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Autore: pluviophilia    07/01/2017    2 recensioni
“Ma per favore, dolcezza, lì fuori c’è il diluvio universale e se ce la facessi ad arrivare a casa poi dovresti fare quattro cicli di asciugatrice e sperare di non aver preso la polmonite” la ammonì Peter. “Sempre meglio la polmonite che te" sbuffò Lydia.
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[Peter/Lydia aka Pydia]
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Peter Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hey! Benvenuto a te che stai per leggere la mia prima completa OS Pydia *yeee*. Un tempo sognavo di scriverne mille migliaia, alla fine ne ho programmate due mila migliaia e ne ho scritte sì e no due. Questa probabilmente risale a tre anni fa, quando ero deep down la mia Pydia obsession, però l’ho riletta e penso che sia accettabile anche oggi che mi sono un po’ calmata e che shippo Pydia principalmente in AU con young!Peter mentre inneggio alla Marrish come canon – lasciatemi sognare, eh. Piccolo disclaimer che, visto il pairing, serve: nella OS non c’è nulla di abusivo whatsoever, né troverete mai qualsivoglia giustificazione di pairing abusivi nelle mie fan fiction. So che scrivendo di questa coppia si rischia, ma si può scrivere fan fiction in un modo e in un altro. Buona lettura, ho cercato di mantenere i personaggi IC (fatemi sapere come li trovate, è molto importante per me), spero che vi piaccia!
Joanne
  • *il riferimento è alla 3x19
  • So che throat vuol dire gola, ma l’ho tradotto stomaco perché in italiano rende meglio.
  • La fic è ambientata durante la quarta stagione, ovviamente prima che il mistero fosse svelato e Peter *sigh* rinchiuso.





Maybe I could [kiss you]?
If you want me to punch you in the throat.

 
Lydia Martin odiava la pioggia. La detestava. Dire pioggia è dire freddo, acqua e umidità, il che implica capelli elettrici, necessità di cambio d’abiti last-minute e, nuova aggiunta alla lista, libri di testo fradici e inutilizzabili. Certo, d’altro canto Lydia Martin aveva sempre la soluzione pronta a tutto, ma da qualche tempo, fra incubi incessanti e ritrovamenti di cadaveri manco fossero cartacce buttate a terra, la testa di Lydia sembrava scoppiare, e ricordarsi di portare l’ombrello con sé non era stata la priorità di quella mattina. Quindi era là, fuori da scuola, completamente sola e decisamente fradicia. Era restata oltre l’orario delle lezioni per completare un esperimento di chimica in laboratorio, sperando che lo studio la distraesse da quelli che erano diventati problemi assillanti e indecifrabili persino per un genio come lei, che per la prima volta in tanti anni doveva affrontare un nemico che né la sua intelligenza, né la sua bellezza né il suo carisma potevano battere. Concluso l’esperimento, rispondendo a un paio di messaggi di sua madre, Lydia era arrivata all’ingresso della Beacon Hills High School, aveva alzato gli occhi al cielo e aveva visto secchi di pioggia cadere silenziosamente ma incessantemente a pochi centimetri da lei. Aveva cercato nella borsa, ma non vi era traccia di nulla di impermeabile, e i messaggi di Natalie a cui aveva appena risposto le comunicavano che la sua macchina era ancora dal meccanico e lei aveva avuto un contrattempo per cui non sarebbe riuscita a passare a prenderla prima delle sette. Lydia aveva sbuffato, lanciando un’occhiata al suo vestito primaverile e agli stivaletti con tacco che aveva brillantemente scelto di indossare quella mattina, quando in cielo non c’era traccia di una nuvola, scartando l’ipotesi di tornare a casa a piedi. Si era voltata, per rientrare a scuola, trovandosi faccia a faccia con il custode che chiudeva la porta dell’ingresso principale e le rispondeva, poco cortesemente, che nessuno studente poteva più entrare a scuola fino all’indomani. Lydia aveva aspettato quasi venti minuti che la pioggia smettesse di scrosciare, o perlomeno si calmasse un po’, appoggiata al portone, fino a quando non aveva capito che rischiava di passare la sera lì, e allora aveva preso un respiro profondo e coprendo al meglio la sua borsa di camoscio e i libri di chimica si era buttata nel diluvio universale. Stiles era con Malia, Scott al cinema con Kira, tutti loro ne avevano passate così tante che non se la sentiva di disturbare il loro momento di pace, e insomma, in un modo o nell’altro, sembrava che quel giorno l’universo volesse farle prendere una bella polmonite.
