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Autore: Losiliel    12/01/2017    7 recensioni
Il salvataggio di Maedhros da parte di Fingon in chiave moderna.
Una Russingon modern-AU.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Celegorm, Curufin, Figli di Fëanor, Fingon, Maedhros
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'First Age Daydream'
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CAPITOLO 13

dove tutto cambia

 

 

 

Fingon aveva fatto una doccia bollente e aveva cercato di dormire qualche ora, senza riuscirci.

Alle sette del mattino era già a casa dei genitori, seduto con loro al tavolo della cucina. Tre caffè si raffreddarono accanto ad alcune brioches ignorate da tutti, mentre lui raccontava, a grandi linee, ciò che era accaduto la notte precedente.

Fingolfin ascoltò senza interrompere, anche se si passò una mano sul viso, improvvisamente stanco, quando sentì della scalata e dell'irruzione, e di come il figlio aveva portato Maedhros fuori da quella fabbrica. E contrasse la mascella quando Fingon gli disse che aveva ragione di credere che la morte del fratellastro non fosse stata un incidente, bensì un omicidio premeditato. Alla fine accettò l’hard-disk con un gesto solenne, come volesse dimostrarsi degno della fiducia concessagli, e dell'eredità del fratello maggiore.

Quando Fingon si alzò per andarsene, la madre lo imitò e lo fissò con uno sguardo che si sforzava di mostrare rimprovero, ma l'abbraccio in cui lo strinse esprimeva tutt'altro: conforto, orgoglio, sollievo. E approvazione incondizionata, anche per ciò che doveva ancora accadere.

Il padre, tuttavia, volle sapere: – Stai andando da lui?

Fingon annuì.

– Non voglio intromettermi – insistette Fingolfin, – ma hai sofferto molto l'altra volta...

– Lo so, papà.

– Cosa pensi di fare?

In tutta sincerità, Fingon non lo sapeva. Non sapeva se si sentiva pronto per perdonare. Non sapeva se credere alle parole che gli aveva rivolto Maedhros nel suo delirio. Non sapeva, nel caso fossero state sincere, cosa avrebbe dovuto farsene di quella verità giunta forse troppo tardi.

– È complicato – disse, e uscì.

 

Chiamò Celegorm dall'auto, sulla strada per l'ospedale.

– Tutto bene – tentò di rassicurarlo il cugino, ma la sua voce diceva che non era così. – Ti aspetto all'ingresso.

I genitori di Fingon abitavano poco fuori città e ci voleva quasi un'ora per raggiungere l'ospedale. Lui ci mise trentacinque minuti, infrangendo tutti i limiti di velocità, con le mani che stringevano forte il volante, la destra che ancora doleva per il pugno inferto la notte prima.

Si chiese che fine avessero fatto l'uomo che aveva colpito e i suoi complici. Si chiese chi fossero. Il notiziario del mattino aveva parlato di un incendio in una fabbrica abbandonata. Nessuna vittima, si indagava sulle possibili cause.

Si domandò se le prove raccolte dai Fëanorion sarebbero state sufficienti per smascherare i crimini della Gothmog, se suo padre sarebbe riuscito a farne il miglior uso possibile, come si aspettava Maedhros, che sembrava aver riposto in lui più fiducia che in sé stesso.

I suoi pensieri furono interrotti dall'apparire della sua destinazione. L'ospedale era un edificio moderno, un monoblocco di vetro e acciaio costruito in una zona della città ristrutturata di recente.

Fingon non si attardò a cercare parcheggio, lasciò l'auto in divieto di sosta, e si precipitò dentro.

La hall lo accolse con la sua luce bianca, il pavimento segnato da frecce colorate che indicavano la strada per i vari reparti, le pareti verdi pastello rivestite di cartelloni esplicativi, l’isola centrale dell'accettazione.

Non fece in tempo a guardarsi intorno che qualcuno gli si buttò addosso, stritolandolo in un abbraccio.

– Grazie – disse Celegorm, quando Fingon riuscì a staccarselo di dosso.

