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Autore: Emily27    09/01/2017    8 recensioni
«Che strano, babbo Natale non ha mai trovato la strada per venire da me» disse Daryl con amarezza, più a se stesso che a lui.
L'omone trasse un sospiro, giungendo a camminargli a fianco. «Mi dispiace, ma me lo hanno sempre impedito. Adesso però sono arrivato, e voglio regalarti un sogno.»
«Che culo» fece Daryl sarcastico.
«Dovresti moderare un po' il linguaggio, giovanotto!» lo ammonì Babbo Natale.
Giovanotto!?
«Io parlo come cazzo mi pare!» Che guardasse il suo, di linguaggio, sembrava uscito da un film della Disney. Forse, più che possedere uno spiccato spirito natalizio, quello era suonato.
L'uomo scosse la testa rassegnato e continuò: «Dicevo... Voglio regalarti un sogno, realizzare ciò che desideri.»

(Storia scritta per il Caryl Christmas Contest della pagina Caryl Italia.)
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sei tutto, per me







 
L'inverno era ormai giunto, quella sera Daryl sentiva il freddo fin nelle ossa mentre camminava lungo i vialetti di Alexandria, indossando una giacca non molto pesante. Le nuvole che coprivano il cielo nascondevano la luna e le stelle, forse avrebbero portato la neve. Anche se non aveva mai fatto sua la vita alquanto normale che si viveva nella comunità, Daryl trovava confortevole avere a disposizione una casa che lo accogliesse con il suo tepore e ora si stava dirigendo proprio là.
Intorno non c'era anima viva, tutti stavano al caldo all'interno delle loro abitazioni ma, giunto in prossimità della casa di Tobin, udì delle voci. Rallentò il passo e scrutò in quella direzione: l'uomo e Carol stavano seduti a parlare sui gradini del porticato, incuranti del freddo nei loro giubbotti. Dalla distanza in cui si trovava non riusciva a capire che cosa si stessero dicendo, ma sorridevano e sembravano affiatati e Daryl ne rimase stupito. Non credeva che tra di loro esistesse un rapporto che andasse al di là dell'amicizia superficiale, o semplicemente non se n'era mai accorto. Doveva ammettere che in quel periodo lui e Carol non avevano comunicato molto, vivendo ognuno nel proprio spazio.
Il flusso dei suoi pensieri s'interruppe nel momento in cui vide qualcosa che lo paralizzò. Carol e Tobin si stavano baciando.
Nascosto dalla notte, Daryl si sentì mancare la terra sotto i piedi. Mentre teneva lo sguardo fisso su di loro fu travolto da un'ondata di sentimenti che non fu in grado di distinguere, sapeva solo che ciò che i suoi occhi vedevano non gli piaceva affatto. Andò via quasi correndo, con le tempie che pulsavano e nel cuore un freddo più intenso di quello che avvertiva nel resto del corpo.
Una volta a casa di Rick si buttò supino sul divano, le braccia incrociate dietro la testa. Aveva il batticuore e gli occhi sbarrati a fissare il buio.
Carol e Tobin. Cazzo...
Nella mente rivide le loro bocche che si baciavano.
Merda.
Più ci pensava, più sentiva il sangue ribollirgli nelle vene. Era arrabbiato, deluso, infastidito, confuso, non si era mai sentito così, come se gli avessero tolto qualcosa che era suo.
Tobin non conosceva Carol quanto la conosceva lui, non aveva passato con Carol ciò che avevano passato loro due insieme, non poteva capirla nel modo in cui lo faceva lui. Non aveva il diritto di baciarla.
Tobin... Tobin, che nome del cazzo.
All'improvviso la luce si accese e comparve Rick. Reggeva tra le mani uno scatolone e portava sulla testa un berretto rosso e bianco, il classico copricapo da babbo Natale. Daryl si mise seduto per guardarlo meglio. Che diavolo stava facendo?
Rick, ridendo, posò a terra lo scatolone davanti al divano e prese posto accanto a lui.
«Se ho tenuto bene il conto, dopodomani sarà Natale. Pensavo di organizzare una piccola festa per domani sera, la notte della Vigilia, credo che ce lo meritiamo».
Daryl annuì, senza sapere che cosa dire, a lui del Natale non era mai fregato niente.
