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Autore: imunfjxable    10/01/2017    2 recensioni
Missing moment della mia storia "big girls (don't) cry", giusto per farci ancora un po' male.
Un piccolo racconto dove si vede cosa fanno i ragazzi dopo un anno dal Natale.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Big girls (don't) cry, boys do (sometimes)'
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A Lucrezia

È passato un anno ormai da quel Natale. I ragazzi sono tutti assieme, finalmente.
Casa di Calum è piccola, e ora che sono tutti ammassati sul divano lo è ancora di più ma non importa molto.
Luke e October sono seduti uno accanto all'altro con le mani di October sempre fredde, e con quelle di Luke che giocano con i capelli ricci di October (I dread non ci sono più, fatta eccezione per uno  in basso a destra, lasciato lì giusto per la gioia di Luke).
Un flash fa dilatare la pupilla azzurrina di July, seduta a gambe incrociate per terra. Calum la tiene tra le braccia da dietro e cerca di restare serio mentre fissa l'obiettivo di June che gli scatta una foto, eppure restare seri con Ashton dietro che fa le linguacce è alquanto impossibile.

Il campanello suona.
È come se la bolla di sapone perfetta nella quale erano rinchiusi fosse scoppiata improvvisamente.

July si alza e dopo essersi pulita per abitudine i pantaloni dalla polvere inesistente apre la porta.
C'è Michael sulla soglia, che sorride ampiamente. Entra correndo, lanciando la valigia in mano a July che la lascia tranquillamente cadere sul parquet freddo. Emette un suono sordo, ma non è solo la valigia a fare rumore bensì anche il corpo stesso di Michael il quale si è lanciato a peso morto sui ragazzi, seduti sul divano, e July salta addosso a loro completando il quadretto.
«Mi siete mancati tanto» dice
«Anche tu» è Luke a parlare. E a lui era mancato così tanto; ovviamente svegliarsi tutte le mattine accanto a October aveva reso la sua vita meravigliosa, osservare il modo in cui arricciava il naso quando stava per svegliarsi, le fossette che aveva sulla schiena e sue lunghe gambe nude sempre attorcigliate ai suoi piedi gli aveva fatto apprezzare di più quello che aveva, eppure gli mancava Michael, le urla che dava ogni volta che decideva di ritingerai i capelli, le loro gare di rutti e le notti insonni passate a suonare la chitarra.
Ma ora erano nuovamente tutti 
assieme.


Fa freddo a New York. Il vento soffia, ma c'è il sole. Esattamente come il pomeriggio della sepoltura di April.
E ora sono di nuovo lì, attorno alla tomba, tutti assieme. È già passato un anno da quando lei non c'è più, e loro vogliono ricordarla assieme, condividendo quel dolore che li ha plasmati in persone più mature.
«questa è per te» dice Michael accordando la chitarra. Inizia a suonare "heroes" di Bowie mentre Luke canticchia; gli altri restano in silenzio. October si morde le labbra con forza, non può piangere. Stringe la mano di Luke e si infila sotto il suo braccio, respirando quasi a fatica, pensando che forse anche Luke avrebbe potuto fare la stessa fine ma che ormai era andato in riabilitazione per un mese e aveva seguito un gruppo di recupero quindi non ci sarebbe più dovuto essere pericolo.
«Mi lasciate un po' solo con lei?» chiede Michael sedendosi accanto alla lapide, vicino alla quale era ancora presente Boo, che vegliava vigile sulla sua padrona.
June annuisce e porta gli altri in disparte, lasciando quella figura solitaria con il suo dolore.
«Ci pensi che è già passato un anno?» dice con le lacrime agli occhi «e pensare che io mi ero già immaginato tutta la vita accanto a te. Avrei voluto vedere i nostri figli crescere, vederli straniti dinanzi alla tua chioma rosa o ai miei tatuaggi, tu gli avresti insegnato dei grandi miti del passato e io gli avrei raccontato dei miti della musica. Sarebbe stato perfetto, proprio come perfect day di Lou Reed. Spero proprio che tu li sopra li abbia incontrati, devono essere due tipetti Reed e Bowie. Ti do il permesso di tradirmi con uno di loro, solo uno però. Io ho il permesso di lasciarti andare invece?
Non posso restare per sempre attaccato a te, ma non posso sostituirti così facilmente. Non mi ridurrò a cercare la tua mera copia sulla terra, non ci sarà mai nessuna come te, non potranno mai prendere il tuo posto, eppure non posso continuare a vivere nel passato.
"Domani sarà una bella giornata".
È quello che diceva la nota che mi hai lasciato eppure sono passati 365 giorni e ogni giorno senza te è sempre più cupo, non c'è più gioia nella mia vita» Michael si rigira l'anello che ha sul dito medio tra le dita, giocandoci nervosamente «ti ringrazio per avermi dato il periodo più bello della mia vita in così poco tempo, grazie April» 
Si alza quasi traballante, le ginocchia gli tremano e potrebbe cadere da un momento all'altro. 
Va via ma si gira di scatto quando nota una figura mettere un fiore sulla tomba di April.
«Hey tu! Che hai intenzione di fare?»
«niente, sto solo posando un fiore. Non mi sembra giusto che nessuno pensi più ai morti sai?»
«Io ci ho appena pianto su quella tomba. Ci penso a lei»
«Non sto parlando di questo. Quando le persone sono in vita anche se non le conosci le osservi. Le guardi. Le pensi. Quando sono morte non più. Mi piace poter pensare che siano ancora vive, vanno trattate con rispetto tutti i morti, non solo quelli che ci erano vicini»
Abbassa il cappuccio mostrando dei lunghi capelli lisci, tendenti al miele. Si siede per terra, sull'erba fresca e sorride a Michael che la guarda ancora stranita. 
Doveva avere dei seri problemi quella ragazza.
Prende una margherita e inizia a giocarci osservando la foto sulla lapide di April.
«Ma sei tu!» dice indicandolo.
«Già. Sono io»
«Era la tua ragazza?»
«Già. Era la mia ragazza»
«Era questa qui?» chiede indicando una sagoma nella foto e Michael deve avvicinarsi un po' per riconoscere che aveva indicato June.
«No, era quella con i capelli rosa»
«Ha un sorriso così bello» commenta osservando la fotografia.
«Ogni singola cosa in lei era bella. Puoi smetterla?»
«Scusami» si alza raccogliendo il mazzo di fiori che aveva posato accanto a lei «ci si vede in giro» 
«Aspetta, non so il tuo nome»
«Ha importanza?» 
È l'ultima cosa che dice prima di correre via tra le altre tombe e di fermarsi a mettere fiori qua e là. 
Michael scuote il capo, non riesce a credere a quello che è appena successo, come se fosse un evento solo frutto della sua immaginazione.

