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Autore: Importantbusinesseu    05/01/2017    1 recensioni
Yoongi non piange. Yoongi scrive.
Genere: Angst, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Seokjin/ Jin, Min Yoongi/ Suga
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Twilight omens in my life 
Then I hear your name 

[song-fic: Addict with a pen]

 
Le notti insonni erano più di quelle in cui dormiva. Yoongi si svegliava di soprassalto, colpito dal freddo gelido della sua stanza. Ammirava riluttante l'ombra delle pareti discendere con ostilità, stringendolo in una morsa inevitabile. 
Rare erano le volte in cui ricordava i suoi sogni. Erano sempre una massa oscura, un continuo vagare nella sua mente e toccare tasti che stuzzicavano il suo corpo. Voci che sussurravano parole senza inizio e fine, ma che lo lasciavano sempre sconcertato ogni qual volta che il suo subconscio lo interrogava. Altre volte si beffava di lui mostrandogli un gioco ripetitivo di tonalità rosse e blu che lo vedevano protagonista di decisioni che non sapeva prendere. Erano fantasie macabre, ricordi storpiati e persone che gli voltavano le spalle. La sua coscienza faceva ristagnare i suoi peggiori timori.
Si destava dal suo sonno con una sensazione invadente che si attorcigliava nello stomaco, mentre la sorpresa sfoggiava i suoi peggiori giochetti ingannevoli spogliandolo del suo respiro. Il sangue incendiava le orecchie e il respiro si riduceva ad un fischio che rintoccava come una lancetta nella sua testa. Yoongi si sentiva smarrito. 
Nessuno avrebbe potuto biasimarlo per il suo cattivo umore, era quasi inutile il suo tentativo di affievolire il caos che si scatenava nella sua testa con delle qualsiasi vitamine. 
Si era sempre sentito preso in giro dalle persone sorridenti stampate sulla scatola, ignari di come bastasse saltare un giorno all'appello e la mancanza li avrebbe resi irritabili come la carta vetro.
Niente gli avrebbe restituito le sue ore di sonno. La sua stanza era una frontiera ignota. Era così difficile convincersi di come un luogo così intimo potesse rifiutarlo, rendere ogni percezione di una freddezza spiacevole, accompagnata dal costante turbamento che possa essere effettivamente cambiato qualcosa, che qualcuno abbia frugato nei suoi pensieri convertendoli in qualcosa di spaventoso.

Ed era arrivato al limite, alla follia angosciante. Ogni sua decisione risultava impulsiva, la sua volubilità feriva chiunque gli si avvicinasse come una meteora. Aveva dunque deciso di stare in bilico tra due oceani, di sentirsi protagonista del monologo Shakespeariano e sedere sul bordo della finestra, le gambe che oscillavano dall'estremità, tremando dal freddo invernale e dall'adrenalina scorrere senza tregua. 
Guardava i cristalli di neve oscillare intorno alle gambe scoperte. Era così vicino, così vicino da sentirsi parte di qualcosa di mostruosamente immenso.

Aveva pensato al suo banco vuoto. All'improvviso le sue mani avevano smesso di reggersi.

Aveva ricordato come avessero dimenticato il suo compleanno, la sua testa si inclinava a guardare oltre il davanzale. Le strade erano vuote.

Aveva pensato a come i suoi amici ignorassero il suo cambiamento e aveva chiuso gli occhi.

Risuonavano nelle sue orecchie le prediche del padre per averlo educato in modo sbagliato. Yoongi si spostava innanzi.

Le luci della notte rendevano ancor più pallida la sua pelle. Sua madre diceva sempre che pareva trasparente. Alle volte storpiava il naso rimproverandosi di avere un figlio malato. Yoongi voleva solo cedere. Cadere giù giù per non pentirsi il giorno dopo.
Aveva pensato a quanto potesse essere stupido, il suo ultimo pensiero sarebbe stato uno sciocco disdegno verso delle luci natalizie, ma aveva fatto rinascere un innocuo pensiero, il quale lampeggiava ancora debole nei suoi ricordi. Gli aveva restituito la calma, un'immagine meravigliosa e un suono piacevole che danzava nella sua mente.
Aveva imparato a vedere l'albero sempre vuoto, le stesse decorazioni rosse e blu, e i singhiozzi di sua madre perché il suo Natale non era mai perfetto. Litigava senza tregua al telefono con suo fratello perché, come ogni anno, si ripresentava la solita scusa del lavoro. Somigliava a suo padre: era sempre assente.

