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Autore: arowen47    26/05/2009    1 recensioni
Se la vita ti togliesse tutto, se ti togliesse l'unica fonte di sostegno della tua vita, riusciresti a creare un nuovo mondo tutto per te lontano dalla tua vita precedente? Abbandoneresti tutto? Ricominceresti tutto da capo. Spero vi piaccia! Commentate
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa è la mia terza fanfic... diversa dalle altre.... spero vi possa piacere... commentate... per voi dovrei continuarla?

Grazie a tutti Baci! Vostra Arowen! 

 

 

 

 

A New Beginning

 

Era morto, se ne era andato via, lontano da me, lontano dalla sua bambina… e io non potevo più raggiungerlo, era morto e io non ero andata con lui.

Tutto mi sembrava irreale, impossibile. Mio padre era morto così, senza dirmi addio, per colpa di un’automobilista ubriaco, non si era potuto fare niente per salvarlo.

Era un giorno di pioggia, camminavo lenta, vicino alla bara, non volevo abbandonarla. Tutti i miei amici erano venuti per sostenermi, ma io non li vedevo, non mi importava di loro, ero disperata, triste, distrutta e arrabbiata, arrabbiata come mai mi ero sentita in vita mia.

Arrabbiata per un destino avverso che mi aveva portato via l’uomo che mi aveva cullato nelle notti tempestose, che mi portava a spasso e che mi curava quando cadevo. Ero sempre stata un po’ sbadata e lui, ogni volta, era lì pronto a sorreggermi.

Pioveva, faceva freddo, Federico si avvicinò a me e mi porse la sua giacca.

“Giulia stai tremando, metti questa…” mi sorrise di un sorriso triste. Sapeva quanto stavo soffrendo. Cercai di ringraziarlo, ma le parole mi morirono in gola e le lacrime uscirono copiose rigando le mie guance.

“Oh Giulia!”

Mi strinse a se. Era il mio migliore amico, avevamo passato di tutto insieme, tra i suoi problemi con le ragazze, tra i miei problemi con i miei genitori ed ora questo. Strinsi le sue spalle come se fossero l’unico appiglio che mi permettesse di rimanere aggrappata alla vita.

Ormai eravamo giunti al cimitero, l’ultimo saluto, l’ultimo addio. Tremavo, ma non per la pioggia, sentivo un freddo provenire dal mio cuore che scuoteva la mia anima dalle viscere.

Vidi mia madre con gli occhiali da sole. Triste, o così voleva dare a vedere e dietro di lei, lui, quell’uomo che aveva distrutto la mia famiglia. Erano sicuri che nessuno sapesse la loro relazione, nemmeno papà ne era a conoscenza, ma io sì. Io li avevo visti, li avevo spiati. Una rabbia furente si impadronì del mio essere. Mi staccai dalla presa ferrea di Federico e mi avvicinai a mia madre.

La odiavo, la odiavo… aveva ferito mio padre ed ora era venuta pure al funerale, con quello, con quell’essere.

Mia mamma aprì le braccia, voleva accogliermi tra quelle caldi braccia che più volte mi avevano rincuorato quando ero triste, ma ora no, non volevo le sue. Le scansai con uno schiaffo. Le lacrime mi rigavano il viso ma ero decisa a dire tutta la verità, ora, subito.

“Sei solo una PUTTANA…”
I pochi che erano rimasti al cimitero mi guardarono sbalorditi, incapaci di dire o fare qualcosa.

“Come fai a presentarti qui… davanti alla tomba di papà… con LUI!”
Lo indicai con più ferocia avevo in corpo, avevo deciso, non mi importava più di niente e di nessuno, avrei ammazzato quell’uomo anche davanti a tutti.

Prima che potessi raggiungerlo, due braccia forti mi fermarono e mi strinsero. Inspirai quel profumo così dolce così familiare.

“Lasciami, LASCIAMI SUBITO!”
“No, non posso permetterti di fare stronzate!” la sua voce era dolce e calma.

Chiusi gli occhi, cercai di rallentare il battito del mio cuore.

Alzai lo sguardo. Incrociai quello di mia madre, era freddo, impassibile.

Tutta la rabbia repressa negli ultimi mesi si impossessò del mio cervello e inizia a dirgli tutto quello che avrei voluto dirgli.

“Lo so che quello lì è il tuo amante! Cosa pensavi? Di poterlo tenere nascosto a lungo? Ti sbagliavi… sei solo ingenua, una stronza! Hai ferito papà… e adesso… adesso…” le lacrime rigarono le mia guance, era difficile, era dura, ma se mi fossi tenuta ancora tutto dentro, sarei impazzita.

“Adesso lui è morto, e a te non importa, non l’hai mai amato, ti odio, TI ODIO! Tu l’hai ucciso… vorrei che fossi morta tu al suo posto!”
Lo avevo pensato, lo avevo detto. Si è vero in quel momento avrei preferito che fosse morta lei al posto di mio padre.

“Giulia, ti prego.”

Le mani di Federico ora mi stringevano ancora di più al suo petto. Gli avevo raccontato tutto, una sera, anche quel giorno piangevo e maledivo mia madre, e anche allora avevo trovato conforto tra le sue braccia. Dietro di noi i miei amici. Erika mi guardava, i suoi occhi erano tristi e vagavano tra me e Federico, il suo ragazzo. Piangevo, piangevo, per il nervoso, per la mia perdita. Incontrai gli occhi di quel verme che era andato a letto con mia madre. Aveva uno sguardo comprensivo e triste allo stesso tempo. Mi compativa, quell’individuo provava pietà di ME!

Mi liberai dalla presa del mio migliore amico e sotto alla pioggia scappai via. Lontano da quel cimitero, lontano da quegli occhi tristi e incuriositi. Lontano dal dolore e dalla rabbia.

  
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