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Autore: iQuit    16/01/2017    0 recensioni
Queen Cobra, luogotenente dei Black Saints, flagello dell'umanità, sta per scoprire qualcosa di sconvolgente su sè stessa e sulla propria natura, qualcosa che cambierà il destino suo e dell'organizzazione a cui appartiene.
Parodia affezionata del genere tokusatsu/super sentai.
N.B. la storia è completa e in fase di rilettura/correzione, se vi interessa aiutare si cercano beta readers.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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cap3

Era passata una settimana da quel giorno nefasto.
Nonostante i tentativi di Masaru di aiutarla, Aika sentiva sempre di più la vita sfuggirle tra le mani. Andarsene a bere con lui, la settimana prima, non aveva aiutato, e il nemmeno i tentativi di ripetere la cosa per conto proprio nei giorni successivi: a causa del suo corpo potenziato scolarsi mezzo stipendio le bastava per mantenere uno stato di ebbrezza della durata di appena pochi minuti. Aveva tenuto per sé la cosa mentre lui continuava, da amico e collega, a passare tempo con lei nel tentativo di a cercare di scacciare la tristezza. I suoi sforzi erano stati ripagati, era riuscito a tirarla su di morale, ma bastava una parola di troppo, un suono familiare o uno sguardo fugace ad posto che per lei significava qualcosa per buttarla di nuovo nella depressione più nera.
Era passata una settimana da quando era tornata, dopo mesi, in una casa che era sua solo su carta, quel monolocale già dimenticato nella speranza di andare a vivere a casa con Shiro, ed era passata una settimana da quando lo aveva trovato con la corrente staccata e pieno di polvere.
Era passata una settimana da quando aveva iniziato a cercare un lavoro temporaneo, un'occupazione necessaria solo a tenersi occupata per scacciare i brutti pensieri, ma nessuno voleva assumere una diciannovenne priva di alcun tipo di diploma, e si era giocata l'unica posizione in cui le avevano dato una possibilità, lavapiatti in un ristorante, dopo aver spaccato tre ciotole a causa della sua forza ed essere crollata in ginocchio a piangere.
E ora, dopo una settimana, era lì, seduta sul tatami ad osservare la busta con il logo della Excalibur che giaceva sul tavolo basso davanti a sé, al termine di una scia di polvere smossa che era comparsa quando la aveva gettata senza cura sul mobile.
La sua letterale busta paga: il suo ultimo stipendio da Excaranger.
Non c'era neanche bisogno di aprirla, le sue dita erano così sensibili che le bastava passare la mano sulla carta per leggere il testo impresso sulla lettera come se fosse scrittura braille: 800.000 yen.
800.000 yen al mese per sentirsi un'emarginata, 800.000 yen al mese che non aveva mai speso e che sedevano a maturare da cinque anni un un conto che non usava mai, una piccola fortuna con il quale avrebbe potuto godersi il tempo che le rimaneva.
Tempo... tempo... fissò l'orologio alla parete, l'unica cosa che ancora funzionava in quanto a pile: le dieci di mattina. Afferrò il solito barattolo e mandò giù le solite due pillole. Un rito che doveva compiere due volte al giorno per combattere i soliti effetti negativi causati dalla conversione a soldato potenziato, sintomi assolutamente privi di alcuna importanza come mal di gola, bruciore di stomaco, giramenti di testa ed emorragie interne causate dagli organi che le si sbucciavano come mandarini.
Più andava avanti, più iniziava a maledirsi di essere stata salvata dalla Excalibur quando la tecnologia di riconversione non era ancora perfetta: cinque anni prima era stata costretta a scegliere tra riempirsi quotidianamente di così tante sostanze chimiche da stendere un elefante nel tentativo di prolungare la propria vita e permettere agli scienziati di studiare la sua condizione o sottoporsi immediatamente ad un trattamento sperimentale che avrebbe rischiato di ucciderla. Ora, grazie anche a lei, riportare alla normalità un combattente dei Black Saints era un'operazione di routine: solo il mese prima avevano salvato una dozzina di soldati potenziati dalle loro grinfie e il peggior effetto collaterale riscontrato era in un ragazzo di diciotto anni, un aumento dei riflessi del 25% rispetto alla norma. Lei, invece, aveva un corpo così danneggiato sia dalla conversione che dai medicinali che non era più in grado di affrontare il processo di riconversione senza rischiare morte certa.
Perché il destino non le aveva permesso tornare ad una vita normale? Forse sarebbe stato meglio restare a servire sotto Queen Cobra e aspettare di venire salvata, magari qualcun altro si sarebbe fatto avanti al posto suo e avrebbero studiato un metodo per...
Il cellulare squillò, interrompendo i suoi pensieri, e si ritrovò ad afferrare il dispositivo dallo schermo scheggiato quasi istintivamente. Aveva rotto due telefoni solo quella settimana: non aveva più provato il bisogno di averne uno da quando era stata rapita a 14 anni, e da quando aveva riaperto gli occhi si era accorta che il flip phone era passato di moda e andavano tutti in giro con degli apparecchi dal touch screen così grande che sembrava di portarsi un televisore in tasca, e che a lei bastava guardare storto per piegarli in due.
Sollevò il cellulare con cautela e lesse il numero sul display, riconoscendo si trattasse del suo commilitone con gli occhiali: non lo aveva nella memoria del telefono, ma lo ricordava alla perfezione. Fece scorrere il dito sul display con estrema delicatezza, cercando di controllarsi: per qualche attimo il suo indice ipersensibile riuscì a delineare esattamente le crepe nel vetro che scorrevano sotto il polpastrello, ma le bastò un istante di distrazione per rovinare tutto: un movimento di troppo ed il telefono era accartocciato tra le sue mani.
