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Autore: Echocide    16/01/2017    7 recensioni
«Chi sei tu?»
«Sono un kwami e mi chiamo Tikki.»
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Tikki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Nelle pieghe del tempo
Personaggi: Tikki, Altri
Genere: introspettivo, generale
Rating: G
Avvertimenti: oneshot, what if...?
Wordcount: 2.508 (Fidipù)
Note: In vero non ricordo esattamente cosa ha fatto nascere questa oneshot, ma ricordo il luogo dove ho iniziata a idearla: il bagno, fonte di ispirazione massima per molti. L'idea è quella di descrivere i vari incontri di Tikki con le varie Ladybug, arrivando fino a Marinette e, così, armata di pazienza e Google ho fatto un po' di ricerche basandomi su ciò che è stato detto (o che i fans hanno creato) e così ecco che leggerete dell'incontro di Tikki con la Ladybug egizia, Boudicca, Giovanna D'arco fino ad arrivare a Bridgette e Marinette (ovviamente, essendo parte del Quantum Universe, non poteva non esserci Bridgette).
Inoltre troverete anche Arianne, che altri non è che la Ladybug, accennata in Dans les mémoires, la oneshot su Plagg che scritto (e sì, una volta che mi sarò un po' assestata con le varie parti del Quantum Universe, anche i Ladybug e Chat Noir di quella oneshot avranno la loro storia).
Detto ciò, come sempre, voglio ringraziarvi per il fatto che leggete le mie storie, le commentate, mi supportate e quant'altro.
Grazie, davvero, grazie!

 

 

 

 

 

Tikki osservò le sue mani, sempre se di queste poteva parlare, cercando di trovare una motivazione a ciò che stava vivendo: ricordava il suo passato, ricordava il sacrificio che aveva dovuto fare e, allo stesso tempo, sapeva esattamente quale era il suo ruolo adesso.
Come poteva essere?
Come poteva avere memoria della ragazza umana che era stata e coscienza del suo ruolo di…di…
Di qualcosa che non sapeva neanche lei.
«Che cosa sei?» le domandò una voce femminile e Tikki portò l’attenzione sulla fanciulla davanti a lei: la pelle ambrata, gli occhi scuri finemente decorati, i capelli neri come l’ebano.
Aveva sentito parlare di un popolo molto avanti nel suo tempo, che viveva ad est.
Ne aveva visto qualche disegno al mercato di Daitya, mentre i cantastorie tessevano novelle di un regno immerso nella sabbia, e quella ragazza sembrava un abitante di quelle terre.
«Io sono un…» cosa era? Che risposta poteva dare alla sconosciuta?: «Un kwami.» mormorò, non sapendo neppure lei da dove quella parole uscisse: lo sapeva e basta.
«Kwami?»
Tikki annuì, posando lo sguardo sul gioiello che la ragazza teneva in un mano: ricordava quegli orecchini, ricordava chi glieli aveva donati e quando: «Il mio nome è Tikki e sono la kwami a protezione del Miraculous della Coccinella.»
«Il Miraculous della Coccinella?»
La kwami assentì per una seconda volta, sorridendo alla giovane: «Come ti chiami?» le domandò, ben comprendendola nello sconcerto che l’aveva colta perché era lo stesso che provava lei stessa.
«Isinofret.»
«Isinofret…» pronunciò Tikki, in quella lingua che era differente e simile alla sua, annuendo poi e socchiudendo gli occhi: «Lascia che ti spieghi ciò che il destino ha scelto per te…»

 


