Anime & Manga > Hellsing
Segui la storia  |       
Autore: rosaleona    07/01/2017    5 recensioni
- Ma tu non dormi mai? E' pieno giorno, a quest'ora i vampiri dovrebbero riposare nelle bare! -
- Master, ho dormito per vent'anni. Come posso avere sonno, dopo essermi riposato per così tanto tempo? Sono pieno di energia e sento il bisogno di sfogarla. Giocare con Richard e i suoi uomini non mi è bastato, ho bisogno di molta più azione. Finchè non avrò scaricato tutta l'adrenalina accumulata in due decenni di letargo, non mi sentirò stanco, nè desidererò dormire. -
Negli anni successivi, ogni volta che Integra ripensava a quella conversazione, un sorriso le increspava il volto.
"Mi aveva avvertita. A modo suo, mi aveva spiegato cos'avrei dovuto attendermi di lì a pochi giorni" diceva a se stessa Sir Hellsing.
Ma la ragazzina di dodici anni che sedeva di fronte ad Alucard non poteva capire fino in fondo le parole di un individuo che conosceva appena. Non poteva sapere che il vampiro stava solo mordendo il freno, nell'attesa che la nuova Sir Hellsing si riprendesse dalla morte del padre e dal tentativo di omicidio per mano dello zio. E una volta che Integra fosse stata in grado di tenergli testa, Alucard si sarebbe divertito a metterla alla prova
Genere: Comico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alucard, Integra Farburke Wingates Hellsing, Walter C. Dorneaz
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Alucard rimase rintanato nella sua segreta per tre giorni e due notti, tanto gli occorse per calmare lo sdegno che il film di Coppola gli aveva suscitato.

Di film su se stesso ne aveva visti tanti, per lo più brutti ma nessuno di loro era passato alla storia e la consapevolezza di quanto velocemente quelle pellicole venissero dimenticate, l’aveva sempre placato. Il film di Francis Ford Coppola invece era stato campione d’incassi al botteghino e c’era già chi lo considerava una pietra miliare nella storia del cinema. Tutto ciò faceva venire i sudori freddi ad Alucard perché voleva dire che milioni di persone nel mondo prendevano per oro colato quel che la pellicola raccontava.

La maggior parte dell’umanità era quindi convinta che fosse innamorato perso di Mina, rimbecillito al punto da trasferirsi in Inghilterra unicamente per starle vicino, arrivando a suicidarsi per lei e morire contento per un suo bacio.

-Che onta! - esclamava indignato il Re-senza-vita.

Gli sembrava di essere stato degradato al livello di un principe azzurro un po’ dark.

“Un principe blu-scuro” concludeva fra sé e sé, pensando a ciò che si sarebbe ottenuto mischiando l’azzurro col nero.

Se nel film l’avessero almeno fatto innamorare della Mina reale, intelligente e coraggiosa, l’affronto non sarebbe stato altrettanto cocente. L’umanità avrebbe pensato che Dracula si era cacciato nei guai per conquistare una donna che per lo meno valeva il gran casino che era stato montato per averla. Invece gli avevano fatto perdere la testa per una delle femmine più scialbe e antipatiche in cui gli fosse capitato d’imbattersi.

-Doppia onta! –

Un’umiliazione simile, da che era diventato un mostro famoso, non gli era mai capitata. E se gli altri midian, dopo la visione di quel film, imbattendosi in lui, l’avessero preso in giro?

“Gli scaricherò addosso l’intero caricatore di Casull!“ pensava Alucard, senza che quell’idea riuscisse ad essergli di conforto. Per questo rimase rintanato nella sua catacomba per tre notti e due giorni.

Al mattino del terzo giorno, giunse alla conclusione che staccare a morsi la testa dell’incauto freak che avesse osato dileggiarlo l’avrebbe di gran lunga soddisfatto, più che scaricargli Casull addosso. Inoltre l’effetto sugli altri mostri eventualmente presenti sarebbe stato ben maggiore. Alucard s’immaginava commentare:

-Qualcuno vuole fare un’altra battuta? – con aria truce e le fauci grondanti di sangue.

Gli altri midian sarebbero rimasti certamente in silenzio, tornando ad occuparsi ognuno delle proprie faccende. Nessuno si sarebbe più azzardato a commentare il film di Coppola in sua presenza.

Tranquillizzato da quella prospettiva, decise di riemergere dalla catacomba, tornando a rallegrare Hellsing Manor e i suoi abitanti con la sua presenza. Filtrò quindi attraverso il soffitto ma quando si ritrovò nel vestibolo della villa, un odore nauseabondo lo costrinse a turarsi il naso.

Che orrore!

Che disgusto!

L’atrio puzzava di…rosa!

Sissignore! L’odore della rosa, repellente alle narici di un vampiro quanto quello dell’aglio, appestava il vasto ambiente.

Il non-morto si spostò nel corridoio, scoprendo con sgomento che anche quello olezzava di rosa, così come ogni altra camera, ripostiglio e bagno del pian terreno e dei piani alti.

Che diamine era accaduto nei giorni in cui si era ritirato nella segreta? Andò alla ricerca di un umano in grado di spiegarglielo e trovò Walter in cucina, intento a caricare la lavastoviglie.

Alucard rimase fermo sulla soglia della stanza dato che il puzzo di rose che emanava dal locale superava quello di qualsiasi altra stanza. Non solo ma lo stesso maggiordomo tanfava di fiori in un modo tale da far sospettare al mostro che il camerata si fosse tuffato in una vasca piena di acqua di colonia alla rosa.

-Walter! Che cacchio è successo? –

- Oh, buongiorno vecchio mio. Ci stavamo chiedendo quanto tempo ancora contavi di rimanere chiuso in cantina. – rispose fin troppo conciliante l’umano.

-Per poterne approfittare e continuare a spargere rose per tutta la casa? – chiese sospettoso Alucard.

-Esattamente. – fu la serafica risposta.

-Ma perché? Perché questo dispetto a me? – domandò sconcertato Alucard, sempre tappandosi il naso.

-Hai inghiottito il nostro unico televisore. –

-E per questa bazzecola avete appestato la casa di rose? Fra l’altro, sono passato dal salone e ho visto che avete comprato un nuovo televisore, più bello e più grande di prima. Dovreste quindi ringraziarmi per avervi dato l’occasione per cambiarlo, altro che punirmi! –

La risposta di Walter fu pronunciata nel più pacato dei modi, segno che la vendetta compiuta l’aveva riconciliato con l’universo intero:

-Come ha giustamente detto miss Integra, è una questione di principio. Devi imparare la buona educazione e le regole che governano questa casa. In qualità di tua master nonché di guida morale, Sir Hellsing ha deciso di punirti, per farti comprendere che ogni azione ha le sue conseguenze. Io, in qualità di tutore della signorina, l’ho coadiuvata nel lavoro. Mesi fa, dopo che ti scazzottasti con le truppe, facemmo incetta di prodotti alla fragranza di rosa. Abbiamo deciso che era giunto il momento di usarli. Mentre eri rintanato nella tua stanza, abbiamo spalmato di cera all’essenza di rose i mobili di casa. Con detersivi al profumo di rosa abbiamo lavato piatti, pavimenti, piastrelle, vetri, sanitari e fatto il bucato. Abbiamo spruzzato deodoranti alla rosa, acceso incensi e candele alla rosa anche nelle stanze abbandonate e nei ripostigli. Infine, è da due giorni che noi stessi usiamo saponette, dentifrici e shampoo alla rosa. –

Alucard era semplicemente scandalizzato:

-E per farmi un dispetto sei arrivato a inzupparti nelle rose come un invertito? –

Un sorriso soave da monaco buddista illuminò il volto del maggiordomo mentre rispondeva:

-Vecchio mio, pur di farti soffrire sono disposto a qualsiasi cosa. Se scoprissi che voi vampiri siete allergici al tulle bianco, non esiterei a camminare per Villa Hellsing vestito con un tutù da danza classica. –

-Sei disgustoso! – ringhiò Alucard -E la master dov’è? Ho da cantargliene quattro anche a lei! –

-Si sta facendo la doccia, ovviamente con un bagnoschiuma alla rosa. Se posso darti un consiglio spassionato, non ti conviene avvicinarla. Nella sua vendetta, si sta mostrando più intransigente di me. Non esce dalla sua stanza senza prima essersi spruzzata addosso mezza bottiglietta di profumo alla rosa e aver fatto i gargarismi con l’acqua di colonia alla rosa. –

-Siete disgustosi tutti e due! – tuonò il vampiro e non sostenendo oltre la situazione, tornò a rintanarsi nella segreta, dopo aver fatto rifornimento di sacche di sangue. Fortunatamente, i suoi pasti non li avevano contaminati né con l’aglio né con le rose. Inghiottendo il suo cibo, il Re-senza-vita meditava vendetta. Non poteva accettare che due miserabili umani, per quanto fuori dal comune fossero, pensassero di avere qualcosa da insegnare a lui, il Signore della Notte! Tanto più che al cospetto dei suoi cinquecento anni, entrambi facevano la figura degli sbarbatelli.