-Fanculo!-
Imprecò, gettando i resti dell'apparecchio al muro di cartongesso, incastrandoveli dentro e provocandovi una piccola crepa.
Ansimò dalla rabbia. Perché, perché non era normale? Perché, da quando era morto Shiro, aveva perso completamente il controllo della propria forza? La risposta era chiarissima: mesi prima, dopo aver scoperto che l'effetto dei farmaci si stava facendo sempre più flebile, si era rassegnata al destino di morire tra atroci sofferenze, e Shiro era arrivato da lei proponendole il matrimonio dopo due anni di fidanzamento. Sapevano entrambi che se ne sarebbe andata da lì a poco e non le importava che quel gesto fosse soltanto per vivere un breve periodo di felicità, ma la scomparsa del suo fidanzato le aveva dato la forza di tirare avanti, un vita mirata solo al farla pagare a quella vipera che le aveva tolto l'unica persona che le voleva bene davvero. Ormai l'unica cosa che teneva insieme il suo corpo in rovina era la pura forza di volontà, aiutata da una dose di farmaci che era quadruplicata rispetto ad un anno prima.
Indossò il cappotto, afferrò la busta paga e uscì nella fredda mattinata invernale, sbattendosi la porta dietro non scardinandola per pura fortuna. Doveva togliersi quei pensieri dalla testa, non aiutavano affatto; forse buttare soldi in cose che non le servivano avrebbe aiutato. Era indecisa se comprare anche un telefono nuovo: in fondo, non le era mai servito.


Era passata una settimana da quel giorno nefasto.
Satsuki Norimizu, già Queen Cobra già Michiru Kato, si avvicinò alla soglia di casa con aria esausta: per quanto fosse potenziato il suo corpo non riusciva a tenere il ritmo del ramen shop, specialmente da quando aveva accidentalmente creato una ricetta così misteriosamente buona da decuplicare da un giorno all'altro il numero dei clienti abituali. Ironia della sorte, lei ne trovava l'odore intenso e paradisiaco, ma il sapore disgustoso. Agni aveva ragione su entrambi i fronti: il suo senso del gusto era troppo alterato per farla lavorare in cucina, ed il suo olfatto era così accentuato da farle indossare la mascherina in cucina per evitare che un aroma troppo forte la facesse starnutire nella zuppa. Tutto ciò non le impediva comunque di sapere quando aveva seguito la ricetta alla lettera: quando l'odore del brodo le faceva girare la testa e nel contempo sapeva di piedi e morte aveva raggiunto un bilanciamento di sapori che per il palato umano era apparentemente irresistibile, un sapore ricercato che nel giro di pochi giorni aveva rigirato completamente le sorti di quel minuscolo e sporco locale che aveva scelto come copertura proprio perché nessuno lo frequentava. Il tutto senza ipnosi o controllo mentale: per una volta era stata la buona sorte a metterle i bastoni tra le ruote.
Infilò la chiave nella toppa con qualche difficoltà: il freddo della sera la intorpidiva, probabilmente le modifiche al suo corpo l'avevano veramente resa a sangue freddo o qualcosa del genere, quindi quando non indossava la nanotuta o non era adeguatamente coperta il minimo raffreddamento la rendeva più lenta e imprecisa. Aprì la porta, appese il cappotto all'attaccapanni, si beò nel riscaldamento centralizzato, si tolse le scarpe e afferrò al volo la ciotola che le sfiorò il volto.
-Non ti avevo detto di smetterla di tirare piatti in giro per casa?- domandò all'aria.
-Sto facendo pratica.- rispose Ryuuko, alias di Marina, intenta al lavello a ripulire i resti di una cena abbondante. -Riesco a farla atterrare dritta senza rompersi nove volte su dieci. Voglio arrivare a dieci su dieci.-
-E perché stai indossando i miei vestiti?- domandò, accorgendosi effettivamente che sua sorella indossava la magliettina rosa che aveva comprato appena il giorno prima.
-I miei sono sporchi.- replicò subito, lanciando una ciotola che non fu intercettata e atterrò sul tavolo in posizione dritta.
La donna serpente si guardò attorno: il bilocale sembrava accogliente, ma c'era una chiara impressione che qualcosa non andasse, a cominciare dall'enorme pila di ciotole sul tavolo.
-Marina, lo so che odi il fast food, ma devi smetterla di cucinare riso per quattro, io non posso aiutarti a finirlo. - commentò - Vatti a fare un hamburger di tanto in tanto.-
-Non posso mangiare hamburger tutti i giorni, non fa bene, anche se brucio 3000kcal al giorno.- rispose subito la sorella -Quando ero alla base non me ne accorgevo, ma ora che sono fuori è chiaro che il mio metabolismo è accelerato.-
Aveva perfettamente ragione, non stava ferma un attimo: la ragazzina quattordicenne pigra ma intelligente era diventata un tornado di energia che riusciva a controllarsi a fatica. L'aveva vista sedersi a giocare con la vecchia console che avevano in un angolo un paio di volte, ma il resto del tempo lo passava a spendere le forze in eccesso svolgendo lavori domestici. Ecco da dove veniva il senso di inquietudine: l'unico dettaglio fuori posto in quel piccolo bilocale erano i cocci sul pavimento dovuti ad un lancio sfortunato; niente polvere, né sporco, né alcun tipo di oggetto fuori ordine. Persino i piatti puliti sul tavolo avrebbero presto e sicuramente trovato posto nella credenza, togliendosi dalla vista. Insomma, la casa era abitata da due donne single che erano quasi sempre fuori, e risplendeva come un albergo.
Un'altra ciotola le volò sopra la testa e atterrò sul tavolo, questa volta rovesciata.
-Devi usarne per forza una diversa ogni volta? Usa un'insalatiera.- commentò.
