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Autore: mars_gold    06/01/2017    1 recensioni
In un futuro in cui gli uomini hanno creato dei cloni umani per scampare il più possibile alla morte, dimenticando il rispetto per ogni essere vivente, può un libro di storia salvare tutto ciò che è andato perduto?
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTA AUTRICE: Questo è il racconto con cui ho vinto il concorso letterario fondazione banca del monte della mia città per cui è altamente probabile che lo troviate pubblicato anche in altri siti, se però lo trovate con un altro titolo o con il nome di un altro autore vi chiederei cortesemente di segnalarmelo.
Grazie a tutti, spero che vi piaccia, buona lettura C:

~~Fin da piccola ho sempre pensato che, in un modo o nell’altro, sarebbe stato un libro a salvare la mia vita; nelle parole c’era sempre stato qualcosa di potente e misterioso ma mai, mai avrei immaginato che un singolo, vecchio libro avesse il potere di cambiare in modo radicale la società in cui vivevo.
Tutto ebbe inizio il 2 Febbraio del 2222, nella mia città si celebrava la più importante festa dell’anno, ovvero la festa in onore degli scienziati e dei pensatori che molti anni prima erano riusciti a salvare il genere umano creando i primi veri cloni umani. Una persona normale in quella giornata si sarebbe riunita con la sua famiglia e i suoi amici per una grande cena e avrebbe ascoltato i discorsi di ringraziamento che si svolgevano nelle piazze; ma purtroppo io non ero una persona normale, non avevo una famiglia e non potevo uscire dal luogo in cui ero rinchiusa perché i cloni all’epoca non erano considerate persone.
Quella giornata per me iniziò come tutte le altre, da 18 anni a quella parte ogni giorno era l’esatta copia del precedente e del successivo; feci la solita ginnastica, la solita secca colazione, le solite lezioni che ci ricordavano quanto noi fossimo importanti per la società, il solito pranzo e tutti i vari test medici: un clone doveva sempre essere in buona salute per poter donare i propri organi al proprio doppio in caso di bisogno. Avevo perso numerosi amici a causa delle troppe donazioni, amici che non avevano mai potuto mangiare o bere qualcosa che fosse anche solo minimamente dannoso per la salute, amici che non avevano mai potuto giocare all’aperto, correre, tingersi i capelli, fare tatuaggi o vestirsi come volevano.
Fu verso sera che quella giornata passò dall’essere una giornata qualsiasi all’essere la giornata più importante di tutta la mia vita. Ero in biblioteca, come tutte le sere, alla ricerca di un libro da leggere, ormai conoscevo a memoria tutti i tomi di quella piccola stanza ma non riuscivo a rinunciarci. Mentre scorrevo lo sguardo sugli scaffali mi imbattei in un libro che non avevo mai notato prima, era sistemato in fondo, nel mezzo di due grandi tomi che quasi lo nascondevano. Non trattenni la curiosità e mi sistemai sulla prima poltrona che trovai. Aveva la copertina rovinata, scolorita e le pagine talmente ingiallite da fare fatica a leggere le parole. Mi bastarono pochi minuti per capire che tipo di libro fosse, era un libro di storia e ciò mi incuriosì ancor di più. I libri di storia che parlavano degli anni anteriori al 2'100 erano stati banditi così come tutti gli scritti e documenti digitali; erano stati eliminati perché ritenuti pericolosi, secondo gli esperti contenevano tutti i peggiori errori che l’umanità aveva mai commesso e per questo dovevano essere dimenticati. Leggendo il libro invece mi resi conto che la verità era un’altra, nel libro infatti erano citate numerose società basate sulla libertà, sulla giustizia ma soprattutto sull’uguaglianza tra tutti gli esseri umani. Più leggevo e più capivo che il mondo in cui vivevo era sbagliato, corrotto, ci avevano sempre raccontato che i cloni erano sempre esistiti e che era impossibile per loro vivere come persone normali ma lì, nel libro, era affermato il contrario, c’erano stati anni in cui cloni e persone erano vissuti insieme, senza nessuna differenza.
Quando richiusi il libro mi resi conto di avere il fiatone. Osservai la stanza in cui ero e il corridoio dietro la porta, quel corridoio che conoscevo da una vita, ora mi sembrava estraneo. Capii che non potevo rimanere lì, che non potevo fare finta di nulla e capii anche che se i dottori del centro cloni avessero saputo ciò di cui ero a conoscenza mi avrebbero ucciso. Successe tutto molto in fretta, la mia mente non riusciva a comporre un pensiero che il mio corpo era già in movimento: nascosi il libro nella felpa che avevo addosso, corsi verso la mia stanza, presi i pochi oggetti che potevo considerare miei: una borsa, alcuni vestiti e un piccolo braccialetto di metallo che mi era stato donato anni prima; poi rimasi interdetta per un po’. Non avevo idea di cosa fare, volevo andarmene, agire, ma cosa potevo fare?
Mi rigirai il bracciale di metallo tra le mani, c’era una frase incisa “Non c’è peggior nemico di colui che non ha nulla da perdere”, mai come in quel momento mi sembrò veritiera. Io avevo già perso tutto, ero stata creata per salvare la vita di un’altra persona senza che nessuno me lo chiedesse, non ero mai stata libera di fare delle scelte mie, giuste o sbagliate che fossero, era arrivato il momento che quella situazione cambiasse. Fu così che decisi di scappare, chiusi la porta della mia stanza a chiave, presi la mia borsa e scavalcai la finestra. Non appena fui fuori cominciai a correre per il giardino, il centro era chiuso da una recinzione, scavalcai anche quella, era notte fonda e in giro non c’era nessuno. Continuai a correre senza mai fermarmi mentre i miei sensi raccoglievano sensazioni che non avevo mai provato prima: la luna che risplendeva sopra la mia testa, l’asfalto sotto i piedi, gli odori della città, i colori dei palazzi e tutti i rumori che mi circondavano, i veicoli, le voci delle poche persone ancora in piedi, le pubblicità.
