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Autore: Mary P_Stark    18/01/2017    5 recensioni
Inghilterra - 1823
Elizabeth Kathleen Spencer, figlia di Christofer e Kathleen Spencer, si appresta ad affrontare la sua prima Stagione a Londra e se, per lei, questa è un'avventura in piena regola, per il padre appare come un incubo a occhi aperti.
Lizzie - come Elizabeth viene affettuosamente chiamata in famiglia - è ben decisa a divertirsi nella caotica Londra, in compagnia della sua adorata amica Charlotte, e non ha certo in mente di trovarsi subito un marito.
Al pari suo, Alexander Chadwick, secondogenito del duca Maxwell Chadwick, non ha interesse ad accontentare le mire paterne, che lo vorrebbero accasato e con figli, al pari del primogenito.
Per Alexander, le damigelle londinesi non hanno alcuna attrattiva, troppo impegnate a mostrarsi come oggetti di scena, per capire quanto poco, a lui, interessino simili comportamenti.
L'atteggiamento anticonformista di Elizabeth, quindi, lo coglie di sorpresa, attirandolo verso di lei in una spirale sempre più veloce, che li vedrà avvicinarsi fino a sfiorarsi, sotto un cielo di stelle, mentre il Fato sembra cospirare contro di loro. - Seguito di UNA PENNELLATA DI FELICITA'
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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Brevi cenni storici



Giorgio IV di Hannover (Giorgio Augusto Federico) (Londra, 12 agosto 1762Windsor, 26 giugno 1830) è stato re del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda e di Hannover dal 29 gennaio 1820. Figlio di Giorgio III e di Carlotta di Meclemburgo-Strelitz, aveva precedentemente esercitato le funzioni di principe reggente a causa dell'infermità mentale del padre.


Giorgio era un monarca ostinato, che spesso interferì negli affari politici (soprattutto riguardo alla questione dell'emancipazione cattolica), sebbene in misura inferiore rispetto al padre. Per la maggior parte della sua reggenza e del suo regno fu Lord Liverpool, il Primo Ministro, ad avere il governo effettivo del Regno.

Gli anni della Reggenza di Giorgio IV (1811-1820) furono segnati dalla vittoria nelle guerre napoleoniche in Europa e da un clima culturale particolarmente vivace in patria. Durante il suo regno vennero abrogati i Combination Acts che proibivano la libera associazione dei lavoratori. Nel 1829 Sir Robert Peel creò la Civilian Metropolitan Force, i cui componenti sono più noti come bobbies.

Giorgio IV è spesso ricordato come un principe e re liberale e stravagante: per questo si guadagnò l'appellativo di First Gentleman. Ebbe pessimi rapporti tanto con il padre che con la moglie, Carolina di Brunswick. Fu patrono delle arti e della letteratura, e visse un'intensa vita mondana, legandosi con i dandy più alla moda di Londra.
 

 

1.

 
 
 
Campagne dello Yorkshire - Aprile 1823

 

Di una cosa poteva essere assolutamente certa.

Quella sua prima Stagione a Londra, sarebbe stata strepitosa.

Per quel magico evento, che lei sognava ormai da quando aveva quattordici anni – e faceva invece tremare suo padre – Elizabeth Kathleen Spencer si era preparata con minuziosa attenzione.

Non voleva assolutamente finire preda di vanesi damerini con bei faccini e intenzioni ben poco onorevoli ma, al tempo stesso, non voleva neppure apparire frigida e scostante.

Sapeva che l’essere figlia di un conte, oltre che di una famiglia onorata e prospera imparentata con il re, avrebbe attirato dei cacciatori di dote da ogni dove.

Sua zia Myriam gliene aveva parlato, e così sua madre, Kathleen, che lei stimava e adorava.

Non nascondeva di voler diventare come lei, un giorno e di potere, forse, sperare in un matrimonio felice come quello tra la madre e il padre.

Era abbastanza romantica da sperarlo, pur se non ci credeva molto.

Trovava che il fatto di essere messe in mostra da Almack’s fosse paragonabile a una fiera del bestiame, e più volte suo padre si era lagnato per il medesimo motivo.

