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Autore: Manu_Green8    07/01/2017    1 recensioni
La famiglia Horan-Lee sta affrontando un brutto momento.
One Shot ricca di fluff familiare.
Contesto seguente alla One Shot 'Black Soul'.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Gli Horan-Lee'
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- Sei tesissimo - borbottò Aaron, massaggiando le spalle di Cameron, il quale sospirò tornando a chiudere gli occhi. Aaron, seduto sul fondoschiena dell'altro e che continuava da minuti a far scorrere le mani calde sulla sua schiena nuda, si sporse in avanti per baciare il collo del ragazzo disteso sulla pancia sotto di sé.
- Devo tornare a casa - sussurrò il moro, passandosi una mano sugli occhi.
- Sicuro di non voler restare qui con me per cena e per la notte? -.
- Meglio di no -.
- Sai quanto amo stare dentro di te - gli sussurrò all'orecchio. - E so quanto a te piace sentirmi dentro di te -. Aaron non avrebbe mai dimenticato la loro prima volta.
Dal modo in cui Cameron gli diede le spalle, gli fu chiaro il concetto, ma rimase quasi senza parole. "Sei passivo?". 
Cameron lo guardò titubante. "Io... Sì. Anche tu?". Arrossì in modo tenero. Sarebbe stato un gran problema se lo fossero stati entrambi. "No, Cam. Sono attivo, quindi è perfetto. Ma non mi sarei mai aspettato che Cameron Horan-Lee lo prendesse". Il moro fece un piccolo sbuffo, che fece ridacchiare l'altro. "Scusa, amore. Ma girati, voglio guardarti in faccia mentre lo facciamo".
- Aaron, smettila. Dovrei essere io il duro tra di noi -.
Il ragazzo dai capelli chiari ridacchiò. - Tu il duro? Ma se sei il mio docile angioletto - disse, baciandogli dietro l'orecchio. Angioletto che talvolta si trasformava in furia, ma con il suo ragazzo accanto, che gli teneva la mano anche per i corridoi della scuola fregandosene degli sguardi degli altri, adesso riusciva a controllarsi decisamente di più. 
Cameron sospirò. - Comunque, davvero non posso. Domani mattina andiamo da papà. Voglio stare un po' con i miei fratelli -.
Aaron si allontanò da Cameron mettendosi a sedere sul letto. - Va bene, amore - gli disse dolcemente, allungando una mano e accarezzandogli i capelli.
Il moro si sollevò con un sospiro stanco. Afferrò gli occhiali poggiati sul comodino e li indossò. 
- Mi vedi meglio adesso? Sono più bello? - chiese Aaron cercando di far sparire l'espressione triste sul viso del suo ragazzo.
- Sei più stupido - borbottò Cameron con un mezzo sorrisino, alzandosi dal letto. 
- Mi offendi, piccolo -.
- Non chiamarmi piccolo. Sono più grande di te -.
Aaron lo ignorò completamente. - Non mi dai neanche un bacio prima di andare? O ti accompagno fino alla porta? -.
- La conosco la strada, non ti preoccupare - disse Cameron, liquidandolo velocemente.
- Mi dai un bacio? - ripeté l'altro.
Cameron lo accontentò, sporgendosi verso Aaron, che gli afferrò il viso e fece toccare le loro labbra. Cameron fu il primo ad approfondire il bacio, fino a quando entrambi non restarono senza fiato. - Chiamami se hai bisogno di qualsiasi cosa. Anche di venire lì da te, lo sai che lo faccio -.
- Ti amo - sussurrò Cameron chiudendo un attimo gli occhi.
- Ti amo anch'io, Cam - disse di rimando Aaron, baciandogli le labbra un'ultima volta.