 
Avanzò con passo deciso giù per la strada, scostando le ciocche bagnate dal viso e pulendosi di tanto in tanto le guance dai rivoli di mascara colato. La casa più vicina era quella di Scott, e Lydia sapeva che il martedì era il giorno libero di Melissa, quindi contava di potersi rifugiare da lui. Continuò a camminare, stringendo i libri al petto, quando sentì chiaramente il rombo del motore di una macchina che stava scendendo la carreggiata nella sua stessa direzione. Usando una mano come visiera, la riconobbe: era l’automobile di Derek Hale. Forse non la prima persona che avrebbe chiamato, ma contando che era completamente bagnata e aveva già rischiato di scivolare tre volte, pensò di cogliere l’occasione. Si fermò sul ciglio della strada, ma prima ancora che potesse fargli un cenno, anche Derek accostò poco avanti e Lydia vide la portiera del passeggero aprirsi. Forse, pensò la ragazza affrettandosi verso la macchina, le cose potevano volgersi in meglio e magari sarebbe addirittura riuscita a finire la ricerca di storia per cena.
 
Si accomodò nell’auto in una frazione di secondo, chiuse la portiera e-
“Tu?!” fece, giratasi verso il conducente.
“Mi aspettavo più un ‘grazie per avermi salvata dalle intemperie e avermi lasciata entrare nella macchina di tuo nipote’ ma sì, direi che sono io” Peter Hale, uno dei soliti maglioncini con lo scollo a V e l’espressione enfaticamente turbata, sedeva al posto del conducente.
“Grazie ma penso che andrò a casa a piedi” Lydia appoggiò di nuovo la mano sulla maniglia della portiera.
“Ma per favore, dolcezza, lì fuori c’è il diluvio universale e se ce la facessi ad arrivare a casa poi dovresti fare quattro cicli di asciugatrice e sperare di non aver preso la polmonite” la ammonì Peter.
“Sempre meglio la polmonite che te – sbuffò Lydia, tirando inutilmente la maniglia – E sblocca questa portiera” lo minacciò.
“Ti sto davvero così antipatico?” domandò Peter facendo l’offeso.
“Ma senti tu - Lydia era scioccata – Devo davvero ricordarti tutto quello che mi hai fatto passare, tra il morso, l’aver provato ad uccidermi, gli incubi, le minacce, l’avermi usata e torturata psicologicamente per riportarti in vita e…” Lydia continuò, mentre la macchina ripartiva e scendeva tranquillamente lungo la strada. Peter sembrava divertito: per lui il morso era un dono eccetera eccetera, Lydia lo sapeva già. E come biasimarlo se preferiva essere vivo che morto, avrebbe detto? La ragazza sospirò: in fondo quella di Derek Hale era una macchina come le altre, e le bastò spostarsi fino al finestrino del conducente per sfiorare il tasto di rilascio delle portiere. Sfiorare, per l’appunto, perché non riuscì a premerlo. La mano di Peter intercettò il suo polso, e l’uomo sospirò.
“Ti devo davvero ricordare che sono un licantropo? Sai, super riflessi e cose del genere?”
Lydia roteò gli occhi al cielo e si appoggiò al finestrino, chiudendo le braccia conserte sia per cercare di asciugarsi un po’ sia, istintivamente, come a proteggersi. Peter Hale non le piaceva affatto. Agli altri poteva sembrare il cattivo redento, anzi, ora perfino derubato e ingannato, ma lei non se la sarebbe mai bevuta. Sapeva cos’era Peter: un demonio. Vero che se i demoni non sono altro che angeli caduti, è facile che imbroglino sia al paradiso che all’inferno. L’unico mondo per non cadere in trappola era evitare la tentazione, e proprio per questo Lydia passò tutto il resto del tragitto rannicchiata a guardare fuori dal finestrino, in silenzio tombale, sentendo che qualche volta lo sguardo di Peter si posava su di lei.
Qualcosa, tuttavia, doveva averla distratta, perché improvvisamente s’accorse che quella che avevano imboccato non era la strada per andare a casa sua. Ed era certa che Peter fosse perfettamente a conoscenza di dove abitava.
“Questa non è la strada che porta a casa mia” affermò con semplicità, atona, evitando di sembrare seccata, cosa che lo avrebbe soltanto compiaciuto.
“Prima di tutto non mi hai detto che volevi andare a casa tua, e in secondo luogo mi sembra che sei tu che hai chiesto un passaggio a me, impegnato in chissà quali faccende” le fece notare. La macchina rallentò in uno spiazzo deserto. Lydia guardò fuori dal finestrino… e scoppiò a ridere. Si trovavano nel parcheggio di Wallmart.