-Volete la guerra, eh? - sibilò il nosferatu, succhiando dalla cannuccia -E guerra avrete! –

 

Nei due giorni che erano occorsi a Integra e Walter per inondare la dimora di fragranza alla rosa, Sir Hellsing aveva rifiutato di andare a scuola.

-Non puoi lustrare tutta la villa da solo, Walter. In questo momento servo più qui che a scuola. E poi alla fine dell’anno mi ritirerò per studiare in casa quindi un’assenza in più o in meno cosa vuoi che cambi? –

Il tutore aveva allora attaccato una paternale sulla necessità che la quasi tredicenne continuasse a frequentare la scuola, quel giorno e anche l’anno successivo ma Integra era stata irremovibile e alla fine il maggiordomo si era arreso alla sua volontà, anche perché aveva effettivamente bisogno di aiuto per completare la vendetta.

La mattina del terzo giorno, appreso dal tutore che mentre faceva la doccia si era persa la faccia fatta da Alucard nello scoprire come la sua cuccia puzzasse di rose fino alla soffitta, Sir Hellsing aveva ghignato soddisfatta. Adesso la vendetta poteva anche terminare. Basta spandere fragranza fiorite per tutta la magione, sarebbe occorsa almeno una settimana prima che quel fetore (tale appariva anche alle narici di Integra, data la quantità industriale di prodotti usati) evaporasse.

-Una settimana di ulteriori sofferenze per il nostro nosferatu. – come specificò il tutore, con grande soddisfazione di entrambi.

Miss Hellsing tornò così a scuola il mattino seguente, scoprendo come anche gli altri rimanessero colpiti dall’afrore di rosa che emanava la sua persona. Quando incedeva per i corridoi, la folla di studenti e insegnanti si apriva in due ali per lasciarla passare, guardandola allibita. Tutto ciò imbarazzava la ragazzina ma orgogliosa com’era, riuscì a non darlo a vedere, procedendo a testa alta.

Per tutta la successiva settimana, Alucard non si fece vedere. Master e tutore erano certi che l’assenza del vampiro fosse causata dall’odoraccio persistente in casa e che loro gliel’avessero fatta pagare a dovere.

Giunse l’alba dell’ottavo giorno.

Integra, seduta sul sedile posteriore della berlina, si stava facendo accompagnare a scuola da Walter. Il parco di Hellsing Manor era immerso in una spessa nebbia, per questo i due umani si accorsero della sorpresa piantata sul bordo del viale solo quando la macchina le passò lentamente accanto.

Un bastone appuntito, alto quanto un avambraccio, era infisso nel terreno. Sopra vi era impalato un corvo.

Pupilla e tutore sgranarono gli occhi, ammutoliti ma le sorprese non erano finite. A un passo di distanza da quel primo bastone, ne videro un altro con impalato sopra un riccio e a un altro passo di distanza ne trovarono un terzo, con sopra un rospo…

L’intero viale d’ingresso di Villa Hellsing era bordato di quel sinistro decoro, composto da decine di pali con sopra infilzati altrettanti animali. Tutte le specie erano presenti: mammiferi, uccelli, anfibi, rettili. Molte di quelle vittime, in quella stagione, erano in letargo e ciò indicava con quanta dedizione il vampiro le avesse cercate, arrivando a snidarli dalle tane.

Era quindi questa la ragione per cui Alucard non si era fatto vedere per una settimana. Non era rimasto infrattato nella catacomba a leccarsi le ferite all’orgoglio, come avevano ipotizzato Integra e Walter.

No, in quel tempo Alucard aveva meticolosamente preparato la controffensiva, cercando i legni più adatti per farne dei pali, affilandoli e stanando gli animali da suppliziare.

Non fu il macabro spettacolo in sé per sé a sconcertare i due umani, dato che entrambi nutrivano ben poca empatia per gli animali. Era la sfida insita in quell’impalamento a sgomentarli.

Il cancello del parco fu varcato, la visione delle bestie straziate lasciata alle spalle. Walter buttò un occhio allo specchietto retrovisore, osservando la signorina seduta. Il volto di Integra era teso ma non capiva se per la rabbia o la paura. Si sarebbe arresa o avrebbe accettato la sfida?

-Cosa pensa di fare, Sir Hellsing? –

-C’è bisogno di chiederlo? – domandò la ragazzina, indignata -Non gliela farò passare liscia! –

Il volto del maggiordomo si allargò in un sorriso:

-E io sarò con lei, miss. –

 

Alucard restò in allerta per un paio di giorni, in modo da stroncare sul nascere ogni possibile rivalsa dei due umani. Dato però che in quel periodo tutto ciò che Integra e Walter fecero fu di non rivolgergli la parola e uscire dalle stanze in cui si trovavano non appena lo vedevano entrare, si convinse che l’indignazione dei due umani non sarebbe sfociata in nessuna vendetta.

Abbassò così la guardia, prese Casull e per un paio d’ore si divertì a squarciare le sagome del poligono di tiro. Quando rientrò in casa, assetato, passò dalla cella-frigo, prese una sacca di sangue, la stappò e diede un avido sorso.

Brividi freddi gli corsero su e giù per la schiena.

Il sangue sapeva di rosa.

Non tentò di cercare fra le altre sacche se ce ne fosse una che non fosse appestata. Sapeva che sarebbe stata una ricerca vana.

Gli riusciva facile immaginare la master e il maggiordomo approfittare della sua assenza per lavorare alacremente, versando in ogni sacca chissà quante gocce di essenza alla rosa.

Alucard, sospirando, terminò quel sangue disgustoso. Era consapevole che Walter non avrebbe fatto arrivare un nuovo carico di sacche da trasfusione fino a che quelle inquinate con la rosa non fossero state bevute tutte, quindi tanto valeva finirle.

La fame era molta e afferrò una seconda sacca. Mentre inghiottiva, cominciò a riflettere su come farla pagare ai due umani.

 

Il contrattacco arrivò quella sera stessa.

I soldati dell’Hellsing addetti al turno di notte avevano appena finito di cenare quando strani spasmi cominciarono ad attanagliare i visceri di alcuni di loro. Con calma, il gruppetto di uomini si recò in bagno. Avevano appena chiuso le porte alle loro spalle quando i medesimi movimenti intestinali afferrarono altri colleghi che si diressero in bagno ad attendere il loro turno. La fila, inizialmente composta, in pochi minuti si trasformò in un calvario.

Chi era accasciato per terra, chi si torceva su se stesso, ognuno cercava il modo per riuscire a trattenersi e intanto inveiva contro chi era chiuso nei gabinetti:

-Vi volete sbrigare?! –

-Fosse facile! – rispondevano quelli, incapaci di alzarsi dalla tazza per le continue scariche che li affliggevano.

A completare il quadro drammatico, ogni tanto la porta della toilette si apriva e un gruppetto di commilitoni, pallidi e sudati, si affacciava per vedere a che punto era la fila, commentando con angoscia:

-Qui non c’è speranza! Vado a farla in qualche cespuglio del parco! –

In questo modo, chi si trovava nei bagni comprese che la dissenteria affliggeva l’intero plotone e qualcuno trasse l’inevitabile conclusione:

-Ci hanno avvelenati, cazzo! –

-Ma chi?! –

-Dei nostri rivali. La Divisione Iscariota, forse. –

Ci fu anche chi propose:

-Non ha senso aspettare qui, fra un po’ me la faccio addosso. Vado nel parco! –

La proposta fu accolta all’unanimità e tutti fuggirono nel giardino di Villa Hellsing. Chi usò un’aiuola, chi si acquattò fra i cespugli, chi sotto un albero, molti con gli indumenti già sporchi non essendo riusciti a trattenersi oltre.

Non appena gli spasmi gli diedero un po’ di tregua, il Capitano Ferguson tornò in caserma, afferrò il telefono, chiamò Hellsing Manor e quando udì la voce di Walter all’altro capo del filo, annunciò:

-Ci hanno avvelenato! –

Altro non poté aggiungere, dovendo tornare di corsa a infrattarsi nella siepe che aveva eletto a gabinetto personale.

Una lunga fila di ambulanze condusse i cinquantadue soldati del turno di notte in ospedale, dove la diagnosi fu:

-Nessun avvelenamento, solo una dose massiccia di lassativo mescolata agli alimenti. Li terremo comunque in osservazione perché hanno perso molti liquidi. –

Walter e Integra non ebbero bisogno di chiedersi chi fosse l’autore di uno scherzo tanto meschino. Loro gli avevano avvelenato le sacche di sangue con essenze alimentari alla rosa, lui aveva ricambiato a modo suo. Non volendo umiliare master e camerata, i bersagli della sua vendetta erano stati i soldati, ai suoi occhi semplici oggetti di proprietà di Integra.

