Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Vavi_14    18/01/2017    5 recensioni
Dal Prologo. Woods and Orange Blossom:
[...]Sente Jimin intimargli di tornare a casa, ma proprio quando è riuscito ad identificare quella sensazione frizzante e intensa, la sagoma di una ragazza appare da una porticina accanto alla vetrina principale. Fa appena in tempo a scorgerne i capelli color ebano sparsi sul giubbotto in lana cotta che se la ritrova a pochi metri di distanza; il rumore degli stivaletti ticchetta sull’asfalto e suggerisce un andamento frettoloso. Potrebbero fermarla per chiederle gli orari del negozio, dopotutto l’hanno vista chiaramente uscire di lì per ultima, ma Jungkook non riesce a far altro che notare il rossore su quel piccolo naso riprendere il colorito acceso delle labbra, per poi abbassare lo sguardo imbarazzato quando lei ricambia di sfuggita la sua occhiata, mentre Jimin si gusta la scena in silenzio, sbatacchiando il più piccolo non appena la ragazza ha voltato loro le spalle.
«Avrò pure l’aspetto di un idol, ma quella sembrava aver occhi solo per te».[...]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Epilogo
 
Lemon and Pine Needles







 


Jieun e Doyun erano stati insieme un anno e qualche mese.
Doyun l’aveva incontrata passando al negozio da cliente casuale; cercava della buona musica da poter mandare nel suo ufficio, perché gli speaker radiofonici lo innervosivano e spesso le canzoni non rispondevano ai suoi gusti musicali. Jieun si era divertita ad accontentare un cliente esigente come lui e Doyun non aveva impiegato molto tempo a capire  che quella ragazza sveglia gli piaceva, perciò dopo qualche settimana era tornato da lei a chiederle di uscire. Con lei era sempre stato molto gentile, non aveva mai dimenticato una festa o un anniversario e amava fare le cose in grande, a differenza di Jieun, che certo si sentiva lusingata da tutte quelle attenzioni, ma aveva anche iniziato a chiedersi se fossero state davvero necessarie.
Aveva impiegato un po’ a capire che Doyun teneva a lei, sì, ma amava di più il suo lavoro; gli piaceva trattare, fare affari all’estero ed estendere la sua compagnia fin dove gli ingenti guadagni lo avrebbero portato. Così, quei gesti all’apparenza così galanti che riservava a lei, avevano cominciato a divenire tutti uguali, quasi forzati, persino il sorriso di Doyun le appariva come una di quelle pose imbalsamate nelle riviste di moda; Doyun desiderava per sé una moglie perfetta tanto quanto lui, che gli avrebbe donato due figli e che sarebbe rimasta a casa con loro per poterli crescere amorevolmente anche quando lui sarebbe dovuto andar via per lavoro. Quando Jieun aveva compreso che Doyun stava iniziando a plasmare anche il suo, di futuro, aveva fatto un passo indietro. Quando lui le aveva detto che, una volta sposati, lei avrebbe potuto dare il negozio in gestione e trasferirsi, Jieun si era resa conto che quelli non erano mai stati i suoi progetti iniziali.
Con Doyun, Jieun avrebbe potuto avere tutto, rinunciando a tutto. E non era stata disposta a farlo.

Jieun aveva raccontato a Jungkook che, dopo la fine della loro storia, Doyun era andato a stare a Seoul, e lei mai avrebbe immaginato che un giorno sarebbe tornato lì, in quello stesso negozio di CD che le aveva fatto conoscere anche il giovane Jungkook, per cercare di riprendere una storia ormai sepolta all’ombra di sé stessa. Jieun aveva ammesso di aver creduto fin dall’inizio in qualcosa di sbagliato, una sorta di finta perfezione costellata da continue delusioni. Jieun era rimasta affascinata da Doyun, ma non l’aveva mai amato veramente, perché lui era stato solo una maschera fittizia, dietro la quale primeggiava un uomo egocentrico e perfezionista.

