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Autore: Kat Logan    08/01/2017    3 recensioni
Ami, bambina prodigio della nazione, studentessa eccellente, ora insegue il sogno di diventare un medico nel miglior ospedale del paese. Minako è la migliore amica di Ami, un concentrato di energia e spensieratezza. Entrambe, sotto la guida del proprio mentore Mamoru, passano le giornate per imparare sul campo quella che un giorno sarà la loro professione. Ma che succede se Ami si rende conto di essersi invaghita del proprio insegnate che per di più è un uomo sposato? E se per un caso del destino incontrasse nei momenti di sconforto un altro affascinante pretendente?
Quello che è certo è che il mondo governato dalla ragione, in cui Ami si è rifugiata fino al momento in cui il suo cuore fremerà per Mamoru, sarà destinato ad entrare in collisione con quello indomabile dei sentimenti.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ami/Amy, Mamoru/Marzio, Minako/Marta, Un po' tutti | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Capitolo 1
 
 

Il mattino in casa Chiba era a dir poco chiassoso.
Il supplizio uditivo aveva principio con la sveglia impostata da Usagi, la moglie di Mamoru Chiba.
La giovane donna era tutt’altro che mattiniera e vittima di un sonno tanto profondo - che l’accompagnava sin dai tempi della scuola - aveva insistito per impostare il volume della sveglia ad un livello catalogabile come inquinamento acustico. Ma la tortura sonora alla quale Mamoru doveva sottostare era amplificata dal tipo di suoneria che Usagi aveva accuratamente scelto: un insistente canto di gallo.
Usagi aveva da sempre millantato il suo amore per la campagna, ma a causa della professione della sua dolce metà aveva dovuto accontentarsi di vivere nel quartiere che disponeva di più verde nella città di Tokyo. Probabilmente, però, un paio di aiuole ben rasate in più, non erano riuscite ad attenuare la sua voglia di vivere in mezzo alla natura e quella voleva essere una punizione bella e buona per lo stile di vita urbano che si era invece ritrovata a condurre, o almeno era ciò che pensava Mamoru.
 Una mano sugli occhi e le labbra contrite in una smorfia infastidita si dipinsero sul volto dell’uomo.
«Testolina buffa, spegni quella sveglia. È ora di alzarsi» il tono ancora impastato dal sonno cercava di mantenere una nota dolce nonostante l’istinto omicida che provava nel sentire la riproduzione metallica di quel dannato pennuto.
«Usagi?».
Mamoru insistette come ogni mattina, ma non avendo risposta verbale cominciò con il consueto secondo passaggio: le spintarelle.
Al sostenimento di quel fracasso subentrava la frustrazione di dover scuotere la consorte per poi beccarsi una fila di lamentele e sbuffi da parte di lei che lo vedevano colpevole di un risveglio brusco.
«Insomma Mamo-chan…» la testa bionda sprofondò ancor di più nel cuscino.
«Che modo è questo? Una mogliettina dovrebbe essere svegliata da coccole e baci non da percotte!».
«Si dice percosse» puntualizzò lui lasciandosi sfuggire una risata e dimenticando per un attimo la sveglia.
Si amavano. In modo bizzarro probabilmente ma si amavano.
«Mhhh. Non ti vantare per tutte le tue lauree e…» quello era il momento in cui nella testa di Usagi subentrava qualcosa che esulava completamente dal contesto e partiva per la tangente. «Per-per-percotte. Pere cotte. Che fame, che voglia. Facciamo colazione!».
«La sveglia» le ricordò lui, ma Usagi riuscì soltanto a mettersi seduta sul materasso con i lunghi capelli dorati scompigliati a fissare la parete.
«O le mele cotte…».
Le iridi zaffiro di lui si piantarono al soffitto. Mamoru inspirò profondamente e intuì che se voleva smettere di sentire quel baccano si sarebbe dovuto dirigere verso il bagno.
 
 
Il secondo round era lo spadellamento.
Dal momento in cui Mamoru era pulito e pronto per affrontare la giornata subentrava la fase di “sopravvivenza culinaria”.
Se c’era un aggettivo che calzava a pennello per descrivere Usagi era: pasticciona. Lo era nella vita in generale e nel lato pratico delle cose più che mai. E uno dei campi in cui non brillava particolarmente era la cucina, tanto che – credendo di far fesso il marito – ordinava la cena nella rosticceria della via parallela alla loro spacciandone il cibo per manicaretti propri. Al mattino, non potendo ovviare per tale escamotage, doveva invece ingegnarsi e i risultati la maggior parte delle volte non erano dei migliori, ma Mamoru, da bravo consorte si prestava al ruolo di cavia umana sperando di non cader vittima di una qualche intossicazione alimentare.
 