Mentre correvo pensai a dove potessi andare per divulgare ciò che sapevo, dovevo trovare una persona importante, che nessuno avrebbe messo in discussione e, ovviamente, disposta ad aiutarmi.
Ad un tratto sentii una mano strattonarmi per il polso, cercai di dimenarmi ma la presa era salda.
-Lasciami! - Esclamai. Riuscii a liberare il polso ma venni afferrata per l’altro braccio ritrovandomi faccia a faccia con la persona che mi aveva fermata. Rimasi stupita, era un ragazzo della mia età dai capelli biondi e gli occhi scuri. Indicò il dorso della mia mano sinistra su cui era tatuato il nome Lidya, la persona di cui io ero il clone.
-Avresti dovuto nasconderlo –disse, -sei appena scappata dal centro? – Chiese, non risposi. Lui si tolse uno dei guanti che portava, sul dorso della sua mano destra c’era scritto Jack; questo significava che anche lui era un clone. Un milione di domande iniziarono ad apparirmi nella mente mandandomi in confusione totale. Stavo per chiedergli chi fosse e perché fosse fuori dal centro ma lui mi trascinò verso un edificio lì vicino.
-Mi chiamo Federico. - Disse mentre apriva la porta del palazzo. -Tu? -
-I cloni non hanno nomi propri. - Risposi automaticamente. Mi fece segno di entrare, lo seguii, non mi sembrava di avere molta altra scelta.
-Dovrai trovartene uno; se vuoi sopravvivere dovrai fare in modo che non ti scoprano, dovrai imparare a vivere come una persona normale. – Commentò. Mi ritrovai in una stanza piuttosto ampia, arredata con mobili vecchi e rovinati, una stanza vissuta, accogliente, nulla a che vedere con le infrastrutture moderne e ordinate del centro cloni, così bianche e anonime.
-Non saprei che nome scegliere - Dissi io.
-Celeste – rispose subito lui, -come il colore dei tuoi occhi - aggiunse semplicemente sedendosi sul divano rosso sistemato al centro della stanza. Improvvisamente mi sentii molto più umana, più reale, non avevo mai avuto un nome mio.
Federico mi fece segno di accomodarmi nella poltrona di fronte a lui.
-Perché mi hai portata qui? – Chiesi sistemandomi subito, correre mi aveva stancata parecchio.
-Per aiutarti, per quale altro motivo? Non sei il primo clone che scappa dal centro, io e altri abbiamo scoperto un sacco di cose che al centro non ci dicevano. Non siamo gli unici a essere rimasti all’oscuro di segreti importanti, anche le persone normali non sanno praticamente nulla, hanno fanno credere loro che i cloni sono solo corpi, privi di vita, emozioni, pensieri e sentimenti. Alcune persone quando hanno capito la verità ci hanno dato una mano, alcuni hanno perfino aiutato i propri doppi ad evadere- Rimasi sorpresa. Erano così tante le informazioni da assimilare tutte assieme, nel giro di poche ore la mia vita era cambiata, avevo perso tutto ciò in cui credevo, o meglio, tutto ciò in cui mi avevano fatto credere.
-Perché non avete liberato tutti gli altri cloni del centro? – Chiesi dopo alcuni istanti.
-Non tutte le persone reagiscono allo stesso modo... Anche se ci vedessero, anche se capissero che siamo esattamente come loro, credi che rinuncerebbero facilmente a
noi? - Non ci avevo mai riflettuto. Alle persone i cloni facevano comodo, grazie a noi non dovevano preoccuparsi delle malattie più gravi, potevano fare la vita che volevano senza problemi.
La nostra vita o la loro, Federico e gli altri non hanno fatto nulla perché sarebbe scoppiata una guerra. Pensai inorridita.
-Prima del 2100 c’è stato un periodo in cui cloni e persone vivevano in armonia; per curare le malattie si utilizzavano semplici cloni di singoli organi o tessuti, per le famiglie sterili venivano creati cloni di altri bambini poi però le cose sono cambiate...Per paura, immagino, e ora non è rimasto nulla di quel periodo...Basterebbe una sola prova, una sola per dimostrare che la convivenza è possibile, che le differenze possono essere superate...- Disse Federico.
-Una prova? – Domandai. -Tipo il libro di storia che era al centro? – Aggiunsi aprendo la mia borsa; frugai all’interno con le mani tremanti, ero sicura di averlo portato via. Lo trovai e lo tirai fuori, sembrava essere passato un secolo dalla prima volta che le mie mani avevano sfiorato quelle ruvide pagine. Federico mi sorrise raggiante, gli passai il libro.
-Questo... questo cambierà tutto! – Esclamò passando lo sguardo da me al libro, i suoi occhi sembravano luccicare. –Lo so. – Dissi sorridendo; vedevo il mondo in cui credeva riflesso nei suoi occhi, la sua gioia, la sua speranza.
 –Sei pronta a riscrivere la storia? – Chiese riporgendomi il libro con aria solenne. Lo strinsi tra le mani, era incredibile che un piccolo, vecchio libro potesse avere così tanto potere ed era ancor più incredibile dove mi avesse portata leggerlo.
-Sono pronta a scrivere la mia. -
   
 
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