Jungkook non aveva detto una parola per tutta la durata del discorso, si era solo limitato ad abbassare lo sguardo alcune volte in cui si era sentito in difficoltà, ma per il tempo restante l’aveva sempre guardata negli occhi, come se avesse cercato di mantenere una connessione con lei nonostante quel tuffo in un passato poco gradito. Jieun, vedendolo turbato, gli aveva preso le mani, intrecciandole alle proprie, e si era scusata per aver parlato troppo di qualcosa che neanche a lei era piaciuto ricordare.
«Pensavo che la felicità fosse quella, Jungkook. Ero assuefatta a quel modo di vivere, non ne vedevo altri».
«Non ti devi giustificare».
«Non mi sto giustificando, sto solo… credevo che la storia delle farfalle nello stomaco fosse solo un’enorme menzogna inventata dai libri, dopotutto io non le avevo mai sentite con lui».
«Farfalle?»
Jungkook aveva aggrottato le sopracciglia, guardandola con aria persa.
Si era sentito in colpa non una, ma almeno cento volte per aver quasi costretto Jieun a rivangare una storia che l’aveva fatta stare male, perché in fondo, a conti fatti, non era cambiato molto. Probabilmente Taehyung aveva avuto ragione fin dall’inizio: si era comportato da perfetto egoista, non mostrando nemmeno un minimo di tatto nei confronti di Jieun. Era sparito nel nulla, dicendo che voleva rimanere da solo, ma non aveva pensato alle ripercussioni che il suo comportamento avrebbe avuto su Jieun. Lei invece aveva rispettato i suoi silenzi e lo aveva accolto come se non si fossero mai allontanati, aprendosi con lui senza alcun tipo di riserva. Anche a lei serviva solo del tempo e Jungkook non faceva altro che rimproverarsi per non averglielo concesso.
«È quello che provo quando sono con te, Jungkook».
Seppur convinto di aver già sentito quell’espressione da qualche parte, Jungkook non era riuscito in alcun modo a formulare un pensiero di senso compiuto, perché l’intensità dello sguardo di Jieun lo aveva mandato letteralmente in tilt.
«Chiamala pure adrenalina se vuoi, non fa differenza. Quello che conta è che solo ora so come ci si sente ad essere innamorati… davvero».
In quel momento, le farfalle di cui parlava Jieun avevano spiccato il volo, schiudendo le ali e provocando in Jungkook un turbine di emozioni che neanche volendole imbrigliare con mille retini sarebbe riuscito a contenerle. Così, seguendo la scia di quel piacevole solletico le cui origini gli erano sconosciute, le si era avvicinato senza darle il tempo di realizzare e l’aveva baciata, infondendo in quel contatto umido tra labbra tutto ciò a cui non sarebbe riuscito a dar voce con la stessa passione. Lei si era fatta trasportare da lui, affondandogli le dita nei capelli, ed era rimasta quasi stordita quando Jungkook aveva interrotto quell’improvviso sfiorarsi con la medesima decisione, ma solo per sussurrarle a fior di labbra ciò che non avrebbe mai creduto di riuscire a dire in modo così schietto.
«Ti amo, Jieun».
Lei aveva spostato lo sguardo dalle labbra agli occhi di lui, scorgendovi all’interno ogni singola sfumatura di quelle due parole che avevano appena impresso un sigillo indelebile sul suo cuore. La decisione con la quale aveva pronunciato ogni sillaba del suo nome, anche senza quel noona che segnava un divario d’età al quale Jieun non aveva mai dato molta importanza, le aveva fatto percepire chiaramente la sincerità e la potenza di un sentimento che avevano sempre vissuto quasi in punta di piedi.
Jungkook era rimasto a contemplare l’espressione attonita di Jieun senza aggiungere altro; aveva anche temuto, per un istante, che quella confessione diretta non le fosse andata a genio, o magari che avesse inteso la mancanza dell’onorifico come un’abitudine poco educata che Jungkook avrebbe conservato anche in futuro. In realtà, nemmeno per Jieun era stato facile lasciarsi andare, dopotutto aveva dovuto più volte guardare dentro se stessa, porsi forse mille domande prima di accettare un sentimento del quale anche lei aveva timore.
«Nessun uomo mi ha mai guardata come fai tu, Jungkook».
A quelle parole, lui aveva schiuso le labbra, un po’ per lo stupore, un po’ perché avrebbe voluto replicare, ma Jieun gliele aveva sigillate ancora una volta con le proprie. «Ti amo anch’io».