Due occhi diversi la fissavano, mentre lei si destava nuovamente dal suo sonno: ricordava la vita da umana, ricordava il periodo trascorso con Isinofret e il dolore di quando si era dovuta separare da lei e dalla presenza vicina di lui.
La vita di Isinofret come Portatrice era stata lunga e lei aveva potuto sentirlo, avvertire il suo essere.
Forse anche lui legato a un gioiello – a quel gioiello – e all’animale sacro del suo clan: il Gatto Nero che aveva accompagnato la sua Portatrice, che a sua volta rappresentava la Coccinella, le avevano portato le risposte.
Vicini ma lontani.
Tikki sorrise alla nuova fanciulla: «Il mio nome è Tikki…» mormorò, inclinando la testa e studiando i tratti ben diversi da quelli di Isinofret: non aveva mai conosciuto persone con quel taglio obliquo degli occhi, ma rivedeva nella nuova fanciulla lo stesso coraggio e la stessa saggezza.
Isinofret era stata una buona Portatrice ed era certa che anche la nuova avrebbe seguito il cammino della prima.
«E sono la kwami del Miraculous della Coccinella.» spiegò nuovamente, mentre la fanciulla – mora come Isinofret – faceva passare lo sguardo da lei agli orecchini che teneva in mano: «Come ti chiami?»
La ragazza aprì la bocca, scuotendo poi il capo e facendo ondeggiare le lunghe ciocche nere: «An.» bisbigliò, chinando la testa in segno di rispetto: «Perché siete apparsa davanti a me, o potente spirito?»
Potente spirito?
Lei?
Tikki avrebbe voluto ridere, ma sapeva che non sarebbe stato consono: «Non sono un potente spirito, sono solo una kwami.»
«Una kami, come dicono gli abitanti al di là del mare. E Kami significa divinità…»
«Veramente è kwami…»

 


Ricordi.
Dolore.
Il suo.
Quello di Isinofret.
Quello di An.
Tikki aprì gli occhi, osservando la fanciulla avanti a lei: i capelli cremisi le incorniciavano un volto che aveva ancora un che di infantile, mentre lo sguardo scuro ne seguiva ogni movimenti.
«Sei un dono degli dei?» domandò la ragazza, inclinando appena la testa e assottigliando lo sguardo, inclinando appena gli angoli della bocca: «Sei un dono di Artemide?»
«Io sono Tikki» dichiarò, sorridendo calorosa alla nuova giovane Portatrice del suo Miraculous: «E sono il kwami del gioiello che stai tenendo in mano.»
«Kwami?» mormorò la ragazza, incespicando sulle parole e scuotendo il capo, come se avesse appena pronunciato un qualcosa di assurdo: «Che cosa è? Non ho mai sentito in nessuna leggenda una cosa del genere.»
Questa volta sarebbe stata più facile.
Lo sentiva.
«Forse sei uno spiritello creato da Zeus? Ma perché il padre degli dei dovrebbe voler creare un qualcosa come te?»
«Io non sono…» si fermò, senza ben sapere come proseguire: cosa era? Che cosa era diventata dopo quel giorno, lontano nel tempo, a Daitya? Sapeva di essere un kwami ma non sapeva cosa questo significava, sapeva che il gioiello a cui era legata donava poteri alle fanciulle che lo indossavano, ma non comprendeva come o perché.
Poteva solo cercare di capire e andare avanti.
«Non importa» mormorò, scuotendo il capino e sorridendo alla ragazza: «Qual è il tuo nome?»
«Hyppolita» dichiarò la ragazza, alzando il mento e sorridendo con fierezza: «Principessa delle amazzoni.»
Tikki chinò lievemente il capo, tenendo poi lo sguardo in quello della giovane principessa guerriera: «Lascia che ti spieghi, lascia che ti dica cosa il nostro incontro significa…»

 

 