Ma in ogni sua memoria spiccava il dolce suono di un piano marrone. Mascherava le urla, consolava il suo cuore. Yoongi aveva chiuso la finestra dietro di sé, correndo lungo il corridoio, trovando finalmente pace una volta poggiate le dita sulle note bianche come la sua carnagione. Un movimento lento, una carezza leggera e cauta che gli aveva regalato un sospiro di sollievo.


Yoongi si era lasciato sfuggire quell'episodio alla persona peggiore con cui potesse confidarsi, o meglio, la psicologa scolastica era riuscita a tirargli fuori le parole dalla bocca. Aveva un'aria orribile gli aveva confessato. 
Non appena sua madre era venuta a conoscenza del suo tentativo mal riuscito di fare un salto dal quarto piano, sembrava non voler smettere di lagnarsi, e Yoongi era quasi sicuro che avrebbe firmato un qualunque modulo di adozione solo per levarsi il pensiero di avere un figlio instabile. Delle volte glielo confessava, senza preavviso, senza colpa, desiderava mollare ogni cosa e ricominciare da capo, ma Yoongi si convinceva che fosse il terzo bicchiere di vino a parlare per lei.

Un ragazzo non avrebbe mai dovuto scrivere un diario, "Sono minchiate adolescenziali" mormorava suo padre alla consulente scolastica ogni volta che entrava nel suo studio. Così chiamarlo "quaderno" sembrava più opportuno, mentre "registro" era il termine che preferiva la consulente scolastica.
 
Hello, we haven't talked in quite some time. I know I haven't been the
best of sons.
Hello I've been traveling in the desert of my mind. And I haven't found a drop of life.



 
Anche quando suo padre aveva buttato il cosiddetto quaderno nella spazzatura, perché la superficialità non aveva cure, Yoongi non aveva battuto ciglio. 
Appena aveva sentito la porta sbattere, i passi distanti, aveva sospirato ancora e recuperato pagine nuove. 

La scrittura lo etichettava come soggetto debole. Altri avrebbero potuto considerarlo come prova schiacciante della sua omosessualità e avrebbe ricevuto sempre quelle occhiate inquisitorie ogni volta che, alzato lo sguardo dalle righe ingiallite, sua madre avrebbe visto ogni suo movimento come segnale del suo peggioramento, oppure una critica ad ogni suo gesto. 
La sua condizione rendeva chiunque intorno a lui insicuro, e la sua solitudine aveva reso le sue lacrime un ricordo lontano, forse un'allucinazione, trovando liberatorio ogni colpo di mano intorno alla penna.

Non aveva mai pianto quando cadeva agli allenamenti di basket, o quando il suo compagno di squadra gli tirava il solito pugno alla spalla perché lo trovava divertente, lasciando sulla sua pelle piccoli lividi che tastava con le dita solo per percepirne ancora il dolore.
Dei piccoli buchi nella pelle pallida, che si mischiavano con l'acqua ogni volta che faceva la doccia. E sua madre insisteva, stringeva il suo polso possessivamente, mettendo in scena le peggiori tragedie. Quanto era drammatica, riusciva sempre a trovare il coraggio di abbassare la cornetta del telefono e chiedergli perché tornasse a casa sempre solo, ripetergli quanto fosse magro squadrandolo dall'altra parte del tavolo, ma ancora di più non sopportava come la sua voce fosse sempre simile ad un lamento, quando lo incolpava di prendere con troppa leggerezza la vita mentre lei affogava la sua nel vino.

Sotto la doccia, Yoongi solleticava con le dita i lividi sul braccio, emettendo ulteriori sospiri ricordandosi come fosse l'unico a non sorridere ogni volta che lo colpivano. Niente per cui valesse la pena piangere.

La doccia era il momento che preferiva, le sue mani bruciavano di un calore inusuale, incontravano le pareti del suo corpo, percorrevano i suoi confini, e ogni volta era come esplorarli come fosse la prima, sostando le dita in quello spazio insolito tra le costole. Allacciava le braccia intorno alla vita per stringersi più a quel calore simile ad un abbraccio, finché la sua pelle non l'implorava di separarsene, bruciando di un gentile rossore. Goccia dopo goccia scivolava dalle sue ciglia fino alla punta dei piedi. Yoongi trovava il suono melodico come la tastiera del suo piano.