 
◊◊◊


 
 
«Hai barato!»
Taehyung punta il dito contro il suo insolito avversario, incrociando poi le braccia in attesa di una spiegazione che potesse dare un senso alla sconfitta.
«Ma sei mi hai appena spiegato tu come si gioca!»
Jieun indica lo schermo, non sapendo se essere più incredula o divertita dalla situazione.
«Ci sapevi già giocare e non mi hai detto niente… ti ha insegnato Jungkook!».
Taehyung non molla, deciso a tamponare il suo orgoglio di giocatore accanito che ha appena perso rovinosamente contro la ragazza del suo migliore amico.
«E quando lo avrebbe fatto, io non ho nemmeno una consolle
«Magari siete venuti qui di nascosto».
«Non infrangerei mai le regole della casa» dice Jieun con tono solenne, alzando le mani in segno di discolpa.
«Ma Jungkook sì» risponde pronto Taehyung, riservandole un mezzo sorriso sghembo. «Quella piccola peste».
Jieun aveva scoperto il famoso foglio delle regole uno dei primi giorni in cui era stata ospite a casa dei ragazzi; si trattava di un cartellone mezzo bruciacchiato, decorato a mò di pergamena e appeso sulla porta dello sgabuzzino dove tenevano le scope. Si potevano leggere tre calligrafie differenti, segno che ognuno di loro aveva dato il proprio contributo.

 
È SEVERAMENTE VIETATO:
1. Entrare nelle camere altrui senza prima bussare.

2. Portare a casa una ragazza senza avvertire.
3. Fare sesso sui letti degli altri.
4. Occupare il bagno per più di quindici minuti.
3. Lasciare vestiti sporchi in giro per casa: c’è il DANNATISSIMO CESTO PER I PANNI AL BAGNO!
4. Monopolizzare la TV.
5. Scaricare film porno sul PC in comune (ha più virus che applicazioni).
6. KIM TAEHYUNG SE LASCI ANCORA I TUOI CALZINI SUL BRACCIOLO DEL DIVANO TI UCCIDO.

C’era poi un’ultima regola, la nove, scritta con una penna diversa, perché probabilmente aggiunta in un secondo momento.

9. Frugare nei cassetti degli altri di nascosto: SE SERVE QUALCOSA BASTA CHIEDERE!!!

Jungkook aveva provato a nascondere l’imbarazzo dinanzi quel foglio che, sbadatamente, aveva scordato di camuffare prima del suo arrivo, ma Jieun aveva riso così tanto che alla fine se n’era fatto una ragione.

«Taehyung, lo so che è dura da mandar giù, ma col tempo ce la farai» lo canzona Jieun, dandogli un colpetto sulla spalla. Lui scioglie l’intreccio delle proprie gambe e si solleva dal tappeto peloso del soggiorno, a testa alta. Dopo essersi permesso di indugiare ancora un po’ sulla scritta lampeggiante “You lose” che  campeggia nella sua metà di schermo, Taehyung rivolge a Jieun un sorriso sportivo e, porgendole una mano, l’aiuta a rialzarsi.
«A Kookie diremo che ho vinto io, comunque» borbotta Taehyung, e Jieun annuisce sconsolata, domandandosi quanto mai potesse essere spaventoso Jungkook durante le competizioni.