La sua vita.
Isinofret.
An.
Hyppolita.
Tutto si sommava a ogni risveglio, ogni incontro riportava alla memoria il precedente: osservò la nuova Portatrice e sorrise alla massa di capelli cremisi corti e agli occhi verdi che avevano il fuoco dentro.
Occhi verdi…
Occhi come i suoi.
Basta. Doveva smettere di pensarci.
Avrebbe portato solo a dolore e nient’altro.
Le avrebbe solo fatto sperare qualcosa che non poteva più avere.
«Io sono Boudicca, regina degli Iceni.» esclamò orgogliosa la donna – fanciulla no, non avrebbe mai definito così la guerriera che aveva di fronte –: «Dimmi, spirito, cosa vuoi da me?»
Tikki sorrise, volando e mettendosi faccia a faccia con la nuova Portatrice: «Il mio nome è Tikki e sono la kwami del Miraculous della Coccinella.» decretò, alzando il capino e mostrando altrettanto orgoglio del proprio ruolo: «Il gioiello a me legato, gli orecchini che tieni in mano, ti daranno il potere per fermare…»
«I romani?» esclamò prontamente Boudicca, piegando le labbra in un sorriso luminoso: «Siano lodati gli dei che mi hanno donato questi gioielli!»
«In verità penso che sia stato qualcun altro…»
«Spirito! Tu ed io faremo scorrere il sangue di quei maiali romani! Vendicheremo gli insulti che hanno rivolto a questa terra e alla sua tribù!»
Tikki aprì la bocca, cercando di interrompere il soliloquio di Boudicca che, in quel momento, verteva su come avrebbe torturato i suoi nemici, grazie al potere degli dei.
Bene.
Se aveva imparato una cosa con An – Isinofret era stata molto tranquilla, forse gli egizi erano avvezzi a spiriti che apparivano dal niente – era che doveva aspettare che il momento iniziale scemasse per poter spiegare quale fosse il suo ruolo e quello della ragazza a lei legata.
Doveva solo aspettare che Boudicca finisse di parlare di…
Castrazione?
Sì, aveva parlato di castrazione dei nemici.

 


I ricordi di quando era umana.
La sua vita con Isinofret.
I giorni trascorsi con An.
Le bravate con Hyppolita.
Le battaglie combattute al fianco di Boudicca.
Tikki aprì gli occhi, sentendo il sonno scivolarle via: si guardò attorno, cercando di capire dove fosse e in quale anno.
Quanto era passato da quando Boudicca era stata…
Era stata…
Scosse il capo, cercando di non pensare a Boudicca.
La prima Portatrice persa.
La prima volta che il Male aveva vinto.
Ricordava tutto: l’esercito nemico aveva sopraffatto il loro e Boudicca, pur di non cadere in mano romana una seconda volta, aveva preferito suicidarsi.
Aveva sciolto del veleno nel calice di birra, che si concedeva ogni sera, poi le aveva sorriso e si era tolta gli orecchini: mentre lei spariva, risucchiata nel gioiello, aveva visto Boudicca brindare alla sua salute e bere la bevanda mortale.
Tikki scosse il capo, facendo spaziare lo sguardo e notando la figura minuta di una ragazza che, senza urlare e senza agitarsi, la fissava con interesse: «Salve.» mormorò la kwami, alzando una zampina e pregando che, almeno questa volta, l’incontro fosse normale.
Un po’ come quello con Isinofret.
Lei spiegava, la Portatrice annuiva e capiva.
«Vi hanno mandato le voci celestiali?» domandò la ragazza, facendo un passo verso di lei: «Siete qui per volere di Nostro Signore?»
«In verità, io sono la kwami del Miraculous della Coccinella.» spiegò Tikki, sorridendo timidamente: «Il mio nome è Tikki.»
«Santa Tikki.»
A quanto pareva anche questa volta non sarebbe andato tutto liscio…
«Il tuo nome?»
«Giovanna.» si presentò la ragazza, posandosi una mano all’altezza del cuore: «Giovanna D’arco.»