Per tutta risposta, un grosso recipiente di plastica la sfiorò e si fermò sul ripiano con un tonfo secco.
-Già fatto, ma anche quella è piccola.-
La situazione stava diventando ridicola. Si sedette al tavolo, trovò un po' di spazio per poggiare i gomiti, e chiese:
-Hai fatto la tua iniezione? Dovrebbe combattere questi impulsi.-
-L'iniezione è per non farmi avere effetti collaterali, Micchan, non per trattenermi.- fu la replica.
La ragazza serpente sospirò, sconfitta.
-Contatterò la base e vedrò se riescono a sviluppare qualcosa per privarti temporaneamente delle tue abilità. Metti inquietudine, Mari.-
-Ryu-u-ko.- ribatté lei, scandendo le sillabe -Hai scelto questi nomi, tanto vale usarli. Ma se la devo dire tutta... mi piace sentirmi così.-
Si voltò dal lavandino con un ghigno sul volto, facendo roteare un piatto sul dito come una palla da basket, dimostrando un controllo che lasciò la sorella sorpresa.
-Già, alla base era tutto proporzionato alle mie abilità e alla mia forza, quindi non mi ero resa conto di quanto sono diventata forte. Adesso che sono tornata in una dimensione umana... mi sento alla grande. Come un supereroe!-
Lanciò il piatto sul tavolo, che scivolò sulla superficie girando su sé stesso fino a fermarsi. Era ragguardevole: Marina aveva un controllo sui propri poteri che andava ben oltre le sue aspettative, dall'ultimo test effettuato all'avamposto era ben sopra gli altri soldati sia in forza che in precisione. Anzi, era più forte addirittura di lei, arrivando quasi a sfiorare i cyborg bestia di livello A; il potenziale dei soldati dei Black Saints era decisamente sopra le previsioni dei suoi superiori.
-Forse potrei farlo davvero, il supereroe, nel tempo libero.- azzardò la giovane col caschetto-Mi faccio un costume e vado in giro a picchiare i delinquenti. Di tanto in tanto poi organizziamo una battaglia tra me e gli altri Corallo tanto per tenere su la facciata, così divento famosa, mi danno le chiavi della città e vi faccio da infiltrato. Sempre meglio che starmene qui tutto il giorno.-
Michiru non la buttò sullo scherzo, rispondendo invece con la massima serietà:
-Sarebbe una buona scusa per liberare altri Corallo, ma è meglio se non attiri l'attenzione. Nell'ultima settimana abbiamo avuto avvistamenti di quel robot in tutto l'est asiatico, ha addirittura interferito con un'operazione di Shark in uno di quei paesi sperduti nel nord Europa. Vorrei evitare che se la prenda con te vedendoti una minaccia.-
-Aaah, Shark.- incalzò Marina, slacciandosi il grembiule e appoggiando il sedere contro il bancone dell'angolo cottura-Come sta il tuo fidanzato?-
Era un colpo basso. Si, era andata di nuovo a letto con lui due volte quella settimana, a giorni alterni. Lui le permetteva di scappare dai propri pensieri e dalle proprie colpe, lei gli aveva fatto trovare qualcuno in grado di stare al suo passo non solo fisicamente, ma anche per arguzia e spirito. Nonostante nessuno dei due lo considerasse effettivamente un rapporto era nata un'intesa, ed era facile fraintendere.
-Non siamo fidanzati.- commentò, imbarazzata – Ci... piacciamo fisicamente e basta, tutto qui.-
-E' difficile trovare qualcuno che non sia attratto da te, Sacchin.- ribatté la giovane dai capelli corti- Sei alta, hai i capelli chiari, le tette grosse e un visino da idol, e come se non bastasse sei anche una donna serpente che non ipnotizza solo con lo sguardo ma anche con i modi di fare. E io sono...- sbuffò - tua sorella.-
-Oh, piantala di leccarmi il culo, non sei divertente.- replicò con fare più rilassato - E poi anche tu sei una bella ragazza, dovresti avere più fiducia in te stessa.-
-Dovresti insegnarmi, sai. Potrei approfittarne e provare a sedurre Black Viper, forse ci aiuterebbe. O anche Gull, dà l'impressione della bisessuale repressa.- rispose in tono canzonatorio.
Le rivolse uno sguardo dubbioso. Il tono sarcastico dell'ultima affermazione le aveva confermato una certa ostilità repressa, e vide immediatamente sotto nuova luce le parole che si erano scambiate da quando era rientrata in casa.
-... Mari, c'è qualcosa che devi dirmi?- le chiese, sperando che non fosse niente di grave.
Sua sorella assunse una smorfia di sorpresa, poi di diffidenza. Passò qualche secondo e proferì parola:
-Sai... trovo rassicurante che almeno tu non prenda questa cosa sul serio come me. Io mi faccio un sacco di dubbi su quello che è rimasto di noi, e tu ti vai a scoparti il capo per puro divertimento. Non è bello. Pure questa storia delle identità segrete... e'... stupida. Essere Ryuuko é come essere Corallo 26. Io voglio essere Marina, Micchan, se volevo fingermi qualcun altro tanto valeva fare davvero il supereroe. -
Michiru cercò di rispondere, ma le parole le morirono in gola, dando ancora spazio a Marina.
-Ma... beh, te l'ho detto. Avrò tempo per esserlo a cose fatte.-
Il silenzio proseguì per qualche altro istante, mentre considerava tutte le opzioni. Quel discorso non le era piaciuto nemmeno la prima volta, e sebbene pensasse di aver raggiunto un punto comune era chiaro che Marina le portasse rancore. Ma era il momento di darci un taglio: se non poteva rassicurarla in quanto sorella maggiore, si sarebbe fatta sentire come suo superiore.
Si alzò, portando con sé il tono della discussione.