 
«Hyung, perché non hai invitato anche Seoyeon
 stasera?»
Jungkook sta cercando di mettere in pratica quelle poche conoscenze culinarie che ha appreso da sua madre per aiutare Jimin a preparare una cena che non sia a base dei soliti preparati istantanei. Dopotutto Jieun è una cuoca discreta e nemmeno i suoi due hyungs vogliono fare brutta figura con un’ospite così speciale.
Il più grande alza le spalle, continuando diligentemente a tagliare le verdure. Jimin è sempre stato riservato per quanto riguardava le questioni sentimentali e, anche se a volte capitava che raccontasse agli altri due qualche aneddoto simpatico o magari esternasse il suo disappunto per qualche atteggiamento che non capiva, tendeva in ogni caso a non coinvolgere troppo altre persone nelle proprie storie. E, Jungkook lo sapeva, non era solo per carattere: anche se non lo aveva mai ammesso apertamente, Jimin temeva sempre che qualcosa andasse storto, perciò tendeva ad evitare che si verificassero situazioni spiacevoli.
«Aveva da fare».
«Sono sicuro che non glielo hai nemmeno chiesto».
Jimin sospira, tirandosi indietro un ciuffo di capelli che gli è scivolato sulla fronte. «Jungkook, lo sai, non mi piace portare ragazze qui».
«Hyung, noi non siamo i tuoi genitori».
«Lo so» sbotta Jimin, in risposta. Jungkook sente che è in difficoltà a parlare di quell’argomento, d’altronde ora tocca a lui spingere il suo hyung a superare, in qualche modo, le sue insicurezze.
Il più piccolo butta il riso in pentola e si asciuga le mani con un canovaccio.
«Jimin-ah, secondo me questa ragazza te la sei inventata» dice scimmiottando la voce di Taehyung e udendo poco dopo la risata sommessa dell’altro. In quel momento sente qualcuno aggrapparsi alla sua spalla sinistra, tirandola verso il basso, e due labbra calde scoccargli un bacio sulla guancia.
«Vi serve aiuto?»
Jieun si sporge un poco verso Jimin, cercando di capire cosa bolle in pentola.
«Ah, noona, non guardare» le dice lui, coprendole delicatamente gli occhi con una mano. «Jungkookie vuole che sia una sorpresa».
Lei fa qualche passo indietro, sempre più incuriosita. «Non è che state cercando di avvelenarmi?»
In quel momento si unisce alla combriccola anche Taehyung, che fa il suo ingresso spaventando Jieun con un pizzico sul fianco, al quale lei risponde prontamente tirandogli un buffetto sul collo.
«Ma che hanno quei due?» sussurra Jimin a denti stretti, stupito dal fatto che Jieun continui ad assecondare i dispetti di Taehyung.
Jungkook scuote la testa. «Jieun noona dice che Taehyung hyung le ricorda uno dei suoi cugini».
«Immagino abbia sei anni questo cugino» commenta Jimin.
«Dieci, credo».
«Siamo lì».
Si permettono di prendere ancora un po’ in giro Taehyung, fino a quando quest’ultimo non si accorge di essere effettivamente l’oggetto delle loro conversazioni, allorché Jungkook prende la saggia decisione di cambiare argomento.
«Chi ha vinto la partita?»
Non immaginando minimamente di aver appena toccato un punto dolente.
Jieun e Tehyung lo guardano ed entrambi esclamano «Io!», dopodiché Jungkook scorge chiaramente la mascella del suo hyung cadere a terra e l’espressione del volto tramutarsi in una smorfia indecifrabile. Jieun fa fatica a rimanere seria, ma non appena si accorge della reazione di Taehyung si affretta a scuotere la testa.
«Noona…» dice il diretto interessato, senza però riuscire a finire la frase.
«Stavo scherzando, ha vinto di nuovo Tae» ammette lei, facendogli l’occhiolino. Taehyung impiega un nanosecondo a tramutare la delusione in gioia. «Vorrà dire che dovrò venire più spesso a prendere lezioni dall’esperto» aggiunge poi, ammiccando verso Jungkook.
«Hai davvero vinto tu?» chiede il più piccolo in risposta, e Taehyung non fa molta fatica a sfoggiare uno dei suoi sorrisi più belli, indicandosi il petto con il pollice destro.
«Ti sembro uno che perde?»