Alucard era certo che aver risparmiato un’esperienza simile ai suoi due umani lo rendesse meritevole di elogio. Non sapeva di aver suscitato l’esatto opposto della stima. Prendersela con persone innocenti fece arrabbiare parecchio tutore e pupilla, soprattutto quest’ultima, diretta responsabile del benessere delle sue truppe.

Alucard, rintanato nella sua segreta, rideva di gusto allo scherzo fatto. Fosse stato presente al piano di sopra, dove il maggiordomo e la ragazzina discutevano sul da farsi, sarebbe stato molto meno allegro e di gran lunga più preoccupato. Avrebbe infatti visto brillare negli occhi di Integra lo stesso sguardo che tante volte, in passato, aveva visto ad Abraham Van Helsing e che non prometteva nulla di buono.

Walter non aveva mai conosciuto il capostipite degli Hellsing ma la determinazione sul viso della quasi tredicenne impressionò anche lui. Improvvisamente, invece di una ragazzina, gli sembrava di trovarsi al cospetto di una donna adulta.

-Walter, ti ordino di restarne fuori. Adesso è una questione fra me e Alucard. – e mentre così parlava, fece scrocchiare le ossa delle dita.

Lo shinigami si preoccupò. Una simile ingiunzione indicava che qualsiasi cosa Integra avesse in mente, era talmente azzardata da farle temere per l’incolumità del maggiordomo. Si trattava quindi di una vendetta che avrebbe fatto imbestialire Alucard oltre ogni misura, una situazione rischiosa persino per la master.

Avrebbe voluto impedirle di mettersi in pericolo, proteggere la sua quasi-figlia, rinunciare ad ogni rivalsa su quella zanzara troppo cresciuta, ma capiva che non sarebbe riuscito a far desistere Sir Hellsing. Si arrese quindi alla volontà del Capo dei Cavalieri Protestanti.

Chinò la testa:

-Come volete, miss. –

Si ripromise di vegliare su di lei con la sua corda della morte.

 

A differenza del dispetto precedente, quando Walter e Integra reagirono all’impalamento degli animali uscendo dalle stanze in cui il vampiro entrava, l’“avvelenamento” delle truppe infuriò talmente i due umani da rendergli impossibile trincerarsi dietro un silenzio offeso. Ogni volta che s’imbattevano in Alucard, cominciavano a rimproverarlo e da lì a imbastire un litigio, il passo era breve.

Il non-morto, sempre soddisfatto quando poteva misurarsi in uno scontro, fisico o verbale che fosse, era più che contento di aver suscitato una simile reazione nel suo branco. Non solo non trascorreva un giorno senza litigare almeno quattro o cinque volte con ciascun umano ma quell’atteggiamento lo convinse sempre più di aver vinto la guerra. La master e il tutore avevano esaurito le loro cartucce e sfogavano così la frustrazione.

Fu la certezza di non avere ormai nient’altro da temere che lo spinse ad assentarsi dalla sua segreta un pomeriggio intero, facendo esercitare Casull a sparare contro tutti gli uccelli che vedeva volteggiare nel cielo (il poligono di tiro lo giudicava ormai poco stimolante per un virtuoso dell’omicidio come lui).

Quando, all’imbrunire, rientrò nella sua catacomba, un orrendo puzzo di rosa invase le sue narici.

Incredulo che avessero osato appestare la sua stanza, costernato di aver sbagliato il suo giudizio sui due umani, esplorò la vasta segreta alla ricerca della fonte di quel fetore perché capiva che la fragranza non era stata spruzzata indiscriminatamente per ogni dove ma proveniva da un punto in particolare.

L’odore si faceva più intenso quando si avvicinava ad una zona a lui sacra e quando scoprì di non essersi sbagliato, il trauma fu talmente forte che se fosse stato un umano, sarebbe stramazzato a terra svenuto.

La sua bara, ciò che un vampiro ha di più importante e inviolabile!

Ecco, il coperchio della sua amatissima bara, costruita da Dio Abraham e su cui Master Eva aveva fatto incidere il patto che li univa, era completamente ricoperto di…di…

Lo sgomento di Alucard nel vedere profanato il suo giaciglio lasciò il posto ad un sincero stupore quando si accorse di cosa lo imbrattava.

Il coperchio della sua amatissima bara era interamente coperto di…cerette depilatorie?!

Il vampiro s’inginocchiò accanto al giaciglio e con l’indice grattò quei lunghi adesivi olezzanti di rosa. Sì, non c’erano dubbi, erano proprio cerette, quelle con cui le donne si torturavano strappandosi i peli dalle gambe.

La bara di un vampiro profanata non con acqua santa o aglio ma con cerette alla fragranza di rosa! Non poté fare a meno di esclamare:

-Pensavo di averle viste tutte, in cinquecento anni e invece il mondo continua ancora a sorprendermi! –

Non poteva lasciare il suo giaciglio in simili condizioni, così strappò via ad una ad una tutte le strisce che fecero ciò per cui erano state create: trascinare con sé ciò a cui erano attaccate. In questo caso, non peli ma la vernice nera della bara, mettendo in luce il legno chiaro sottostante. Quando tutte le cerette furono asportate, il coperchio della bara ricordava il manto di una mucca, pieno di pezzature bianche e nere.

Alucard sospirò: risolvere la situazione gli avrebbe richiesto più tempo del previsto.  Frugò in tutti i ripostigli di Villa Hellsing alla ricerca di una spatola con cui grattare via i rimasugli di vernice vecchia, un barattolo di tinta nera da spennellare sul coperchio della bara e una di quelle mascherine bianche che gli umani mettevano sul naso e sulla bocca perché non ne poteva più di respirare quel nauseabondo profumo di rosa.

Nelle lunghe ore che trascorse nella sua catacomba, passando una mano di vernice sull’altra, rifletté su quanto era accaduto. Solo due persone, nella villa, sapevano dove si trovasse la sua bara: Walter e Integra, quindi fra di loro doveva cercare il colpevole.

Alucard scartò immediatamente lo shinigami. Il maggiordomo sapeva quanto preziosa fosse la bara per un vampiro e non si sarebbe mai azzardato a sfiorarla con un dito, consapevole come nemmeno la più ferrea delle amicizie l’avrebbe protetto dalle ire di un mostro. Se Walter fosse stato l’autore di quell’affronto, il Re-senza-vita gli avrebbe spezzato il collo senza esitazioni.

Non restava quindi che Integra.

Il codice d’onore dei nosferatu esigeva che la profanazione del giaciglio fosse punita con la morte ma poteva uccidere la master?

No.

Quindi doveva lasciargliela passare liscia?

Sì.

Incredulo, Alucard rigirò la situazione da tutti i punti di vista ma ogni prospettiva portava sempre alla solita soluzione: proprio perché Sir Hellsing l’aveva combinata così grossa, non poteva torcerle nemmeno un capello.

“Eppure, almeno qualche sculaccione lo merita!” diceva fra sé e sé il vampiro. Era però consapevole che la furia che lo agitava era tale da fargli correre il rischio di non riuscire a fermarsi, finendo per massacrare di botte la ragazzina.

No, doveva arrendersi, non esistevano altre alternative.

Aveva perso la guerra.

 

Integra trascorse la notte insonne, tanta era la paura che l’agitava.

Aveva compiuta la sua prodezza con fredda determinazione, trascorrendo quasi un’ora inginocchiata nella gelida segreta, a scaldare ogni singola ceretta fra le palme per poi farla aderire ben bene sul sarcofago. Se in quel frangente il vampiro l’avesse sorpresa, sbraitando “Cosa fai?!”, senza scomporsi avrebbe risposto:

-Siccome abbiamo terminato tutti i prodotti all’essenza di rosa tranne queste, mi sto ingegnando a vendicarmi con le cerette. –

Una volta calata la notte e sbollito il sacro furore, Sir Hellsing cominciò a perdere la sua baldanza. La consapevolezza di averla combinata davvero grossa le attanagliava le viscere in una gelida morsa. Alucard avrebbe reagito? E come?

Il timore che la pestasse durante il sonno le impedì di chiudere occhio e quando al mattino incrociò il midian nel corridoio, non poté fare a meno di pensare con un brivido “ Se non muoio oggi, non muoio più “.

Il volto di Alucard era una maschera di sdegno e quando passò accanto alla master, girò la faccia dall’altro lato, senza guardarla né parlarle. Integra scese le scale col sollievo che aumentava ad ogni gradino.