– Beh – cominciò lui, un po' in imbarazzo, gettando un'occhiata alle persone che li stavano osservando, – ho ricevuto qualche aiuto.

– Quel bastardo, ha fatto tutto senza dirmi niente. – Celegorm, riferendosi al fratello minore, riusciva a dire “quel bastardo” con lo stesso tono con cui avrebbe detto “non so cosa farei senza di lui”.

– Come sta Maedhros? – lo interrogò Fingon.

– La botta in testa gli ha procurato una commozione cerebrale, ma sembra non aver causato danni permanenti – rispose subito il cugino, – dalla ferita al collo ha perso tanto sangue che i medici si sono domandati come potesse essere arrivato cosciente all'ospedale, ma Curufin ha il suo stesso gruppo sanguigno e, quando si sono accorti che aveva mentito sul fatto di essere maggiorenne, gli avevano già prelevato tre sacche.

– Curufin ha donato il sangue? – A quanto si ricordava, il giovane Fëanorion aveva il terrore degli aghi.

– Prima che Maedhros gli dicesse che ti aveva dato l'hd.

Fingon distolse lo sguardo, a disagio. Ma Celegorm continuò: – La ferita al viso, hanno detto che una volta rimarginata possono sistemargliela con la chirurgia plastica. Il vero problema è la mano. È stata troppo tempo senza ossigeno e alcuni tessuti hanno subito un danno irreversibile. Se riescono ad asportarglieli, non riprenderà tutte le sue funzionalità, ma almeno non dovranno amputargliela.

Fingon sentì il calore defluirgli dal viso. L'angoscia suscitata da quella terribile eventualità fu accompagnata dal pensiero, più egoistico, che lui e Maedhros non avrebbero mai più scalato insieme. Come se avesse dato per scontato che fosse qualcosa che avrebbero ripreso a fare. E questo gli disse, riguardo a ciò che realmente desiderava, molto più dei ragionamenti razionali.

– Portami da lui.

Celegorm fece strada. Sull'ascensore che conduceva al reparto, il cugino sembrava teso, come se si stesse trattenendo dal dire qualcosa. Alla fine, quando le porte si aprirono sul corridoio del terzo piano, chiese: – Cosa ne hai fatto dell'hd?

– Quello che mi ha chiesto Maedhros.

– L'hai dato a tuo padre.

Non era una domanda, ma lui rispose lo stesso: – Sì.

– Curufin non l'ha presa bene – commentò il cugino, precedendolo in una sala d'aspetto di medie dimensioni: odore di disinfettante per pavimenti, un distributore di bibite, seggiole di plastica contro le pareti.

Su una di queste sedeva Curufin, molto pallido ma con la schiena dritta e le mani aperte contro i pantaloni di lana. Le maniche della camicia ripiegate, cerotti su entrambi gli avambracci. A distanza di una sedia, Caranthir, con il viso tra le mani e i gomiti appoggiati alle ginocchia, sembrava dormire. Maglor era in piedi e parlava al cellulare.

Quando vide Fingon, Curufin si alzò di scatto, barcollando, e Caranthir, che evidentemente non dormiva, si alzò a sua volta e allungò un braccio come per sorreggerlo, ma senza arrivare a toccarlo.

Fingon poté leggere sul viso del giovane Fëanorion tutto lo sforzo per mantenere la compostezza, nonostante la stanchezza e la mancanza di energie dovuta al massiccio prelievo, ma non gli riuscì di provare compassione. L’unica cosa che voleva in quel momento era vedere di persona come stava Maedhros, e ogni minuto perso lo rendeva più ansioso.

Sentì la mano di Celegorm sul suo polso e se ne liberò, avanzando fino a fronteggiare Curufin. A quella distanza percepiva un leggero odore di bruciato e di benzina.

– Ho fatto quello che mi ha chiesto lui – lo anticipò, controllando a stento il tono di voce.

– Perché? – sibilò Curufin.

– Perché glielo dovevo – disse Fingon, rivoltandogli contro le parole con cui l'altro lo aveva convinto a imbarcarsi nell'impresa.