 
 
◊◊◊



 
L’aria fresca della stagione invernale ormai alle porte solletica il volto di Jungkook, mantenendo i quattro sensi in costante allerta; la vista, infatti, gli è stata privata da una benda morbida che Jieun gli aveva legato tra le ciocche nere poco prima di trascinarlo via da casa sua, sotto gli occhi curiosi di Jimin e quelli divertiti di Taehyung.
Lo sta guidando tenendolo per un braccio e avvertendolo ogni tanto quando c’è un gradino o un pezzo di strada più irto del solito.
Jungkook non si è opposto perché ha visto la gioia negli occhi di Jieun quando lei gli ha comunicato di volerlo coinvolgere in quella pazza impresa, eppure non riuscire a comprendere cosa gli sta succedendo lo rende particolarmente nervoso.
«Noona, dove stiamo andando? Siamo arrivati?»
«Quasi » trilla lei, fermandosi poco dopo e invitando Jungkook a fare lo stesso.
Sempre tenendolo ben saldo, lo conduce all’interno di un locale che il ragazzo dovrebbe ormai conoscere meglio delle proprie tasche.
«Cosa senti, Jungkook?»
Il più piccolo si è accorto di essere appena entrato in un posto chiuso, ma non ha alcuna idea di dove Jieun possa averlo portato. La ragazza infatti aveva preso la macchina solo per un breve tratto, costringendolo poi a proseguire a piedi, facendogli perdere completamente il senso dell’orientamento.
Jungkook tenta di resistere all’impulso di togliersi quella stoffa che gli impedisce di inquadrare la situazione e si concentra, cercando di rispondere alla domanda di Jieun. L’essenza che il suo naso percepisce in quel momento somiglia molto a un profumo fresco, di quelli che si respirano a pieni polmoni e donano un’intensa sensazione di benessere; al contempo, le narici vengono solleticate da un odore acre e leggermente fruttato, che smorza appena la limpidezza della fragranza. Prende un altro respiro, perché l’odore gli piace parecchio, ma ciò non lo aiuta a identificare il luogo scelto da Jieun; è quasi sicuro di non aver mai sentito quel profumo da nessun altra parte, se non, verosimilmente, all’interno di qualche flaconcino che ha a casa e che conserva gelosamente per la sua collezione.
«Noona, dove siamo?»
Risponde con un’altra domanda e Jieun è decisa a non dargliela vinta. «Prima dimmi cosa senti» ribadisce, prendendogli le mani e facendogli fare qualche altro passo avanti.
Jungkook sospira, rassegnato. Quando Jieun si mette in testa una cosa, non c’è verso di farle cambiare idea.
«Limone».
«Giusto. Poi?».
«Muschio forse… non lo so».
«Aghi di pino».
«Limone e aghi di pino? Siamo in camera mia, noona?»
Jieun si lascia scappare una debole risata, poi si avvicina a Jungkook e lui inizia a percepire il suo respiro sul proprio collo.
«Risposta sbagliata».
Sente le mani di Jieun stringere di più le proprie e i muscoli delle esili braccia di lei far leva sui suoi; sobbalza appena quando si accorge che le labbra di Jieun stanno cercando le sue, giocando a lasciare piccoli baci sul mento e agli angoli della bocca. Impiega forse un secondo di troppo a catturarle, beandosi di quel contatto delicato, e il fatto di non poterla vedere mentre la sente così vicina lo disturba e lo stuzzica allo stesso tempo. Cerca il volto di lei carezzando con i palmi il suo corpo, finché le dita non vengono ostacolate dai folti e mossi capelli corvini, lasciati sciolti lungo le curve del seno. Non appena Jungkook ha finalmente raggiunto le guance di Jieun, lei inizia lentamente ad allontanare le proprie labbra da quelle di lui.
«Questo dovrebbe essermi d’aiuto?» domanda allora il più piccolo, e una fossetta si delinea sulla sua guancia sinistra, spia di un sorriso tenuto nascosto.
Jieun scuote la testa, anche se Jungkook non può ancora vederla. «Un incentivo a impegnarti di più».
Poco dopo lui non sente più il corpo di Jieun a contatto con il proprio, né le dita della ragazza intrecciate alle sue. «Noona aspetta – prorompe, di nuovo in difficoltà, allungando le braccia in avanti - perché non mi togli ancora la benda? Che vuoi fare?»
«Niente di tutto ciò che hai appena pensato, Jungkook» replica lei, con una nota di ironia nella voce.
«Cos-? N-non ho pensato a niente, noona! Sto solo cercando di capire…»
Jieun sorride all’insaputa di Jungkook – metterlo in imbarazzo la diverte forse più di quanto dovrebbe – e finalmente gli scioglie la benda, permettendo ai suoi occhi di abituarsi gradualmente alla luce. Lui strizza le palpebre, se le strofina un poco e poi prova ad aprirle: ogni cosa è circondata da un alone sfocato che presto svanisce lasciando il posto ai contorni e ai colori. Jungkook riconosce le calde tinte delle pareti, gli scaffali, ogni singolo arredo: è il negozio di Jieun, tale a quale a come lo aveva lasciato una settimana prima. Ad eccezione del profumo.
«Perché lo hai cambiato?»
Jungkook, fin da piccolo, ha sempre interpretato e ricordato il mondo attorno a sé attraverso gli odori; da quello familiare della cucina speziata di sua madre o dello shampoo che usava da piccolo dopo le lezioni di taekwondo, passando per gli odori della natura, quelli buoni che raramente si potevano sentire in città, fino ad arrivare alle fragranze più intense e uniche.