Aveva vinto! Alucard si era ritirato dalla guerra! Lo conosceva abbastanza bene da capire quanto la sua rabbia fosse impastata con la resa.

Non avrebbe però gioito esternamente di quella vittoria, non le sembrava il caso di irritare eccessivamente il servo. Non avrebbe fatto commenti salaci, risate o allusioni, avrebbe tenuta per sé ogni soddisfazione. Adesso doveva soltanto pensare a fare la pace col Re-della-notte e sapeva già cosa dargli in segno di amicizia.

 

Quel pomeriggio, uscita da scuola, chiese a MacBrian di accompagnarla ai Grandi Magazzini.

-Mi aspetti qui. Sarò di ritorno fra mezz’ora. Ho delle faccende private da sbrigare. –  disse al milite una volta giunti a destinazione.

MacBrian non fece commenti. Sapeva che a dodici anni si cominciano ad avere realmente delle faccende private da sbrigare. Pensò alla sua primogenita, coetanea di Integra, che sbrigava le proprie faccende in compagnia della madre. Vedere la propria datrice di lavoro avanzare tutta sola verso il grande edificio, senza nessuna donna al fianco ad aiutarla, gli fece provare un moto di compassione per Sir Hellsing.

Il Capo dei Cavalieri Protestanti non aveva mentito al sottoposto. Oltre a cercare il regalo per Alucard, doveva occuparsi anche di se stessa. La sua prima tappa fu al negozio di tabacchi per acquistare una scatola di sigari, visto che quella che aveva era ormai agli sgoccioli. Nascose accuratamente la mercanzia nella cartella, non osando immaginare la paternale che le avrebbe impartito Walter se avesse scoperto che fumava.

Dopo di che, col cuore gonfio di amarezza, si arrese a cercare un negozio di intimo.

Detestava ciò che stava per fare, per settimane aveva mentito a se stessa dicendosi che tutto andava come al solito, non c’erano cambiamenti ma alla fine si era arresa all’evidenza: il suo seno era cresciuto ancora.

Di nuovo!

Maledetti ormoni! Perché non andavano a deliziare qualcuna delle sue compagne di classe, magari una di quelle romanticone senz’altra ambizione nella vita che sentirsi la protagonista di chissà quale grandiosa storia d’amore? Come avrebbero fatto comodo a loro un bel paio di tettone per attrarre i principi azzurri! Invece la natura si era divertita a scontentare tutte: quelle svenevoli delle sue compagne erano piatte quanto un’asse da stiro e lei che avrebbe fatto volentieri a meno di crescere era la popputa della classe.

Che carognata!

Ancor più del corpo che cresceva contro la sua volontà, ciò che l’amareggiava era stato il rendersene conto. Capiva che prendere atto dell’evidenza era un’ulteriore passo verso il diventare adulta, ancor più grande e doloroso di quello che l’aveva costretta a fare Alucard, intimandole non andare più a spasso per Villa Hellsing in accappatoio o pigiama, o di quello che Walter le avrebbe fatto compiere di lì a pochi giorni, intimandole di imballare il cestone di giocattoli che giaceva inutilizzato in camera sua per chiuderlo in soffitta. Il maggiordomo, ultimamente, aveva fatto fin troppe allusioni in merito, quindi Sir Hellsing era ormai rassegnata all’inevitabile.

Perché crescere era così doloroso? Perché non si poteva restare bambini per sempre? Lei avrebbe dato via tutta la sua fortuna pur di poter tornare a quando papà era ancora vivo e nessuno le rimproverava perché si arrampicava sugli alberi o saltava nelle pozzanghere, con quell’ammonizione che tanto detestava: “Ormai sei una signorina”!

Integra sospirò, per non rischiare di scoppiare a piangere proprio allora. Sarebbe stato così umiliante! Lei era Sir Hellsing, lei era forte e i tipi tosti non piangono!

Giunta alla boutique, si rese conto di non avere la più pallida idea di cosa cercare. Non sapeva quale taglia di reggiseno portasse, né come si facesse a capirlo. Ciò la irritò alquanto perché il Capo dell’Ordine dei Cavalieri Protestanti doveva essere sempre all’altezza della situazione.

Una commessa giunse in suo soccorso. Integra le spiegò cosa le occorresse, ammettendo tutta la sua abissale ignoranza in materia.

-Non tema, miss, l’aiuto io. -rispose la donna con aria materna.

In capo a mezz’ora, Sir Hellsing aveva sbrigato anche quell’incombenza. Nascose l’indumento nello zaino, ancor più accuratamente della scatola di sigari perché questo andava celato non solo a Walter ma a tutti gli omacci che vivevano e lavoravano nell’Organizzazione Hellsing. La disturbava l’idea di ricordare a tutta quella gente che aveva un sesso diverso da loro.

Si rimise la cartella in spalla. Aveva terminato le incombenze per sé, adesso poteva pensare a cercare il regalo per Alucard. Si diresse verso il negozio di fumetti.

 

Alucard era assiso sul trono di legno quando vide la master entrare nella sua segreta.

-Ti ho portato un regalo. -disse la padroncina allungandogli un tubo di cartone, di quelli al cui interno si arrotolano i poster.

Non aggiunse il perché di quel regalo, non ce n’era bisogno.  Master e monster erano entrambi consapevoli che la resa del mostro andava premiata.

Alucard tolse il tappo da una delle estremità del tubo di cartone, estrasse il poster, lo srotolò davanti agli occhi e ammutolì dalla sorpresa. Sua Sanguinarietà Vampirella lo fissava lasciva dalla carta patinata, immersa in un bagno di sangue. Serissimo, commentò:

 -Grazie, master. Questo mi mancava. –

Integra, che alla reazione del vampiro aveva gongolato, soddisfatta di aver trovato il regalo a lui congeniale, all’udire quelle parole restò di stucco. Come sarebbe a dire “mi mancava”? Possedeva altri poster della vampira dei suoi sogni? E lei che credeva di aver avuto un’idea innovativa!

-Il problema, adesso, è riuscire a trovare un posto dove appenderlo. – disse il midian, girando la testa a destra e a sinistra, guardando le pareti della sua catacomba.

Integra, sempre più stupita dalle parole del servo, istintivamente girò anche lei la testa a destra e a sinistra. Aveva sempre pensato che lo stanzone di Alucard fosse vuoto e disadorno ma adesso le sorgeva il dubbio che fosse più affollato di oggetti di quel che credeva. Ma per quanto si sforzasse di aguzzare la vista, i suoi occhi umani non erano capaci di vedere nel buio. Il mostro, accortosi del disagio della ragazzina, le venne in soccorso:

-Scusa, master. Avevo dimenticato le ridotte capacità di voi viventi. Adesso illumino la stanza così potrai vedere anche tu e magari riesci ad aiutarmi a trovare un angolo sgombro dove attaccare il tuo regalo. –

Con un semplice schiocco di dita, Alucard accese delle fonti di luce di cui Integra ignorava l’esistenza. Lo stanzone si illuminò a giorno e Sir Hellsing rimase a bocca aperta dalla sorpresa.

Tre pareti del vasto salone erano occupate nella loro interezza dalla più impressionante collezione d’armi che Integra avesse mai visto.

C’era di tutto: schioppi, archibugi, lance, cerbottane, baionette, moschetti, archi, frecce, zagaglie, kriss, corde di seta, bolas, mazze, scudi, alabarde, balestre, clave, scimitarre, boomerang, spade, machete e altre ancora che la ragazzina non aveva mai visto, non sapeva come si chiamassero e nemmeno riusciva a immaginarne l’utilizzo.

Il vampiro concesse alla master di ammirare a bocca aperta la collezione per alcuni minuti prima di riscuoterla dalla contemplazione avvertendola:

-Che non ti passi per la testa di togliere qualche pezzo per incollare il poster! Mi spiace ma il tuo regalo dovrà trovare posto su quest’altro muro. –

Sir Hellsing si girò così ad osservare la quarta parete. Una lunga fila di schedari da ufficio, alti quanto Integra, la occupavano in tutta la sua lunghezza.

-Cosa c’è là dentro? – chiese la quasi tredicenne, indicandoli.

-Materiale da ricatto. – rispose seraficamente il vampiro.