Luke stringe la mano di October con forza, come se potesse scappare da un momento all'altro.
«Mi mancano così tanto i tuoi dread»
«Anche a me» ride passando la mano tra i ricci morbidi per poi toccare l'unico dread che aveva lasciato.
Fissa Luke per un po' perdendosi come sempre nei suoi occhi. Fin dal primo momento aveva pensato che i suoi occhi fossero così malinconici per un ragazzo così bello, anche se da come erano partiti alla festa le stava estremamente antipatico.
«come ti senti ora?» gli chiede 
«felice»
October non lo dava mai a vedere- come suo solito- quanto ci tenesse a Luke. Non gliel'aveva mai detto che l'amava e non sapeva se ne sarebbe mai stata capace, eppure era consapevole che non sarebbe più riuscita a sopravvivere senza di lui, senza la sua risata o le serenate notturne.

Calum canticchia allegramente mentre cucinava della carne sulla sua griglia. Michael entra in cucina e si dirige verso il frigo afferrando una lattina di birra, ingurgitandola in pochi secondi.
«Michael»
«Calum»
«Dobbiamo parlare»
«di cosa Calum. Di cosa? Di come io sia scomparso per quasi un anno? Del perché io non mi sia fatto sentire? Del perché io non abbia risposto a nessuna delle vostre chiamate o messaggi?
Perché mentre tu eri qui con July, io ero solo a casa a piangere per una donna che non c'è più cazzo» urla. 
Calum non dice niente e guarda il pavimento (nonostante sia Luke quello che guardava sempre per terra) e si morde la guancia, incapace di rispondere.
«Che succede qui?»
«Ciao Luke» lo saluta apaticamente. Luke osserva Michael che ha ancora la lattina in mano, posa poi gli occhi su Calum che gli fa segno di non dire nulla e di uscire «hai finito di scopare con October?» lo provoca.
«Michael calmati»
«Col cazzo che mi calmo Luke. Tu sei quello che si stava facendo uccidere con lei, dopo di lei, come lei» si avvicina all'amico singhiozzando, colpendolo con piccoli pugni privi di forza, eppure carichi di rabbia, sulle spalle larghe.
Ashton, che aveva sentito il frastuono ha chiesto a June di tenere le ragazze lontane dalla cucina, e poi entra.
Abbraccia Michael da dietro, portandolo fuori lentamente.
«Michael» lo richiama una, due, tre volte, per poi fermargli il viso con le mani.
«Michael respira con me»
«Sappiamo tutti che ti serviva del tempo. Te l'abbiamo dato. Era quello che ognuno di noi avrebbe fatto per l'altro, ma adesso basta. Non puoi continuare a distruggerti così, non posso vedere il mio migliore amico ridursi così. 
Hai tutto il diritto di lasciarla andare Michael. Lo so che lo vuoi, ma che non hai il coraggio di farlo. Perché dovresti? Era l'amore della tua vita. E pensare che tu eri il primo a non crederci del tutto in questa stronzata. Eppure ti sei ricreduto. Perché non può succedere ancora?
Solo perché sei forte e resiliente non significa che tu non abbia bisogno di qualcuno che ci sia sempre per te, qualcuno che si prenda cura di te. Come tutti noi»
Michael lo ascolta attentamente e pensa che non ha idea di cosa significhi resiliente e che se April fosse stata li magari gliel'avrebbe spiegato lei, con tanto di etimologia.
Ma lei non c'era e anche il suo fantasma lo stava abbandonando ormai.
«voglio solo essere una persona migliore»
«sai a volte non si tratta di essere una persona migliore. Si tratta di diventare la persona che già si è predestinati ad essere e che già sei, ma che non sai come esternare». 