 

 

«Strega! Ferma!»
Tikki si svegliò, giusto in tempo per osservare due zampe balzare verso di lei e poi sentì il dolore di venire atterrata: «Strega! Cattiva!» esclamò la voce di una ragazza, mentre qualcuno le toglieva il peso dell’aggressore di dosso e, finalmente, Tikki poté guardarsi attorno: una ragazza dai capelli biondi teneva un felino – un gatto nero, ovviamente – stretto contro di sé e la fissava preoccupata.
«Stai bene?» le domandò la nuova Portatrice, chinandosi su di lei e trattenendo con forza l’animale: «Scusa, Strega pensava che eri un insetto e…»
«Il gatto si chiama Strega?»
La ragazza annuì, sorridendole: «Sì. Non è un nome da dare in questo periodo, lo so. Ma…beh, nessuno è a conoscenza della sua esistenza. Nessuno tranne me e il ragazzo che l’ha salvata.» spiegò la ragazza, lasciando andare l’animale: «Io mi chiamo Arianne.» si presentò, allungando una mano con il palmo rivolto verso l’alto: «E mio padre è uno dei mercanti di questa città.»
«Perché sei così calma?»
«Cosa?»
Tikki sospirò: Isinofret era stata abbastanza calma, An l’aveva osannata come una divinità, Hyppolita era stata tranquilla mentre la definiva un’opera degli dei, Boudicca aveva iniziato a parlare di torture e castrazioni e Giovanna l’aveva creduta un dono del cielo.
Arianne invece…
«Beh, non sei il primo spirito che vedo.» spiegò la ragazza, sorridendo e chinando la testa: «Purtroppo non posso far parola con nessuno di ciò che vedo, altrimenti verrei subito consegnata alla chiesa e mi…mi…»
«Ti?»
«Mi chiamerebbero strega e farei la fine di ogni strega.»
«Ovvero?»
«Verrei bruciata viva.» dichiarò lapidale Arianne, alzando lo sguardo e posandolo su di lei: «Quindi capisci che…»
«Sì, sì.» Tikki annuì velocemente, capendo benissimo cosa intendeva: se avessero saputo Arianne avrebbe fatto la stessa fine di Giovanna: «Il mio nome è Tikki.» si presentò, volando sulla mano, ancora rivolta verso di lei: «E sono il kwami del Miraculous della Coccinella.»

 

 

Lasciati andare, Tikki. Quelle erano state le ultime parole che aveva sentito da qualcuno del suo paese natio.
Grazie per avermi reso ciò che sono. Quello era stato l’addio di Isinofret.
Spero che le nostre anime si rincontrino un giorno. Le parole che An le aveva lasciato.
Un giorno ci incontreremo ancora, le aveva detto Hyppolita.
Boudicca non le aveva detto niente, invece, alzando il calice di birra in sua direzione prima di suicidarsi.
Sii libera, fu ciò che le disse Giovanna, la sera prima della sua esecuzione.
Grazie di tutto, aveva mormorato Arianne mentre le sorrideva in attesa della sua morte.
Una nuova Portatrice persa.
Una seconda persona a cui pensava con dolore.
Per quanto, in quel momento, poteva pensare e lasciarsi andare ai ricordi: era stata convinta di svegliarsi come al solito, con una ragazza ignara del destino che l’attendeva e non con…
Non con una lancia puntata contro.
«Cosa sei?» ringhiò la ragazza che teneva puntata l’arma contro di lei: «Cosa sei?»
«Tikki. Kwami. Miraculous della Coccinella.» spiegò velocemente, pregando che in quel suo nuovo status fosse anche immortale e non solo una cosetta che era un miscuglio fra una coccinella e un qualcosa di fatato, come le aveva detto una volta Giovanna, prima di ricominciare a parlare delle voci che sentiva.
«Cosa è un kwami?» domandò la ragazza, abbassando leggermente l’arma: «Ma ti sei presentata e questo è ciò che conta: io sono Mudekudeku, figlia di Dumisani.»
Tikki annuì, cercando di respirare nuovamente adesso che non aveva nulla di appuntito contro e osservò la nuova Portatrice: la pelle scura, i lineamenti pesanti del volto, i vestiti che lasciavano scoperte parti che, di solito, dovevano essere coperte…
Mudekudeku era così diversa dalle Portatrici che l’avevano preceduta ma, in fin dei conti, ogni volta era così.
Ogni volta si ritrovava a fronteggiare una nuova ragazza con una personalità ben definita.
«Allora?»
«Eh?»
«Cosa è un kwami?»
«Un kwami…beh, sono io.» spiegò Tikki, fluttuando nell’aria: «Sono uno spirito, legato al gioiello che tieni in mano e che ti darà il potere di fermare il male.»
Mudekudeku abbassò lo sguardo, osservando le due pietre scure che teneva in mano: «Con questo avrò la forza per salvare il mio popolo?» le domandò, con un tono abbastanza scettico: lei era come Boudicca. Una guerriera, che credeva più nella forza della propria arma che in quella che le derivava dal Miraculous.
Tikki annuì, sorridendole: «Sì. Avrai la forza di salvare il tuo popolo.»

