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Autore: Afaneia    08/01/2017    11 recensioni
Durante la notte che precede un intervento chirurgico, un essere umano incontra finalmente, per la prima volta, il male che ormai da mesi abita dentro il suo corpo.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia a carattere fortemente personale, di cui non saprei veramente cosa scrivere a mo' di introduzione, ma di cui sono disponibile a fornire qualsiasi spiegazione a chiunque abbia dubbi o desideri chiarimenti in proposito.

Tutto ciò che posso dire è questo: negli ultimi tre anni, purtroppo ho scoperto che il cancro ha moltissimi modi per vincere, non solo quello, definitivo, che è forse il primo che viene in mente. Costringere alla resa è sicuramente uno dei modi in cui riesce a trionfare. Nascono da questa riflessione queste poche righe.

Auguro buona lettura a chiunque, e tanta forza a chi deve lottare contro qualsiasi malattia.

Afaneia


Dialogo di un essere umano col male che lo uccide.


Era turgida e repellente, grottesca e orripilante tanto da far piangere, e di un colore indefinibile. La vedeva stagliarsi come una massa di fronte a sé in un luogo remoto e indistinguibile che non sembrava neppure essere vero spazio, un luogo che non era chiuso né aperto, un luogo buio ma nel quale i suoi occhi vedevano perfettamente.

«Chi sei?» chiese ad alta voce con ansia crescente. Aveva creduto che le sue parole si sarebbero ripetute echeggiando in quel mondo inquietante e incomprensibile, eppure esse si spensero bruscamente nel silenzio non appena pronunciate. Si sentì rabbrividire. «Dove siamo?»

Perché quella massa era viva, lo sentiva, lo sapeva, anche se non avrebbe saputo dire perché, e da essa attendeva una risposta. A chi altri del resto avrebbe potuto chiedere? Era in compagnia di quella sola massa!

La massa rispose: «Sai benissimo chi sono.»

Provò un senso raggelante di terrore. Di cosa parlava quella massa ripugnante? No che non la conosceva, non l'aveva vista mai, eppure qualcosa sembrava suggerire che essa non stava mentendo del tutto, che aveva ragione: c'era un ricordo vago e confuso in fondo alla sua mente, ma era come una memoria che avesse faticosamente portato con sé da un'altra vita, troppo velata e indistinta per poterla leggere con precisione. Eppure sentiva che quella consapevolezza incerta era spaventosa e orribile, che non era un caso che l'avesse dimenticata e relegata in quell'angolo della propria mente, e in quel momento non ebbe coraggio abbastanza da indagare ancora.

«È un sogno?» chiese di nuovo. Sembrava essere la supposizione più probabile e fors'anche la più rassicurante, anche se non avrebbe ammesso mai di averlo chiesto per quel motivo.

«Non del tutto» disse la massa.

Si sentì un poco turbare. Si guardò nervosamente attorno, anche se, a ben pensarci, non poteva assolutamente avere alcuna certezza di trovarsi lì, in quel luogo strano e inquietante, colle proprie membra. Ora che vi aveva pensato, si accorse che non era in grado neppure di chinare gli occhi e guardarsi addosso, verificare se aveva o meno con sé il proprio corpo.

Provò il bisogno di comportarsi educatamente. Si schiarì la voce: «Mi dispiace di non ricordarmi di te. Potresti rammentarmi...»

«Non preoccuparti» disse la massa. «Da quando hai saputo della mia esistenza, hai sempre fatto finta di non conoscermi, di più: che neppure esistessi. Ma da domani le cose cambieranno e non potrai più ignorarmi.»

Provò un senso profondo d'orrore. Si ritrasse dalla massa per quanto possibile, sentendo all'improvviso di non volerle stare affatto vicino, che era una creatura – una creatura!, sì, era viva, respirava, cresceva! - pericolosa e mordace dalla quale guardarsi incessantemente.

«Mi dispiace» disse con cautela. «Giuro che non ricordo di averti mai visto.»

«Non mi hai mai visto» rispose la massa: non sembrava arrabbiata né aggressiva, ma calma e sicura di sé, come se non si attendesse alcuna valida obiezione e fosse assolutamente certa della forza delle proprie ragioni. «Ti hanno parlato molto di me, e da prima ancora che te ne parlassero, io sono stato con te per mesi. Ma persino quando hai saputo hai continuato a far finta di niente. Non hai detto di me a nessuno; a chi conosci persino hai detto qualche mezza parola appena; neppure alla tua mente solitaria, che nessuno al di fuori di te era in grado di udire, hai permesso di riflettervi troppo; e tutto questo perché sapevi che se tu avessi fatto parola di me, io sarei diventato reale...»

Ora non poteva più negare di conoscere quella massa: sì! Era tutto vero, essa aveva ragione. Ora se ne ricordava, la riconosceva, e proprio perché la riconosceva ne provava terrore. Si trovò a boccheggiare.

«Come puoi essere qui?» chiese.

«Sono qui perché tu volevi parlarmi, anche se non lo sai» disse la massa. Come poteva la sua voce essere tanto quieta e rassicurante, conosciuta e calda come fosse nota alla memoria da innumerevoli anni? «Domani ci incontreremo per la prima volta, nell'unico modo in cui potremo mai incontrarci. Ma bisogna che ti avverta prima. Io non sono come credi e non intendo farti del male così, per niente.»

«Avvertirmi di cosa?» chiese angosciosamente.

«Che non ti opereranno» disse la massa. «Che sono troppo forte, troppo per te e per loro, che le loro mani non saranno abbastanza per me. Ma nel tuo cuore lo sai già, è per questo che volevi parlarmi: perché io sono parte di te, e se la tua mente si rifiuta ancora di accettarmi, il tuo corpo è invece consapevole e arreso e sa bene quanto forte io sia...»