Al tempo stesso, però, ne era attirata come un magnete e, anche se i suoi fratelli si burlavano di lei, per questo, Elizabeth non si era mai scoraggiata.

Kathleen, inoltre, aveva sempre liquidato con un sorriso le lagnanze del marito, rammentandogli che sarebbe stato ingiusto, da parte loro, vietare alla figlia di parteciparvi.

In effetti, Elizabeth amava stare in compagnia delle persone, e Londra la incuriosiva, ed era anche così onesta da ammettere che York cominciava a starle un po’ stretta.

Certo, era una graziosa cittadina del nord, con bei negozi, colline interessanti in cui perdersi in lunghe cavalcate coi fratelli o i cugini, ma tant’era.

Lei voleva ampliare i propri orizzonti, e quale città migliore, se non Londra, per farlo?

Una volta, o forse più d’una, in effetti, suo padre l’aveva bonariamente accusata di essere come suo zio, di avere la sua stessa verve.

Elizabeth non aveva potuto avere l’opportunità di conoscere Andrew Campbell – di cui il suo gemello era l’omonimo – ma tutti, compresi Myriam e suo marito Anthony, ne serbavano bei ricordi.

Anche Randolf, suo cugino e figlio di Myriam e Andrew, aveva in sé vaghi ricordi del padre perso in guerra, pur se amava molto il suo patrigno Anthony Phillips, duca di Thornton.

Divenuto adulto e sposatosi con una giovane del sud, tale lady Savannah Johnson-Pruitt, era succeduto a Anthony come barone Barnes, e ora viveva nella casa di famiglia con la sua prole.

Avevano avuto un bellissimo figlio, Johnathan, che lei personalmente adorava, e Savannah era in attesa di un secondo bambino, che sarebbe nato in autunno.

Elizabeth non poteva certo dichiararsi scontenta della propria vita.

Era una figlia amata, così come una sorella, una cugina e una nipote amata, e lei ricambiava appieno questi sentimenti.

Inoltre, poteva contare su una famiglia unita e su una servitù fedele che le voleva veramente bene.

Sapeva però benissimo che il loro era un esempio di una rarità assoluta, nel mondo affettato, elegante e spesso lezioso del Ton.

Visitando le sue amiche di York, o presenziando nei salottini della madre o della zia Myriam, era stata testimone di vicissitudini tutt’altro che esaltanti.

Il fatto che uno dei suoi zii, William Knight, fosse fratellastro di sua madre, la diceva lunga su quanto fossero timorati di Dio, in realtà, i nobili inglesi.

Nel rallentare l’andatura del suo baio quando raggiunse i confini della casa dello zio, Elizabeth sorrise allo stalliere che l’aveva accompagnata, Bryan, e scese da cavallo.

Legato che ebbe il suo Starlight alla staccionata che segnava la proprietà, pregò Bryan di seguirlo – era inutile che restasse fuori a prendere freddo – e si avviò verso la casa a due piani degli zii.

Bridget si trovava lì a causa del ferimento di Julian, il suo secondogenito, caduto dal ramo di un albero che non avrebbe dovuto scalare.

Tenere fermo – o sotto controllo – il bambino di dieci anni, però, sembrava un’impresa impossibile per tutti.

Bussato che ebbe, Elizabeth attese che qualcuno venisse ad aprirle e, quando la domestica dei Knight la vide sulla porta, le sorrise e disse: “Benvenuta, Miss Elizabeth! Dio vi benedica… chissà che Julian non si calmi un po’, vedendovi!”

Accentuando il suo sorriso, la fanciulla replicò ironica: “Mio cugino fa i capricci?”

La donna, una matrona di cinquant’anni rimasta vedova precocemente, assentì e lanciò uno sguardo esasperato verso l’alto, facendo emergere un risolino dalla gola di Elizabeth.

Julian era sempre stato uno scapestrato, perciò non faticava a immaginarselo mentre faceva ammattire sua madre, o la governante.

Salite le scale verso il primo piano, mentre Bryan si attardava in cucina assieme a Mrs Kittwell per un goccio di tè caldo e cialde ripiene, Elizabeth si diresse verso la camera di Julian con passo spedito.