- A tavola! - l'urlo di Derek riempì la casa. Il primo ad uscire dalla sua camera fu Clayton, correndo fuori, ma venendo placcato da Jason, che lo prese in braccio facendolo urlare. In quel momento, dalla camera di Joelle, uscirono sia la bambina che Cameron. Il fratello maggiore teneva la sorellina assonnata sulle spalle. 
- Chi arriva prima mangia di più! - sfidò Clayton e i due maggiori si guardarono per un secondo, prima di inziare a correre e a spintonarsi per il corridoio e giù verso le scale, mentre i più piccoli strillavano divertiti e incitavano i maggiori. Erano scene come quelle che facevano stringere il cuore di Derek. Adorava Clayton e Jason per il fatto che nonostante tutta quella situazione orribile, cercavano sempre di essere positivi e di far sorridere gli altri due, che si abbattevano con una facilità estrema e sembravano subire le conseguenze peggiori da quando Lucas non stava in casa con loro. 
Rabbrividiva al solo pensiero che quel tipo di scene sarebbero potute scomparire del tutto nella loro casa. 
- Abbiamo vinto noi - disse Joelle mentre suo fratello la adagiava sulla sedia. 
- Solo perché Cameron bara - proferì Clayton.
- Non è vero, io non baro. È Jason che è un giocatore di basket inutile -.
Il ragazzo dai capelli rossi sollevò gli occhi al cielo, mentre aiutava suo padre a passare i piatti. 
- Non mi piacciono i broccoli - si lamentò Clayton.
Jason gli accarezzò i capelli biondi. - Usa il metodo di papà. Se li metti nel panino con l'affettato non si sente più il sapore -.
- Me lo fa sempre lui il panino - si lamentò, stropicciandosi l'occhio con la mano.
- Da a me, piccolo. Te lo faccio io - cercò di rimediare Derek. 
Quando tutti si sedettero a tavola, calò il silenzio, troppo concentrati sul cibo e sui propri pensieri. Se non c'era Lucas il livello di conversazione era pari a zero, perché nessuno aveva il coraggio o la voglia di dire qualcosa.
Derek si alzò in piedi appena finito il suo cibo e tutti e quattro i paia di occhi si posarono su di lui. 
- Vado da papà e resto lì con lui sta notte. Jas vi porterà domani mattina - spiegò ai più piccoli, che avevano gli occhi spalancati. 
Baciò ad una ad una le teste dei suoi figli e uscì dalla stanza. Jason sospirò e si alzò in piedi, seguendo suo padre all'ingresso. 
- Papà? -.
Derek si chiuse la giacca e guardò il suo maggiore. - Dimmi, Jas -.
- Puoi dirmi le condizioni di papà? Per favore, non mentirmi. Voglio sapere le sue reali condizioni. Ne uscirà? - sussurrò abbassando gli occhi, che gli si stavano riempiendo di lacrime. 
Derek sospirò e andò ad abbracciare suo figlio, che essendo più alto, dovette abbassarsi un po' per affondare il viso nel collo di suo padre.
- Mi manca - sussurrò e Derek lo allontanò da sé per afferrargli il viso con le mani.
- Hei, papà è ancora con noi, J - disse asciugando con i pollici le lacrime che erano scese lungo le guance del ragazzo. Anche Derek aveva un groppo in gola davvero fastidioso. - Amore mio, non lo so se papà ne uscirà. Nessuno può dirlo - quelle parole gli pesarono come dei macigni sul petto e lo stomaco, ma Jason aveva chiesto la verità e lui non voleva negargliela. - Sai cosa mi hanno detto i dottori, però? -. Jason lo guardava speranzoso. Scosse la testa. - Che il corpo di papà sta iniziando a reagire ai trattamenti -.
- Anche se non ci sono effetti visibili? - Jason sperava vivamente che suo padre non gli stesse mentendo.
- Sì, piccolo -.
- Quindi dobbiamo solo aspettare che succeda qualcosa di buono? -.