«Come sta?» June rigira tra le mani la solita Nikon mentre scatta qualche foto alle persone che la guardano sorprese dopo essere state accecante fulmineamente dal suo flash.
Ashton non dice nulla, scuote solo un po' il capo e resta zitto.
«Non ha pianto» dice semplicemente.
Piangere era un atto liberatorio, come se lasciando cadere le lacrime ci si liberasse del peso del dolore, quello che si insinua nel petto e resta lì, nascosto. Mette le radici nel profondo dell'anima fino a diventare tutt'uno con essa. Chi non piange, poi non sente più niente. 
Quel buco cresce e si sposta fuori, fino a diventare una barriera spessa e invalicabile, che ammortizza ogni impatto emotivo.
Ashton era fortemente convinto che l'unico modo per far cedere quel muro, fosse crollare con lei.
Un po' come i bambini che quando cadono e si sbucciano le ginocchia piangono. Le lacrime cadono, così come loro, e il dolore.
La comune idea del sentimento della felicità è qualcosa tendente verso l'alto eppure ci sorprenderemmo nell'accorgerci della meraviglia che si prova quando una cosa felice cade.
Così come la neve.
I petali dei fiori. I frutti maturi. Un bambino che prova a camminare per la prima volta. Un muro. Una lacrima.
«Posso vederla?!» una ragazza alla quale June aveva scattato la foto si avvicina curiosa e sorride ampiamente non appena vede il suo volto comparire sullo schermo della fotocamera.
Ha il viso coperto da un paio di lenti quasi tonde, le labbra carnose erano state colte nel momento precedente al sorriso.
«È bellissima, potrei averla?» 
June estrae un bigliettino dalla tasca e ci scrive sopra il loro indirizzo, dicendole di prenderla il giorno dopo.

Quando July apre la porta e vede un volto non familiare storce un po' il naso impaurita ma si fa coraggio e parla pacatamente, facendo entrare la ragazza non appena le mostra il bigliettino di June.
Quest'ultima è seduta sul bracciolo del divano mentre divide con Michael un cornetto con la Nutella, e per poco July, che aveva appena finito di pulire, non moriva d'infarto. Guarda vigilmente il modo in cui lo zucchero a velo cade o come quella Nutella che fuoriesce oscillava pericolosamente verso il pavimento.
«Sei venuta per la foto alla fine» dice dopo aver ingoiato un boccone. Michael invece tossisce non appena riconobbe la ragazza del cimitero. 
«Che ci fai qui?» 
«Sono venuta a prendere questa»
Intuendo che i due si conoscevano June li lascia soli ridendo e raggiunge October che fumava in cucina.
«Phoebe»
«Cosa?»
«Il mio nome è Phoebe»
«Michael» 
October e June li sbirciano per un po', sorridendo nel vedere Michael così dopo tanto tempo.

Quando lei va via ormai Michael ha imparato tante cose su di lei, come per esempio che il suo colore preferito era il verde, che adorava il gelato a fragola, che odiava una canzone tamarra simile ad hotline bling e a Work ma che non si ricordava il titolo, che era pigra e che aveva comprato un criceto obeso e lo aveva chiamato Otto.
E inoltre gli aveva spiegato che la parola resilienza indica la capacità di un corpo di subire colpi senza mai spezzarsi del tutto (e così aveva appena capito cosa intendeva Ashton prima)
Quando chiude la porta alle sue spalle Michael sospira e apre il portafoglio riguardando la foto di April e rileggendo quella nota che era sottolineata nel libro di Dostoevsky (l'aveva trascritta per non dimenticarla mai).
La rilesse, e sorrise.
Forse, oggi, era quel giorno.


AYEEE.
L'avevo detto che prima o poi l'avrei scritto questo missing moment.
È stato più difficile del previsto, pensare che ne ho una versione alternativa incompleta ahah.
Ad ogni modo mi mancavano i ragazzi, ma si va avantii.
Per ora "coat of armour" è ferma lì, non riesco a scrivere qualcosa di decente e so che se postassi quello che dovrebbe essere il capitolo 6 non uscirebbe la storia che voglio.
Per la vostra (s)fortuna a breve pubblicherò una storia sui 5SOS (e si, dopo ben 4 storie sui THE1975 riprendo un po' questi quattro dementi), intitolata "you're so dark" ed e ispirata alla canzone omonima degli arctic monkeys.
Un ringraziamento speciale a Lucrezia che ha costruito il personaggio di Phoebe (e lei non lo sapevaaaa)
Alla prossima ragazze, spero che sia piaciuto rincontrare i ragazzi e le mie ragazze.

   
 
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