Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: Cannie Follett    09/01/2017    1 recensioni
Il Monte Cengio, durante maggio e giugno del 1916, fu scenario di un furioso combattimento. Di circa 10.000 uomini giunti ad Asiago, poco più di 1.000 fecero ritorno.
...
"Era il giugno del 1916, sul Monte Cengio. Simone era appoggiato alla parete di roccia, senza più fiato, senza più forza. E non perché fosse uno sfaticato, non lo era più da molto tempo ormai."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il salto dei granatieri


Era il giugno del 1916, sul Monte Cengio. Simone era appoggiato alla parete di roccia, senza più fiato, senza più forza. E non perché fosse uno sfaticato, non lo era più da molto tempo ormai.
Solitamente si era sentito così solo dopo una lunga nuotata nel mare, ma lì non c’era nessun mare, e lui era fuori posto come un pesce fuor d’acqua.
Il mare. Quanto gli mancava. Avrebbe preferito addormentarsi con il suono delle onde nelle orecchie, e non quello dei bombardamenti che si erano susseguiti uno dopo l’altro nel recente passato.
Simone deglutì. La battaglia stava per raggiungere il suo culmine. Gli austroungarici li avevano presi, alla fine. Dopo giorni di assalti, ogni uomo caduto, ogni colpo sparato, sembrava essere stato vano.
Erano persi. Ma lui avrebbe dovuto continuare a lottare, per una patria che voleva dimostrarsi superiore alle altre e che probabilmente non era altro che un piccolo stato male assortito. Una patria i cui componenti ancora non riuscivano a capirsi tra di loro.
Le munizioni scarseggiavano, come pure il cibo e l’acqua, da giorni. I cannoni... quelli li avevano persi da tempo. E i nemici erano forti, determinati, e le loro grida, che per Simone erano incomprensibili e sconosciute, mettevano i brividi.
Simone afferrò saldamente il suo fucile. Il tempo per riprendere il fiato era finito.
Il giovane uomo si incamminò per le gallerie, dove la luce scarseggiava e i soldati che passavano erano altrettanto rari. Tutti erano impegnati nella battaglia al di fuori. E lui non era certo un vigliacco, li avrebbe raggiunti al più presto.
-Da! Es gibt einen Mann!- urlò una voce dal fondo del cunicolo. Passi concitati, il vociare del nemico. Senza pensarci due volte, Simone prese a correre.
Era tra i più giovani, nella Brigata Granatieri di Sardegna, ma non per questo non sapeva farsi valere. Anzi, era abbastanza intelligente per capire che un solo uomo non sarebbe resistito molto a lungo fronteggiandone altri cinque, per giunta armati fino ai denti.
I suoi passi risuonarono tra i cunicoli semibui, per colpa dell’acqua e del fango che li ricopriva dopo l’ultima pioggia. Pioveva molto spesso, lì. Non come a casa sua, dove il sole e il vento si contendevano le terre degli ulivi.
Simone raggiunse l’uscita, raggiunse la luce. Stando attento a non scivolare sul camminamento -il parapetto lì era crollato e una caduta sarebbe durata troppi metri per sopravviverle- il ragazzo guadagnò terreno, guardandosi intorno freneticamente. Urla di dolore, scoppi di bombe a mano e colpi di fucili. Non strida di gabbiani del porto.
Eccoli, i suoi compatrioti. Lottavano con disperazione, consapevoli dell’improbabilità di una vittoria.
Ed eccoli, i suoi inseguitori. Alle sue spalle, quello che sembrava capitanare il piccolo gruppo diede altri ordini.
-Da ist er! Nehmt ihn!
Simone incespicò e cadde a terra. La roccia in quel punto non era particolarmente adatta a sfregarci sopra la pelle, ed era molto più dura e ruvida degli scogli su cui il ragazzo si arrampicava da bambino quando era in cerca di molluschi. E invece del sapore salmastro del mare, Simone sentì tra le labbra quello metallico e pungente del sangue.
Il ragazzo si ordinò di alzarsi in piedi. Non fece poi molta fatica. La paura stava cominciando ad assalirlo, assieme all’adrenalina tipica della battaglia.
Simone raggiunse gli altri granatieri. Però tra la folla riuscì a scorgere solo Nicola e Raffaele.