«È giusto vivere e anche ciò ne fa parte. Nello scantinato ho trovato questo scatolone pieno di addobbi, potremmo utilizzarli», continuò Rick mostrandogli il contenuto della scatola, che consisteva in luci, ghirlande e un piccolo albero, poi sorrise dolcemente. «Sarà la prima volta che Judith festeggia il Natale».
«Mi sembra una buona idea, fammi sapere se ti serve aiuto», si offrì Daryl il quale, pur non condividendolo, non intendeva smorzare l'entusiasmo che animava l'amico.
«Okay. Vado a dirlo anche a Carl e Michonne». Rick spostò lo scatolone nell'ingresso e salì al piano superiore, senza levarsi il berretto da babbo Natale.
Daryl si accasciò contro lo schienale del divano, odiando gli addobbi e la Vigilia. E Tobin.

Il mattino seguente Daryl decise di uscire e andare a caccia. Intendeva procurare carne fresca per la festa di Rick, cui comunque probabilmente non avrebbe partecipato. Con la balestra in spalla s'incamminò ai cancelli. Quella notte non aveva chiuso occhio, tormentato dal pensiero di Carol e Tobin. Passare davanti alla casa di quest'ultimo non fece altro che rendere più vivo il ricordo e alimentare il suo malumore, che si acuì quando vide Carol uscire dalla porta d'ingresso con una coperta sulle spalle e andare a sedersi sul dondolo. Anche lei doveva aver trascorso la notte in bianco, ma per un motivo totalmente diverso dal suo. Gli si contorse lo stomaco. Affrettò il passo per allontanarsi prima che lo vedesse, non aveva voglia di parlare con lei. Non gli era mai capitato.
Uscì nel bosco, dove girò a vuoto per quasi un'ora senza concludere niente, d'altro canto era inverno e gli animali che lo popolavano erano quasi tutti in letargo. Stava riflettendo se rinunciare e tornare ad Alexandria, quando fu sorpreso da una voce alle sue spalle.
«Fermati, Daryl!».
Si voltò, puntando istintivamente la balestra verso colui che aveva parlato: un uomo dall'enorme stazza con una lunga barba bianca, vestito di rosso e bianco come babbo Natale, berretto compreso.
«Metti giù quella cosa, per l'amor del cielo!», lo pregò l'uomo spaventato, alzando le mani davanti a sé nell'atto di ripararsi.
«Chi cazzo sei?», domandò Daryl osservandolo con un misto di perplessità e stupore.
«Babbo Natale», rispose l'altro con ovvietà.
Daryl abbassò la balestra, ritenendolo innocuo. Doveva essere un abitante di Alexandria con uno spiccato spirito natalizio. Se cercava qualcuno da coinvolgere nelle sue fantasie aveva proprio sbagliato persona. «Allora torna dalle tue renne», gli consigliò voltandosi e proseguendo in direzione di Alexandria.
«Oh no, io sono qui per te», insistette l'uomo seguendolo.
«Che strano, babbo Natale non ha mai trovato la strada per venire da me», disse Daryl con amarezza, più a se stesso che a lui.
L'omone trasse un sospiro, giungendo a camminargli a fianco. «Mi dispiace, ma c'era sempre qualche impedimento. Adesso però sono arrivato e voglio regalarti un sogno».
«Che culo», fece Daryl sarcastico.
«Dovresti moderare un po' il linguaggio, giovanotto!», lo ammonì Babbo Natale.
Giovanotto!?
«Io parlo come cazzo mi pare!». Che guardasse il suo, di linguaggio, sembrava uscito da un film della Disney. Forse, più che possedere uno spiccato spirito natalizio, quello era suonato.
L'uomo scosse il capo rassegnato e continuò: «Dicevo... Voglio regalarti un sogno, realizzare ciò che desideri».
«Ah sì? Allora fai sparire tutte quelle merde di zombie».
«Mi rammarica la situazione in cui si trova il mondo in questo momento, ma non posso farlo, è qualcosa che va oltre il mio potere», spiegò Babbo Natale tristemente.
«Lo immaginavo».
«C'è qualcos'altro che tu desideri».
«Sì, che ti levi dalle palle».
«Non intendevo questo».
Daryl si fermò e lui fece lo stesso. «Senti, vai da Rick, da Tara... vai dalla Spaccaculi!».
«Chi sarebbe la spaccaculi?».
«Judith».
«Oh, la piccola...». Un largo sorriso si disegnò sul volto rubicondo dell'uomo. «Certo che andrò da lei, ma prima devo finire con te».
«Allora puoi andare, perché con me hai finito», dichiarò Daryl riprendendo a camminare a passo di marcia.