L’adolescente lo guardò perplessa e Alucard spiegò:

-Quando gestivo la sala da tè, furono molti i pezzi grossi che vennero a sollazzarsi con le ragazze. A ognuno di loro feci foto, filmini e registrazioni audio compromettenti perché può sempre tornare utile avere di che ricattare un potente. Tutto questo materiale l’ho diligentemente catalogato in ordine alfabetico negli schedari. Comprendo che dopo vent’anni molti di quei signori saranno morti ma rimangono comunque i loro discendenti, desiderosi che la memoria del padre o del nonno non venga infangata. –

Integra osservò sinceramente stupita la lunga fila di schedari mentre esclamava:

-Accidenti! Così tanta gente? –

Il vampiro omise di aggiungere che il materiale scandalistico riguardante i pezzi veramente grossi, quelli che reggevano le fila di tutto il Regno Unito o di mezzo mondo, li aveva depositati in una cassetta di sicurezza in una banca svizzera. La stessa banca svizzera in cui aveva depositato un conto corrente a proprio nome di svariati milioni di sterline, cioè quanto gli aveva fruttato l’onesto lavoro di magnaccia. Master Arthur, Walter e il Consiglio dei Dodici avevano sempre sospettato che Alucard possedesse più soldi di quel che volesse far e che il malloppo si trovasse all’estero ma per quanto avessero indagato, non erano riusciti ad acquisire prove certe. Il succhiasangue era sempre stato accorto a non lasciare scie di indizi che potessero far arrivare al suo gruzzolo. Non ci teneva a consegnare al fisco inglese quanto gli spettava, né a rimborsare l’Organizzazione Hellsing di quanto aveva scucito nel corso dei decenni per ripagare tutti i danni combinati da lui, ufficialmente vampiro nullatenente.

Integra, intanto, osservava la porzione di parete sovrastante gli schedari, tappezzata da una vasta e variegata collezione di poster di Vampirella, tanto che la ragazzina, pensando a quello che aveva appena regalato ad Alucard, non poté fare a meno di pensare amareggiata “Come regalare ghiaccio agli eschimesi!”

Solo due elementi, su quel muro, non riguardavano la seducente vampira e per questo spiccavano come papaveri in un prato di margherite.

Il primo su cui caddero gli occhi di Sir Hellsing fu un calendario, con stampata sopra la pagina del mese corrente la foto di un mitragliatore, il che fece comprendere alla quasi tredicenne come tutte le immagini ivi contenute riguardassero le armi.

-Ammetto che ti facevo più un tipo da calendario di donne nude. – disse la ragazzina.

Il vampiro sembrò offeso dall’affermazione:

-Per chi mi hai preso? Solo perché in una fase della mia mia non-esistenza ho fatto il magnaccia come secondo lavoro, non vuol dire che abbia la vocazione del pappone. Sono un guerriero! E’ vero che le donne sono interessanti, e anche gli uomini, e ammetto che in questo periodo ci penso spesso ma solo perché mi sono risvegliato da un digiuno di vent’anni e vorrei vedere chi, al mio posto, non avesse gli ormoni che scalpitano nelle vene ma una volta sfogato il testosterone, ti assicuro che tornerò ad essere il guerriero tutto d’un pezzo che sono sempre stato e ti assicuro che per un combattente le armi sono più seducenti delle donne e degli uomini. Le armi. Le…armi! –

Alucard pronunciò la parola “armi” accarezzando con lo sguardo la collezione che lo circondava su tre pareti e ad ogni ripetizione una luce sempre più lasciva brillava nei suoi occhi, mentre la voce arrochiva. Integra, un po’ disgustata, si scostò dal servo di un passo, lasciandolo ridacchiare sommessamente tra sé e sé mentre contemplava le sue armi con uno sguardo che neanche Vampirella sarebbe stata capace di suscitare. La master spostò quindi l’attenzione sul papavero rimasto, un poster che raffigurava una…donna? Ma che strana donna, perdinci! Era nuda (il che, constatando che si trovava nella segreta di Alucard, non la stupiva né scandalizzava), con arti di uccello al posto di braccia e gambe e due grandi ali bianche che partivano dalla testa.

Quelle ali candide avrebbero potuto far pensare ad un angelo ma l’espressione crudele del suo viso costrinse Integra a scartare quell’ipotesi. Riscosse il servo dalla sua morbosa contemplazione delle armi appese tirandolo per un gomito e chiedendogli:

-Chi o cosa è quella? –

-E’ l’arpia Silen. Non farti ingannare dal nome, in realtà non è un’arpia ma un demone e anche abbastanza famoso. Ha raggiunto il successo vendendo i suoi diritti d’autore a un fumettaro giapponese che l’ha ritratta nel suo giornalino. Da quella storia hanno ricavato cartoni, film, gadget e Silen è diventata ricca sfondata. –

Sir Hellsing sudò freddo temendo che Alucard riattaccasse per un pomeriggio intero con la tiritera sulle sue mancate royaltes, grazie alle quali sarebbe entrato nella classifica di Forbes sugli uomini più ricchi del pianeta ma quel giorno ebbe fortuna. Il vampiro si era abbondantemente sfogato della faccenda nei giorni precedenti, non desiderava tornare sull’argomento ma parlare della tizia raffigurata nel poster così proseguì:

-Sì, l’arpia Silen ha fatturato milioni con la sua comparsa in quel fumetto. Beata lei! Ma non è per questo che ho appeso la sua immagine nella mia catacomba. Ho avuto la fortuna di incontrarla dal vivo ed è infinitamente più crudele di quanto appaia sulle pagine o sullo schermo. -

Alucard parlava allegramente, come se “crudele” fosse una qualità simpatica da trovare in una persona e lui fosse contento di essersi imbattuto in una mattacchiona come Silen.

-La incontrai una sera in cui tuo padre mi concesse una libera uscita. Entrai in un pub di Londra e a un tavolo vidi seduti un uomo in doppiopetto e una donna in tailler. O almeno, ai vostri occhi umani appariva come una donna in tailleur ma i miei occhi di mostro la vedevano per quel che era realmente: un demone che aveva camuffato il suo aspetto per non farsi notare da voi. Si spacciava per una consulente finanziaria e convinse l’uomo in doppiopetto a firmare delle carte, prospettandogliele come un affarone. Il tizio non lesse le righe scritte in piccolo, in cui veniva avvertito che stava vendendo l’anima a Silen in cambio di qualche azione ben quotata in borsa. –

-E tu lo avvisasti del pericolo? – chiese Integra, partecipe del guaio in cui si era cacciato lo sconosciuto.

-Io? E perché mai? E’ così divertente veder precipitare gli umani in un baratro! –

Sir Hellsing non poté che darsi della stupida da sola. La risposta di Alucard era così scontata!

-Quando il tizio sloggiò dal tavolo, mi sedetti al suo posto e feci i miei complimenti alla diavola per la fregatura che gli aveva mollato. Così come sapevo che lei in realtà era un demone, anche Silen vedeva sotto il mio aspetto apparentemente umano la mia natura di vampiro. Così cominciammo a fare bisboccia. –

-Devo quindi dedurre che non l’hai uccisa, così come non uccidesti Vampirella? –

-Erano due situazioni diverse! Hai ragione ad arrabbiarti per Vampirella perché ero in servizio e ammetto di non aver assolto al mio dovere di sterminatore ma quando incontrai Silen ero fuori dall’orario di lavoro e nessuno mi obbliga a uccidere mostri durante le mie ore di riposo quindi non hai niente da rimproverarmi. Silen m’ispirò subito simpatia, per questo ho appeso un poster in suo ricordo. Inoltre, considerando che con lei mi finì meglio che con Vampirella, sarebbe stato veramente scortese da parte mia ucciderla alla fine di tutto. –

Integra non indagò oltre sull’ultima frase del vampiro anche perché intuiva di aver capito giusto su quel che volesse dire e preferì concentrarsi su quel che era realmente importante:

-Alucard, parlami sinceramente: oltre a Vampirella e Silen, quanti altri midian hai risparmiato? –

La preoccupava quel lato inusuale del suo cane, disposto a concedere la grazia a belle mostre. Il non-morto rifletté in silenzio, poi chiese:

-La famiglia Addams fa testo? –

-No, la famiglia Addams è umana. Folcloristica, ma umana. –

-Allora, a parte Vampirella e Silen, non ho risparmiato nessun altro. –

La risposta tranquillizzò la master che poté così lasciarsi andare ad una nuova curiosità:

-Ma la famiglia Addams esiste davvero? –

-Certo che esiste! Perché non dovrebbe esistere? Esiste il Mostro della Palude e non dovrebbero esistere gli Addams? Sai master, anche loro hanno guadagnato un pozzo di soldi dai loro diritti d’autore. Sugli Addams hanno fatto cartoni, film, fumetti, costumi di carnevale e fregnacce varie e su questo hanno costruito un impero miliardario. Hanno un aereo privato, un panfilo più lungo di quello del sultano del Brunei e viaggiano continuamente per il mondo. Mi sono imbattuto in loro durante una serata libera concessami da tuo padre, mentre visitavano Londra. –

Alucard assunse un’aria malinconica mentre diceva:

-Morticia, di presenza, è una gnoccolona da togliere il fiato. L’attrice che la interpretava nel telefilm in bianco e nero è molto carina e somigliante ma la Morticia in carne e ossa è ancora più sensuale. Purtroppo è incrollabilmente fedele a suo marito! –