 
I try desperately to run through the sand as I hold the water in the palm of my hand
 


Non aveva pianto ai funerali, non riusciva a capire come si potesse odiare così tanto una persona e poi piangere una volta giunta la sua morte come se quell'ostilità, quelle parole che si sbilanciavano convertendosi in amare confessioni, gli sguardi schivi, le cattiveria sussurrate alle spalle, sembravano essere perdonate, o forse erano semplicemente morte.
Yoongi di suo nonno ricordava solo l'appartamento simile ad una casa per le bambole e la puzza di fumo ormai rappreso nella carta da parati, la quale regnava in ogni stanza nonostante le finestre fossero sempre aperte. Il freddo era insostenibile. Gli spifferi si mischiavano in quell'ambiente pittoresco e scoordinato: l'odore di mobili antichi, i vasi pieni di polvere e i respiri di tante persone che si stringevano in abbracci soffocanti, il nero dei loro vestiti a renderli una macchia sporca in una sala color pastello.
Presto anche Yoongi avrebbe cominciato a fumare, quasi lo trovava ironico, aveva sempre detestato quando suo nonno accendeva la sigaretta davanti a lui.

-Va tutto bene, puoi piangere se vuoi. Yoongi, piangi. - 

Diceva sua madre mortificata, le sue orbite luccicanti ormai non facevano alcuna impressione. Avrebbe potuto piangere per un vaso rotto, per una trasmissione televisiva o per una vecchia canzone che ascoltava al liceo, non era poi così diverso un funerale. Forse era da lei che aveva ereditato la sua personalità fragile.

Yoongi era seduto sulla poltrona di tessuto giallo, i cui fiori sembravano solamente appassiti come i fili scuciti sui bordi. Spariva tra i cuscini di quella poltrona antiquata. I suoi parenti si avvicinavano solo per dispiacersi con lui, come se si sentissero in dovere di dirgli qualcosa, di ricordargli quanto suo nonno fosse una persona straordinaria, riuscendo solo ad accrescere il suo disagio. I fiori finti, le sedie scomode, la voce rotta dei suoi famigliari leggere i loro saluti su un foglietto a righe. Yoongi era infastidito dalla loro mancanza di originalità.

Yoongi non avrebbe avuto molto da ricordare. Avrebbe sostato la sigaretta tra le labbra, i gomiti poggiati sullo stesso davanzale della sua camera, e guardando il cielo come se stesse sfogliando il suo diario, avrebbe pensato a quanto, fino a quel momento, avesse sottovalutato il DNA.

E oltre ad un pessimo carattere, il sapore cattivo sulla punta della lingua, e una vecchia Fuji Film che conservava in una scatola, di suo nonno gli era rimasta una piccola, ma travolgente attrazione per un pianoforte marrone che sostava in ogni angolo della sua memoria. Ed era tutto ciò di cui aveva bisogno.

 
Cause it's all that I have and it's all that I need and the waves of the water mean nothing to me


 
Odiava quando gli altri prendevano decisioni per lui.

-Non vuoi iscriverti anche tu al corso di musica? - gli aveva chiesto Seokjin cercando di richiamare la sua attenzione con alcune gomitate al braccio. Yoongi non riusciva a capire cosa ci fosse di tanto entusiasmante in una recita scolastica, eppure tutti si erano radunati intorno a quel pezzo di carta appeso ad una bacheca che credeva inutile, e che ancora continuava ad esserlo.

-Alle ragazze piacciono i musicisti. - aveva continuato. Peccato che a Seokjin mancasse il senso del ritmo, ma non di certo una bella faccia.

Yoongi non ricordava nemmeno come fossero diventati amici. Non aveva sentito il bisogno di parlare di sé, ma era quasi impossibile farlo in presenza di un soggetto così logorroico. Era rumoroso, sognatore, dai gusti discutibili e con una sicurezza che Yoongi trovava semplicemente ridicola. Già aveva smesso di far caso a tutto quello che riteneva un difetto, in fondo non gli dispiacevano le sue pessime barzellette, ed essere salutato energicamente al mattino nonostante fosse troppo stanco e scontroso per ribattere. Non gli dispiaceva avere un amico.

-Ho sempre desiderato fare l'idol- aggiunse, stringendo sempre di più la presa intorno ai libri, come se avesse timore di lasciarsi sfuggire l'occasione dalle mani.