Curufin scosse la testa e tornò a sedersi, senza aggiungere altro.

Fingon lo oltrepassò ed entrò nella stanza alle sue spalle.

 

La camera aveva due letti, lenzuola bianche, copriletti bianchi, struttura in metallo. Il debole sole del mattino invernale, che batteva obliquo contro la finestra, faticava a farsi strada tra le stecche delle veneziane, e proiettava sulle pareti esili strisce di luce.

Un letto era vuoto. Nell'altro Maedhros giaceva con la schiena sorretta da diversi cuscini, il viso rivolto all'entrata.

Fingon restò sulla soglia, incapace di dominare le sue emozioni contrastanti.

L’amico era pallido al punto che avrebbe potuto confondersi con i cuscini stessi, la guancia destra era coperta da un grande cerotto quadrato e il collo era fasciato da bende che, come si intravedeva sotto il leggero camice che indossava, scendevano fino a coprire anche parte del torace.

Il braccio destro era avvolto da una fasciatura che iniziava sotto il gomito e arrivava a comprendere l'intera mano, mentre all'altro era attaccata una flebo.

– Non è grave come sembra – esordì Maedhros con voce debole ma chiara, come se avesse parlato fino a pochi istanti prima.

Fingon riuscì a schiodarsi dalla porta e si avvicinò, cercando invano di non tenere lo sguardo fisso sulla mano fasciata.

– Stanno cercando di salvarmela – gli spiegò l’amico, – credo ci siano buone possibilità, anche se i dottori non si sbilanciano.

Lui si sedette sul bordo del letto, dalla parte opposta, attento a non interferire col tubicino della flebo. Appoggiò una mano sul copriletto. Le loro dita distanziate di pochi centimetri, due di quelle di Maedhros terminavano in cerotti verde pallido.

Nessuno osò spingersi più in là.

– Ho fatto come mi hai detto – disse Fingon, non trovando il coraggio per dire quello che avrebbe voluto.

– Hai fatto bene – rispose Maedhros, – sono convinto che sia stata la scelta giusta.

Lui lo ascoltò distratto. Entrambi sapevano che non era di quello che volevano parlare.

Calò il silenzio. L'aria nella stanza sembrava fremere di elettricità, i pochi centimetri che separavano le loro dita erano diventati il centro dell'universo intero.

Con gli occhi fissi sul copriletto, Fingon cominciò: – Quello che mi hai detto ieri...

– Era la verità – lo interruppe l’altro, come se anche lui non avesse aspettato che quel momento.

– Non è questo che intendevo – lo fermò Fingon, e poi riprese, con più impeto: – Voglio dire... cosa ti aspetti che succeda, adesso? 

Sollevò la testa per guardare l'amico negli occhi e si decise a fare la domanda che non vedeva l'ora di fare dall'istante in cui era uscito di casa quella mattina: – Vorresti che tra noi le cose tornassero com'erano? 

E, per quanto ci provasse, non riuscì più a trattenersi: – Dopo tutto quello che mi hai fatto credere? Dopo tutto quello che ho sofferto?

– No – rispose Maedhros con molta calma. – No, non vorrei che le cose tornassero com'erano.

Fingon sentì una fitta al cuore, e capì che, malgrado tutto, non erano quelle le parole che voleva sentire. Malgrado tutto, lui voleva che le cose tornassero com'erano.

Ma Maedhros non aveva ancora finito.

– Vorrei che tu ed io stessimo insieme per davvero, davanti a tutti, nonostante quello che potranno pensare di noi. Vorrei poter essere per te tutto quello che non sono stato capace di essere la prima volta, a causa della mia codardia.

Fingon rimase senza parole e l’altro si affrettò a giustificarsi.

– Lo so che non ho il diritto di chiederti niente… lo so che hai tutte le ragioni per non fidarti di me… ma mi hai domandato cosa volessi, e la cosa che voglio più di ogni altra è non mentirti. Mai più.