Il vampiro sospirò amaramente, segno di quanto gli dolesse essersi lasciato scappare Morticia Addams e con invidia esclamò:

-Gomez è un uomo troppo fortunato! –

Con la stessa rapidità con cui era sprofondato nella malinconia, Alucard ne uscì, esclamando tutto allegro:

-In compenso mi accordai con Mano Addams per incontrarci la sera seguente e fare il giro di tutti i night-club del Soho e posso assicurarti che un compagno di bevute come quell’arto non l’ho più ritrovato. Mano Addams è un bevitore formidabile! E’ capace di scolarsi una bottiglia di vodka in mezz’ora! Mezz’ora! Non male, per una mano umana! –

Integra stava per chiedere come diamine potesse, una mano umana, scolarsi una bottiglia di vodka quando il suo sguardo incontrò due occhietti a cui prima non aveva fatto caso. Erano due occhietti cattivi, appartenenti a un mostriciattolo brutto e spelacchiato che la fissava con aria torva da una sfera trasparente appoggiata sugli schedari. Stupita, la ragazzina esclamò:

-Sembra un Gremlin! –

-E’ un Gremlin. –

-E come ha fatto a finire rinchiuso in quella sfera, per giunta nella tua cella? –

-E’ una storia lunga e malinconica. – sospirò Alucard con voce triste -Nell’agosto del 1954, un vampiro a bordo di un Harley Davidson imperversò nelle strade di Londra. Fu un osso duro da eliminare e mi divertii molto a combatterlo. Ovviamente alla fine vinsi io e a quel punto mi trovai di fronte a un dilemma: cosa fare dell’Harley Davidson? Avrei potuto lasciarlo posteggiato dov’era, condannandolo all’incuria dei vandali e delle intemperie. Oppure potevo salvarlo da quel triste destino portandomelo a casa. Optai per la seconda. Lo inforcai e tornai qui. –

-E papà te lo lasciò tenere? -chiese stupita la master.

-Certo! Perché avrebbe dovuto vietarmelo? Il proprietario era morto, eredi che lo reclamassero non ce n’erano, quindi perché farmelo riportare indietro? –

Integra era dubbiosa. Se si fosse trovata al posto di suo padre l’avrebbe venduto e col ricavato avrebbe risarcito i familiari delle vittime del proprietario succhiasangue. Perché il genitore non si era comportato allo stesso modo? Non lo sapeva e non lo capiva. Siccome però era ancora tanto giovane da essere fermamente convinta che il padre agisse sempre per il meglio, neanche quella volta dubitò di un secondo fine di Sir Arthur.

Avrebbe potuto svelarle il mistero Alucard, spiegandole come per convincere il padrone e il suo maggiordomo/braccio destro a lasciargli la moto, appena giunto ad Hellsing Manor avesse proposto loro di dividersi fraternamente il mezzo, usandolo una settimana per uno. A quei due uomini giovani e pimpanti non era parso vero di poter aumentare il loro fascino sull’altro sesso presentandosi in sella ad una moto sportiva e avevano accettato il patto.

No, ad Alucard non andava di demolire l’idealizzazione che Integra aveva fatto di suo padre, immaginandolo come un templare votato alla causa, con simili banalità terrene. Fra qualche anno, quando fosse stata più grande e più forte e più mitigato il dolore per la morte di Arthur, allora avrebbe potuto spifferarle tutto ma adesso non era proprio il caso.

-C’è una cosa che non capisco. Cosa te ne facevi di una moto? Non dirmi che è la versione aggiornata del cavallo che usavi un tempo. Il cavallo ti serviva per attraversare i fiumi e portarti appresso la terra di sepoltura nel sacco ma con tutti gli esperimenti che i miei antenati hanno effettuato su di te, ormai puoi passare su di un ponte con soltanto una manciata di terra nelle tasche. Appurato quindi che sull’Harley Davidson non caricavi la bara, cosa accidenti te ne facevi? –

Con viso grave e voce piena di dignità, il midian rispose:

-Batman ha la bat-mobile, il Papa ha la papa-mobile e io? Sono forse da meno di Batman e del Papa da non meritare un mezzo tutto mio? –

Sir Hellsing non replicò. In fondo, una logica c’era.

-E la moto che fine ha fatto? Non l’ho mai vista nel garage di casa. –

-E’ qui che comincia la parte triste del racconto. – rispose il mostro rannuvolandosi -Una sera ci giunse una telefonata. Alle terme di Bath era stato avvistato un Gremlin. Come saprai anche tu, quei fottuti mostriciattoli per riprodursi devono soltanto immergersi nell’acqua e a quel punto si replicano a dismisura. Il Gremlin andava eliminato prima che si bagnasse anche solo un mignolo. Tuo padre stabilì che per quella missione bastassi io e mi ordinò di andare a Bath. Come facevo ormai da dieci anni a quella parte, inforcai l’Harley e partii nella notte. –

Il Gremlin, dentro la boccia, emise una risatina maligna, segno che il ricordo di quel che accadde dopo lo riempiva di gioia. Il vampiro proseguì:

-Arrivai a Bath, posteggiai la moto vicino alle terme ed entrai. Probabilmente il bastardello era appostato sul tetto e mi vide arrivare. Non si spiega in altro modo quel che successe. Bè, dicevo, entrai nelle terme e scovai lo stronzetto, appena in tempo per impedirgli di immergersi nell’acqua. Gli sparai addosso con Casull ma il maledetto era veloce a schivare i miei colpi. In quel modo riuscii comunque a tenerlo lontano dalla vasca e quando capì che non sarebbe riuscito a tuffarsi, fuggì dalle terme. Lo inseguii all’esterno e lì…lo vidi. –

La voce di Alucard divenne funerea:

-Il Gremlin era seduto sul mio Harley Davidson. Aveva svitato il tappo del serbatoio e ci teneva sospeso sopra un fiammifero acceso. Sparai, nella speranza di spazzarlo via dal sellino col suo fiammifero ma quello schifoso fu più veloce a farlo cadere dentro. L’Harley Davidson esplose, dilaniato in decine di pezzi. Impossibile ripararlo. Cercai il Gremlin e lo trovai fra le lamiere, malconcio ma vivo. Pensai che la morte fosse troppo poco per ciò che aveva fatto, così lo afferrai e fuggii perché il boato aveva risvegliato mezza città. Arrivato a Hellsing Manor, raccontai l’accaduto a tuo padre e a Walter. Anche loro furono concordi nel ritenere che la morte non fosse sufficiente per vendicare la distruzione dell’Harley così Walter costruì questa sfera per rinchiudercelo dentro e da allora lo tengo nella mia segreta, per usarlo come antistress. –

-Antistress? – chiese sorpresa la master – E come funziona? –

-Così. – rispose Alucard, appoggiando la sfera a terra e mollandole un gran calcio.

Simile alla pallina di un flipper, la sfera trasparente rotolò velocemente per il pavimento, cambiando traiettoria ad ogni ostacolo mentre il mostriciattolo al suo interno strillava tutta la sua contrarietà per quel trattamento.

Gli occhi della quasi-tredicenne si illuminarono e con lo stesso tono serio di un bambino che si auto-invita ad un gioco interessante, chiese:

-Posso prenderlo a pedate anch’io? –

-Ma certo! Il mio antistress è il tuo antistress, master. Sir Arthur scendeva spesso a prenderlo a calci. Anche Walter scende tutt’ora a sfogarsi col Gremlin. –

Siccome dentro Integra scorreva in parte il sadismo di Van Helsing, la ragazzina attese che la boccia terminasse la sua folle corsa, che il mostriciattolo all’interno si riprendesse da tutto quel vorticare che gli aveva fatto arrivare lo stomaco al posto del cervello e viceversa e che faticosamente arrancasse come un criceto dentro la sfera per farla rotolare fino ai piedi del Capo dei Cavalieri Protestanti, nella speranza di essere posto al sicuro sugli scaffali. Solo allora Sir Hellsing mollò una pedatona alla palla, godendo del doppio piacere di arrecare sofferenza a un freak e frantumare ogni sua speranza. Il midian protestò mentre il ruotare gli faceva tornare il cervello al posto dello stomaco.

Dalla gola di Integra salì una risata sadica, degna del cattivo di un film e prese a inseguire e a calciare la boccia per tutto il vasto salone finché la voce del vampiro non la interruppe, intimandole di avvicinarsi. Mentre la ragazzina giocava così brutalmente, il Re-senza-vita non era rimasto inoperoso e aveva continuato a cercare un posto dove appendere il regalo della master, trovandolo finalmente nella parte interna del coperchio della bara. Mostrò con orgoglio il lavoro compiuto alla padrona:

-Così, quando mi sveglierò, la prima cosa che vedrò aprendo gli occhi sarà il viso di Vampirella. –

In verità, a giudicare da come era stato posizionato il poster, a Integra sembrava che la prima cosa che avrebbe visto Alucard al suo risveglio sarebbe stato il seno di Vampirella ma tenne quella considerazione per sé. L’importante era che il regalo fosse stato gradito e che loro avessero fatto pace.