-.... per l'amor di Dio, Mari. Ti ho tolto da quella base per toglierti dalla testa queste idee, non per fartici pensare tutto il giorno!-
-Che devo fare!?- esclamò la sorella minore, con la voce che si faceva sempre più forte- Anche se non ci penso, mi basta sedermi a pranzare per ricordarmi che non sono una persona normale! Sono mesi che mi nascondo, Michiru, e ora che sono uscita allo scoperto e che posso andare in giro con il mio nome tu prendi e mi porti in un bilocale sfigato dicendo di far finta, di nuovo, di essere qualcun altro! Ma lo sai come mi sento?!-
-Che... siamo nella stessa barca, non lo capisci?- ribatté, anche lei quasi abbandonandosi alle urla -Ed io non solo devo nascondermi come te, ma non ho neanche il lusso di far sapere a tutti che faccia ho, anzi, devo far credere di essere una ragazza che è morta per colpa mia!-
-Tu sei in una posizione di comando! Puoi fare quello che vuoi!- fu la replica di Marina.
Michiru rimase interdetta, muovendo la bocca senza alcun suono, finché le parole non le scesero dal cervello alle corde vocali:
-Fare quello che... E' una responsabilità, Marina! Se io dovessi fare un errore, non ricadrebbe solo su di me, ma su di te e su tutti quei Corallo in attesa di essere liberati per tornare dai propri cari!! E non si parla di essere rimproverati dal capo o licenziati, oh no: io vi sto tenendo in vita, non lo capisci?-
Fu in quella che si accorse che anche i pantaloni che indossava erano i suoi. La sua lingua divagò da sola:
-E poi, perché indossi anche i miei pantaloni?!-
-I miei vestiti sono sporchi! La lavatrice è rotta, era già rotta quando ci siamo trasferite!-
-E tu vai in lavanderia, o usa quella tua dannata energia per lavare quelli, invece di consumare i piatti!-
Avevano ormai entrambe ceduto al nervoso e si rivolgevano sguardi poco amichevoli, ansimando come animali. Gli occhi di Michiru lampeggiavano di rosso, segno che da lì ad un attimo avrebbe perso il controllo e travolto il vicinato con onde di influenza empatica che avrebbero provocato in tutti i presenti un'incontenibile voglia di azzuffarsi. Il fiato di Marina, invece, aveva iniziato a fare le nuvolette per quanto era accaldata, cosa accentuata dal riscaldamento che faceva le bizze.
Si fissarono per dei lunghi istanti, durante i quali cercarono qualcosa da dirsi per rassicurarsi o abbassare il tono della discussione, ma fallirono entrambi.
-Va bene!- esclamò per prima Michiru, gettando le mani in aria con un movimento secco e dando le spalle a Marina -Torna alla base, resta qui, vai in strada a picchiare i borseggiatori, fai quello che ti pare!!! E pensare che io volevo solo proteggerti!-
-Proteggermi!?- avanzò la sorella minore raggiungendola, ormai in preda ad un raptus combattivo - Rovescio le auto a calci, e tu vuoi proteggere me?-
-Da te stessa, Marina!- chiarì Michiru, voltandosi - Hai idea di cosa potrebbe succedere se perdessi il controllo della tua forza!?-
Il fiato di Marina si raffreddò pian piano, mentre la sua immaginazione creava la risposta alla domanda retorica di Michiru. Lo spirito combattivo si spense lentamente, mentre si accorgeva che per quanto banali le parole della sorella fossero, avevano un senso.
-Grazie per la cena, pane e sensi di colpa.- affermò con sarcasmo -E dire che stanotte volevo dormire.-
Si avviò verso l'uscita, fissata dalla sorella.
-Vado a sbollire. Non ti preoccupare, ritorno.- annunciò, indossando cappotto e scarpe - Non ho altro posto dove andare, dopotutto. Cercherò di non fare danni esistendo.-
-Lo faccio per te, Marina....- iniziò la ragazza serpente con fare mortificato, venendo interrotta:
-Non... non ho dubbi, Micchan. Ma è difficile. So di essere infantile, ma ho il cervello fermo a cinque anni fa. Forse... col tempo crescerò. Ci vediamo più tardi.-
La ragazza dai capelli corti aprì la porta e si avviò. Michiru sospirò, cercando di calmarsi. Forse era lei ad aver sbagliato, forse era stato davvero un errore uscire dalla base, o forse il suo errore risaliva a molto più in alto, quando aveva dato vita a quel folle piano invece di prendere sua sorella e scappare. Il suo cervello divagò, e arrivò ad accorgersi di un altro dettaglio.
-Ehi! Quelli erano il mio cappotto e le mie scarpe!-

Stupida Michiru. Stupida Queen Cobra. Stupidi Black Saints.
O forse era stupida lei, una quattordicenne intrappolata in un corpo più adulto in grado di trasformare il carbone in diamante semplicemente stringendolo tra le mani (o almeno credeva, avrebbe tanto voluto provarci per vedere se era un modo di rimediarsi da vivere). Il piano della sorella era davvero l'unico modo che aveva per renderla libera, e lei era lì, un attimo a caricarsi di responsabilità , l'altro a volerle fuggire. Certo, non era un buon piano, ma lei non aveva altro da proporre. Ripensandoci, il proprio comportamento non aveva senso, si sentiva davvero una ragazzina confusa. Senza saperlo, aveva detto una delle cose più vere che avesse mai pensato: forse un giorno sarebbe cresciuta.