Lì, dopo aver bussato un paio di volte, aprì il battente e scorse il cugino steso a letto col braccio steccato e la madre, accigliata, forse pronta a suonargliele di santa ragione.

Lo sguardo di sfida del giovane Knight, però, dava l’idea di non essere minimamente spaventato dal cipiglio della madre.

Elizabeth intervenne in quel momento, sperando così di sedare un po’ gli animi e di evitare la rissa.

Salutando il cugino, che le sorrise con autentico affetto, la giovane passò accanto alla zia, sfiorandole un gomito con la mano in segno di comprensione e, piegatasi verso il letto, baciò la fronte di Julian, asserendo: “Hai più forza di un leone, nonostante tutto, cugino. Il braccio ti duole molto?”

Ammiccando coi singolari occhi color brandy – retaggio del padre – Julian replicò con sagacia: “E’ proprio quello che stavo dicendo a mia madre, cugina Elizabeth. Non ho affatto necessità di rimanere steso a letto, o chiuso in camera come un derelitto. Ho dieci anni, per…”

L’occhiata glaciale di Bridget lo azzittì prima che potesse dire qualcosa di troppo e Julian, arrossendo leggermente, borbottò: “Sì, insomma, non penso di dover rimanere a letto come un malato terminale.”

Elizabeth sorrise indulgente e, nel sedersi sul bordo del letto, sistemò il suo abito da cavallerizza con tocchi leggeri delle dita.

Le era sempre parso assurdo dover indossare quell’ingombrante abito in raso color muschio, costringendosi nel rigido corsetto in stecche di balena, ma la moda questo diceva.

Avrebbe preferito di gran lunga andarsene in giro per la campagna come solevano fare i suoi fratelli, con i calzoni al ginocchio e la giacca aperta sul torace.

Ma sapeva bene come doveva comportarsi come una vera lady, e lei lo era fin nel midollo, pur se apprezzava la libertà che i genitori le avevano sempre concesso.

Lappandosi le labbra per entrare meglio nel personaggio, Elizabeth tornò a guardare il cugino con estrema serietà e, sbattendo le ciglia con affettazione, mormorò: “Devi riguardarti, invece, poiché è di vitale importanza il fatto che tu guarisca perfettamente. Se il braccio dovesse guarire male, come potresti cavalcare agevolmente, Julian? E chi aiuterebbe tuo padre nella tenuta, se tu fossi per sempre menomato?”

Fare riferimento al padre era sempre il modo migliore per calmare i bollenti spiriti del cugino, specie se a farlo era lei.

Era scorretto usare l’affetto che Julian provava nei suoi confronti ma, se questo poteva tenerlo fuori da guai, lo avrebbe usato eccome.

Bridget la lasciò fare e, facendo finta di dover sistemare alcune cose del figlio, cercò di lasciare ai cugini il giusto spazio e un po’ di privacy.

Julian, come sempre, si lasciò intenerire dalla cugina e, annuendo grave, replicò: “Hai sicuramente ragione, cugina Elizabeth ma è difficile, per un uomo, rimanere confinato nelle proprie stanze.”

La ragazza cercò di non ridere – il cugino, a volte, si prendeva un po’ troppo sul serio – e asserì a sua volta: “Non lo metto in dubbio, cugino caro ma, proprio per questo, devi capire che il tuo ruolo di uomo, all’interno della famiglia, è così importante che la tua salute non può passare in secondo piano. Senza di te, tuo padre dovrebbe svolgere i propri lavori in solitudine, o appoggiandosi solo ai suoi dipendenti. Ma sappiamo bene entrambi che la fedeltà di un figlio è impagabile.”

Del tutto serio, Julian assentì grave, ed Elizabeth seppe di aver vinto la battaglia, pur se non la guerra.

Sapeva benissimo che, entro qualche giorno, Julian avrebbe ripreso a scalpitare come un cavallo, e che Bridget avrebbe dovuto ricorrere alle corde, forse, per tenerlo a letto.

Per il momento, però, il peggio sembrava essere passato.

Nel salutare il cugino, che sospirò come un’anima in pena pur senza cercare di fuggire, la giovane uscì dalla stanza assieme alla zia e, entrambe, scesero dabbasso.