 

Adesso che avevano fatto pace, Alucard riprese a seguire Integra per tutta villa Hellsing. Pochi pomeriggi dopo avergli regalato il poster, Sir Hellsing si recò nella biblioteca del maniero, alla ricerca di materiale per una ricerca scolastica. Il vampiro, come sempre, le andò dietro e dato che si annoiava a vedere la padrona sfogliare i tomi dell’enciclopedia e non aveva la benché minima voglia di aiutarla, frugò fra gli scaffali della stanza, alla ricerca di un volume di suo gradimento.

Trovò qualcosa di inaspettato. Un’intera mensola ospitava gli album fotografici della famiglia Hellsing, dai tempi di Dio Abraham fino ad arrivare a pochi mesi prima la morte di master Arthur.

Alucard decise di guardare quelli relativi al decennio appena trascorso, tanto per vedere cos’era accaduto durante il suo letargo. Si sedette su una poltrona, appoggiò gli album sul tavolino che gli stava di fronte e cominciò lentamente a sfogliarli.

L’esclamazione di sofferenza che fece trasalire Integra arrivò dopo pochi minuti:

-Noooo! Come avete potuto mostrarmi una cosa tanto scandalosa?! –

La ragazzina si voltò sconcertata verso il servo. Alucard si copriva gli occhi con un braccio, come a proteggersi da una visione sconvolgente. Sir Hellsing gli si avvicinò e buttò un occhio all’album aperto sul tavolino, chiedendosi cosa potesse aver sgomentato tanto il mostro.

Una foto di lei neonata, mentre suo padre le faceva il bagnetto.

Che uno spettacolo tanto innocuo potesse addolorare a quel modo una belva come Alucard sembrò a Sir Hellsing talmente divertente che non poté fare a meno di motteggiare:

-Non pensavo che un uomo di mondo come te potesse scandalizzarsi tanto di fronte a una neonata nuda.-

Il vampiro scostò il braccio dal viso, mostrando due occhi offesi. Evidentemente la battuta non era stata di suo gusto.

Il gesto fu talmente veloce che Integra non fece neanche in tempo ad accorgersene e a scansarsi. Alucard afferrò la guancia della master fra l’indice e il pollice, torcendola in un dolorosissimo pizzicotto e intanto acidamente commentò:

-Simpatica! Ma quanto sei simpatica! Sto morendo dalle risate, ah ah. –

-E’ da te che ho preso il senso dell’umorismo! – rispose la ragazzina con le lacrime agli occhi per il dolore.

-Non è vero, le mie battute sono molto più divertenti! – replicò offeso il freak, lasciando la guancia della padrona – Comunque non è la vista della tua gnocchettina calva da neonata a scandalizzarmi ma questo! –

Così dicendo, il vampiro puntò il dito su Sir Arthur che, con le maniche della camicia rimboccate fino ai gomiti, lavava la figlia.

-E’ papà che mi fa il bagnetto. – spiegò Integra, massaggiandosi la guancia dolorante – Cosa c’è di così scabroso? –

-E lo chiedi pure?! – sbraitò costernato Alucard -Com’è possibile che il mio padrone, il valorosissimo guerriero Arthur Hellsing, abbia potuto umiliarsi svolgendo un lavoro da donna? E chi è stato il vigliacco che l’ha immortalato in un frangente tanto imbarazzante, mettendo per di più la foto in bella mostra nell’album di famiglia, così che chiunque potesse vederla e farsi beffe del mio signore? –

Integra era consapevole che Alucard era nato nel medioevo e ragionava come un uomo della sua epoca, nondimeno le sue parole l’avevano irritata. La faceva arrabbiare scoprire in un unico discorso che per il suo servo e per tutti gli umani che ancora ragionavano come lui, i lavori umili erano considerati adattissimi alle donne ma disdicevoli per gli uomini e che occuparsi di un neonato era indegno di un padre. Non solo Alucard aveva insultato l’attuale Sir Hellsing ma anche il suo genitore. Fu per difendere l’onore di entrambi che il Capo dell’Ordine dei Cavalieri Protestanti insorse, pur nella consapevolezza che le sue sarebbero state parole al vento:

-Quando sono nata, papà aveva cinquantotto anni. Ormai era convinto di morire senza eredi e proprio allora arrivai io. Mi ha sempre raccontato che considerò la mia nascita un miracolo e per questo non gli pareva vero di trascorrere con me quanto più tempo poteva. E quando capitava l’occasione, non mancava mai di darmi il biberon, cambiarmi il pannolino o farmi il bagnetto. –

Per tutta risposta, Alucard le lanciò uno sguardo bieco e sibilò:

-Menti. Mi stai prendendo in giro e non ne capisco il motivo. Non ti ho fatto niente di male per meritare un trattamento simile. –

Spazientita, Sir Hellsing si mise le mani sui fianchi e ringhiò:

-Ma insomma! Si può sapere cosa c’è di tanto indecente nell’occuparsi di un figlio? Anche tu sei un padre! Possibile che in cinquecento anni non hai mai cambiato un pannolino? –

Ad Integra era già capitato di vedere il Re-senza-vita offendersi. Raramente, per la verità, perché era difficile riuscire ad insultare un ceffo come lui, all’apparenza inscalfibile. Fu quindi una grande sorpresa per la master scoprire come la sua innocente domanda avesse oltraggiato Alucard come nemmeno il film di Coppola era stato capace di fare.

Con sguardo spiritato, il midian scandì:

-In cinquecento anni mi hanno definito in molti modi. Mi hanno dato del pazzo, dell’impalatore, del sanguinario, del mostro, del figlio di zoccola ma nessuno aveva mai osato darmi del “cambiatore di pannolini”! –

Internamente, Integra gongolò. Caspita! Senza volerlo aveva scoperto come offendere quel cane rognoso! Che bellezza! Decise di continuare a fingersi offesa per battere su quel tasto e continuare a insultare un altro po’ il vampiro:

-Insomma, i pannolini li hai cambiati o no? –

Per Alucard era sbalorditivo che la sua master potesse anche semplicemente concepire una simile blasfemia ed ecco che la ragazzina arrivava addirittura a chiederglielo a voce alta!

-Integra, comincio a sospettare che tu abbia delle tare mentali. Sono un guerriero! Come puoi pensare che possa commettere simili sconcezze? –

-Perché invece uccidere, violentare e torturare non sono sconcezze, vero?-

-Certo che no! E’ il lavoro di ordinaria amministrazione di ogni combattente che si rispetti! –

-E quindi con i tuoi figli non muovevi un dito? –

-Come no?! Appena diventavano sufficientemente grandi da essere degni della mia attenzione e abbastanza forti da sostenere le mie sberle senza cadere a terra, mi occupavo della loro educazione. –

-E a che età corrispondeva questo “sufficientemente grandi”? –

- All’età in cui non avevano più bisogno di essere imboccati, puliti, cullati, consolati, vestiti e spogliati perché sapevano fare tutte queste cose da soli. Prima di allora, erano un’occupazione esclusiva delle loro madri. –

-Insomma, lasciavi tutto il lavoro più duro e sporco alle tue mogli. Ma che bel maritino che eri! –

Una volta di più Integra comprese come riuscissero le Leonesse ad andare d’accordo pur condividendo lo stesso consorte. Sopportare un marito come Alucard era un’impresa troppo sfibrante per un’unica moglie, meglio avere delle colleghe con cui spartire quella fatica.

Alucard, intanto, aveva risposto con un gesto sprezzante, come a dire ”cosa ne vuoi capire di queste cose?” ed era tornato a contemplare pieno d’angoscia la foto incriminata.