Derek annuì, facendogli un piccolo sorriso. - Papà è forte. Tanto. Lo sappiamo, no? Ne ha affrontate tantissime, troppe e ne è sempre uscito -.
- Ma questo è diverso - sussurrò Jason, cercando di smettere di piangere. 
- E lui sta lottando comunque. Perché non è intenzionato a lasciarci per nulla al mondo -.
Jason sospirò. - Va da lui. E digli che lo amiamo -.
Derek posò un leggerissimo bacio sulle labbra di suo figlio. - Lo farò -.
Quando la porta si chiuse dietro Derek, Jason si passò una mano tra i capelli rossi e sperò che i suoi occhi non fossero pietosi prima di poter tornare in cucina. Cameron e Joelle lo guardavano. Clayton teneva gli occhi bassi sul cibo e ci giocava spostandolo con la forchetta. Nessuno di loro stava più mangiando. La voglia era passata completamente. E perfino Joelle si rese conto che suo fratello aveva pianto. Si alzò dalla sedia e gli andò in contro, facendogli segno di prenderla in braccio. Jason la accontentò e Joelle nascose il viso nel suo collo.
- Che ne dite se andiamo di sopra nel lettone dei papà? - propose il ventenne.
Clayton lo guardò e annuì, mentre Cameron si era già alzato in piedi per sparecchiare velocemente. Neanche dieci minuti dopo, infilati nei pigiami, erano entrati nella camera da letto principale.
- Io sul cuscino di papi - si prenotò Clayton e Jason fece segno con la testa a Cameron di seguire il più piccolo dei fratelli. Così Cameron e Jason si sistemarono ai lati del letto, mentre Clayton e Joelle al centro. 
Cameron sospirò quando una ventata dell'odore di suo padre gli arrivò al naso dopo aver poggiato la testa sul cuscino. Attirò Clayton più vicino a sé con il braccio e il dodicenne biondo, che dava le spalle a Joelle, premette il viso contro il petto del fratello maggiore. Joelle, invece, poggiava la schiena sul petto di Jason che la stringeva con il braccio e le accarezzava la pancia sotto al pigiama cercando di imitare i tocchi e le carezze che papà Lucas era bravissimo a far loro. In più la bambina aveva le braccia davanti a sé e con le mani teneva rispettivamente la maglia di Clayton e le dita di Cameron. 
- JasJas -.
- Mmh? -.
- Cosa sono le mastrezioni? -.
I due maggiori spalancarono gli occhi a sentire quella domanda saltata fuori chissà dove dalla bocca della loro sorellina e si guardarono per un attimo. - Si dice mestruazioni, piccola. Ehm... Falla domani a papà Derek questa domanda, va bene? -.
La bambina non capiva perché suo fratello non potesse, o meglio volesse, spiegarglielo, ma avrebbe chiesto a suo padre come gli aveva suggerito Jason. 
- Cam? - fu la volta di Clayton, che aveva gli occhi chiusi, ma era ancora sveglio.
- Mmh? -.
- Va bene se anche a me piacciono i maschi? -.
Jason e Cameron si guardarono ancora una volta, consapevoli che quelle domande dei più piccoli sarebbero dovute essere indirizzate a papà Lucas, ma data la sua assenza, in quel lettone che odorava di lui, le stavano ponendo a loro, rimpiazzo poi non così male.
- Certo che va bene, piccolo -.
Quando calò il silenzio, Jason guardò Cameron. - Hai qualche domanda anche tu? - chiese ironicamente e il moro sollevò gli occhi al cielo negando con quel gesto, appena prima di lamentarsi di dolore. 
Clayton ridacchiò colpevole. - Scusa - disse, dato che non lo aveva fatto apposta a colpire i gioielli di Cameron con il ginocchio. 
- Quelli mi servono - borbottò, cercando di non ridere.
- A divertirsi con Aaron - disse Jason, avendo capito le dinamiche del piccolo incidente. - Anzi, non necessariamente - si corresse, facendo arrossire suo fratello. 
