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Autore: Hikari_Henko    18/01/2017    0 recensioni
L'invero porta con sè un forte senso di solitudine, di desiderio di avere accanto a sè qualcuno. Ogni minimo dettaglio diventa importante. L'unica cosa da ricordare è di non naufragare fra le emozioni e i piaceri.
Dedicato a : _dreamless_
Genere: Malinconico, Poesia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era incredibile come il vento, che prima ci scompigliava i capelli rendendoci incredibilmente buffi, ora ci stia accompagnando verso un luogo lontano chilometri. Dove rimanere aggrappati fra noi sia l’unico modo per non precipitare nell’immenso mare inquieto sotto ai nostri piedi.

Quanto costava, però, cadere su questo mare?

---

I tasti del pianoforte erano terribilmente freddi. Sembrano pure terribilmente soli. Quelli della scala diatonica, maggiormente. Non si toccano mai, non sono come quelli della scala cromatica, quella abituale, che tutti adorano scorrere con un dito, creando un suono piacevole, sempre uguale per quanto qualcuno ci provi. I tasti neri, erano diversi. Separati, con suoni più discutibili. Non erano piacevoli da ascoltare da soli.

Non sarebbero mai stati come i tasti bianchi.

Non per questo meritavano di essere dimenticati. Se suonati in compagnia dei tasti bianchi, diventavano qualcosa di veramente straordinario. Un tremolio crepitante. Una vita accesa.

Questo Roderich lo sapeva. Ormai lo sapeva benissimo. Solamente che si soffermava sulla tastiera. Non alzava il volto se non per gli spartiti. Lui era legato a quei suoni scossi.

Se un suono non andava come voleva lui, continuava a provare, e a provare, insistentemente.

D’un tratto, il campanello. Non era strano. Delle volte, i suoi familiari passavano a trovarlo per parlare di economia, o soltanto per cercare riposo ascoltando le solite melodie. Tuttavia, non era un familiare. Anche se lo conosceva bene.

-Crucco, hai visto quel bastardo che se ne sta sempre col tuo amichetto?- Chiese l’italiano, col fiatone. Se un tipo così legato al sole, alla bella stagione, al suo paese, si fosse recato così urgentemente in un luogo lontano, freddo e sperduto come Vienna, ci sarà stato dietro un motivo importante. Non osava nemmeno immaginare. Lo fece accomodare.

Gli diede delle bevande calde per ristabilire il suo freddo corpicino, facendolo sedere su una poltrona vicino al piano dove poco prima suonava. Tutto sembrava calmo. Non aveva nemmeno notato che fuori aveva ripreso a nevicare, dopo due giornate di cielo limpido.

-Allora… cosa sta succedendo?

-Non torna a casa da tre giorni, quel fottuto spagnolo.- Lovino ancora si abbeverava per bene.

-Anche io Gilbert non lo vedo da un po’ di giorni… saranno andati a farsi qualche scampagnata come loro solito…

-Lui mi lascia sempre qualcosa di scritto. Sa che dopo lo prendo a sprangate se non so dove è, con chi, e per quanto rimarrà assente.

“Questo è psicopatico uguale ad Antonio…” pensò l’austriaco.

-Pensavo fosse qui, con gli altri due… Dio quando torna avrà l’aspetto di un dalmata da quante gliene darò.

-Hai già contattato anche l’inglese, immagino.

-Certamente. Il sopracciglio magico se ne sbatte, sa che tornerà prima o poi anche il mangia-baguette… perché i vostri non vi avvisano comunque di nulla?

-Sarà che… se tutti e tre scompaiono, possiamo stare calmi visto che tra loro se la risolvono da soli… circa…

-Quindi smontare un lampione in autostrada urlando “tu non PUOI PASSARE” è una cosa normale e responsabile, giusto?

-Ho detto circa, non fraintendermi Vargas…

Se ne stettero un qualche minuto in silenzio, avvolti dall’incessante rumore della neve che ondeggiava nell’aria.

-La neve sta ballando…

-Che caz- cosa stai dicendo?

-E’ fredda, rigida, ma piccola e aggraziata. Avvolge ogni superficie, non importa dove. Si deposita, si unisce ad altra neve. Solo il calore può mutarla…

-Cosa intendi?

-Nulla… penso che proseguirò i miei studi, se non ti spiace.

Lovino non sapeva cosa gli stesse succedendo, era tutto sballato. Si accoccolò alla poltrona, mangiucchiando dolcetti. Osservando i tasti che andavano su e giù, il cambiamento di note e di spartiti.

Poco prima leggeva “La melodia dell’amore” e un attimo dopo “Raindrops”, perché tutti questi autori differenti? Perché tutte queste canzoni erano così… sole?

Malinconiche, non davano segno di speranza, ma nemmeno di paura. Non erano di rabbia, di tristezza, o di felicità.