-Yoongi, sei proprio sicuro di non voler partecipare? - 

Yoongi aveva annuito in silenzio, aveva preso abbastanza lezioni di musica da sapere che ricevere ordini non era di suo gradimento, a maggior ragione se doveva mettere in scena una stupida recita.

-Avevo visto - mmh sì- per sbaglio ho visto i tuoi spartiti e mi sembrava una cosa seria- Seokjin non riusciva mai a concludere una frase, ci girava sempre intorno, come se si potesse svoltare sempre a destra ad una rotonda, percorrere la stessa strada senza mai andare a sbattere - così ho scritto io il tuo nome sul modulo. -
 
As a walking denial
My trial was filed as a crazy

Suicidal head case

 

Ad ogni seduta con la consulente scolastica era sempre stato scomodo sentire il rumore delle pagine sfogliate, fino a quando non era arrivato alla conclusione di dover fingersi impacciato, aspetto che feriva il suo perfezionismo maniacale, soltanto perché il suo quaderno era diventato prezioso. Così, con un accenno di colpevolezza nel suo tono di voce si scusava di aver lasciato il suo diario in casa.

-Non potrò aiutarti se non collabori- aveva detto la sua consulente, -io credo che ti farà bene stare lontano da casa per un po' - aggiunse nascondendo il modulo dietro la schiena. 

Era così ripetitiva, i suoi vestiti così eccentrici, e il suo viso troppo giovane da pretendere rispetto. 
Odiava il suo modo di stringergli la spalla come se dovesse sempre essere consolato. Pareva prendersi gioco della sua debolezza, oppure pensava solamente di conferirgli coraggio di cui poteva sinceramente fare a meno.

-Non dire subito no Yoongi- un sorriso insopportabile cucito sulle sue labbra -vedrai che ti piacerà. -

Yoongi non sapeva distinguere tra torto e favore, ma quando si era seduto in una di quelle poltroncine pieghevoli, la schiena ritta e la pessima abitudine di inchiodare gli occhi alla porta come se fosse in procinto di scappare, poteva solo pentirsi di aver dato ascolto a quella hippie della sua psicologa scolastica.
Dall'altro lato Seokjin era pieno di eccitazione, continuava a muovere nervosamente la gamba, facendo tremare anche il pavimento. 
Aveva portato la custodia nera con dentro il suo violino. 

-È uno strumento difficile da suonare, sto ancora imparando- continuava a giustificarsi.

Yoongi osservava le persone nella sala, c'era il solito gruppo di amici, quelli che sembravano appiccicati con la colla, e chi invece poggiava la mano sulla sedia vicino, occupando un posto che forse sarebbe rimasto vuoto.
I sussurri erano pieni di sfumature, tutti avevano l'irrefrenabile bisogno di dire qualcosa, mentre Yoongi, Yoongi non era sicuro di quali fossero i suoi pensieri.

-Jeon Jungkook, non c'era il tuo nome nella lista. -

-Mi dispiace, è troppo tardi per partecipare? -

 
I'm just being dramatic
In fact, I'm only at it again 
As an addict with a pen



L'aveva salutato con una naturalezza che lo innervosiva, e Yoongi avrebbe preferito mille volte che il suo sorriso fosse falso come quello di tutti gli altri. Aveva sorriso in modo ancora più vivace quando aveva beccato Yoongi fissarlo in aula mensa, quando i loro occhi si incrociavano per i corridoio per necessità, come se il caso si fosse ritirato all'improvviso solo per riempire, in maniera del tutto inaspettata, quelle giornate vuote di una attrazione stimolante. Un innocuo desiderio di scambiare una parola, una risata sommessa non appena Yoongi distoglieva per primo lo sguardo, mostrando la sua solita noncuranza altalenante. Si ammoniva sempre di essere patetico. Far finta di niente era patetico, girarsi a controllare se Jungkook lo stesse guardando ancora di più.

Ardeva dalla rabbia per la sua mancata indifferenza, che man mano si sviliva per aver provato invidia vedendo Jungkook posare le dita sulla tastiera, canticchiando la stessa melodia come se fosse essenziale coprire quel suono al quale era abituato. Quanto odiava tutti quei apprezzamenti verso il suo immancabile talento. Era destinato ad essere la stella dello spettacolo, e Yoongi, invece, doveva suonare alla sua sinistra.