- Idiota - borbottò, nascondendo il viso nei capelli biondi di Clayton e chiudendo gli occhi. Cameron quasi si pentì di dire ogni cosa a Jason. Ma confidarsi con il maggiore era più forte di lui. Gli diceva praticamente ogni cosa (ed ecco il perché dell'allusione alla passività di Cameron) senza l'imbarazzo che avrebbe avuto con i suoi genitori. E Jason era sempre stato un grande ascoltatore e consigliere. 
Il maggiore si rese conto che tutti e tre i fratelli avevano gli occhi chiusi ed erano propensi a dormire. Allungò il braccio e accarezzò i capelli scuri di Cameron, prima di sistemarsi meglio e cercare di dormire anche lui.

- Mi dispiace, Der - sussurrò Lucas affondando ancora di più nel cuscino.
- E di cosa, amore mio? - Derek aveva gli occhi rossi dal pianto e continuava ad accarezzare i capelli rasati di suo marito. Lucas non li aveva mai avuti così corti.
- Di tutto questo -.
- Non dirlo neanche, Lu. Non è colpa tua -.
- Te ne ho fatte passare così tante, Derek...- Lucas chiuse gli occhi per un attimo. - Dovevo lasciarti andare tanto tempo fa - sussurrò, facendo cadere altre lacrime dagli occhi del biondo. Quando stavano soli ormai non faceva altro. E forse era per quello che Lucas diceva quelle cose. Ma Derek semplicemente non sopportava di vedere l'uomo della sua vita piegato così dalla sofferenza.
- Io non riesco a vivere senza di te, Lucas. Non dire stupidaggini - disse con voce rotta dal pianto, passandogli una mano sul viso. Non ci riusciva ormai da quando aveva nove anni. - Sei stato tutto ciò che mi ha reso felice per trentasei anni. E lo sarai ancora per altri venti almeno -.
Lucas lo guardò tristemente. Non credeva affatto che avrebbe vissuto così a lungo, nonostante le parole speranzose dei dottori. Era sempre stato pessimista e negativo lui. Quindi anni? I suoi pensieri si interruppero improvvisamente a causa di una fitta alla testa. Quelle fitte che gli facevano svuotare completamente la testa.
- Lu -. Derek si accorgeva sempre del fatto che suo marito stesse soffrendo solo guardandolo, anche di sfuggita. - Hei - il biondo gli mise le mani tiepide sul viso e gli massaggiò le tempie, aspettando in silenzio che passasse.
Quando Lucas si rilassò di nuovo e riaprì gli occhi che aveva chiuso, sentì il cuore spezzarsi alla vista degli occhi blu che amava tanto macchiati di rosso. - Non piangere, ti prego. Io... -.
- Non dire che stai bene - lo bloccò Derek. 
Lucas sospirò, guardando l'ago che aveva infilato nel braccio e che gli iniettava il medicinale. Aveva sempre avuto il terrore di quelle cose, ma ormai le guardava con indifferenza. - Puoi ripetermi l'ultima frase che hai detto prima, per favore? Non la ricordo - sussurrò Lucas e Derek annuì, baciandogli le labbra. 
- Ti amo da impazzire, lo sai? -.
- Certo che lo so. Ti amo anche io - rispose Lucas, sporgendosi di nuovo in avanti e richiedendo ancora le labbra di suo marito. In quel periodo non potevano proprio farne a meno. Né lui, né Derek.