Per un po' regnò il silenzio, ma Babbo Natale continuava a stargli alle calcagna.
Erano quasi giunti ai cancelli, quando tornò alla carica. «Io so quello che il tuo cuore desidera e farò in modo che si trasformi in realtà».
«Pensa ai fatti tuoi!», esclamò Daryl esasperato, senza più girarsi.
Eugene gli aprì il cancello con un'espressione strana, più del solito almeno. «Stai parlando con me?».
«No, con...». Daryl si voltò e alle sue spalle non vide nessuno. Si guardò intorno, ma dell'uomo non c'era ombra, finalmente aveva capito che doveva lasciarlo in pace. Che tornasse nel bosco a farsi divorare dagli zombie.
«Nel caso stessi parlando con me, non rientra nelle mie intenzioni pensare ai fatti tuoi. Ritengo che la privacy altrui vada sempre rispettata», affermò Eugene richiudendo il cancello, dopo che lui fu entrato.
«Sono d'accordo».
Daryl, dopo l'infruttuosa battuta di caccia, decise che avrebbe impiegato il resto della mattinata a revisionare la sua moto a casa di Aaron.
Dirigendosi dall'amico s'imbatté in Carol, la quale stava arrivando dalla direzione opposta, e questa volta non poté evitarla. La verità era che si sentiva in qualche modo tradito, anche se, ragionando obiettivamente, non ne aveva motivo.
«Ciao!», lo salutò. Appariva allegra, ma Daryl non era del tutto sicuro che lo fosse davvero, i suoi occhi parlavano diversamente dal suo sorriso. «Rick ti ha già detto della festa?», gli domandò.
«Sì, l'ha fatto».
«Verrai?».
«Non lo so».
Carol annuì. Conoscendolo, sapeva che quel genere di eventi non era nelle sue corde, pensò Daryl. «Sto andando al magazzino delle provviste a prendere la farina, vorrei preparare dei biscotti».
Il resto della conversazione avvenne tra i loro sguardi. Quello di Carol sembrava dirgli che qualcosa non andava e Daryl fu sul punto di domandarle se stesse bene, ma lei non gliene diede il tempo.
«Spero di vederti questa sera», disse mentre si accingeva ad andarsene.
Daryl la salutò con un cenno del capo e la guardò allontanarsi, con il suo abbigliamento sobrio da casalinga per il quale all'inizio l'aveva definita ridicola. La preferiva di gran lunga quando calzava gli stivali e imbracciava il fucile. Invece adesso era la nuova Carol e Tobin ne era parte integrante.

Alla fine Daryl andò alla festa della Vigilia. A Rick, Carol e al resto del gruppo avrebbe fatto piacere, così aveva deciso di parteciparvi, magari fermandosi solo per un po'.
Erano tutti presenti nel salone di Rick, abbellito dagli addobbi e riscaldato dal fuoco che scoppiettava nel camino, con l'aria che profumava di dolci e di vin brulé. Gli altri parevano a loro agio ed erano vestiti meglio del solito, mentre lui indossava gli abiti di sempre e si sentiva un pesce fuor d'acqua.
Rick lo accolse con entusiasmo, poi fu la volta di Carol, la quale gli andò incontro sorridente.
«Sono felice che tu sia venuto», gli disse. Daryl notò una luce diversa nei suoi occhi, ma non riuscì a interpretarla.
«Alla fine mi sono deciso...», fece, cercando Tobin con lo sguardo. Lo individuò, si stava servendo del cibo al tavolo delle vivande.
«Sarà la magia del Natale, dobbiamo goderci questo momento», lo esortò lei.
Forse avrebbe anche potuto godersi la festa, lasciarsi trasportare dall'allegria generale, una volta tanto, se solo non avesse avuto un peso sul cuore.
Carol fu chiamata da Michonne in cucina e lo lasciò alla compagnia di Abraham, il quale, dopo aver intonato Jingle bell rock, tentò di coinvolgerlo in un duetto. Sasha gli offrì tartine a forma di stella e la Spaccaculi gli portò in dono un dolcetto. Fu avvolto dal calore di quella che era a tutti gli effetti la sua famiglia.