-Potevi risparmiartelo. - borbottava

-Hai detto qualcosa? -

 
But it's the end of today
End of my ways
 

La solitudine era sopportabile, non era il male maggiore, ma aveva le sue controindicazioni. Gli bastava scrivere due parole incoerenti, incompatibili, scomode come la penna nella sua mano, che lo infastidivano come il contatto con il materiale. Si sarebbe sentito svuotato.

Non voleva una bella faccia come amico, un ragazzo mediamente sfigato che rideva per qualsiasi stronzata, però doveva anche considerare che i patiti dello sport erano una categoria ancora peggiore. Non voleva sentirsi parte di un gruppo, accondiscendendone ogni gesto immaturo solo per sentirsi superiore, che poi, a ridicolizzarsi in quel modo, Yoongi avrebbe di gran lunga preferito essere calpestato dalle loro scarpe firmate.
Non riteneva indispensabile quel corso di musica. Fare amicizia era l'ultimo dei suoi pensieri. 

Eppure percepiva sempre certi occhi dietro la sua nuca, che lo rendevano incapace di muoversi. Jungkook continuava sempre a guardarlo con ammirazione, o forse Yoongi aveva semplicemente frainteso quei piccoli occhi nocciola dietro lo specchio di una montatura di occhiali.
Aveva sempre visto il ragazzo in quella cerchia di persone che occupavano un piedistallo immaginario: tutti li temevano, ma nessuno li odiava davvero. 
Erano un branco di lupi, un momento prima erano pronti ad attaccare, un momento dopo erano i tuoi animali domestici. Ed eccolo, lo studente modello, il rappresentante di classe, un ragazzo con la fedina penale completamente pulita. Il ragazzo bello e intelligente, quello che fa sempre meglio degli altri, con un accento inglese invidiabile. Convinto di cambiare il mondo solo per i suoi diplomi appesi in casa.

-Mi ha detto Seokjin che scrivi canzoni- aveva detto, sembrava quasi nervoso e Yoongi stentava a credere che fosse la sua presenza a farlo sentire a disagio -mi serve il tuo aiuto. È un concorso importante.-

-È divertente vederti in difficoltà- si era trovato ad ammettere -pensavo non prendessi insegnamenti da nessuno. -
 
 
Who's addicted to the wind
As it blows me back and forth
Mindless, spineless, and pretend

 
 
Yoongi non lasciava mai toccare ciò che era suo. I suoi polsini portafortuna li portava sempre con sé per paura che qualcuno glieli rubasse. Nascondeva quello che sembrava un diario sotto il suo materasso perché il solo pensiero che finisse nelle mani sbagliate lo assillava. Yoongi strappava le pagine del quaderno quando le sue parole lo intimidivano, non condivideva mai le sue caramelle alla menta, scuotendo sempre la testa quando gliene chiedevano una. Nessuno poteva toccare le sue cose.

-Mi insegneresti a suonarla? -

Yoongi aveva lasciato che Jungkook lo seguisse fino a casa. Ricordava come la sua irrequietezza lo costringesse ad essere sempre due passi più avanti, evitando la vicinanza del ragazzo. Il vento gli scompigliava i capelli neri, costringendolo a stringere gli occhi in due piccole fessure, e Yoongi si chiedeva perché avesse deciso proprio quel giorno di non portare gli occhiali. Ricordava la sceneggiata di sua madre quando aveva riattaccato il telefono. Era la prima volta che sembrava gioire, la sua curiosità invadente l'aveva resa molto più che ospitale. Il sorriso tirato a cui era abituato era scomparso, lasciando spazio ad un'espressione rilassata. Yoongi faceva fatica a digerire quel comportamento.

Jungkook era seduto dietro al suo pianoforte, quello che sostava sempre nei suoi pensieri, lo stesso che suonava suo nonno durante la festa del raccolto, quando la famiglia si riuniva controvoglia e la casa puzzava di fumo e di sfida.

"Le canzoni tristi non sono per i morti" diceva con una solennità tale che era impossibile da non convincersene e suo padre incolpava sempre l'uomo di riempire la sua mente di perversioni, tanto che Yoongi era quasi sicuro che si divertisse a vedere il suo animo tormentato.

Jungkook aveva adorato la sua canzone più brutta, diceva che quell'opera dolciastra gli raccontava una storia.
"È un tipo di solitudine strana", e Yoongi aveva riso di sé stesso. Si sentiva deriso.