Legni e fiori d’arancio era l’essenza che l’aveva catturato quella buia notte di metà inverno, legando il suo destino a quello di Jieun. Legni e fiori d’arancio era l’essenza preferita dal nonno di Jieun, quella che avevano scelto insieme prima dell’apertura del negozio, la stessa che permeava la casa dei nonni quando Jieun era ancora una bambina.
Lei non lascia che la potenza dei ricordi abbia la meglio sulle decisioni presenti; sorride dolcemente a Jungkook, mostrandogli che conserva ancora molte boccette, contenenti la fragranza fruttata, proprio sotto al bancone.
«Ti faceva sentire a casa».
Jungkook alza i palmi verso l’alto, alludendo al vecchio profumo che è ormai solo un lontano ricordo. «Me lo hai detto tu quando ci siamo conosciuti».
Jieun annuisce. «Era la verità. Con mio nonno in ospedale e miei genitori lontani da Busan, il negozio e i fiori d’arancio mi tenevano compagnia, a loro modo».
«Ma allora perché-»
«Perché adesso è con te che mi sento a casa».
La semplicità con la quale Jieun esterna quel pensiero lascia Jungkook a corto di parole. Lei è di nuovo vicina a lui e, intrecciando le loro dita, fa qualche passo indietro portandolo con sé, fin quando la sua schiena non arriva a toccare il legno chiaro e un po’ freddo del bancone.
«Come… come facevi a sapere che era la mia preferita?»
Jieun alza le spalle, abbassando un po’ il capo. «Non lo sapevo» ammette, abbozzando un sorriso. «L’ho sentita sulla tua maglia la prima volta che ti ho abbracciato e non l’ho più dimenticata».
«E come hai fatto ad averla?»
Jungkook non riesce ancora a capacitarsi del gesto di Jieun. Lei stavolta mette su uno sguardo da chi la sa lunga.
«Ho chiesto a Taehyung di procurarmi un campione» dice con cautela. «Ma non arrabbiarti con lui – aggiunge subito, notando le sopracciglia aggrottate del più piccolo – gli ho detto che me ne sarei presa tutta la responsabilità!».
«Voi due insieme siete pericolosi» commenta allora Jungkook, sospirando appena e accogliendo subito dopo Jieun tra le sue braccia. Si sente lusingato, forse anche spiazzato da quella decisione, che lo rende ormai protagonista assoluto dell’intera vita della ragazza. Non sa se veramente merita di occupare quel posto, dopotutto sente di aver fatto ancora così poco per lei, eppure anche solo il modo in cui Jieun ricambia la sua stretta e si accoccola sul suo petto, come se nulla, , potesse scalfirla, lo fa sentire la persona più importante del mondo. E Jungkook non ha nessuna intenzione di deluderla.
«Mio nonno è stato definitivamente dimesso dall’ospedale. Continuerà la terapia a casa» sussurra Jieun. infrangendo il silenzio dell’abbraccio, qualche minuto dopo.
«Davvero?! E me lo dici così?»
Jungkook scorge gli occhi di Jieun curvarsi all’insù, riflettendo la piega delle labbra. «Vuole conoscerti, Jungkookie».
«Che?!»
Jungkook si dimentica per un attimo le buone maniere e strabuzza gli occhi a quell’ultima notizia inaspettata. Jieun si lascia scappare un sospiro, accompagnato da un sorriso affettuoso e una breve carezza tra i capelli di lui.
«Chi è quel ragazzo che armonizza così bene nella tua canzone, Jieun? È il tuo fidanzato, Jieun?» dice sottovoce, in una buffa imitazione del timbro roco del nonno, pizzicando una guancia di Jungkook con fin troppa enfasi. Lui restituisce il dispetto mordendole leggermente il naso, camuffando un poco l’improvviso nervosismo che gli ha trasmesso l’idea di poter incontrare la famiglia di Jieun. Dopotutto lei considera suo nonno come un secondo padre, perciò Jungkook pensa che dovrà impegnarsi al massimo per fare buona impressione.
«Basterà che tu sia te stesso, Jungkook. Io amo ciò che sei... lo ameranno anche loro».
Jieun ormai conosce ogni suo dubbio più recondito, percepisce anche ciò che Jungkook a volte nega a sé stesso. L’empatia che la contraddistingue ha fatto sì che Jungkook potesse prendere coscienza di quei limiti che si era autoimposto, per poi cercare di superarli facendo leva sulle proprie forze. Jieun è in grado di trasmettergli determinazione e Jungkook pensa spesso che lei non sia solo la sua ragazza, ma un modello da seguire, una persona su cui poter sempre contare. L’indole indipendente e orgogliosa che possiede lo ha portato, nel tempo, a diventare autonomo e a trainare sulle proprie spalle anche i problemi di chi gli stava attorno. Jungkook ha imparato a cavarsela da solo, spendendo le proprie energie per le cose importanti, vivendo le sofferenze dei suoi cari come fossero le proprie, nascondendo le paure in un guscio protettivo, al quale solo lui aveva accesso. I suoi hyung sono stati i primi a scalfire quello scudo e Jieun ora è lì con loro, a tendergli la mano per portarlo con sé. Jungkook non ha più paura di cadere, perché sa che quando si rialzerà, avrà sempre qualcuno al suo fianco.