Cameron era nervoso. Lo era ogni volta che mettevano piedi in ospedale e Jason lo sapeva perfettamente. Era per quello che, mentre Clayton e Joelle erano spariti lungo i corridoi per raggiungere il prima possibile la camera di Lucas, Jason restò accanto a suo fratello, camminandogli a fianco. Avrebbe voluto almeno lanciargli uno sguardo di conforto, ma Cameron teneva gli occhi puntati per terra. Così Jason gli prese la mano e intrecciò le loro dita. Cameron strinse la presa e si aggrappò alla mano di suo fratello come se fosse l'appiglio migliore che ci potesse essere. Camminarono mano nella mano per tutto il tragitto fino alla camera di loro padre, senza curarsi degli sguardi che potevano attirare. Quando arrivarono alla porta, Cameron stava praticamente dietro al fratello, che bussò sulla porta aperta. 
- Ecco i pezzi che mi mancavano - disse Lucas guardando i due figli fermi sulla soglia e continuando a tenere tra le braccia i due bambini che aveva fatto salire sul letto per poterli abbracciare.
- Ciao, papà - disse Jason, mentre Cameron, senza lasciar andare la mano del fratello, alzava finalmente lo sguardo, che gli si velò d'istinto di lacrime. Non riusciva a sopportare di vedere suo padre disteso su quel letto.
Lucas fissava proprio il moro. Era così simile a lui quando aveva la sua età, ma con in più tutta la fragilità di Derek. Per Lucas Cameron, nonostante tutta la sua rabbia (anzi, forse pure per quello), era il più fragile dei suoi figli. - Posso avere l'abbraccio che mi spetta? - chiese Lucas con un piccolo sorriso. Jason trascinò Cameron con sé e mentre Clayton scendeva dal letto per andare da Derek poggiato con il sedere alla scrivania e Joelle si sedeva ai piedi del letto, il moro finiva tra le braccia di suo padre.
- Ciao, piccolo - lo salutò Lucas, baciandogli la testa.
- Ciao, papi - sussurrò Cameron finalmente, aspirando l'odore familiare, molto più forte rispetto al cuscino su cui aveva dormito.
Il secondogenito si allontanò e fu la volta di Jason abbracciare suo padre. Poco dopo Lucas si ritrovò a guardare i suoi figli ad uno ad uno. Jason appoggiato alla sbarra ai piedi del letto, Cameron che aveva preso posto sulla sedia accanto a sé, Clayton con le braccia di Derek intorno al collo e la testa dell'uomo biondo sopra alla sua, Joelle ancora seduta ai piedi del letto. - Come state, amori di papà? - chiese, ma nessuno gli rispose. 
- Quando torni a casa? -.
Lucas si voltò verso Cameron. Non si aspettava che quella domanda venisse fuori proprio dalle labbra del suo secondogenito. Non ebbe il tempo di rispondere che venne attratto da Joelle. - Jason non sa leggere le storie come fai tu -.
- E io devo rifare i letti di tutti ogni mattina - continuò il maggiore dei quattro. 
Lucas seguiva con lo sguardo le voci dei suoi figli. - Papà non sa fare i panini come i tuoi - disse Clayton, ricordando quello del giorno prima. 
Lucas serrò la mascella, mentre un groppo antipatico gli sorgeva in gola. Tornò a guardare Cameron, che non ricambiava lo sguardo e non era intenzionato a dire nulla. Allungò il braccio e gli sollevò il viso con le dita sotto al mento. Gli occhi neri erano pieni di lacrime e quando finalmente guardarono suo padre, Lucas capì tutto ciò che essi dicevano, senza alcun bisogno di parole. "Mi manchi. È tutto più buio senza di te" sembravano dire. Lucas passò una mano tra i capelli neri di Cameron che chiuse gli occhi lasciandosi sfuggire una lacrima, che l'uomo più grande seguì con il pollice subito dopo essersi allontanato da quei capelli morbidi.
- Ditemi come stanno i miei ragazzi - chiese di nuovo, ignorando la domanda di Cameron, che si alzò in piedi allontanandosi da suo padre. Fece per uscire dalla stanza. - Cam - lo richiamò Lucas, mentre Jason lo seguiva fuori e qualche passo oltre la porta lo fermava passandogli un braccio intorno alla vita e attirandolo a sé. 