Aveva poggiato il petto contro la schiena del minore, le braccia ad avvolgerlo con esitazione. Yoongi faceva qualsiasi cosa per non perdere la concentrazione, gli piaceva ancor di più il suono della canzone che aveva composto se i loro cuori ne seguivano il ritmo. Il profumo di sapone gli riempiva le narici, era piacevole, tanto da voler circondarsi solo e soltanto di quell'essenza. Ne aveva sentito la mancanza una volta che i suoi vestiti avevano perso il segno del suo passaggio.


Quando Yoongi non veniva a scuola, Jungkook si presentava davanti alla porta di casa sua.

-Puoi smetterla di autoinvitarti a casa mia? - continuava a chiedere divertito.

-Perché non sei venuto oggi? -

-Non sono affari tuoi. - Era così difficile rifiutarlo.


Sono svariati, infiniti i momenti in cui si ci accorge di essere instabile, ma c'è chi è depresso un giorno, forse due, e chi invece non sa nemmeno di esserlo. 
Yoongi si era reso conto di essere depresso quando improvvisamente, quello che per lui era la normalità, si era trasformata in una realtà mostruosa. 
Un po' ne era terrorizzato, Jungkook gli stava regalando momenti concreti, non erano frutto della sua immaginazione. Non era un incubo da cui svegliarsi con la consapevolezza che fosse solo finzione, no, erano dialoghi veri, discussioni in cui perdeva sempre. Momenti così nitidi di cui ricordava perfettamente le parole, gli sguardi, il modo in cui Jungkook arricciava il naso perché la sua stanza era fredda. Lasciava sempre la finestra aperta, non voleva che sapesse dei suoi vizi.
Era terrorizzato da quelle che erano divenute abitudini. Yoongi improvvisamente aveva riscoperto il gusto del mangiare. Era così bello mangiare in compagnia, anche le peggiori schifezze che compravano al supermercato con quegli spiccioli dimenticati nelle tasche. Era diventato divertente criticare le insalate che preparava sua madre solo perché non era capace a cucinare. Era bello condividere la sua musica con qualcuno, addormentarsi l'uno accanto all'altro con gli auricolari ancora nelle orecchie. Jungkook occupava sempre la metà destra del suo letto, era diventato difficile sopportare la sua mancanza.
Odiava i suoi puzzle, ma adorava il modo in cui litigavano quando criticava i suoi gusti musicali. Non sopportava la sua invadenza. Con quale sfacciataggine toccava le sue cose? Perché voleva indossare i suoi vestiti e usare il suo shampoo?
Ciò nonostante Yoongi lasciava colmasse le pareti di istanti, attimi innocenti su cui rimuginava una volta a letto. Non riusciva proprio a frenare il tremito delle sue mani che nascondeva sotto il suo peso, il calore appiccicato al collo che giustificava come febbre. Il suo corpo stava reagendo in modo incontrollato solo al ricordo di una silhouette minuta seduta ai piedi del divano il venerdì sera, il tenero modo in cui si impegnava a scegliere un film che piacesse ad entrambi. 
Yoongi avrebbe continuato ad ammirare il petto del più piccolo alzarsi e abbassarsi quelle volte in cui si addormentava, la testa appoggiata al suo ginocchio, mentre le sue dita affusolate giocavano con i capelli corvini. Qualcosa era cambiato. Avrebbe dovuto intuirlo dalla costante stretta allo stomaco e una ventata di emotività a cui non sapeva dare nome.

Aveva sempre camminato nella sabbia. Ogni granello che sfuggiva dalle sue mani era prova della sua volubilità: riusciva a trovare il coraggio per chinarsi ed afferrarne una manicata, quanto bastava per riempire i suoi palmi e lasciarla correre via al vento con falsa incuranza.

Ma in un angolo del suo soggiorno ci sarebbe sempre stato il suo pianoforte marrone a restituirgli parte della sua felicità sommersa. Il piacere di tastare le note e riprodurre battiti, risate, il suono dei passi nel corridoio e il rumore dei rintocchi alla porta della sua stanza.
"È così bello" aveva detto a sua madre quando la sua statura non superava quella della cassa armonica, finché quell'immagine aveva assunto la schiena di una polo perfettamente abbottonata e due mani che si scontrano sulla stessa tastiera. Nella stanza risuonava sempre una canzone che sarebbe diventata la loro.
 
