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Autore: black_eagle    19/01/2017    0 recensioni
"Non so con quali armi si combatterà la Terza guerra mondiale, ma la Quarta sì: con bastoni e pietre" Albert Einstein.
E se Einstein si fosse sbagliato?
Sono passati secoli dalla Guerra e l'umanità ha ricostruito il suo mondo dalle macerie in cui lo aveva lasciato, con nuovi stati e società. Ma ora non è più l'unica razza intelligente presente sul pianeta e la Terra non è più il luogo pacifico di secoli fa.
Mentre le tensioni tra i nuovi stati crescono, i Mutanti minacciano le terre umane e altri pericoli, più oscuri e sinistri, si celano nelle ombre di un passato quasi del tutto dimenticato.
E Alberto, Marek e tanti altri dovranno dar prova di ogni loro singola abilità per riuscire a sopravvivere e tentare di realizzare i loro sogni in questo nuovo e spietato mondo.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6_Primi Passi
6
PRIMI PASSI
*Nota dell'autore*
https://www.dropbox.com/s/b6m20chjv9dfme6/Varie_EFP.txt?dl=0
Come nel capitolo precedente vi allego link con un file di testo in cui mi sono scritto un piccolo riassunto di ogni capitolo e l'elenco dei personaggi apparsi finora. Dati i miei tempi instabili nella scrittura e nella pubblicazione penso possa risultare comodo. Stavolta l'ho messo qua in cima perchè penso che sia più comodo e molto più visibile.
Grazie ancora a chiunque sia arrivato fin qui a leggere.
E non fatevi scrupoli a criticarmi se trovate qualcosa si sbagliato o troppo incoerente. In fin dei conti è dalla critiche che si impara di più.


Alberto entrò a passo lento nel giardino. Il cancello si chiuse dietro di lui con un rumore metallico. Nonostante fosse stato lì un bel po’ di volte non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che quel suono avesse qualcosa di oscuro e definitivo, come una bara che si chiudeva.
Attraverso il giardino stando sul vialetto di ghiaia che conduceva fino alla casa. I vari alberi spuntavano tetri qua e là nel prato, ancora scheletrici e privi di foglie per il freddo. Qualche chiazza di neve completava il quadro. Quello appena passato era stato un inverno strano, le temperature erano state abbastanza alte, faceva comunque un freddo cane a parer suo, e poca neve era caduta. Erano brutti segni. O almeno questo è quello che aveva sentito dire Alberto. “Inverno freddo, estate calda. Inverno caldo e guai in arrivo” dicevano i vecchi. Per quanto lo riguardava era ben felice di quel clima. Meno neve e meno ghiaccio significavano furti più facili, strade e tetti più puliti dove scappare e muri meno scivolosi dove arrampicarsi. Di certo non avrebbe perso tempo a credere che un inverno più mite sarebbe stato portatrice di sventura per qualche vecchia stupida superstizione o proverbio. Per conto suo c’era solo da guadagnarci.
La casa della famiglia Polnoc era un edificio stupendo, specie se confrontato allo squallore del resto delle costruzioni degli Slums. Si trattava di una vecchia villa pre Guerra, completamente ricostruita e ristrutturata. Aveva i muri bianchi perfettamente intonacati e ampie finestre si intervallavano per tutta la loro lunghezza. Al primo piano un grande terrazzo faceva il giro di buona parte della casa e da lì sopra alcuni uomini con dei fucili da cecchino pattugliavano costantemente la zona. Alberto si accorse che uno di loro lo stava tenendo d’occhio, con il fucile già pronto in caso di necessità. Finse di non vederlo e continuò a camminare con una calma quasi forzata. L’ultima volta che era stato lì non c’erano così tante guardie. Se c’erano persino dei cecchini sulla terrazza significava che il vecchio Polnoc era davvero preoccupato, e questo certamente non era un buon segno.
Una piccola scalinata portava al portico davanti all’ingresso. Qui due uomini armati di fucile facevano la guardia davanti alla porta a due ante di legno massiccio, l’ingresso principale alla casa. Almeno questi li conosceva ed erano sempre stati li.