«Bugiardo!» gridò con rabbia. Quella massa appariva di minuti in minuto più orribile, deforme e gelatinosa e semplicemente ripugnante, e non si poteva, no, non si doveva assolutamente crederle! «Bugiardo! Stai mentendo per ingannarmi, per confondermi. Tu pensi che io ti crederò, ma io non credo ai mostri. I dottori hanno detto che sono ottimisti.»

«Ora, forse, possono esserlo» disse la massa. «Ma domani? Che accadrà domani? Quando il tuo corpo pallido e flaccido sarà disteso nudo sul loro tavolo asettico, quando disegneranno le loro righe incomprensibili sulla tua pelle, quando le loro mani guantate frugheranno e scaveranno nelle tue carni straziate ed essi vedranno coi loro occhi quanto grande e forte io sia... cosa credi che accadrà? Te lo dico perché tu lo sappia. Essi ricuciranno la tua ferita e ti risveglieranno e cercheranno insieme di tranquillizzarti e di prepararti, di rassicurarti e di aprirti gli occhi. Tu incomincerai a sistemare i tuoi affari...»

Ebbe un moto di profonda indignazione a quelle parole: suonavano terribilmente ingiuste. Ma quando cercò qualcosa da obiettare in risposta, non trovò niente. Ma com'era possibile? Che la massa avesse, in fondo, ragione?

«Abbiamo già parlato di questo» disse a fatica. «Le terapie...»

«Oh! Le terapie» disse la massa. «I medici ne fanno molto conto, è vero? Ma non crederci troppo, tu. Te lo dico perché tu non debba rimanerci troppo male dopo. Sai cosa ti faranno le terapie? Ti cadranno i capelli e forse anche le sopracciglia, ti verranno la nausea e i dolori... sai cosa sono le parestesie?»

«Basta! Basta» urlò. Non voleva sentire, non voleva sapere! Le sapeva già tutte quelle cose, i dottori gliene avevano parlato anche troppo diffusamente. «Stai zitto!»

«Come vuoi: starò zitto» disse la massa. «Ti avrei detto solo cose che già sai, comunque. Non avrei infierito troppo. Volevo solo aiutarti a scegliere.»

«Non c'è nulla da scegliere» disse seccamente. «È già tutto deciso. Tra poche ore tu te ne andrai e io mi libererò finalmente per sempre di te.»

«Ti ho già detto che non ti opereranno» disse tristemente la massa. «Non vuoi proprio capire?»

Non rispose, allora la massa parlò ancora. «Ti parlo in modo proprio spassionato: non ti operare. Non ne vale la pena, perché soffriresti soltanto: io ho già vinto e da domani lo saprai con certezza, lo sapranno tutti. Non posso lasciarti molto tempo, ma tu trascorrilo a casa, non morire in ospedale. Questa guerra del tuo corpo io l'ho già vinta, ma sono un nemico pietoso e non voglio infliggerti quest'ultimo dolore.»

«L'operazione è domattina. Che dovrei fare, secondo te? Telefonare e dire che non mi opero, che ho cambiato idea? Che rifiuto le cure?»

«Sì» rispose la massa. «Nessuno può obbligarti a farlo o dirti che stai sbagliando. È il tuo corpo, è il tuo male.»

«Scordatelo» disse aggressivamente. «Devi proprio credere che io stia ammattendo, non è vero?, per darti retta! Stai cercando di confondermi per convincermi ad arrendermi, e se lo stai facendo non può essere che perché non sei affatto certo di aver già vinto. Questo vuol dire che io non sto ancora morendo.»

«Tu credi ch'io abbia bisogno di questi mezzi per vincere?» domandò la massa.

«Ma certo» ribatté. Si sentiva colmare di una grande forza e di un'immane speranza, di un eroismo titanico e di voglia di combattere. «Tu non sei così forte, ma io invece lo sono. Sono molto più forte di te. Che idea, telefonare in ospedale e dire che non voglio più operarmi, perché tu, proprio tu mi sei apparso in sogno! E io che per un attimo ho persino avuto paura.»

«Non mi ascolterai, dunque?»

«No, e ti dirò di più» proseguì con esultanza. «Può darsi persino che tu abbia un po' di ragione: che non riusciranno, domani, a... ma se non mi opereranno domani, io andrò a Milano, andrò a New York, andrò fino a Singapore, in ogni ospedale del mondo, se devo, e se non avrò altra scelta io ti strapperò con le mie proprie mani, ma dartela vinta senza lottare, questo no!»

Calò il silenzio dopo le sue parole, ed era un silenzio avvolgente e impenetrabile come una coltre calata all'improvviso; sentì d'aver vinto, o almeno, di certo, se ne illudeva.

«Va bene» disse la massa, e la sua voce aveva ora un tono d'indicibile tristezza; ma per che cosa era triste? Perché il suo inganno non aveva funzionato o forse, invece, perché sapeva davvero d'aver vinto? «Ma ti ricorderai d'aver scelto tu, te ne ricorderai, non è vero? Ti ricorderai che io sono stato onesto, che non ti ho data alcuna speranza, e che eppure tu non hai voluto darmi retta.»

Ma col cuore tutto preso dalla sensazione della propria vittoria, non rispose. A che parlare oltre con quell'orribile massa che era già troppo reale e invadente senza bisogno di darle valore?

«Buonanotte» disse solamente.

«Buonanotte» disse allora la massa, profondamente rassegnata. «Ci vediamo domattina.»

   
 
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