And I'm lying here just crying
So wash me with your water
 

Yoongi non piangeva mai, e nessuno si aspettava diversamente. 

Non aveva pianto al funerale di suo nonno, non aveva pianto quando l'avevano cacciato dalla squadra di basket e nemmeno quando suo padre l'aveva umiliato davanti a tutta la famiglia per le sue abitudini anormali come fosse una barzelletta.

Aveva versato abbastanza lacrime da cacciarle indietro ogni volta che le avvertiva pizzicargli gli angoli degli occhi. Delle volte non c'era motivo, bastava solo indugiare lo sguardo verso lo specchio, scrutare il suo volto e notare la sua trasformazione.
E Yoongi aveva avuto paura quell'attimo in cui aveva aperto la porta della sua camera e intravisto il suo profilo preferito, la curva delle sue spalle coperta dal solito maglione scuro. Quel viso da copertina incorniciato dai capelli scuri le cui punte accarezzavano le ciglia, delle guance arrossite che aveva imparato ad osservare con dolcezza. Perché teneva tra le mani il suo diario? Perché lo tradiva in questo modo?

-Che cosa stai facendo? - e ancora -nessuno ti ha dato il permesso di toccare la mia roba! -

E adesso che sapeva, con che audacia riusciva ancora a guardarlo negli occhi? Il suo riflesso si era rotto in un pianto isterico, le sue lacrime lo soffocavano come nei suoi incubi. Le spalle tremavano spasmodicamente, scosse da un dolore interiore che gli schiacciava il petto e una sensazione spiazzante pugnalargli la schiena più e più volte. Era come rinfacciare il nemico una seconda volta. Freme dentro di noi e si ripresenta in maniera violenta, ci trascina in una lenta discesa verso il fondo dell'oceano. Jungkook era una brezza gentile che increspava le acque, rendendole deliziose alla vista, così serene al tatto una volta accarezzata la superficie. Quella magia, quel senso di benessere si era rotto in un sonoro singhiozzo, quando aveva avvertito delle braccia cingergli la vita.

"Vattene via" ripeteva contro il suo petto, in modo così infantile, ma le parole facevano fatica ad uscire quando il ragazzo rispondeva stringendolo ancora più forte ad ogni sua supplica. La sua voce dolce a sussurrargli belle parole nell'orecchio.

-Il tuo naso è carino quando piangi-

-Idiota- aveva mormorato in risposta, asciugandosi le guance con i lembi del suo pigiama. Non aveva smesso di aggrapparsi alla sua maglia con ostinazione. Avrebbe ceduto.

Un pensiero innocente balenava improvviso nei loro occhi. Le loro fronti erano allineate a formare un'armonia imperfetta, incapaci di sciogliere l'abbraccio. Quella vicinanza non era un rifiuto.
Lo spazio era stretto. Era difficile respirare, ma Yoongi gioiva perché era lui a rubargli il fiato. 
Gentili al tatto, morbide le sue guance quando le catturava insieme alle lacrime. Perchè piangeva? Non gli piaceva il modo in cui lo baciava? Yoongi avrebbe continuato a fargli del male, a morderlo quando poteva, accarezzare le sue labbra con la lingua, far nascere una melodia diversa cercando il suo contatto. 
E avrebbe baciato le sue labbra cento, mille e cento altre volte. Sarebbe stata una piccola vendetta, perché quando si sarebbe risvegliato, la realtà lo avrebbe colto impreparato e lui sarebbe stato l'unico a non saper andare avanti.

But I try my best and all that I can to hold tightly onto what's left in my hand
And the water will drain

But no matter how tightly I will strain the sand will slow me down

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Cerco di essere più chiara possibile.
Questa storia non è nata come one shot (e non era nemmeno una yoonkook lolol ), ma è solo un capitolo di una fan fiction che ho scritto su wattpad. (sigh)
Sono molto affezionata a questo capitolo e soprattutto alla canzone, quindi ho deciso di fare qualche piccola modifica e condividerlo. 
La domanda è: quindi c'è un continuo? 
Assolutamente sì, ma richiederebbe un lavoro enorme e modificare quello che ho già pubblicato non mi alletta.
 
Spero che la lettura sia di vostro gradimento.
 
N.B: Addict with a pen è una canzone dei twenty one pilots, gli estratti del testo sono le pagine del diario di Yoongi. 



 
   
 
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