“Non ti facevo un uomo di casa” sorrise, per la prima volta quel pomeriggio.
“Ti svelerò un piccolo segreto: anche i licantropi devono hanno bisogno di cibo – si slacciò la cintura – credo ci sia una coperta, dietro. Non uscire dalla macchina” concluse nel suo tipico tono autoritario, chiudendo la portiera prima che il solito bip sigillasse l’automobile dall’esterno e dall’interno. Il solito Peter Hale maniaco del controllo.
Lydia aspettò che si allontanasse, per non dargli troppa soddisfazione, e poi si sporse per afferrare la coperta dai sedili posteriori. Si servì dello specchietto del sedile anteriore per controllare che il suo trucco non fosse completamente sciolto, e pulì le sbavature di mascara sotto gli occhi. Pensò compiaciuta che avrebbe potuto facilmente scassinare la portiera, ma pensò anche che la pioggia era troppo forte e il centro commerciale troppo lontano da casa.
Peter fu di ritorno poco dopo, con due borse di plastica belle piene. Uscirono in retromarcia dal parcheggio coperto, tuffandosi di nuovo nella pioggia.
“Per sicurezza te lo chiedo. Potresti riaccompagnarmi a casa?” suggerì Lydia.
“Ai tuoi ordini” scherzò l’uomo mantenendo gli occhi fissi sulla strada ma lasciandosi scappare un sorriso.
“Peter” lo ammonì.
“Sì, dolcezza?” chiese. Lydia sorvolò sul soprannome: era come dire a un bambino di cinque anni di non fare qualcosa, con l’unico risultato che continuasse peggio di prima.
“Niente tappe intermedie. Vorrei essere fuori da questa macchina il prima possibile, e porre fra di noi quanta distanza mi è possibile”
“Disse quella con la mia coperta addosso” la rimbeccò.
“Non sarò un licantropo, ma ricorda che comunque, in caso tu voglia rapirmi per far resuscitare qualcun altro – la buttò sullo scherzo – proprio grazie a te adesso posso urlare talmente forte che i miei amici arriverebbero qui in un secondo” era una mezza minaccia, no?
“E dimmi, sono riuscito solo a farti urlare o anche qualcos’altro?” domandò con un sorrisetto, e Lydia sbattè le palpebre, estremamente a disagio.
“Meh, no, ora che ci penso mi hai anche reso capace di trovare cadaveri e sentire assordanti cori di voci di spiriti tutto il giorno, tutti i giorni. Grazie, Peter” concluse ricambiando il sorrisetto. Come dicono: ridere per non piangere.
“Avresti preferito diventare una mia beta?” Lydia inarcò le sopracciglia. Che tatto. Dopotutto, era questo lo scopo primario del morso.
“Avrei preferito essere un bel niente: avrei preferito che tu non mi avessi morso, avrei preferito che nulla di tutto questo fosse mai successo né a me né ai miei amici, avrei preferito che Allison non fosse morta, avrei preferito non essere costretta a vivere in uno stato di costante, assillante paura” venne tutto fuori come un flusso di coscienza; le palpebre della ragazza erano chiuse, le dita stringevano i bordi della coperta. Lentamente riaprì gli occhi, posandoli su Peter, che aveva accostato. Non mancava molto a casa Martin.
“So di essere il cattivo della situazione, e so che il vostro… beh, il tuo giudizio su di me non cambierà mai facilmente ma voglio chiarire un paio di cose: quando ti ho morso – le posò una mano sulla spalla, guardandola negli occhi – sapevo che non saresti morta. Me lo sentivo. Non era una delle opzioni per te: e sì, di sicuro essere una banshee ti ha portato molta sofferenza ma è grazie a te che sono stati ritrovati corpi e svelati omicidi dando giustizia, che siamo arrivati al nemeton, che sono state salvate vite… Lydia, queste cose sarebbero accadute comunque, anche se voi non aveste avuto i vostri poteri, e so che non la vedi come me ma le vostre abilità vi hanno reso capaci di affrontarle, vi hanno fatto sopravvivere e diventare più forti. I poteri da banshee sono sempre stati sepolti in te, che sei immune al morso, e quando imparerai a controllarli meglio riuscirai a combattere, a difendere i tuoi amici, a fare molto di più, forse riuscirai a mettere una fine a tutto questo. Ma tutto ha un prezzo da pagare” Lydia rimase senza parole. In un modo o nell’altro, è vero, tutti i suoi amici le avevano detto cose simili: ma non con la convinzione di Peter. E poi, da quando in qua Peter Hale si interessava del prossimo? Qualcosa era davvero cambiato in lui? Lydia guardò fuori dal finestrino: la pioggia era quasi cessata e riusciva a scorgere il tetto di casa sua, poco più in là. Non cadere in tentazione, non farlo.