Si avvicinò al tavolino davanti al divano su cui era posata una pentola contenente il vin brulé e se ne versò un bicchiere. Lo sorseggiò osservando Rick che girava per casa con il berretto da babbo Natale calcato sulla testa, era buffo e gli strappò un sorriso, che si spense un attimo dopo, quando vide Carol e Tobin conversare amabilmente insieme a Glenn e Maggie sul lato opposto della stanza. Come rispondendo a un silenzioso richiamo, Carol si volse dalla sua parte e i loro sguardi s'incontrarono per alcuni lunghi istanti, finché Tobin, il quale le cingeva la vita con un braccio, non l'attirò a sé dicendole qualcosa all'orecchio.
Daryl strinse con più forza il bicchiere e serrò la mascella. Fottiti, Tobin.
«Invece di mettere il broncio come un ragazzetto geloso, dovresti darti una mossa!».
Il vin brulé quasi gli andò di traverso. «Che cazzo...».
Sul divano era seduto lui: Babbo Natale.
Da dove diavolo era sbucato?
«Sei tornato a scassarmi le palle con le tue stronzate?».
«Fingerò di non aver sentito. Alla fine mi ringrazierai».
«Sì, è molto probabile», replicò Daryl in tono ironico. «Quando sarai sparito!».
L'omone mangiava dolcetti prendendoli da un piatto sul tavolino. «Assaggia i biscotti di Carol, sono deliziosi», gli suggerì.
«Non li voglio i biscotti di Carol».
«Lo vedi che assomigli a un ragazzetto geloso?», lo canzonò l'uomo ridacchiando.
Spazientito, Daryl andò da Rick, il quale stava attizzando il fuoco nel camino. «Chi è quel tizio seduto sul divano?».
Rick guardò in quella direzione, poi scrutò lui aggrottando la fronte. «Quale tizio? Non c'è nessuno sul divano».
Babbo Natale, dalla mole sprofondata fra i cuscini, lo salutò agitando una mano.
Daryl rimase sconcertato e gli ci volle un momento per riprendersi. Non era possibile, allora aveva le visioni e sentiva le voci. Probabilmente era dovuto allo stress post traumatico per aver visto Carol e Tobin che si baciavano.
Ecco che cos'avrebbe fatto: sarebbe uscito a prendere un po' di freddo, che gli avrebbe rimesso a posto la mente offuscata.
Poco dopo si trovava seduto sui gradini del porticato respirando a pieni polmoni l'aria gelida. Non doveva più pensare a quello svitato, era solo frutto della sua immaginazione e come era apparso sarebbe sparito.
«Così ti prenderai una bronchite, figliolo».
Cazzo.
Girò lentamente la testa alla sua sinistra, dove vide Babbo Natale seduto accanto a lui.
Si passò le mani sul viso. Era diventato pazzo, non c'era altra spiegazione. Forse però, se gli avesse dato corda, presto quell'uomo se ne sarebbe andato e lui sarebbe rinsavito.
«E va bene. Hai detto che volevi regalarmi un sogno, forza, regalamelo».
«Non ci credi, vero? Stai solo assecondando un vecchio rompiballe e le sue stronzate».
«Non ero io quello che doveva moderare il linguaggio?».
«Accidenti... Ogni tanto la lingua è più veloce del cervello».
Daryl accennò un sorriso, il vecchio rompiballe incominciava a stargli simpatico.
Dalla casa provenivano le voci e le risate di chi si divertiva, senza preoccuparsi di ciò che sarebbe potuto succedere l'indomani, o il giorno dopo ancora. Prima che il mondo diventasse una merda, loro erano abituati a festeggiare il Natale in quel modo, lui al massimo andava al bar con Merle e il barista offriva loro un giro di birre.
«Che cos'è Carol per te?», domandò Babbo Natale a bruciapelo, rompendo il silenzio. Dalla sua voce era svanita ogni traccia d'ilarità e il suo tono era diventato più profondo.
«Tutto», rispose Daryl d'istinto. Adesso più che mai se ne rendeva conto.
Carol era il suo porto sicuro anche quando erano lontani, la voglia di combattere ancora, la luce che rischiarava i suoi luoghi più bui, ogni fremito inaspettato del suo cuore.
«Faglielo sapere», suggerì Babbo Natale.
Daryl si voltò a guardarlo, per scoprire che era scomparso. Gli dispiacque, dovette ammetterlo.
Si trovò a desiderare di allontanarsi dai suoni della festa, cercando la solitudine.
Camminò nella notte fino al laghetto, illuminato da un lampione che rifletteva la sua luce sull'acqua. Si sedette sull'erba fredda strofinandosi le braccia, perché si gelava.