Suonavano bene però, se le composizioni era lui a riprodurle.

Roderich non era mai stato così pieno di emozioni di fronte a nessuno. Non mostrava mai nulla di più di un arricciamento al naso. Era strano. Però era ancora più strano con Gilbert attorno. Era diverso. Ancora più diverso. Qualcosa si accendeva in lui. Qualcosa veniva riscaldato, come il leggero fiocco di neve a contatto con il calore corporeo.

Lovino si addormentò, cullato dalle melodie.

---

Dopo due ore, l’austriaco suonava e l’italiano dormiva ancora. Arrivarono a casa sia Gilbert che Antonio. L’ultimo si sentì sollevato nell’aver trovato il giovane, dove a casa non si trovava da nessuna parte.

Ringraziò i due, prese in braccio l’italiano insonnolito e salirono nella loro auto, in direzione “POSTI CALDI”.

Gilbert chiusa la porta, si girò a guardare il compagno, che aveva un’aria tenera, ma anche arrabbiata.

-Dove eri?

-In giro…

-Per tre giorni? O anche di più?

-Si.

Roderich sospirò, girò i tacchi e tornò a suonare come prima. Il prussiano lo seguì. Gli stava così vicino da avvertire il suo corpo congelato.

-Copriti, damerino.

-No…

Gilbert si chinò su di lui, abbracciandolo da dietro, scaldandolo con quel poco che si ritrovava in corpo. La neve batteva furibonda, il piano era ormai silenzioso. L’austriaco non fece obbiezioni, quel calore era confortante, speciale. Desiderava che durasse per sempre.

Si voltò, staccandosi da colui che riusciva a far suonare la scala diatonica più apatica e solitaria: lui.

In effetti, erano il contrario: Gilbert era pallido di capigliatura, come la scala cromatica, mentre Roderich era quasi nero sul capo, come i tasti neri e insignificanti sempre soli.

Però lui non era solo.

Il suo cuore era il metronomo, il compagno il direttore d’orchestra.

Si alzarono, le labbra iniziarono a richiamare i flauti, le trombe.

I polpastrelli delle dita sui loro fianchi la tastiera.

Le braccia si allungavano, sorreggevano, violini e bassi.

Roteavano su loro stessi come i fiocchi di neve.

Si stesero sulle candide coperte bianche.

Tremavano come le corde di una chitarra passata dal plettro.

Ribollivano su loro stessi. Le grancasse copriva ogni altro suoni, due, tre volte.

 Si allontanarono dal loro mondo terreno.

Rullavano in festa le palpebre, che si aprivano per pochi secondi, per poi richiudersi.

L’intreccio nelle loro bocche era come un’arpa, che si scontrava calorosamente provocando un tintinnio.

La neve cessò di piombare su Vienna quella notte, lasciando un sovraumano silenzio in quelle piccole stanze.

---

Lovino venne svegliato il mattino successivo.

Si ritrovava casualmente senza vestiti accanto ad Antonio, anche lui casualmente nudo.

(CHISSA’ COSA SARA’ SUCCESSO, BAH)

-B-BruTTO BASTARDO! – lo scaraventò sul pavimento. I due erano inondati dalla calda luce del mezzogiorno.

-Cosa ho fatto, Lovi?- assunse un faccino tenero, degno di un qualsiasi povero bimbo indifeso.

-Spiegami. Tutto. Ora.

-Eeeeh sapessi…

-HO. DETTO. ORA.

Allo spagnolo venne un brivido.

-Hai mangiato qualche dolce a casa dell’austriaco no?

-E con questo?

-Erano dolcetti alcolizzati… ti sei ubriacato, ecco perché non avevi neppure freddo dopo un po’… Quando siamo arrivati qui, dopo che sono venuto a recuperarti, hai iniziato a farfugliare dicendo che avevi caldo, che volevi spogliarti e tutto… e anche altro……….

-Altro cosa?

-Questo lo puoi chiedere al tuo fondoschiena.

Fu così che in un primo momento Lovino sbottò e non ne volle sapere di guardare il ragazzo, poi quest’ultimo gli si scaraventò sopra riempiendolo di baci e altro, tentando di calmare l’animo inquieto del ragazzo.

(PERCHE’ GIUSTAMENTE, SE IL TUO RAGAZZO E’ INCAZZATO PERCHE’ TE LO SEI FATTO SENZA CHE LUI POTESSE RICORDARSI DI QUALCOSA, TE LO RIFAI ANCORA PEGGIO LA MATTINA DOPO PER FARTI PERDONARE)

Il mare, sotto i loro piaceri, scorreva limpido, nella sua solita freddezza, trascinandoli con sé sotto le onde, portandoli al piacere sublime.
   
 
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