“Grazie, del passaggio” aveva bisogno di scendere dalla macchina in quell’istante. Le sue dita scivolarono lungo il finestrino appannato e si appoggiarono sulla portiera, dopo essersi sfilata la coperta dalle spalle. Non sapeva se sarebbe mai arrivato un giorno in cui avrebbe ringraziato per il “dono” del morso, ma non per questo non si sentiva in dovere di ringraziare per lo strappo a casa. Come la aveva ricordato lo stesso Peter*, lui non si divertiva a spendere i suoi pomeriggi per aiutare ragazzine adolescenti. Forse, per una volta, era semplicemente stato gentile; per una volta nella sua vita aveva fatto qualcosa senza scopo, senza aspettarsi nulla in cambio. Lydia si ricordò di una delle prime e poche volte in cui aveva parlato con Peter, nel retro di casa sua. Lui le aveva riportato Prada e le aveva offerto un piccolo fiore blu. Le aveva chiesto se poteva baciarla, e lei aveva risposto di sì, se voleva che gli tirasse un pugno nello stomaco. Ma quello non era Peter: era una gentile e delicata proiezione mentale di lui, molto più amichevole e molto, molto più giovane, creata e insidiata dal morso nella sua testa apposta per incuriosirla e per ammaliarla. Beh, ci era riuscito. A volte le sarebbe piaciuto che quello fosse stato il vero Peter: lei non sarebbe stata presa per pazza, e lui non sarebbe stato l’uomo vendicativo e crudele che era diventato. Una persona normale, forse un amico normale. Sapeva bene che in realtà Peter era stato ordinario solo nella prima infanzia e che, contro ogni possibile speranza, non sarebbe mai tornato indietro: inutile cascarci di nuovo. Avrebbe mai potuto cambiare il suo passato e vivere un presente diverso? No. Decisamente no.
“Puoi aprire la portiera, adesso? Ha smesso di piovere” osservò Lydia con ovvietà.
“Lo farei anche ma visto che voi dite sempre che Peter Hale non fa mai nulla senza uno scopo, direi che andrebbe contro miei suddetti principi” osservò lui, posandosi teatralmente una mano sul petto.
“Un’altra consulenza soprannaturale?” domandò un po’ seccata, tendendo il palmo della mano. Peter si avvicinò e le lasciò cadere qualcosa fra le dita, ma non erano degli altri artigli. Erano i petali di un minuscolo fiore violetto. Lydia si sentì sollevata, solo per un momento: non era piacevole sentire tutte quelle voci, tantomeno essere continuamente usata solo per i suoi poteri.
“Veramente pensavo a qualcos’altro” sussurrò. Lydia osservò i petali, tantissimi, minuscoli petali, fragili come fiocchi di neve.
“Forse – sussurrò lei vicino al suo orecchio – potrei darti un bacio…” non le servivano i sensi super sviluppati per sentire la rapida ondata di sorpresa che scosse Peter. Forse, forse, era quello a cui lui stava tendendo, ma di sicuro non si aspettava una mossa così audace da parte sua. Era come se la scena si stesse ripetendo, però al contrario.
Peter non disse nulla, ma si girò lentamente verso di lei, posando lo sguardo prima sui suoi occhi, poi sulle sue labbra. Anche Lydia si avvicinò a lui, facendo lo stesso, sentendo una scarica di adrenalina percorrerle il corpo. Le loro labbra quasi si sfioravano e Peter poteva sentire che Lydia tratteneva il respiro. La ragazza si sporse di più verso di lui, quindi alzò lo sguardo, costringendolo a fare lo stesso.
“…se vuoi che ti tiri un pugno nello stomaco” sussurrò, posando il dito sul pulsante di sblocco, che con un sonoro clic aprì la sua portiera, mentre i minuscoli petali si riversavano sui pantaloni dell’uomo. Scese dalla macchina, chiudendo la portiera con un sorrisetto.
Peter Hale poteva anche discendere da un demonio o essere un terribile licantropo malvagio, ma alla fine era soltanto un uomo, e Lydia Martin se li mangiava a colazione.
   
 
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