-Vasilij, Grimcka- lì saluto con un cenno.
I due erano fratelli gemelli, praticamente identici. Le uniche differenze tra i due si riscontravano nelle cicatrici che coprivano i loro visi. Grossi, con i capelli biondi tagliati corti in stile militare e occhi azzurro chiaro che ti fulminavano con uno sguardo davano chiaramente l’impressione di uomini molto pericolosi che era meglio non disturbare. Luenam li chiamava scherzosamente “i suoi angeli custodi”, in quanto ogni volta che usciva di casa loro due lo accompagnavano, volente o nolente che fosse.
-Alberto- rispose Vasilij, il più socievole dei due. L’altro si limitò a un grugnito.
-Sai già la procedura, lascia qui le armi e fatti ispezionare-
Consegnò loro la spada e i pugnali. Dopodiché lasciò che le due guardie facessero il loro lavoro. Come al solito furono rapide ed efficienti. Una volta finito Vasilij si avvicinò al citofono e schiacciò un pulsante. Scambio qualche parola con una guardia all’interno e la porta facendo fuoriuscire una folata d’aria calda.
Saluto le due guardie ed entrò nell’ampio salone d’ingresso. Il maggiordomo della casa, un cretino borioso che Alberto proprio non sopportava, si fece avanti per prendergli il mantello e invitarlo a togliersi gli stivali, con la sua solita aria tronfia e di superiorità. Qualche volta Alberto aveva pensato di ricordargli che lavorava solo per un criminale, e che tale rimaneva per quanto influente e potente fosse. Poi però aveva anche pensato che era meglio subire le critiche di quello stupido maggiordomo piuttosto che insultare i Polnoc in casa loro. Decise quindi di rimangiarsi ancora una volta le sue parole e di seguire in silenzio l'odiosa figura.
L'interno della residenza era stupendo. L'entrata era un enorme salone in stile classico con una scalinata di marmo al centro che portava ai piani superiori. Le pareti della stanza erano intonacate di bianco e lungo di esse si trovavano quadri famosi, frutto di generazioni di attività criminali. Un grande lampadario di cristallo completava il tutto. A ben pensarci quel posto sembrava più la villa di un conte che quella di un criminale.
Salirono le scale e presero il primo corridoio a destra. Passarono davanti a una porta socchiusa da cui provenivano delle voci, anzi una voce, e parecchio incazzata. Era il vecchio Polnoc che stava urlando qualcosa –Non è possibile. Quel dannato magistrato stia causando… Problemi…Urge…risposta…- la voce divenne più debole e confusa man mano che si allontanavano dalla porta.
Arrivarono davanti una scala a chiocciola. La stanza di Luenam era all’ultimo piano della casa, ricavata dalla vecchia mansarda.
-Il signorino è stato avvisato del suo arrivo- disse il maggiordomo -Appena sarà pronto ad andarsene basta che lei mi avvisi e la riaccompagnerò alla porta-
-Non mancherò di farlo- rispose Alberto, quasi digrignando i denti. Quanto odiava quel tipo.
Salì le scale. La camera era ampia, illuminata da un grande lucernario sul soffitto. Di fronte alla scale una porta finestra conduceva a un piccolo terrazzino sul tetto, da dove si poteva godere di una vista sopraelevata degli Slums e del loro squallore. Il letto a due piazze occupava il centro della stanza, insieme a un piccolo divano, un tavolino e due poltrone. La parete destra era occupata da un sacco di scaffali e librerie mentre sulla sinistra, sotto un finestra, c’erano una scrivania e un tavolo da lavoro. Ed è proprio lì che Alberto trovò Luenam. Era chino su un qualcosa che da lì non riusciva a vedere, un qualche aggeggio elettronico conoscendolo. Non si era accorto della sua presenza.
Fece un colpo di tosse.
Luenam si girò e lo fissò. Dopodiché si alzò di scatto e corse in contro ad abbracciarlo.
-Alberto, vecchio mio. Sono mesi che non ti vedo. Dov’eri finito? – la sua voce aveva il solito timbro leggermente acuto ma solare.