Il silenzio si prolungò, mentre Fingon arrivava a comprendere, forse anche meglio di Maedhros stesso, ciò che l'amico non riusciva a esprimere a parole: il bisogno di essere capito, il bisogno di essere creduto… e quello di essere perdonato.

E non poté più nascondere a sé stesso che il desiderio di Maedhros era anche il suo, che stare con lui era ciò che aveva sempre voluto dal momento in cui era entrato nella sua stanza, inatteso, tanti anni addietro. E forse anche da prima.

Restava solo da vincere la paura.

Maedhros sembrò leggergli nel pensiero.

– Ti amo, Fingon – disse.

Lui arrossì. Gli piaceva. Gli piaceva come suonava.

– Dillo ancora – osò.

Maedhros sorrise e fu come se, di colpo, entrasse il sole.

– Ti amo – ripeté, con un'aria divertita che, in qualche strano modo, fece sembrare quelle due parole ancora più vere.

Allora Fingon annullò la distanza tra le loro dita e fece scivolare la sua mano in quella del compagno, che si lasciò sfuggire un sospiro.

E fu quel sospiro involontario, sincero oltre ogni parola, che vinse le sue ultime resistenze.

 

Maedhros scivolò di lato e lui accettò l'invito. Gli si sdraiò accanto e appoggiò con cautela la testa alla sua spalla. Inspirò a fondo, finché l'odore di disinfettante che impregnava le bende non lasciò il posto a quello conosciuto e rassicurante del ragazzo che amava. Che aveva sempre amato. Chiuse gli occhi.

Sentì Maedhros modulare le note di una canzone composta quando loro non erano neppure nati, e le sue labbra premere contro la sua fronte.

E, per la prima volta dopo due lunghissimi anni, si sentì in pace.

 

 

Quando entrò, Celegorm li trovò addormentati. Maedhros col viso tra i capelli del suo innamorato e Fingon che sorrideva nel sonno contro il collo fasciato di colui che aveva appena salvato. Le loro dita intrecciate, strette tra i loro corpi.

Celegorm uscì senza fare rumore, chiuse la porta alle sue spalle e sorrise, come se il mondo avesse appena ricominciato a girare per il verso giusto.

 

 

~ FINE ~

 

 

 

______________________________

 

Credits

Prima di ogni altra cosa, voglio ricordarvi che il merito per la riuscita di questo racconto non è esclusivamente mio.

Fondamentale (a dir poco) è stato l’aiuto di Kanako91, che ha beato la storia. E con questo voglio dire che l’ha letta, l’ha corretta, mi ha fornito numerosi spunti di riflessione per apportare modifiche che l’hanno resa più leggibile e più interessante, in una parola: migliore. Non solo: mi ha sostenuta, mi ha incoraggiata, mi ha sopportata… insomma, ha fatto molto più di quanto sia richiesto a una "normale" beta-reader.
Per questo, per il magistrale uso del bastone e della carota ;-), per la costante disponibilità e per la tua amicizia: grazie Kan!

Gran parte del merito va inoltre a LiveOakWithMoss, musa ispiratrice e proprietaria di alcuni headcanon presenti in questa storia.
Per questo (e, ovviamente, per dwmp): grazie June!

 

Ringraziamenti

Grazie di cuore a tutti coloro che hanno avuto la costanza di seguirmi fin qui. Grazie a chi ha letto (e riletto!), a chi ha commentato, a chi mi ha fatto sapere che ha trovato la storia di suo interesse inserendola tra le preferite/ricordate/seguite! Grazie davvero, la vostra presenza è stata una graditissima compagnia nel corso di questo mese.

 

Tributo a DB

La scelta della canzone "The man who sold the world" è stata dettata da vari motivi.
Prima di tutto, è un mio personale omaggio a un artista che ho molto amato, morto proprio un anno fa, in questi giorni.
Inoltre, è un brano di cui Bowie ha detto: "Per me quella canzone ha sempre esemplificato lo stato d'animo che si prova quando si è giovani, quando ci si rende conto che c'è una parte di noi che non siamo ancora riusciti a mettere insieme", stato d'animo che, secondo me, descrive bene ciò che provano i due protagonisti per lunga parte di questa storia.
Infine, il verso: "We must have died alone a long long time ago" mi fa pensare alla Prima Era e al destino tragico dei due amici.