Gli basta ormai chiudere gli occhi ed espandere il diaframma per sentirlo scorrergli nelle vene, così reale e incredibilmente potente; lo ha catturato ancor prima che potesse respingerlo, ma adesso non ha più nessun dubbio o ripensamento.
Può davvero donare anima e corpo, se quello è l'amore.
 
 






















 _____________
Buonsalve a tutti! ^^
Siamo giunti all’epilogo di questa breve raccolta. Vi dirò la sincera verità, sono stata indecisa fino all’ultimo sulla resa del capitolo e credo di esserlo tutt’ora. Probabilmente è perché all’inizio avevo pensato ad un finale differente, più angst e meno “chiuso”, ma poi mi sono detta ehi, se scrivi una storia romantica con happy ending per una volta non muore nessuno (XD), e così è andata. Forse mi fa semplicemente strano dato che non è un genere a cui sono abituata, non saprei dire.  Spero che almeno a voi sia piaciuto e non vi abbia delusi! <3

Ringrazio tutti coloro che hanno letto la mia storia in silenzio, quelli che l’hanno inserita tra le preferite e le seguite, in particolare mando un abbraccio speciale a Blue Poison, bridgetvonblanche e _btsislife_ per aver recensito. *.*

Concludo sperando che la Big Hit esaudisca il desiderio del nostro caro Jungkook, facendo duettare con questa splendida ragazza. Dopotutto non chiedo molto: sono una shipper coi piedi per terra (più o meno XD).

Scherzi a parte, un GRAZIE enorme a tutti per aver vissuto assieme a me questa raccolta un po’ diversa dai miei soliti standard.

Alla prossima, spero! ^^


Vavi
  
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