Dopo aver chiesto tè e pasticcini a Mrs Kittwell, Bridget si accomodò nel salottino di casa assieme alla nipote e lì, con un sospiro, asserì: “Se non fossi arrivata tu, cara, avrei dovuto tramortirlo con una pala. E dopo, chi l’avrebbe sentito, William, vedendo il figlio con un bernoccolo in testa?”

Elizabeth rise sommessamente – sapeva bene che Bridget non sarebbe mai arrivata a tanto – e replicò: “Sarebbe stato interessante ascoltare le tue spiegazioni, zia.”

“Oh, sicuramente!” assentì Bridget, sorridendo quando Mrs Kittwell entrò con la loro merenda.

Dopo averla congedata, con la preghiera che si riposasse un po’, Bridget servì il tè per entrambe ed Elizabeth, sorridendo nel sorseggiare un po’ di bevanda ambrata, mormorò: “Come mai non hai preso nessun altro, per darti una mano con la casa?”

Bridget sorrise indulgente, replicando: “Sono nata domestica, cara e, anche se William ha ereditato una cospicua somma di denaro, alla morte di suo padre, oltre a ciò che gli aveva destinato tuo padre, rimango pur sempre la figlia di un vicario e di una lavandaia.”

La fanciulla scrollò le spalle, incurante delle sue umili origini.

“Ora non lo sei più, però, e potresti contare su almeno due o tre persone che ti aiutino, qui in casa, invece di occuparti di gran parte dei lavori” le fece notare Elizabeth.

Sapeva bene che Mrs Kittwell si occupava solo dei pasti e di poco altro.

Era lì soprattutto perché era un’amica di famiglia, rimasta sola dopo la morte del marito.

Bridget sorrise indulgente, limitandosi a dire: “Le abitudini sono dure a morire.”

“Niente di più vero” assentì laconica la ragazza, lanciando un’occhiata fuori dalla finestra, ove si scorgeva il contorno rotondo della collina e Green Manor in tutto il suo splendore e i suoi segreti.

Non ne aveva mai conosciuto i motivi, ma si era sempre chiesta come mai suo padre, il primo giorno di ogni anno, sostasse così a lungo nella cappella di famiglia per pregare.

Non si era mai arrischiata a chiedere, temendo potesse essere un ricordo troppo doloroso da rammentare, o qualcosa che i genitori non volessero dirle.

D’altra parte, però, era ormai grande – quanto meno, quel che bastava per poter essere maritata – e credeva fosse importante sapere una cosa simile.

Chi meglio di Bridget, quindi, per sapere cosa fosse successo di così importante, quel giorno?

Tornando a volgersi verso di lei, quindi, la ragazza si lappò nervosamente le labbra e domandò: “Posso importunarti con una domanda, zia?”

Vagamente sorpresa dall’ansia che lesse in quegli splendidi occhi grigio ghiaccio, eredità del padre, la donna assentì, spingendola poi a parlare con un gesto della mano.

Stringendo le mani in grembo, le lunghe dita affusolate ora rattrappite e fredde, Elizabeth le chiese: “Cosa successe, il primo giorno dell’anno? Non so di quanti anni addietro ma, dacché io ricordo, mio padre è solito pregare molto, quel giorno, e non credo che sia per benedire l’anno appena iniziato.”

Bridget impallidì leggermente, a quella domanda, rammentando fin troppo bene cosa fosse successo, … e cosa si fosse rischiato.

Era un periodo della loro vita che nessuno rammentava volentieri, ma ognuno di loro avrebbe dovuto sospettare che, prima o poi, qualcosa sarebbe venuto a galla.

Inoltre, avrebbe anche potuto succedere che, durante i banchetti cui sarebbe intervenuta Elizabeth durante la Stagione, lei potesse venire a conoscenza di qualche diceria.

Poteva lei riaprire quella ferita? O doveva delegare suo padre, o sua madre, perché facessero chiarezza nei dubbi della figlia?

D’altro canto, non voleva sobbarcare i conti di quel brutto episodio occorso nel loro passato, ed era diritto di Elizabeth sapere.