Luenam era alto circa un metro e ottantacinque, qualche centimetro in più di Alberto ma era anche decisamente più grassottello. Il viso tondo era incorniciato da due guance paffute e lineamenti morbidi. I cappelli erano marrone nocciola e probabilmente anche barba e baffi avrebbero avuto lo stesso colore se mai gli fossero cresciute. Gli occhi, della stessa tonalità dei capelli, erano pieni di energia e voglia di vivere.
-Ad occhio e croce direi a cercare un tetto sopra la testa e un piatto caldo per rifocillarmi- replicò il ladro, con un leggero sarcasmo ma rispondendo però all’abbraccio.
-Dai scemo, ti ho già detto un sacco di volte che se ti serve qualcosa basta chiedere. Scommetto che il nonno ti troverebbe anche un lavoro-
-Ehm…Se possibile preferirei evitare- l’idea di lavorare per una famiglia criminale non aveva mai entusiasmato troppo Alberto. Conosceva bene quel mondo e preferiva non nuotare in acque torbide. Non che le sue non lo fossero naturalmente ma i Polnoc trattavamo affari assai più discutibili dei suoi, per dirla in maniera gentile.
-Come vuoi- il tono di Luenam non era cambiato di una virgola. Era abituato a questi scambi di battute e alla fine comprendeva le motivazioni dell’amico -Accomodati comunque, fai come al solito. Vuoi caffè? O tè? Qualcosa di più forte?-
Alberto si buttò sulla poltrona più vicina. Le adorava, erano comodissime e ci sprofondava ogni volta che andava lì.
-No, no. Grazie lo stesso. Per quanto vorrei che fosse una visita di piacere sono venuto per parlarti d’altro. Diciamo che sono in una situazione “leggermente” complicata e mi serverebbe un aiuto. Un grosso aiuto-
-Dimmi tutto- Luenam si fece subito serio. Sapeva che il suo amico era avventato qualche volta, ma mai troppo nel suo lavoro e soprattutto si era sempre rifiutato di chiedergli aiuto, qualsiasi cosa dovesse fare.
Alberto si mise a raccontargli gli avvenimenti del giorno prima. L’incontro col servitore, il lavoro che doveva compiere e le minacce velate che aveva ricevuto. Tralascio naturalmente lo spiacevole incontro con i due stupratori, quello era stato solo un evento imprevisto.
-E quindi questo è tutto- concluse –Tu cosa ne pensi?-
Luenam si prese il suo tempo per pensare.
-Che sei in un bel guaio. Un gran bel guaio. Pero penso che la mia famiglia…-
Alberto lo interruppe subito-Preferirei evitare, lo sai. Ho chiesto aiuto a te, non a loro. So già che non ce la posso fare da solo ma onestamente non mi va di finire immischiato anche in altri guai. Questa cosa può non arrivare a loro?-
-Mmm… quindi tu vuoi organizzare un furto impossibile senza che mio nonno e mio padre, i più potenti e influenti criminali della città, lo vengano a sapere sfruttando però parte delle loro risorse tramite me?-
-Detta così suona male. Cioè se non te la senti lo capisco benissimo. Anzi non è neanche giusto che chieda il tuo aiuto così-
Luenam lo guardò e poi scoppiò a ridere –Mio dio sei sempre così orgoglioso e scemo. Guarda che è normale chiedere aiuto a un amico se serve, prima o poi dovresti ficcartelo in testa-
Alberto guardo l’amico confuso –Questo sarebbe un si?-
-Certo che è un sì. La mia famiglia mi tratta sempre come un poppante. Pensano sempre che sia troppo piccolo per tutto. Questa è la mia cazzo di occasione per dimostrare a tutti quanto valgo-
Il giovane ladro quasi non ci credeva. Se l’era immaginata molto più difficile anche solo ottenere un minimo di aiuto. Guardò l’amico riconoscente -Grazie Len, grazie davvero-
-Beh direi che è ora di iniziare questa impresa folle amico mio-

   
 
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