- Dove vai? -.
Le spalle di Cameron tremavano. - Io... Non ce la faccio -.
- Lo so, piccolo. Lo affrontiamo insieme. Ma non allontanarti da lui. Gli fa solo più male di quanto non ne sente già -.
Un singhiozzo sfuggì dalle labbra del più piccolo, che si girò verso suo fratello e gli gettò le braccia al collo. Jason ricambiò la stretta, poggiando una mano sulla testa scura. - Non fuggire da noi. Siamo la tua famiglia -.
- Scusa - sussurrò Cameron.
- Non fa niente, ma torniamo dentro -. Quando rientrarono, tutti li stavano guardando. Il cervello di Lucas si era come bloccato su quella scena ed era rimasto in silenzio a guardare la porta, come se stesse solo aspettando il momento in cui i due suoi figli sarebbero rientrati. 
Solo allora spostò la testa, guardando nel vuoto e nessuno in particolare. - Posso sapere come stanno i miei ragazzi? - chiese per la terza volta, con voce piatta, che a Derek quasi spaventava. Lucas sembrava una macchina quando parlava in quel modo. Era successo già un paio di volte da quando si era ammalato.
- Papà, io non sono un ragazzo - si intromise Joelle, arrampicandosi sulle sue gambe. 
- Lo so che non lo sei, amore mio - disse Lucas con ovvietà. - Sei la mia principessa -. Un sorriso sorse sul viso della bambina. - La principessa J...- la voce gli morì in gola, perché Lucas non ricordava il nome di sua figlia e si sentì morire dentro. 
Joelle se ne accorse e anche se il suo sorriso sparì, fu lei a continuare: - Principessa Joelle, Jo per il mio papà re Lucas, della contea di Horleeland - era sempre stato il modo in cui Lucas lo diceva e che aveva scritto anche nel libro di storie pubblicato qualche anno prima, dove i protagonisti erano i suoi figli, trasformati in tanti personaggi, eroi per l'esattezza, che affrontavano diverse avventure. 
E poi successe qualcosa che Derek non vedeva da un sacco di tempo: Lucas scoppiò a piangere. Joelle spalancò gli occhi, così come gli altri figli. Derek sentì il cuore lacerarsi, aprirsi più volte dolorosamente. Da quando gli era stato diagnosticato il cancro, Lucas non aveva versato una sola lacrima. Erano gli altri che lo facevano per lui. E vederlo adesso completamente in lacrime davanti ai suoi figli, spingeva l'indole di Derek ad andare verso suo marito. E fu istintivo per tutti in realtà, dato che Joelle gli passò le braccia intorno al collo dopo che Lucas aveva detto: - Scusa, piccola mia. Mi dispiace così tanto -.
- Non piangere, papà -.
A quel punto anche Clayton si staccò da Derek e corse dall'altro suo papà, per poterlo abbracciare come stava facendo sua sorella. Cameron, che era tornato a piangere anche lui ma silenziosamente, fece altrettanto e Lucas allargò le braccia per poterli stringere tutti. Ovviamente subito dopo anche Jason e Derek si unirono a quell'abbraccio di famiglia decisamente scomposto. Il biondo baciò la testa di suo marito, che stava dicendo: - Vi amo così tanto. Vi prego, anche se io non dovessi ricordarlo, voi non lo scordate mai. Dovete ricordarmelo tutte le volte -.
- Anche noi ti amiamo, papà - furono i mormorii indistinti che arrivarono da tutti i membri della famiglia Horan-Lee.
- Affronteremo tutto insieme, Lu. Nel bene e nel male. Come sempre. Siamo una famiglia - esordì Derek. 
E i quattro ragazzi, che erano stati adottati da quelle due persone splendide che gli avevano sempre donato tutto il loro amore, non potevano che essere d'accordo. E non avrebbero mai desiderato niente di meglio della loro famiglia.

  
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