 

Un urlo acuto le perforò le orecchie, facendole pregare che la nuova Portatrice non fosse avvezza a quel genere di manifestazione.
«Via! Va via!»
«Calmati!» esclamò Tikki, osservando la ragazza salire sopra uno sgabello, come se quella azione l’avesse salvata da lei: «Io sono Tikki.»
«E cosa è Tikki?»
«Me.»
«Questo non spiega niente.»
Sì, in effetti così non andavano da nessuna parte.
Se aveva imparato una cosa, in tanti anni di vita, era che doveva attendere che il momento iniziale scemasse e che la Portatrice prendesse coscienza di ciò che aveva di fronte e iniziasse a fare domande, incuriosita dallo strano fenomeno: «Come ti chiami?» domandò, cercando di fare un po’ di conversazione, in attesa che la ragazza si calmasse.
«Bridgette.»
«Bene.»
Tikki la osservò, notando l’abito pieno di trine e i capelli scuri, legati in un’elaborata acconciatura: doveva essere passato un po’ di tempo, dal suo ultimo risveglio.
Forse il mondo era stato un po’ tranquillo e lei aveva potuto dormire più a lungo del solito.
«Cosa sei?»
«Una kwami.» spiegò, sorridendole mentre la ragazza scendeva dallo sgabello e si avvicinava titubante: «E sono legata al gioiello che tieni in mano, il Miraculous della Coccinella.»

 

Tikki aprì gli occhi, osservando la nuova Portatrice e sorrise, mentre questa urlava e si allontanava terrorizzata.
Ok, a questo era abituata.
«Cos’è quel coso?» domandò la ragazzina – era molto più giovane rispetto alle sue predecessori –, mentre lei volava nella sua direzione: portava i capelli mori in due codine e gli occhi azzurri la fissavano terrorizzati.
«Un insetto? Un topo?»
Oh. Questa era nuova: divinità, strumento da guerra, segno del signore…era stata definita in tanti modi, ma non insetto o topo.
«Un insettopo?»
Insettopo?
«No. Calmati, non aver paura.» dichiarò Tikki, ormai esperta di reazioni esagitate: ne aveva collezionate un bel po’, da quando era diventata un kwami.
La ragazza rimase immobile, prima di iniziare a tirarle contro oggetti.
«Parla anche!»
Ok, questa volta sarebbe stata complicato spiegarsi.
Ma non impossibile.
«Ascolta, so che tutto questo ti può sembrare strano, ma…» volò basso, in modo da evitare di venire colpita da un libro, rimanendo immobile quando la ragazza balzò in avanti e la rinchiuse in un bicchiere di vetro: «D’accordo. Se può rassicurarti...» mormorò rassegnata, osservando il volto al di là della superficie trasparente.
«Chi sei tu?»
«Sono un kwami e mi chiamo Tikki.»

 

   
 
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