Avanzò in mezzo al freddo sul ponte che passava sopra il bacino artificiale che tagliava a metà la città, una città che conosceva come la sua mano dopo averci vissuto 19 anni. All'inizio trovava curioso come gran parte degli scontri tra i Black Saints e gli Excaranger si svolgessero sempre in quel posto, ma alla fine ci era arrivata: avere forze a piede libero vicino alla sede principale della Excalibur era sia una sfida che una dimostrazione di forza militare, un'affermazione che per quanto fossero forti e superiori le forze dell'organizzazione governativa loro non avevano paura di affrontarli nel loro stesso territorio. E, come tutta la hubris, alla fine era stata punita, in questo caso con un androide nero tra capo e collo.
In quei pochi mesi le era capitato, sotto il comando della sorella ovviamente, di partecipare a dei veri ingaggi in situazioni di guerriglia in giro per il mondo contro altre organizzazioni a loro nemiche, ed i duelli con gli Excaranger, a confronto, erano battaglie di addestramento. Ne aveva viste parecchie: quella che aveva lasciato di più il segno era quando avevano dovuto recuperare un ostaggio in un ufficio in Italia in mano a Phantasm senza far accorgere alla polizia locale che pochi metri sopra le loro teste stava avendo luogo uno scontro a fuoco, il tutto meno di una settimana dopo aver superato la paura di premere il grilletto: ancora sentiva le urla del ragazzo che aveva colpito alll'occhio e che si rotolava in agonia sul pavimento.
Tutto quello che accadeva nella prefettura di Mie, al confronto, sembrava davvero un super sentai: appena si usciva da lì iniziava una guerra vera, con strategie, feriti e vittime collaterali. Il fatto che anche la Excalibur avesse deciso di darci un taglio e di scatenare quel robot contro di loro era segno che si erano tolti i guanti bianchi, e che avevano iniziato a prenderli sul serio.
Avanzando sul ponte trovò due paia di scarpe, un paio di mocassini da uomo e dei décolleté dal tacco basso, con due nomi segnati sopra con un marker bianco. Fissò i flutti alla ricerca dei proprietari, ma niente: nemmeno la sua vista al buio le permise di scorrere qualcosa. Probabilmente, la signora Yamada e il signor Akinori si erano buttati per motivi amorosi, ma non lo avrebbe mai scoperto.
Considerò brevemente l'idea di farla finita anche lei, ma molto probabilmente sarebbe semplicemente riemersa cinquecento metri più a valle, con i vestiti bagnati come unico danno: una perdita di tempo, insomma, e Michiru avrebbe avuto un'ulteriore scusa per arrabbiarsi visto che il cappotto che aveva addosso era il suo.
Distolse lo sguardo dai flutti e continuò la passeggiata. Il sapere che probabilmente poche ore prima lì si fosse consumata una tragedia non la scosse più di tanto: la violenza che affrontava giornalmente l'aveva desensibilizzata a quel tipo di eventi. Dedicò comunque un attimo di raccoglimento ai due sconosciuti prima di rimettersi in cammino.
Poco più avanti qualcuno sembrava stesse avendo la stessa idea dei due misteriosi innamorati: una giovane donna aveva appoggiato gli stivali sul marciapiede e scavalcato la ringhiera, ringhiera sulla quale era seduta sopra a fissare il fiume nel buio, scalciando con fare apparentemente giocoso ma che mettevano in mostra un certo nervosismo indeciso.
Poco prima aveva scherzato con Michiru, annunciando di voler diventare una supereroina. Beh, era il momento di dimostrare a sé stessa di non essere buona soltanto a combattere, e che valeva di più di quello che sembrava. Un atto egoista, certo, ma da qualche parte doveva cominciare.
La sua corsa fu silenziosa, e nel giro di pochi attimi fu vicino alla ragazza che stava seduta sul parapetto. Fece per parlare, ma si accorse di non sapere cosa dire: non era mai stata in una situazione simile, né le era stato insegnato come comportarsi.
-Non.... non farlo. Pensa ai tuoi cari.- accennò.
La donna non si voltò neanche a guardarla e parlò:
-Fare cosa? Ho solo un piccolo dubbio, niente di che.-
Marina la osservò da dietro. Era alta quanto lei e portava i capelli in un taglio un po' più corto del suo, con un colore rosso volpe decisamente poco comune. Il cappotto che indossava sembrava costoso, così come gli stivali appoggiati a terra e le buste dai loghi prestigiosi che vi giacevano vicino. Aveva l'aria di qualcuno che aveva appena buttato l'intero stipendio in un pomeriggio di shopping e si era appena resa conto della vacuità della cosa.
Si avvicinò alla ringhiera, affiancandola. Doveva almeno avvicinarsi: se avesse cercato di gettarsi, sarebbe bastato afferrarla per un braccio e l'avrebbe tirata sulla strada senza problemi. Alla peggio se la sarebbe cavata con una slogatura: non era così forte da strappare gli arti di una persona, non senza slancio almeno.
-E... quale sarebbe, questo dubbio?- le chiese, cercando di guadagnare tempo.
-Mi stavo chiedendo- rispose la donna, senza batter ciglio- se mi buttassi da questa altezza, che mi succederebbe? Morirei, o riemergerei più a valle senza alcun danno e con l'intero stipendio che ho buttato in vestiti rovinato?-
Non riuscì a trattenersi: ridacchiò. Forse era fuori luogo, ma trovava la coincidenza curiosa.
-Ti fa ridere?-
-Eh? No, no...mi stavo facendo la stessa domanda anche io, ma non vale la pena darci una risposta solo per un brutto periodo.-
-Non è un brutto periodo. La mia vita è un inferno da anni. Pensa ai tuoi cari? Non mi è rimasto più nessuno. Tanto vale farla finita e affrettare la nostra riunione.- replicò la ragazza al suo fianco, un'intonazione monotona e priva di spirito.