Preso perciò un bel respiro, Bridget le domandò per contro: “Hai mai notato che tua madre, sulla spalla sinistra, ha una cicatrice tondeggiante?”

Vagamente sorpresa, la giovane assentì e, quando Bridget non disse nulla, la contessina venne presa da un principio di panico.

Si portò le mani alla bocca per reprimere un singulto strozzato e, pallida come un cencio, esalò: “Le spararono?! Quella… quella ferita è… è un colpo di pistola? Di fucile?!”

“Di pistola, mia cara” la corresse Bridget. “Tuo padre si batté a duello, l’inizio dell’anno in cui voi nasceste, per difendere l’onore di tua madre… e lei era con lui.”

Sbattendo furiosamente le palpebre, Elizabeth esalò: “Mio… padre? Ma… ma non è illegale battersi?”

Sorridendo teneramente – se c’era una cosa in cui eccelleva la nipote, erano gli studi in legge e la Storia – Bridget si limitò a dire: “E’ una regola che non è mai stata rispettata molto, cara e, nel caso specifico, tuo padre aveva tutte le ragioni per volersi battere.”

Ancora, la fanciulla fece fatica a ricollegare la figura tranquilla e pacifica del padre, con un uomo capace di battersi a morte per difendere l’onore dell’amata.

Il lato romantico che era in lei esultò di calore, ma la sua parte analitica rabbrividì al pensiero di aver quasi perso entrambi i genitori a causa di un duello.

“Come vi entrò mia madre?” chiese a quel punto.

“Kathleen si gettò in mezzo quando lo sfidante di tuo padre, ferito dal colpo esploso da Christofer, non rispettò le regole. Estrasse una seconda pistola e, nello stupore generale, mirò al conte. Tua madre non lo permise, prendendo il colpo al suo posto” le spiegò succintamente Bridget, facendo sgranare gli occhi alla nipote.

“Cielo!” ansò sgomenta, non aspettandosi di certo una reazione simile, in una lady titolata.

Lei aveva sempre pensato che sua madre fosse una persona dalla sopraffina eleganza e compostezza – nessuna rivaleggiava con lei – ma, a questo punto, che pensare?

Certo, l’aveva vista a cavallo, e sapeva che era in grado di cavalcare anche con una sella da uomo, ma… gettarsi in mezzo a un duello?

Era davvero… eccezionale!

Sorridendo orgogliosa ed eccitata, Elizabeth si portò le mani al cuore ed esalò ammirata: “Quanto doveva amarlo, per compiere un gesto simile?”

“Molto, mia cara, ma credimi quando ti dico che tuo padre, per tutto il tempo, si odiò per averla portata con sé, e noi tutti restammo in trepidante attesa di un suo recupero. Non vi fu nulla di romantico, in questo.”

Elizabeth, però, la ascoltò appena, troppo presa dal pensiero che i suoi genitori potessero essersi comportanti come gli eroi di una mitica storia d’altri tempi.

Quando infine rincasò, sempre accompagnata dal fido Bryan, la giovane contessina non poté che ripensare alle parole della zia.

Si era sempre accorta che i genitori, rispetto ad altre coppie di sua conoscenza, avevano un’intimità nello sguardo e nei gesti davvero inusuale.

Questa cosa le era sempre piaciuta e, pur sentendosi un po’ in colpa nell’ammetterlo, si era vantata di questo con le amiche.

Ora che sapeva la verità, o almeno una sua parte, dovette ricredersi. Il loro amore era molto più forte e potente di quanto non avesse mai immaginato!

Consegnato cappellino, guanti e frustino a uno dei lacchè, Elizabeth si diresse quindi verso le scale principali e, da lì, verso lo studiolo del padre.

Aveva tutta l’intenzione di fargli capire quanto lo ammirasse, e la stessa cosa avrebbe fatto con la madre.

Era così orgogliosa di avere due genitori così coraggiosi e innamorati!

Quasi saltellando lungo il corridoio ricoperto di tappeti, Elizabeth raggiunse infine lo studio e lì, dopo aver bussato, si affacciò e sorrise al padre.

Lui levò immediatamente il capo dai documenti che stava leggendo e, depositata la penna nel calamaio, si levò in piedi massaggiandosi la gamba destra.