Continuava a pensare a lei. Si era costruita un'esistenza ordinaria e, sebbene lui sapesse che quella non era la vera Carol, l'avrebbe lasciata fare, avrebbe anche potuto accettare la presenza di Tobin nella sua vita, se tutto questo l'avesse fatta stare bene, ma aveva il sospetto che non fosse così.
Udì dei passi e una figura emerse dal buio: era Carol. Non se lo apettava, ma ne fu felice.
«Che cosa ci fai qui? Morirai assiderato».
«Il freddo schiarisce le idee», rispose Daryl.
«Può darsi», considerò lei sedendosi a terra, il corpo che sfiorava il suo. «Ti ho visto uscire e sono venuta a cercarti. Tutto bene?».
Carol si preoccupava per lui, l'avevano sempre fatto a vicenda. Fece segno di sì con la testa.
«Tieni». Gli porse un biscotto adagiato su un tovagliolino di carta.
Daryl lo prese e lo assaggiò. Era buono, sapeva di cannella.
«Tobin si starà chiedendo dove sei».
Lei fece spallucce e si strinse nel giubbotto. «Tobin non sa niente di me, mi crede quella che non sono e mi piace che lo faccia credere anche a me, ma è solo un'illusione, non posso cancellare quello che ho fatto, le volte che ho ucciso...». La voce le s'incrinò e s'interruppe.
Dunque era quello che adombrava il suo sguardo, che la faceva soffrire.
«Era necessario, hai dovuto», la rassicurò.
Lacrime silenziose rigarono le guance di Carol.
Per Daryl fu un pugno nello stomaco. Non gli piaceva vederla piangere, voleva che non piangesse mai più.
«Io sono qui, ci sono. Se ne avrai bisogno, se vorrai parlare o solo restare in silenzio, io ci sarò».
Tutto d'un tratto, avvertì un'emozione che si avvicinava alla tentazione di lanciarsi nel vuoto, senza però essere sicuro di saper volare. Osò cedervi.
«Sei tutto, per me». Daryl non seppe mai dove trovò il coraggio di dirglielo. Magari non sarebbe cambiato nulla, ma aveva aperto il suo cuore a Carol rendendo libero il sentimento che provava, quella consapevolezza completamente nuova. Forse stava imparando a volare.
Carol gli sorrise tra le lacrime, che poco a poco cessarono. «Desideravo andarmene da qui, restare da sola e non dover più uccidere per proteggere chi amo. L'avrei fatto stanotte, mentre tutti eravate alla festa, avevo già uno zaino pronto».
Quella confessione lo sconcertò. Carol avrebbe lasciato Alexandria, il gruppo, ciò che avevano conquistato, avrebbe lasciato lui. Alla sola idea si sentì perso. Ma lei era ancora lì.
«Poi questa mattina, quando ti ho incontrato, improvvisamente ho capito che se avevo una ragione per andare via, ne esisteva una più grande per rimanere. Sei tu, solo tu».
Daryl colse quasi con timore l'inequivocabile significato delle sue parole, e il suo cuore accelerò talmente i battiti che credette gli sarebbe scoppiato nel petto.
«Tobin non è niente, non è nessuno», continuò lei.
Chiamando di nuovo a raccolta tutto il suo coraggio, Daryl avvicinò lentamente il viso a quello di Carol e le sfiorò le labbra con un bacio. Poi si staccò e vide i suoi occhi che brillavano, ma non di lacrime.
Notò un movimento sulla sponda opposta del laghetto e osservò quel punto. Era Babbo Natale, che sorrideva e gli mostrava il pollice rivolto verso l'alto. Dopodiché svanì.
«Che cosa stai guardando?», domandò Carol.
«Nulla. È... è un sogno».
Daryl, nella mente, ringraziò l'omone vestito di rosso per aver trovato la strada e avergli indicato la sua.
Piccoli fiocchi candidi iniziarono a scendere dal cielo e Carol sollevò il volto a sentire il loro tocco sulla pelle, con l'espressione di una bambina. Daryl contemplò il suo profilo. Ammirava ogni cosa di lei, la forza e anche le sue debolezze, perché contribuivano a farne la donna meravigliosa che era.
«Buon Natale», disse Carol, e subito dopo gli catturò le labbra con le sue. Erano morbide e dolci, avevano il sapore della passione e della speranza.
Il Natale in fondo non era poi tanto male.


 
You better watch out
You better not cry
Better not pout
I'm telling you why
Santa Claus is coming to town

 
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