche vuote.
Provò nella casacca, ma ancora niente.
Corse all’attaccapanni, ma niente nemmeno nella giacca.
“Ranma?” Lo chiamò Akane curiosa sul suo strano comportamento.
“Dannazione! Devo aver lasciato il cellulare in biblioteca... va beh, usa il tuo per avvisare i nostri genitori.”
A quelle parole, Akane si sentì terribilmente in colpa e, timidamente, senza osare guardarlo in faccia, gli rivelò la tremenda fine che aveva fatto il suo telefono.
Ranma non ne rimase troppo sorpreso, in fin dei conti sapeva benissimo quanto potevano essere violente le reazioni di Akane.
“Quindi siamo bloccati qui, senza telefono e senza luce, fino a domani.” Puntualizzò lui, cercando di escogitare un piano che potesse trarli in salvo da quella che si prospettava come “la più temibile notte di sempre”.
“Potremmo chiedere ai vicini di prestarci il telefono.” Propose lei, animata da una nuova speranza.
Entrambi corsero alla porta, provarono ad aprire, ma non riuscirono a smuoverla neanche di un millimetro.
“Che diavolo...?” Si chiese Ranma tentando di sfondarla con un calcio, ma venne spedito a terra dal contraccolpo.
“Deve essere bloccata dalla neve.” Ipotizzò la mora, tentando anche lei di sfondarla con uno dei suoi poderosi pugni.
“Proviamo dalla finestra.” Ipotizzò Ranma correndo in soggiorno, ma anche lì, la storia fu la stessa.
Corsero disperati in ogni stanza, cercando di aprire le finestre e romperle, ma a niente servirono i loro sforzi.
Tutte le uscite sembravano bloccate dalla neve o dal ghiaccio, persino quelle del piano superiore.
“Siamo bloccati...” dichiarò lei sconsolata, triste e dannatamente spaventata.
Che avrebbero fatto?
Presto sarebbe scesa la notte ed il freddo avrebbe iniziato a farsi sentire.
“Che facciamo adesso?” Chiese lei più a sé stessa ( o qualche divinità che l’ascoltasse) più che al codinato.
Ranma ci pensò su.
Quante volte era stato vittima delle intemperie quando ancora viaggiava con suo padre?
Innumerevoli!
Stare bloccato in una casa con tutte le comodità, coperte e cibo sarebbe stato un gioco da ragazzi.
L’unico problema, se così si voleva chiamare, era lei: Akane.
Era terribilmente spaventata, lo si capiva perfettamente da quel labbro sadicamente stretto fra i denti.
E lui sapeva benissimo quanto poteva essere pericolosa Akane quando era spaventata.
Sbuffò scocciato, massaggiandosi una tempia.
La notte non era ancora calata e già aveva un’incredibile emicrania.
“Vai a recuperare le coperte dai letti delle tue sorelle, io farò lo stesso per i letti dei nostri genitori.”
“Perché?” Chiese lei curiosa e stupita di sentire Ranma così deciso e tranquillo.
“Stanotte dovremo dormire insieme per scaldar...”
Neanche finì la frase che un sonoro schiaffo gli bruciò l’epidermide della guancia.
“Akane, ma che diav...?” Tentò di protestare, tentò di ribellarsi, ma la vista dei suoi occhi velati di lacrime gli fermarono le parole in gola.
Lei stava per piangere per quello che lui aveva appena detto... ma non ne capiva il motivo.
Perché piangere?
Come aveva fatto a ferirla?
Aveva detto qualcosa di tanto osceno?
Mica avrebbe approfittato di lei!
“Ma che ti prende adesso?!” Sbottò lui, forse un po' più irritato di quanto volesse.
In realtà non ce l’aveva con lei, ma con sé stesso.
Non era mai stato bravo a dialogare con Akane.
Ogni volta che provava a parlarle, finivano per litigare... ma adesso era da un bel po' che questo non accadeva.
A dire il vero, non parlavano quasi più dal giorno... del quasi matrimonio.
Deglutì a fatica.
Akane ed il fidanzamento erano sempre stati un argomento delicato per lui, soprattutto quando si aggiungeva quel dannatissimo orgoglio.
Ma adesso...
Adesso niente era più come prima, tutto era cambiato, tutto era diverso, persino lei.
Quell’infausto giorno aveva segnato un momento di rottura fra loro e pian pianino avevano iniziato al allontanarsi gradualmente, senza nemmeno rendersene davvero conto.