Marina si ritrovò di nuovo senza sapere cosa dire, ma non poteva permetterle di chiudere il discorso: ogni secondo che passava in bilico sopra il fiume era un secondo verso l'inevitabile. Si ritrovò a ripetere le sue stesse parole nel tentativo di rallentarla:
-Non ti è rimasto più nessuno?-
-Vorrei parlartene, ma non ho tutta la notte per provare questa teoria.- evitò di rispondere la giovane sulla ringhiera con tono rassegnato -Dammi cinque minuti. Se sopravvivo, mi sentirò molto stupida per averci provato, tornerò qui e ti racconterò tutto. Se non torno, beh, prenditi le mie buste. Pure gli stivali, se ti stanno bene: sono Louis Vuitton nuovi di zecca, li ho pagati 200,000 yen. Mi stavano comunque scomodi, il tacco è troppo alto.-
Poi si sporse dalla ringhiera, appoggiando i piedi sul bordo e piegando le ginocchia, una chiara posizione per saltare giù.
-Aspetta!-
Marina fu rapida al massimo delle sue potenzialità, afferrandola per la spalla nemmeno una frazione di secondo dopo. Sapeva esattamente quanta forza mettere nel braccio per tirarla sulla strada, ma fu colta alla sprovvista dall'impeto del salto, e la sua presa ferrea si rivelò un'arma a doppio taglio in quanto venne trascinata contro la propria volontà. Nemmeno il parapetto riuscì a trattenerla, facendola ribaltare e finire giù dal ponte.
Si voltarono a guardarsi, ed i loro sguardi si incontrarono nel buio, trovando l'una le pupille dell'altra in una notte che per entrambe era chiara come il giorno. Fu un momento lunghissimo in cui i loro cervelli fecero a gara a chi ci arrivava per prima, e la sconosciuta vinse il confronto:
-M-Marina?-
-...Aika-chan?!- replicò lei di rimando, a pochi metri dall'acqua.
Gli occhi della ragazza dai capelli rossi assunsero immediatamente un'espressione affranta, mentre attirava a sé Marina e la stringeva nel tentativo di farle da scudo all'impatto. Marina cercò di fare lo stesso, poi il loro mondo si fece bagnato e gelido.

Cinquecento metri più a valle riemersero entrambe, toccando le sponde del fiume artificiale in un punto dove era possibile l'accesso a piedi. Marina fu la prima a rialzarsi, tossendo fuori l'acqua che le era entrata nei polmoni.
-Oh, mia sorella mi ucciderà!- fu il suo primo commento, prima di ricordarsi che non aveva fatto il tuffo da sola. -A-Aika?-
-Beh, mi sento molto stupida ora.- la sentì commentare.- Me lo dovevo...-
I loro sguardi si incrociarono e si trovarono senza parole, entrambe in preda alla sorpresa e alla preoccupazione. Marina fu la prima a scuotersi da quella situazione, tirando su col naso e lanciando un ulteriore colpo di tosse prima di parlare.
-Sei fuori di testa!? Potevi ammazzarti!- le urlò, in preda all'adrenalina, mentre le metteva le mani sulle spalle come per riportarla alla realtà mettendo tutta la cura possibile per non stritolarla-Ma si può sapere che ti è preso!?-
-E' una storia lunga, io...-
Fu in quella che Aika, alla vista dell'espressione incollerita della sua amica, si rese conto di quello che era appena successo. Il suo volto si aprì in una smorfia di sollievo, e parlò con un tono che non avrebbe mai più pensato di usare:
-....santo cielo, Mari. E' bello vederti, è da quando abbiamo finito le elementari che...-
-Non cambiare discors--
Aika le si gettò addosso, stringendola. La sentì singhiozzare. L'adrenalina calò, e si accorse anche lei della situazione: la sua amica d'infanzia aveva appena cercato di suicidarsi per un motivo che ancora non riusciva a capire. Le sue mani si mossero da sole oltre le spalle di lei, cingendola in un abbraccio consolatorio.

Marina aveva ragione, non era stata la sua idea migliore. Doveva essere un periodo di pausa per ripensare al piano senza sentire l'alito del drago sul collo, ma tutto quello che erano riuscite a fare era stato accumulare altro stress. Quello, e spendere in una settimana i soldi che aveva accumulato per il mese, sia per chi mangiava solo pesce e uova che per chi mangiava riso in quantità . Se continuava così avrebbe dovuto ipnotizzare di nuovo l'impiegato della banca, e c'era un limite a quante volte poteva farlo prima di iniziare a destare sospetti.
Una vibrazione sospetta dalla sua borsa le fece tirar fuori un cellulare, ma non l'allegro dello smartphone di una ventenne giapponese: era invece uno di quei vecchi telefono ripiegabili in stile Star-TAC. Ovviamente era tutta un'apparenza: la tecnologia contenuta nel comunicatore portatile dei Black Saints era anni luce avanti rispetto ai telefoni commerciali, e aspetto datato era dovuto solo al fatto che il modello, seppure molto più potente di un computer attuale, le fosse stato dato in donazione da qualche anno. Aveva preso l'abitudine di portarselo dietro in ogni momento dopo l'incidente del supermercato mesi prima, e poi il tempo che sia lei che Queen Cobra avevano passato giocandoci a Tetris durante le attese equivaleva ad una piccola eternità, quindi era uno degli apparecchi più importanti a sua disposizione.
Considerò se tirar fuori il casco dall'armadio e rispondere in modalità videochiamata, ma alla fine decise di lasciare la conversazione in Sound Only e si ritirò nella camera adiacente, chiudendosi la porta alle spalle. Si sedette sul letto, indossò gli auricolari e rispose alla chiamata, appoggiando poi il telefono sul materasso vicino a sé.
-Parla Green Cobra.- annunciò all'altro capo della linea, abbassando improvvisamente la voce di mezza ottava per dare un'impressione autoritaria. Non che dovesse, sapendo chi si trovava all'altro capo: per quanto potesse darsi un tono, il suo interlocutore era decenni avanti.