Parlò ma era chiaro che non si rivolgeva ad Integra, stava riflettendo a voce alta:

-Ci sarà pure una spiegazione! Forse una pestilenza si era abbattuta su Villa Hellsing, uccidendo tutte le donne di casa, gli sguatteri, gli stallieri e mettendo Walter a letto con un febbrone da cavallo. Siccome nessuno poteva occuparsi della bambina, Sir Arthur si è arreso a farlo da solo. Non riesco però a capire chi può essere stato il vigliacco che l’ha fotografato mentre eseguiva una mansione tanto disdicevole, certo con lo scopo di ricattarlo minacciando di mostrarla a tutti. –

-Non ci fu nessuna pestilenza, tutte le donne erano vive e vegete. Nessuno lo costringeva ad occuparsi di me, lo faceva perché gli piaceva. Perché ti è così difficile credermi? –

-Perché la merda è merda e non è che quella dei neonati sia più profumata o più bella o vedersi quindi perché mai un uomo nel pieno possesso delle sue facoltà mentali dovrebbe costringersi al supplizio di pulire un figlio? –

Integra lo squadrò da capo a piedi con una smorfia di disprezzo e decise di partire con la stoccata finale:

-Senti un po’, ma tutti gli uomini sono come te? –

-Vorrei sperare di sì, il mondo sarebbe certamente un posto migliore. Ma perché me lo chiedi? –

-Perché se tutti gli uomini sono come te, faccio meglio a restare zitella. –

In cinquecento anni, nessuna gli aveva mai detto una cosa simile e questo, unito al “cambiatore di pannolini” di poco prima, era decisamente troppo. Decise di chiudere lì quella sgradevole conversazione, prima di correre il rischio di essere insultato una terza volta. Si alzò, l’album fotografico sottobraccio, e annunciò:

-Non ha senso parlare con te. Eri troppo piccola, non puoi ricordare quegli eventi. Vado a cercare Walter. Saprà certamente darmi una spiegazione logica.-

Rimasta sola, Integra terminò i compiti, lesse qualche capitolo di un libro d’avventura che le piaceva e infine scese in cucina per fare uno spuntino. Lì trovò Alucard, seduto a braccia conserte al tavolo di cucina.

Fissava un punto indefinito nel vuoto e tracce di lacrime di sangue rigavano le sue guance. Sul volto aveva scolpita un’espressione sofferente, come la master non gli aveva mai visto prima.

Alla ragazzina venne spontaneo domandarsi se il midian non stesse male. Ma poteva stare male un mostro? Non ne era certa ma le sembrò comunque giusto chiedere:

-Tutto bene, Al? –

Il vampiro girò su di lei uno sguardo vitreo. La osservò per pochi istanti, poi tuffò la testa fra le braccia conserte e scoppiò in un pianto disperato.

Sir Hellsing rimase senza fiato. Spesso aveva dubitato che il servo fosse capace di piangere e comunque era certa che nella sua vita mai sarebbe arrivata a vedergli versare una lacrima. E adesso eccolo lì, che frignava senza ritegno davanti a lei, le spalle scosse da singhiozzi.

Integra aveva sempre pensato che Alucard fosse scalmanato al punto che, se avesse vissuto ai tempi dell’antica Pompei, alla vista del Vesuvio che eruttava cenere si sarebbe messo a ballare dalla contentezza. Quindi, se adesso il suo vampiro singhiozzava come Giulietta alla vista di Romeo morto, voleva dire che su Hellsing Manor stava per abbattersi un cataclisma peggiore di un’eruzione vulcanica, un evento contro cui neppure Alucard poteva fare qualcosa.

Doveva quindi affrettarsi a mettere in salvo se stessa e Walter nel rifugio antiatomico fatto costruire in giardino da suo padre ai tempi della guerra fredda. Lasciò il Signore delle Tenebre a frignare inconsolabile in cucina e corse come una lepre per i corridoi della villa alla ricerca del maggiordomo. Lo trovò che stava sistemando dei fiori in un vaso. Si aggrappò al suo braccio e trascinandoselo appresso, spiegò:

-Nascondiamoci nel bunker. Alucard piange. –

-Sì, lo so. L’ho fatto piangere io. –

Integra si fermò, girandosi a guardare il tutore con un misto di stupore e paura. Quindi era il suo secondo padre la calamità abbattutasi sulla testa del No-life-king?

-Come ci sei riuscito? – mormorò, piena di rispetto.

-Ho semplicemente confermato quel che gli avevi detto tu. E’ vero, Sir Arthur ti faceva il bagnetto e non perché una pestilenza avesse ucciso tutte le donne di casa e messo me a letto con un febbrone da cavallo ma perché lo gratificava occuparsi di te. Era così orgoglioso di quel che faceva che mi chiese persino di scattargli una foto, così da conservarne il ricordo. –

-E per una simile inezia si sta sciogliendo in lacrime sul tavolo di cucina? –

-E’ una questione di punti di vista. Ciò che per te è un’inezia, per lui è una tragedia greca. Mettiti nei suoi panni: da umano era un principe e da vampiro è stato il Re-senza-vita. Venne infine sconfitto da dei mortali e si convinse che per essere riusciti a soggiogare un guerriero della sua levatura, dovessero essere persone fuori dal comune. Per quasi un secolo si è inginocchiato davanti a padroni che considerava combattenti formidabili e adesso scopre che uno di loro cambiava i pannolini alla figlia. Né da umano né da vampiro gli sarebbe passato per la testa che un uomo potesse liberamente decidere di fare una cosa simile, nemmeno il più umile fra gli sguatteri del castello. Il suo padrone quindi si è degradato al di sotto dell’ultimo sguattero e lui è il cane di un individuo simile. -

-Ma sono tutte fregnacce! – s’infervorò Integra -Mio padre era un grande combattente, anche se mi cambiava i pannolini! –

-Ma non puoi sperare di farlo capire ad un principe medievale! – si spazientì Walter – Alucard, adesso, è in piena crisi di identità! Se il suo padrone dava la pappa alla figlia, allora non era un guerriero formidabile, appartenente ad una dinastia di gente straordinaria. Se non è stato soggiogato da persone fuori dal comune ma anzi, al di sotto della media, vuol dire che non era un granché come Signore delle Tenebre. Se come vampiro e Re-senza-vita valeva poco, allora non era un granché neanche come umano e principe. Capisci adesso il suo dramma interiore? –

Integra stava per replicare che capiva che Alucard stava facendo la primadonna come al solito ma la voce del vampiro alle sue spalle le troncò la voce in gola:

-Scusate se v’interrompo ma ho bisogno di ritirarmi a riflettere nella mia catacomba. Vi prego di non venirmi a cercare, ho bisogno di stare da solo. –

Così Walter e Sir Hellsing lo videro scendere, serio e col viso angora rigato di rosso, le braccia stracariche di sacche di sangue.

Per otto giorni e altrettante notti Alucard non si fece vedere, per la gioia di chi viveva e lavorava all’interno dell’Ordine dei Cavalieri Protestanti. Al mattino del nono giorno, Integra pensò che il vampiro fosse stato da solo a sufficienza ed era giunto il momento di snidarlo. Lo trovò assiso sul trono di legno, le sacche di sangue ormai vuote sparse per terra.

-Le meditazioni ti sono servite a stare meglio? –

-Sì. Ho compreso che non è tutta colpa di tuo padre. Mi sono detto che è figlio dei suoi tempi e questi purtroppo sono tempi incivili. Quando ero umano, se due cavalieri litigavano, risolvevano la questione con un duello: chi moriva aveva torto. Adesso, invece, quando due uomini litigano, risolvono la questione andando a spendere un pozzo di soldi dai rispettivi avvocati, facendosi denunce e contro-denunce. Vedi come si sono imbarbariti i costumi? Quindi perché sorprendersi se al giorno d’oggi un padre si svilisce commettendo un’azione da donna come cambiare un pannolino? Ma di questo passo dove andremo a finire, dico io? Continuando così gli uomini arriveranno a lavare i piatti! –

Integra rimase interdetta: doveva confessare al suo mostro che gli uomini stavano già cominciando a lavare i piatti? No, meglio non farglielo sapere. Si era appena ripreso da un trauma, perché sconvolgerlo nuovamente? Inoltre era meglio tenere quella rivelazione come un asso nella manica: il giorno in cui Alucard l’avesse fatta imbestialire, tanto da meritare di essere preso a pugni, la master avrebbe potuto estrarre quella carta, mettendo k.o. il servo come neanche il gancio meglio assestato poteva riuscire a fare.

Il midian però si era accorto dell’incertezza della ragazzina e allarmato chiese:

-Gli uomini non sono arrivati a lavare i piatti, vero master? –

Sir Hellsing uscì dall’impiccio ripetendo una frase udita a scuola, da una professoressa:

-Le donne hanno preteso che gli uomini le aiutassero a lavare i piatti e gli uomini, pur di non bagnarsi le mani, sono arrivati ad inventare la lavastoviglie. –

Il vampiro si rilassò, la ragazzina pure. Con questa risposta non aveva né mentito né detto la verità, conservando il suo asso nella manica.

 

 

1)Questa è la prima parte di un capitolo molto più lungo che dividerò in tre o quattro parti. Sono spiacente ma questa storia avrà la costanza di un aggiornamento l’anno perché più veloce di così non riesco a scrivere.

2)L’Arpia Silen è un personaggio di Devilmen di Go Nagai. Per inciso, Silen è il mio personaggio preferito di Devilmen.

 

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Hellsing / Vai alla pagina dell'autore: rosaleona