Si buttò nella mischia. Non perché fosse coraggioso, o particolarmente motivato, anzi. All’inizio avrebbe voluto solo seminare i suoi inseguitori.
Un soldato della fazione opposta gli sbarrò la strada. Simone tirò fuori la sua pistola e fece partire un colpo, appena in tempo. L’uomo cadde a terra con un debole gemito, a una lentezza esasperante. Non era il primo che Simone uccideva. Ormai ci aveva fatto l’abitudine: gli occhi si spegnevano, a volte la bocca si apriva, lasciando fuoriuscire un rivolo di sangue.
L’unica difesa che restò al giovane sardo fu la baionetta, ma non servì così tanto: furono più i colpi ricevuti che quelli inferti. Cadde anche al suolo, tra arti mutilati e corpi senza vita, calpestati come fossero stati polvere. Prima che riuscisse a rimettersi in piedi, si ritrovò sotto il peso di un soldato morente, il cui stomaco era stato trafitto da parte a parte. E prima di riuscire a liberarsi, Simone ebbe a che fare con numerosi calci e il fiato del moribondo, che non era quello di suo padre al sapore di alcol, magari di mirto. Mirto, fatto in casa, dal sapore forte e intenso. Simone non lo beveva da anni, forse, ma se lo ricordava ancora bene, quando utilizzò il corpo del soldato caduto come scudo per rialzarsi.
Si guardò intorno. I sardi erano sul ciglio del precipizio. E gli austriaci non davano cenno di volersi fermare, ormai avevano la vittoria in pugno.
Simone venne spinto indietro, e poi colpito alla spalla da un proiettile. Era stato fortunato, non l’avevano colpito in testa. Ma il dolore era atroce, e il ragazzo strinse i denti e si distrasse per un tempo sufficiente a farlo indietreggiare ancora.
Poi, le prime nuove urla. I primi uomini volarono giù dal precipizio, gridando il loro terrore, respirando per l’ultima volta.
Era vicino, Simone, così vicino al bordo.
Davanti a lui, un altro austriaco. Aveva gli occhi azzurri, non neri come i suoi, e i capelli biondi, non scuri come i suoi, e la carnagione pallida, non cotta dal sole. Aveva la divisa di un altro colore. Ma era simile a lui.
Una volta il nonno di Simone gli aveva detto: “Siamo sardi. Siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi, romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi”. A questo pensò Simone, mentre il terreno sotto i suoi piedi si sbriciolava e il suo avversario sollevava la baionetta. Forse, chi lo sa, condivideva un po’ del suo sangue anche con lui.
Simone sentì il vuoto dietro di sé, e i suoi compagni affianco urlare e precipitare giù, e capì che anche per lui era giunta l’ora di volare. Non l’avrebbero ucciso i nemici: una magra consolazione.
E mentre il soldato austriaco capiva e sorrideva, Simone afferrò con tutta la sua forza l’arma del suo nemico e lo trascinò con sé nel vuoto.
Quando capì di aver condannato un altro uomo, il sardo lo lasciò andare. Voleva volare da solo, in quel suo primo e ultimo volo. Come un gabbiano.
Sarebbe stato bello essere un gabbiano, nella sua prossima vita. O anche un gatto nero che si appisolava al sole, o un paguro sugli scogli. Tutto, ma non essere un soldato. Avevano una vita troppo breve, troppo poco ripagante.
Negli ultimi attimi della sua vita, Simone guardò il cielo, e immaginò che al posto delle nuvole ad incresparsi fosse il mare.
Poi arrivò il dolore, seguito dal silenzio.
E nient’altro.



-Angoletto della scrittrice ragazzina che gioca a fare la scrittrice-
L'ispirazione per questa storia arriva da una vicenda veramente accaduta, come ho rapidamente introdotto nella trama. Sono stata sul Monte Cengio quest'estate, con la mia socia Cannie, e la storia di questo luogo mi ha particolarmente colpita, anche se sono passati mesi prima che buttassi giù qualche parola che lo riguardasse. Beh, spero ne sia valsa la pena. Solitamente scrivo solo storie fantasy, quindi questa è un po' un esperimento. 
Non essendo un'esperta della Grande Guerra, nel caso avessi sbagliato qualcosa, accetto volentieri critiche e suggerimenti!
-Follett
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Cannie Follett