Sapeva che, ai tempi della guerra – quando era morto zio Andrew – lui era stato ferito gravemente alla gamba, e a causa di ciò aveva mantenuto una leggera zoppia.

Questo, però, non ne aveva mai minato l’eleganza, a modo di pensare della figlia.

Aggirato che ebbe l’ampia scrivania di noce, Christofer si fermò accanto a essa, vi poggiò contro un fianco e, sorridente, esordì dicendo: “Ebbene, mia cara? La passeggiata è stata bella?”

Chiudendosi la porta alle spalle, Elizabeth assentì e, nel sorridergli con affetto, asserì: “Sono stata a casa di William e Bridget per vedere come stava Julian. Fa un po’ i capricci ma, per lo meno, non è in pericolo di vita.”

“Bene. Quel ragazzo ha l’argento vivo addosso, e ho tremato quando ho saputo che si era fratturato un braccio” sospirò di sollievo Christofer.

La figlia non ce la fece proprio più.

In barba all’etichetta, a tutto quanto, raggiunse il padre in poche, rapide falcate e lo abbracciò con foga, sorprendendo non poco l’uomo.

I riccioli chiari di Elizabeth le si sparsero sulla schiena e Christofer, carezzandoglieli con gentilezza, mormorò preoccupato: “Cosa succede, tesoro mio?”

“Ti voglio bene, padre. Davvero tanto” sussurrò con trasporto la giovane.

Vagamente sorpreso da quell’esternazione – la figlia era molto diretta ma, di solito, non si sdilinquiva mai a quel modo – l’uomo le domandò: “Te ne voglio anch’io, tesoro, ma come mai dirmelo ora?”

Lei sorrise contro il suo torace ampio e protettivo e, nel socchiudere gli occhi, mormorò: “Volevo solo fartelo sapere. Tutto qua.”

Pur subodorando altro, Christofer preferì lasciar perdere e, nel tenersela stretta, sussurrò contro i suoi capelli: “Sai che a me e alla mamma puoi dire tutto, vero?”

“Oh, sì. Ma sto bene, davvero” lo tranquillizzò lei, scostandosi per sorridergli.

“Un po’ di ansia pre-Stagione?” ipotizzò allora l’uomo, sistemandole un ricciolo ribelle dietro un orecchio.

Elizabeth rise sommessamente, a quell’appunto e, nello scostarsi, fece una mezza piroetta e replicò divertita: “Quello che è in ansia sei tu, padre. Non hai forse fiducia in me?”

Sbuffando, Christofer borbottò: “Non proprio, cara. Ma so quanto può essere affascinante, quel mondo, per chi non lo ha mai visto. E ci sono tanti baldi giovani dai sorrisi accattivanti, in quelle sale. Davvero non il primo posto in cui lascerei mia figlia.”

Elizabeth si coprì la bocca per non esplodere in una gaia risata divertita e, nel prendere entrambe le mani del padre, lo costrinse a un mezzo giro di minuetto, asserendo: “Adorerò le luci e i colori, ma ricorda anche che ho la testa sulle spalle, e so da chi stare alla larga. I galletti presuntuosi non fanno per me, e neppure quelli troppo melensi e appiccicosi.”

“Lo spero bene” sospirò afflitto Christofer, bloccando quel balletto improvvisato per carezzare il viso della figlia. “Sei un bene troppo prezioso, perché io possa perderlo così alla leggera.”

“Non mi perderai mai, padre” sussurrò la giovane, mordendosi un labbro di fronte all’autentica ansia dimostrata dall’uomo dinanzi a lei.

Poteva davvero essere degna di tanto amore?

In un modo o nell’altro, lo sarebbe stata, e avrebbe conquistato un uomo che l’avrebbe guardata con altrettanto affetto.

O almeno, così lei sperava.


 


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Ed eccoci qui, nuovamente nell'epoca Regency, con la famiglia Spencer, alle prese con la prima Stagione della nostra Elizabeth, ormai divenuta grande e pronta per essere presentata al mondo.


Ma il nostro Christofer sopporterà che altri uomini, oltre a loro della famiglia, entrino in contatto con lei?
Visti i tempi, gli dareste torto?

  
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