Eppure era successo.
E quel “sei davvero uno stupido” bisbigliato con voce incrinata dalle lacrime, prima di fuggire al piano di sopra,  fu l’ennesima conferma dei suoi cattivi presagi.
Akane si era definitivamente allontanata da lui.

Ranma si raggomitolò su sé stesso, tirandosi le coperte fin sopra la testa.
L’immagine di Akane che piangeva, il suo viso sciupato da quelle gocce salate, non voleva proprio abbandonare la sua mente e tornava a tormentarlo ogni qualvolta chiudesse gli occhi.
Era stranamente doloroso litigare con lei dopo tanto tempo di silenzio.
Non c’era più abituato a sentirla sbraitare o vederla menare le ma...
Scosse la testa.
Akane non aveva fatto niente di tutto ciò e questo lo terrorizzava ancor di più.
Aveva pianto, gli aveva dato uno schieffetto, aveva sussurrato un insulto ed era andata via.
Una morsa crudele gli strinse lo stomaco in un nodo tanto stretto quanto soffocante.
Qualcosa fra loro era cambiato... ed era cambiato talmente piano, lentamente, che neppure se n’era accorto.
Scacciò via le coperte con stizza, facendosi colpire dall’aria fredda della solitudine che avvolgeva la stanza.
Così non andava bene per niente...
Si alzò in piedi deciso a cercarla e chiarire una volta per tutte. E poco gli importava se ci avesse rimesso i connotati!
Voleva una reazione da Akane e la pretendeva subito!
Quel mutismo ostinato era durato fin troppo per i suoi gusti.
Salì la rampa di scale e raggiunse la stanza della ragazza.
Non aveva bisogno di cercarla, sapeva che era lì, raggomitolata nel letto a piangere, come faceva sempre quando era particolarmente triste ed arrabbiata.
Accostò l’orecchio alla porta ed i singulti che provenivano dall’interno furono l’ennesima stilettata al suo cuore.
L’aveva udita piangere innumerevoli volte, l’aveva vista piangere altrettante, ma mai aveva sentito quel doloroso pianto sommesso.
I singhiozzi erano “spezzati”, quasi come se si stesse trattenendo per non farsi sentire.
Che sapesse che lui era lì fuori?
“Akane...”
“Vattene.”
Voce incolore, monocorde, dura ed impassibile.
Per Ranma fu l’ennesima stilettata.
“Voglio scusarmi...”
“Non mi interessa.”
Ranma poggiò la fronte contro la porta in legno e sospirò esasperato.
“Non allontanarmi proprio ora... dannazione!” Imprecò in un sussurro.
Che diamine!
Aveva ingoiato il suo dannato orgoglio, era salito su per quella gelida rampa di scale ed ora si ritrovava a parlare ad una stupida porta!
“Non mi interessa se non vuoi ascoltarmi, io parlerò lo stesso!” Berciò irritato sbattendo un palmo contro il legno freddo dell’infisso.
Dalla stanza non vi fu risposta, così raccolse tutti quei buoni propositi che l’avevano spinto fin lì e, sospirando, decise di confessare.
“Sto male quando fai così.”
Sospirò esausto. Quello era solo l’inizio, lo sapeva benissimo, ma intanto il primo passo era stato fatto.
“Non voglio che...”
Che? Che ti allontani da me!
Cavolo! Perché era così difficile...
“Che ti allontani ancora.” Chiuse gli occhi ed arrossì.
Adesso ci si metteva pure la timidezza ad ostacolarlo... possibile che non gliene andasse dritta una?!
Ringraziò mentalmente quella solida porta in legno che gli impediva di averla davanti.
Paradossalmente, per quanto la odiasse perché era d’ostacolo, l’adorava tremendamente perché gli rendeva quella confessione più semplice.
Prese fiato. Afferrò gli stipiti ai lati dell’infisso come per cercarvi un appiglio.
“Da me!”
Quasi urlò quelle due semplici parole.
Si ritrovò a boccheggiare stremato, come dopo un’estenuante allenamento.
Finalmente aveva parlato, finalmente era riuscito a sciogliere quel nodo che aveva allo stomaco!
Il cigolio dei cardini, annunciò l’apertura della porta della stanza di Akane.
Ranma deglutì spaventato.
Per la prima volta, da quando la conosceva, temeva una reazione da parte della mora.
Alzò gli occhi e subito la figura minuta della piccola Tendo invase il suo campo visivo.