Si sedette al tavolo della cucina aprendo la rivista di medicina più recente per tentare di aggiornarsi sui progressi scientifici inerenti al proprio settore.
Usagi, nel frattempo, riuscì a far cadere una forchetta, a sporcarsi il grembiule e l’intero piano in marmo, a far bruciare il fondo della padella antiaderente e a spiaccicare l’uovo fritto prima sul soffitto e poi sul pavimento.
«Eeehm…».
Mamoru alzò lo sguardo dalle pagine lucide alla figura della donna.
«Spremutina e fette biscottate con marmellata questa mattina?». Un sorrisetto colpevole le si dipinse in volto e nel suo profondo lui tirò un sospiro di sollievo.
«Sarebbe fantastico».
«Allora…arriva tutto subito!».
Mamoru le sorrise e diede un’occhiata all’orologio a muro.
«Oggi arriveranno i nuovi studenti».
Usagi gli porse la marmellata di pesche e un cartoncino di fette biscottate per poi mettersi a litigare con lo spremi agrumi.
«Quindi farai tardi?» domandò tirando poi fuori la lingua dalle labbra per lo sforzo che stava compiendo nel cercare di far uscire il succo dell’arancio dalla polpa.
«C’è sempre molto da fare quando arrivano le nuove reclute perciò temo sarà una giornata lunga, sì».
«Se la giornata sarà più lunga avrò più tempo per distribuire curriculum!» esclamò per poi notare di non aver inserito la spina dell’elettrodomestico nella presa a muro.
«Ma se hai bisogno di un cambio o qualcosa, fammelo sapere. Te lo porterò in ospedale!».
Prese a canticchiare, alzò il volume della radio, improvvisò un balletto goffo e presa dall’entusiasmo inceppò l’arnese elettrico.
Mamoru intuì che avrebbe fatto a meno della vitamina c quella mattina e lasciandole un bacio sulla fronte s’incamminò verso la metropolitana.
 
 
 
Quando Minako suonò al campanello Ami era pronta ed impeccabile da circa un’ora.
Per tutta la notte non aveva chiuso occhio a causa dell’eccitazione di quella nuova avventura che avrebbe intrapreso.
Era certa di aver ottenuto un buon punteggio al test di ammissione, ma da quando aveva ricevuto la notizia ufficiale che il suo tirocinio all’Aiiku Hospital era stato accettato non si teneva più nella pelle. Aveva abbandonato il letto alle sei di mattina, consumato la colazione in compagnia del padre Yoshio, diviso il bagno con la propria sorella maggiore e si era fatta consigliare sul vestiario più adatto. Michiru sapeva essere elegante e allo stesso tempo professionale in ogni occasione perciò non c’era persona migliore di lei da consultare per l’abbigliamento.
 
Un’ultima sistemata alla frangetta, un’occhiata ai diplomi appesi al muro e incorniciati a dovere e scivolò nell’ingresso indossando le sue ballerine blu.
«Sono certo diventerai un grande medico» borbottò orgoglioso Yoshio con le mani dietro alla schiena e fissando il riconoscimento di bambina prodigio della nazione ottenuto all’età di soli quattro anni.
«Va e salva delle vite, figlia mia».
Ami s’imbarazzò sentendo le alte aspettative che il padre riponeva su di lei, ma d’altronde era stato così da una vita. Per quell’uomo quelle due figlie erano qualcosa di cui vantarsi ed essere orgoglioso. Sia Michiru che Ami erano i suoi due fiori all’occhiello.
Ami salutò con un cenno del capo e giurando di fare del proprio meglio. Scese di corsa le scale e si ritrovò nell’atrio l’amica intenta a mandare un sms dal cellulare.
«Buongiorno Minako!» la salutò gioviale Ami aprendole la porta e scostandosi per farla passare.
«Buongiorno a te!» le sorrise allegra Minako trotterellando per prima e stringendosi nel suo cappottino di panno bianco.
«Senti Ami, ma come credi sarà? Ci divideranno o avremo la fortuna di rimanere insieme? Sono un po’ agitata. Per la parte pratica non ho problemi, sono abituata a rammendare il mio fidanzato e la sua amica Haruka quando serve, ma per la teoria…insomma se non ci fossi stata tu ad aiutarmi con lo studio non so se sarei riuscita a superare il test! E poi come saranno i nostri tutori? Secondo te avremo un medico millenario che soffre di narcolessia e che si addormenterà nel mezzo di una lezione o su un paziente aperto sul tavolo di laboratorio? Oppure una don-».
«Minako…» Ami la interruppe facendole segno con la mano di respirare e non andare in iperventilazione. «Sicura di non aver esagerato con lo zucchero questa mattina?».
«Io?! No. Assolutamente. Insomma…ho mangiato un paio di croissant, un cappuccino, qualche biscotto e…va bene, forse sì. Ma i neuroni dovevano ingranare!».
Ami ridacchiò divertita. Strinse la borsetta al proprio fianco e osservò la nuvoletta di vapore che le uscì dalle labbra per poi dissolversi nell’aria pungente di quell’inverno inoltrato.
«Non so come fai a rimanere così magra con tutto quel che mangi…».
«Credo sia per le partite di pallavolo. O forse è tutta l’agitazione che a volte mi mette Akira con la sua vita turbolenta a mangiarmi viva!».
 