-Dire Wolf.- rispose lentamente una voce così maschile che faceva impallidire quella di Russell, mentre l'immagine di un umanoide con i tratti canini e la faccia piena di escrescenze ossee compariva sul display, ritrovandosi a guardare il vuoto. -I miei sottoposti non sono riusciti a raggiungerti, Cobra. Dove ti trovi?-
-Ricognizione. Scusa il Sound Only, ma non posso farmi vedere al momento, sono sotto copertura.- replicò con tono fermo.
-Sei sempre in ricognizione. Hai preso il tuo impegno seriamente, vedo.-
Sogghignò. Non sapeva neanche quanto.
-La potenza non è tutto in combattimento, bisogna anche conoscere il contesto.- rispose con tono compiaciuto. Il suo interlocutore fu più diretto e meno simpatico:
-Ne deduco che tu abbia raccolto dati utili?-
Si, lo aveva fatto. Aveva solo graffiato un po' la superficie del filone che aveva individuato, ma non poteva andare troppo oltre tutto insieme. Era il momento di farsi bella di fronte al suo collega.
-Ho raccolto informazioni sul fondatore originario del progetto ExChaser.-
-Ottimo. Cosa sai di lui?-
-Morto di cause naturali.-
-Cause naturali?-
-Si, non sarebbe naturale essere ancora in vita dopo che i tuoi organi sono stati sparsi per tutte le campagne fuori Kimura.-
Battuta. Se l'era preparata da giorni. Il ringhio sommesso di Wolf le fece capire che non aveva altrettanto senso dell'umorismo, quindi fu rapida a delucidare:
-E' rimasto ucciso dall'ExChaser durante l'ultimo test del progetto originale. Hanno cercato di insabbiare tutto, ma sai benissimo che per me rimediare informazioni non è un problema. Al momento stiamo individuando chi nel team di sviluppo sa più cose possibile e può sparire senza destare troppi sospetti per farlo parlare, ma si tratta di membri di alto profilo della Excalibur, quindi dobbiamo andarci molto piano.-
-Sono davvero così importanti, tutte queste informazioni?- si lamentò Wolf -Sono il terzo guerriero più forte dei Black Saints, e non credo che quel patetico robottino sia in grado di starmi al passo. Non vedo l'ora di farlo a pezzi, finalmente Wasp e Dragon capiranno che gli sono superiore.-
-Da quello che sappiamo è tutt'altro che patetico.- spiegò -Le mie squadre di raccolta dati hanno ricavato dai video delle sue sortite abbastanza dati da stimare il suo potenziale. La sua unità di supporto aereo raggiunge i Mach 2, le armi da fuoco gli fanno un baffo ed è carico di così tanti sistemi di armamento che non abbiamo idea se siamo riusciti a vederli tutti. Armatura spessa come quella di un carro armato leggero, troppo veloce per essere colpito dagli RPG e dai cannoni anticarro, resiste ai campi EMP. Le mie spie stanno cercando di ottenerne i progetti, ma le informazioni sono state decentrate in diversi centri di dati sparsi per tutto il Giappone, ognuno dei quali con il proprio livello di sicurezza, e non abbiamo nemmeno una lista completa delle loro locazioni. E' una bella sfida, ma sono sicura che in tempo utile riusciremo a trovare tutti i dati che ci servono.-
Wolf rimase in silenzio con un'espressione indecifrabile sul volto, poi parlò a metà tra il sibilo e il ruggito.
-Sfida. Lascia perdere la tua raccolta dati. Voglio sfidarlo.-
Michiru inarcò un sopracciglio e strinse le labbra, sorpresa. Afferrò il comunicatore, sicura di vedere un sorriso giocoso sul volto di Wolf, ma quando trovò uno sguardo serissimo capì che non stava scherzando.
-Contro di lui abbiamo perso tre operativi di classe A, diversi sottoposti e gran parte della squadriglia di mercenari stanziata nelle Filippine. Affrontarlo non è una passeggiata.- affermò, cercando di scoraggiarlo.
-Tu sei sopravvissuta ad un suo attacco, e la tua classe di combattimento non raggiunge nemmeno la A.- la riprese lui -Non deve essere poi così difficile.-
Si, ancora non spiegava perché l'ExChaser l'avesse semplicemente lasciata a dissanguarsi sul terreno quando aveva dimostrato una brutalità inaudita contro gli altri avversari, al punto da non lasciare alcuna traccia della loro esistenza. Aveva ancora i brividi al ricordo che ciò che restava di Red Raven, secondo in classe A, poteva essere conservato dentro una ciotola.
D'altro canto, Dire Wolf era di livello S, e sebbene non fosse primo né per forza, destrezza o resistenza aveva dato dimostrazione di poter affrontare fino a tre cyborg bestia di classe A, quindi forse era uno scontro alla pari.
Si stese, mani dietro la nuca e passò qualche istante immersa nei propri pensieri, lasciando andare un sospiro di insicurezza. Era quello il motivo per cui lei e Russell erano sulla stessa lunghezza d'onda per quanto riguardava il libero arbitrio dei propri sottoposti: sovrascrivere le loro personalità con una serie di direttive che dovevano seguire ad ogni costo era la cosa migliore da fare se volevi che eseguissero ogni tuo ordine, ma non per farli arrivare vivi a fine giornata. Dare un carattere prevedibile agli cyborg bestia li rendeva più facili da controllare, ma questi finivano inevitabilmente costretti in uno stereotipo: Dire Wolf il berserker assetato di sangue, Blood Dragon il guerriero onorevole, Tiger Wasp l'omicida sadica, Tarantula l'assassina infida...