 

Note finali

01.
Considerata la delicatezza dell'argomento trattato (o meglio, dell’argomento appena accennato), è forse opportuno ricordare che le leggi di tutti gli stati europei, compresa l'Italia, e di molti degli Stati Uniti, consentono il matrimonio civile tra primi cugini.

02.
Non ero partita con l'intenzione di scrivere altre storie ambientate in questo universo ma, vista l'accoglienza ricevuta da OT, se avete qualche richiesta, sarò felice di esaudirla… ormai sapete che mi lascio convincere facilmente quando si tratta di Fëanorion!

03.
Infine, se qualcuno fosse interessato ad alcuni aspetti di questo universo che non vengono approfonditi nel corso della storia, può leggere le appendici che seguono.

 


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APPENDICI non richieste sull'OT-verse di Losiliel

[ Warning per noia ]

 

DATE DI NASCITA

Finwë è nato nel 1929, è immigrato nel 1950 (insieme a colei che sarebbe diventata la sua prima moglie) e ha fondato la Tirion nel 1952.
All’epoca era una fabbrica di lampade fluorescenti, poi si è espansa in altri settori, adesso opera prevalentemente nel campo delle energie rinnovabili.

Fëanor è nato nel 1960 e nello stesso anno è morta sua madre.
Finwë si è risposato nel 1965 e Fingolfin è nato nel 1966.

Maedhros è nato nel 1986
Maglor nel 1987
Celegorm – e Fingon – sono nati nel 1990
Caranthir nel 1995
Curufin nel 1998
Amrod e Amras nel 2004

 

CRONOLOGIA

Giugno 2004 (poco prima della nascita dei gemelli): festa di compleanno di Finwë, dove Fingon nota Maedhros per la prima volta.
Aprile 2010: Incontro Fin - Mae in camera di Fingon (Fingon ha 19 anni, ne compirà 20 in autunno).
Giugno 2010: Diploma di Fingon e inizio della storia semi-clandestina tra lui e Maedhros.
Settembre 2010: Fingon comincia l'Università e Maedhros a lavorare per la Tirion.
Luglio 2012: Finwë viene ucciso, i progetti della nuova invenzione di Fëanor vengono rubati.
Gennaio 2013: Fëanor e Maedhros, vista l'inutilità delle indagini condotte dalle forze dell’ordine, cominciano a indagare per conto loro.
Novembre 2013: Fëanor viene investito e ucciso.
Gennaio 2014: Maedhros lascia Fingon.

La storia è ambientata nella prima metà del febbraio 2016.

 

AMBIENTAZIONE

Ho evitato di proposito ogni possibile riferimento a un contesto geografico per non complicarmi la vita, ma io, mentre scrivevo, avevo in mente una generica città di medie dimensioni del nord Italia. Maedhros potrebbe aver studiato negli USA, diciamo all'MIT, e Finwë essere originario di un paese dell'Europa dell'Est (ovviamente), di ceppo linguistico neolatino, però, per una questione di un minimo di somiglianza fonetica con il Quenya (qui sconfino in campi non miei, smentitemi!), quindi Romania, o Moldavia (che ai tempi in cui lui è emigrato, faceva parte dell'URSS).

 

NOMI

Ho immaginato che ogni figlio di Fëanor avesse un secondo nome nella lingua del nonno (Nelyafinwë, Tyelkormo, Curufinwë… ), che viene usato solo in famiglia o dagli amici più stretti, nella sua forma normale o abbreviata (vedi Ty o Curvo).

 

CAST

Un paio di modelli che potrebbero interpretare la parte di un giovane Mae – diciamo nel periodo "festa del nonno" – e quella di Fin.

 

Mae_smallFin_small


  
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