Attraversarono la strada affollata. Uomini d’affari, donne di tutte l’età, studentesse in divisa, anziani tremolanti, madri con bambini urlanti e operai parvero comprimersi l’uno contro l’altro e formare un unico sciame umano che si mosse all’unisono e nel caos del traffico da un lato all’altro del marciapiede.
Minako prese a braccetto Ami per non perderla nel mare umano che le inghiottì momentaneamente e mollò la presa solo nell’isolato dell’ospedale, a pochi metri dal chiosco di fiori che precedeva l’imponente struttura.
Una ragazza castana, dai lunghi capelli raccolti in una coda di cavallo, sistemò alcuni mazzi di rose e ciclamini davanti alla vetrina.
«Buongiorno ragazze! Giornatona oggi, non è vero?».
«Makoto, ciao!» risposero in coro le due amiche allentando il passo.
Minako osservò dapprima le piante in esposizione e poi la giovane.
«Come fai a sapere che è una giornatona?» indagò la bionda, arricciando le labbra incuriosita per il termine usato dall’altra ragazza.
«Beh, c’è un enorme mazzo di fiori per te» le spiegò l’altra. «Ho pensato lo fosse. Una composizione del genere può essere solo per una grande giornata!».
Ad Ami e Minako si illuminarono gli occhi. Makoto si assentò giusto il tempo di recapitare alla bionda un enorme mazzo di rose rosse e fiori bianchi accompagnato da un bigliettino.
«Wow, Mina come sei fortunata! È stupendo!». Ami sospirò ammirando il regalo ricevuto dall’amica.
«Sono di Akira, è il suo incoraggiamento per il mio primo giorno!» commentò felice leggendo il biglietto.
Ami l’aveva sempre sognato così il vero amore. Non aveva idea di dove e quando l’avrebbe trovato. Alle volte aveva fantasticato sull’incontrarlo in libreria, magari scontrandosi con lui intenta a leggere un libro che avrebbe poi scoperto essere lo stesso di quello che sarebbe stata la sua dolce metà.
Si sarebbero frequentati e poi fidanzati e lui sarebbe stato tanto romantico quanto Akira, magari meno scapestrato ma comunque con qualcosa d’intrigante. Lei certamente era più il tipo da intellettuale magari un po’ filosofo piuttosto che da gangster come l’amica, ma solo il destino sapeva cosa le avrebbe riservato.
 
 
 
Ami e Minako finirono per arrivare col fiatone. Nell’atrio dell’ospedale, accanto al banco delle infermiere intente a dare informazioni ai parenti dei pazienti ricoverati ai piani superiori, si era formata una calca di giovani promettenti medici ancora pieni di sogni e speranze per il proprio futuro.
 