E poi c'era Queen Cobra. Aveva studiato il condizionamento a cui erano sottoposti i suoi colleghi e l'aveva comparato con il proprio, rimanendone sorpresa. Gli altri cyborg bestia erano diversi da lei sotto più di un fattore: oltre ad un processo di rimodellamento molecolare completamente diverso, i suoi colleghi non erano sotto il controllo di un'unità esterna che dava loro suggerimenti indotti, ma di una riscrittura della personalità e dei ricordi non diversa da quella a cui sottoponeva i Corallo. A pensarci bene, era chiaro perché lei fosse diversa: un guerriero imbattibile con un allineamento fisso è prevedibile e più facile da controllare, ma sono le persone che sanno pensare una soluzione e metterla in atto a risolvere un problema, non quelle la cui prima reazione ad un ostacolo è di picchiarlo forte finché non si rompe.
Ma stava divagando, e Wolf era impaziente.
-In quanto tua consulente in combattimento ti proibisco di affrontare l'ExChaser senza un'analisi accurata delle sue capacità , ma...-
-Proibisci un corno.- la interruppe.-Voglio affrontarlo domani stesso. Se sei davvero così preoccupata, torna ad analizzare quei tuoi dati e dimmi qualcosa in grado di darmi un vantaggio tattico.-
Era il suo funerale. Ripassò mentalmente i posti visitati quei giorni ed i dati raccolti, cercando di trovare una qualche scappatoia per permettere a Wolf di tornare alla base tutto d'un pezzo. Era arrivata alla conclusione che l'ExChaser era progettato per inseguire il proprio bersaglio fino allo sfinimento, quindi aveva bisogno di una locazione dove l'estrazione potesse essere estremamente rapida, nel caso in cui le cose andassero male. La copertura era indifferente - se ti nascondevi dietro ad un muro, dopo qualche istante nel muro c'era un buco a forma di ExChaser - e aveva dato dimostrazione di potersi muovere negli spazi urbani senza problemi, di conseguenza che si trovassero in città, in campagna o al mare non cambiava niente. Inoltre... non voleva perdite tra i civili. Aveva passato la sua infanzia in quella città , e non voleva diventasse un campo di battaglia, come.... come... come la considerava il suo alter ego.
Sospirò e scosse la testa. Riusciva a rimanere concentrata per più di dieci secondi? Il suo interlocutore voleva una risposta, e l'avrebbe avuta. Interagì con il comunicatore e chiarì a voce.
-Ti ho inviato delle coordinate, è un punto fuori città dove si è svolto uno dei test del progetto ExChaser originale. E' vicino ad una sede dell'Excalibur abbandonata e, dal database, priva di sorveglianza. Ci sono diversi punti rialzati da cui puoi far intervenire il tuo supporto. Terrò un'unità pronta per estrarti nel caso avessi---
-Non ce ne sarà alcun bisogno.- la interruppe di nuovo -Quel posto sarà la sua tomba.-
-Sarà la tua tomba. -cercò di nuovo di chiarire quanto fosse pericoloso ciò che voleva intraprendere. -Te lo ripeto: non ingaggiare, Wolf. Stai agendo senza autorizzazione del Consi--.-
-Noi abbiamo già l'autorizzazione del Consiglio, Cobra: posso agire non appena ritengo sia il momento. Rispetta i ranghi: sei una consulente, non un mio superiore, e anche se tale ti sbagli di grosso sull'esito della battaglia: affronterò questo ExChaser domani alle sei, lo farò a pezzi, farò colazione con i suoi resti e porterò quel che rimane al Consiglio per fargli vedere che nella vita bisogna agire, non pensare. Chiudo.-
Comunicazione chiusa. Rabbrividì. Forse era stata troppo pretenziosa nel credere che il numero di uccisioni sul ruolino fosse direttamente proporzionale alle capacità in battaglia.
Ma chi voleva prendere in giro? Aveva scelto Dire Wolf perché se avesse scelto Blood Dragon, l'operativo da combattimento più potente a disposizione dei Black Saints, e questo fosse stato sconfitto, nessuno avrebbe più voluto avvicinarsi all'ExChaser, e aveva evitato di contattare Tiger Wasp perché il suo hobby era fare di tutto per non farti sentire a tuo agio, nonostante avesse così tante uccisioni confermate da far impallidire il resto della classe S. Wolf, strategicamente, era una pedina sacrificabile, ma doveva cercare a tutti i costi di riportarlo indietro – anche se, in realtà, in cuor suo sperava che l'ExChaser avrebbe fatto pesare a Wolf tutte le vittime che aveva causato ponendo fine alle sofferenze dell'essere umano che si nascondeva dietro a quel grugno canino ricoperto di ossa.
La cosa le lasciò l'amaro in bocca: non erano bei pensieri. Era tornata a questionarsi da qualche giorno, dopo aver ripreso una sembianza di vita normale. Forse il tornare a guardare le cose dall'esterno le aveva dato un po' di prospettiva? Forse era la mancanza di Agni che la riportava all'ordine e le ricordava il suo obiettivo? O forse il serpente la influenzava più di quello che pensasse, dandole solo una parvenza di libero arbitrio?
Avrebbe dovuto parlarne con qualcuno, forse con Russell, o con...
-Micchan, sono tornata! Scusa, ho portato un ospite!-
La voce proveniente dall'altra stanza la riportò alla realtà. L'aveva chiamata per il suo vero nome e aveva portato un'ospite!? Ma la parola incognito aveva qualche significato per lei?
Scattò in piedi e attraversò rapidamente la stanza, aprendo la porta.
-Noi due dobbiamo oh dio perché sei fradicia-
Il suo sguardo incrociò quello di Aika, spuntata dietro a sua sorella, e il suo cervello si arrese. Aveva bisogno di una spiegazione.

  
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