Deglutì ancora. La bocca sembrava stranamente impastata.
“Ranma...” iniziò lei in un sussurro.
Akane era stupita e spaesata quasi quanto lui, ma nei suoi occhi di cioccolato, brillava una luce che da tempo si era affievolita fin quasi a spegnersi.
Ranma strinse la presa sugli stipiti in legno, che scricchiolarono sofferenti.
Quella era la sua occasione.
Se voleva cambiare le cose fra loro, se voleva dare una svolta a quella situazione, quello era il momento di agire!
“Akane... io...” le parole si fermarono in gola, bloccate da una voce troppo traballante per essere in grado di sostenerle.
Ti amo! Ti amo ancora! Ti amo come il primo giorno!
Dannazione!
Perché non riusciva più a parlare?!
Dov’erano finiti tutta l’audacia ed il coraggio di prima?!
Si morse il labbro inferiore finché il sapore ferrigno del sangue non gli invase la bocca.
Parla! Avanti!
“Tu...cosa, Ranma?” Lo incalzò lei avvicinandosi di un passo e cercando cautamente gli occhi sfuggenti del moro.
Dannazione!
Lei stava aspettando, ma non lo avrebbe mai atteso per sempre!
Ranma inspirò profondamente e si tuffò negli occhi di lei, deciso come non mai a dare voce ai suoi pensieri.
“...io...i-io... Dannazione!” Imprecò, incapace di continuare.
Perché non riusciva più a parlare?!
Perché il solo vederla lo pietrificava?!
Non poteva continuare così, ne era consapevole, ma quella stessa consapevolezza lo stava pian piano uccidendo dentro.
Lo consumava lentamente, come il mare che usura gli scogli, rendendoli lisci e levigati.
Lentamente, con calma, dapprima smussando gli angoli, finché poi non riesce infine a mutarli in una forma totalmente differente.
E così stava accadendo a lui ed Akane.
Quello stupido orgoglio, quella sciocca timidezza, li stavano allontanando per sempre, mutando e cambiando drasticamente il loro rapporto.
E ciò stava avvenendo talmente piano che entrambi non se ne erano neppure accorti.
Quel momento si stava rivelando l’istante decisivo.
Uscire dall’acqua e non essere più soggetti al cambiamento o continuare a farsi usurare?
“Io...” tentò nuovamente, ma la voce mancò del tutto stavolta e, codarda, decise di rimanere nascosta nella gola.
A quel punto, Ranma abbassò il capo sconfitto.
Akane sorrise debolmente di quella reazione, ma quell’accenno di sorriso morì presto...troppo presto.
La scelta era stata fatta, l’orgoglio e la timidezza avevano infine trionfato.
“Scusami, vorrei dormire adesso.” Disse lei sbrigativa indietreggiando.
Era finita... era davvero finita dopo tutto quel tempo?
Ranma non poteva accettarlo.
Non poteva arrendersi così! Lui non si arrendeva dinnanzi a niente!
Senza osare alzare lo sguardo su di lei, l’afferrò per una mano e la strattonò verso di sé, facendola cozzare contro il proprio torace.
Lesto, la intrappolò fra le sue braccia e nascose il volto nell’incavo della sua spalla.
In quel momento, con le guance che sembravano pomodori maturi, non poteva rischiare di farsi vedere da lei.
“Ranma?”
“Zitta!”
“Ma...”
“Ti prego Akane, non fare domande. Non parlare. Stiamo così per un po'.” La interruppe lui cercando di mantenere un tono di voce quantomeno stabile.
L’odore di lei lo stava inebriando, il suo corpicino premuto contro il proprio era un sogno che si avvera, ed il suo battito in tumulto era pura poesia.
Ranma dovette appellarsi a tutti i Kami per non agire come un bambino ed allontanarla per scappare da quella situazione.
Dopo qualche minuto, Akane si mosse fra le sue braccia cercando di farsi più spazio.
Ranma allentò la presa, convinto di gravarle troppo o di soffocarla.
All’improvviso, ci fu uno scambio di sguardi fugace.
Gli occhi di lei brillavano di quella luce particolare che era svanita nel tempo, mentre quelli di Ranma erano velati da un misto di vergogna e timidezza.
Poi un sorriso: semplice, amorevole, sereno.
Fu l’ultima cosa che vide Ranma prima che Akane si alzasse sulle punte per unire le loro labbra.

 
  
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