Pillole d’invisibilità. Se fossero esistite Ami se le sarebbe certo fatte prescrivere poiché sentiva gli occhi addosso e il vociare alle sue spalle di alcuni degli studenti di medicina che l’avevano riconosciuta.
Essere popolari per la propria intelligenza non le era mai stato proficuo per socializzare e anche questa volta sentiva non sarebbe stato d’aiuto. Fortunatamente la mano dell’amica che si strinse nella sua le infuse coraggio. Le bastò specchiarsi negli occhi chiari di Minako per non temere di rimanere sola e preda dei pregiudizi degli invidiosi.
Una donna dall’aria altera e il fisico asciutto si presentò come il capo dell’ospedale. Alle sue spalle i primari dei diversi reparti attendevano di conoscere gli allievi che avrebbero formato.
Mamoru Chiba il brillante primario di chirurgia generale – con cui ognuna delle nuove leve sperava di essere - leggeva in camuffa un  whatsapp di sua moglie che gli raccontava di qualche sua stramba idea geniale da mettere in pratica.
«Se siete qui vuol dire senz’altro siete meritevoli di trovarvi, oggi, proprio in questo posto. Ognuno di voi dovrà vivere a stretto contatto l’uno con l’altro. Mettere da parte simpatie e risentimenti. Resistere a orari sfibranti e turni che vi porteranno forse all’orlo di una crisi di nervi. Spesso dovrete ritrovarvi a rinunciare alle vostre vite perché QUESTO dovrà divenire la vostra priorità. Non siete qui per giocare, ma per cambiare la vita di qualcuno. Spesso per salvarla. Se pensate di non poter fare ciò, se credete non sia possibile piegare i propri limiti allora vi invito ad uscire da quella porta».
Minako e Ami trattennero il fiato per tutto il discorso. Quella donna sapeva come mettere sulle spalle di qualcuno responsabilità pesanti come macigni.
Minako si morse il labbro inferiore. Non aveva paura delle sfide quanto di un possibile calo di zuccheri che l’avrebbe fatta collassare in un corridoio freddo lontano dalle braccia del suo amato badboy.
«Possiamo farcela» le sibilò a bassa voce Ami, inclinando leggermente la testa.
La bionda annuì consapevole che in due avrebbero potuto abbattere tutti gli scogli che si sarebbero presentati durante il loro percorso.
«Bene. I presenti ora saranno suddivisi in base alle proprie attitudini dimostrate in una parte dei test che avete superato per essere ammessi presso la nostra struttura. Una volta chiamati vi prego di posizionarvi dietro a quello che sarà il vostro docente. Andrò in ordine alfabetico».
Il brusio diffuso calò drasticamente.
Mamoru nascose nella tasca del camice il proprio dispositivo e attese come i propri colleghi di ricevere le nuove matricole che si sarebbero avventurate con lui in corsia.
«Aino» la donna scandì il cognome di Minako per secondo. La studiò nel frangente di un secondo fino a far diventare gli occhi piccoli due fessure strette.
«Con il dottor Chiba».
Al verdetto si levò un “oooh” di stupore nella massa fremente.
Minako lasciò libere le dita di Ami. Le due si scambiarono un sorriso d’incoraggiamento reciproco dopo di che l’interpellata si dovette far spazio tra i corpi assiepati al cospetto della donna che contava di più lì dentro per arrivare al suo insegnante.
S’inchinò in cenno di saluto e rispetto e Mamoru fece lo stesso per poi farle spazio sul gradino dietro di lui.
Uno per uno i futuri medici sfilarono sotto al naso della bionda fino a che non fu il turno di Ami.
«Mizuno».
Anche la donna parve andare in apnea.
«Mizuno…Ami?» domandò quasi sbalordita mentre alla mente le sovvenne il pensiero si potesse trattare della bambina prodigio che a quattro anni aveva sbalordito la nazione per il suo fenomenale QI.
Una serie di teste si girò in sua direzione. Sguardi indagatori la investirono provocandole un senso di ansia della portata di uno Tsunami le cui onde mastodontiche s’infransero contro la cassa toracica.
Ami cercò una stilla di coraggio nel gesto combattivo di Minako che le riservò a pugno chiuso. Poi, un inaspettato scontro. Blu di prussia riuscì solamente a pensare senza riuscire a salvarsi dal colore magnetico di quel paio di occhi. Erano le iridi di Mamoru l’ancora di salvezza in quel maremoto di giudizi silenziosi che le venivano scagliati contro.
Ami non aveva mai creduto nei colpi di fulmine perché irrazionali e inspiegabili. Erano teorie infondate senza possibilità di dimostrazione quelle riguardanti l’amore che ti piombava addosso. Eppure, una minuscola parte di lei come una vocina soffocata le suggerì che la strana sensazione provata in quel momento fosse somigliante a quel fenomeno sentimentale inspiegabile.
«Se la signorina non ha nulla in contrario la sceglierei io» stemperò la tensione Mamoru. La sua voce calda la risvegliò da quella sorta di catalessi provocato dal blu ipnotico dei suoi occhi.
Minako si portò i palmi alle guance estasiata dalla scena schiudendo le labbra in una “o” di stupore.
La donna a capo dell’ospedale rimase interdetta. Ricontrollò la propria lista e tirò un respiro pesante. Ami aveva dimostrato di avere una innata attitudine per tutte le discipline che le erano state sottoposte così non era stata assegnata a nessun nome su quel documento.
Una muta risposta e Ami compì il suo primo passo verso l’ignoto.
 



 
   
 
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