Masquerade!
Paper faces on
parade . . .
Masquerade!
Hide your face,
so the world will
never find you!
- Masquerade,
The
Phantom of the Opera -
Rin aveva
indossato il
suo kimono nuovo, con orgoglio ed entusiasmo. Quell’occasione
di festa era
perfetta per quell’abito bianco dalle fantasie floreali e
variopinte, che le
ricadeva sul corpo e ne abbracciava le forme tonde dei fianchi e del
seno.
Passò
le mani sulla
stoffa liscia e leggera, soffermandosi a tracciare con le dita i
meravigliosi
disegni in rilievo. Fra tutti i kimono che Sesshoumaru le aveva
regalato,
quello era decisamente il più bello.
“Sesshoumaru...”.
Rin si
portò una mano sul
cuore, mentre un ultimo raggio di Sole irrompeva nella capanna e
illuminava la
sua figura alta e snella, regalando ai lunghi capelli scuri una
sfumatura
ramata.
Da quanto tempo
non lo rivedeva?
Ormai erano passati undici anni da quando l’aveva lasciata al
villaggio con la
vecchia Kaede, affinché imparasse a vivere con gli uomini. E
da allora non si era
più mostrato ai suoi occhi.
Ogni sera, prima
di
andare a dormire, sperava sempre di vederlo veleggiare nel cielo
notturno,
bianco e luminoso come le stelle che bucavano il manto della notte,
invano.
Solo ogni tanto trovava un nuovo kimono accanto a sé, al suo
risveglio, e
capiva che Sesshoumaru continuava a vegliare su di lei. A suo modo,
ovviamente.
“Perché
non sei più venuto a prendermi? Perché ti fai
attendere così tanto?” si chiese ad un
tratto, come se lui avesse potuto udirla. E risponderle.
Perché
Rin, ormai, la sua
scelta l’aveva fatta. Per quanto volesse bene a Kaede e ad
ogni singolo
abitante del villaggio che l’aveva accolta, l’unico
con cui il suo cuore
desiderasse stare era lui, il Principe del demoni, il suo
Sesshoumaru. Doveva solo dirglielo, doveva solo incontrarlo e
andare via per sempre.
Avrebbe potuto
chiedere
ad Inuyasha di rintracciare il fratello, di condurla da lui, ma ogni
volta che
era sul punto di farlo, ogni volta che era riuscita a convincere se
stessa,
tornava a rintanarsi nella capanna, a meditare.
“Chissà” si diceva in
quei momenti, con l’amaro nel cuore, “forse
Sesshoumaru non mi vuole più con sé, per questo
non si è più
fatto vedere”.
Rin
abbassò il capo sul
kimono, con un’espressione afflitta. Una ciocca di lunghi
capelli castani le
ricadde davanti al viso, ombreggiandole lo zigomo delicato.
- Ma allora perché continui a farmi questi regali,
nonostante il loro
significato1?
- Rin?
La fanciulla si
volse
verso la porta della capanna. Sulla soglia era comparsa la vecchia
Kaede, con i
capelli bianchissimi e una ragnatela di rughe sul viso. La osservava
con un
sorriso materno, che la fece arrossire.
- Sei bellissima, Rin – le disse – quel kimono
è meraviglioso. Susciterai
l’invidia di tutte le donne presenti.
- Ti ringrazio, Kaede – rispose timidamente – tu
non vieni?
- Oh no. Sono troppo vecchia per fare baldoria. È giusto che
siate voi giovani
a divertirvi.
Rin le si
accostò e
l’aiutò a sedersi, tenendola saldamente per un
braccio.
- Grazie – le disse l’anziana, che ormai camminava
solo con l’ausilio di un
nodoso bastone – ma adesso va. Inuyasha e Kagome sono
già al villaggio e ti
attendono. Mi raccomando, fai attenzione.
Annuì
e si rimise in
piedi. Si avviò verso l’uscita, ma proprio quando
stava per varcarne la soglia,
si volse verso la donna che l’aveva cresciuta e la
guardò nell’occhio piccolo e
nero.
- Kaede, secondo te lui
verrà? –
chiese, speranzosa.
L’anziana
ondeggiò il
capo a destra e a sinistra, increspando le labbra secche e incavate.
- Non lo so, bambina mia – rispose –
perché me lo chiedi?
- Perché ho da dirgli una cosa.
Una gocciolina
di sudore
s’insinuò fra le rughe di Kaede.
- Hai dunque preso la tua decisione? – chiese, dopo un attimo
di esitazione.
Rin
annuì seriosa, per poi
sorridere dolcemente.
- Credo di aver atteso anche troppo – disse –
è tempo che anch’io prenda la mia
strada.
Kaede
annuì e con le
lacrime a bagnarle le ciglia, sussurrò:
- Una strada che conduce a Sesshoumaru, vero?
La fanciulla non
rispose,
ma allargò il proprio sorriso ed uscì.
Non aveva mai
sopportato
i sandali. Aveva sempre amato sentire la terra e l’erba
fresca sotto la pianta
dei piedi, ma in quell’occasione speciale ne aveva indossato
un paio davvero
grazioso, bianco come il suo abito.
Il cielo indaco
era già
punteggiato da qualche stella, mentre un timido spicchio di Luna
crescente
faceva capolino fra gli alberi all’orizzonte.
Nell’aria
si respirava un
gradevolissimo profumo di fiori e, dal villaggio, giungeva
l’eco di un vociare
concitato. C’era anche allegria, nell’aria. Rin la
percepiva mano a mano che si
avvicinava alle case e alla piazza dove, presto, avrebbero acceso un
grande
falò e avrebbero dato il via alle danze.
- Ehi, Rin!
La fanciulla
sbatté le
palpebre. Proprio davanti a lei, a qualche metro di distanza,
c’erano Inuyasha
e Kagome, che l’attendevano mano nella mano.
- Arrivo!
Velocizzò
il passo e li
raggiunse in breve tempo, rivolgendo ad entrambi un timido sorriso.
- Perdonate il mio ritardo – disse.
- Non preoccuparti – rispose Kagome, carezzandosi la pancia
un po’ ingrossata –
è meglio sbrigarsi, stanno per accendere il falò.
Ma prima... tieni!
Rin
abbassò lo sguardo
sull’oggetto che la sacerdotessa le stava porgendo e rimase
senza fiato. Si
trattava di una meravigliosa maschera finemente lavorata, che ricordava
le ali
variopinte di una farfalla.
- Ma è bellissima! È per me?
- Sì. La tradizione vuole che durante questa
festività ci si mascheri. Anche io
e Inuyasha ne abbiamo una, vedi?
Rin
annuì e la indossò,
legandola dietro al capo, imitata subito anche da Inuyasha e Kagome.
- Bene, direi che siamo pronti – disse quest’ultima.
Il cuore della
fanciulla
era un tripudio di emozioni. Palpitava così forte, che per
un attimo temette che
fosse sul punto di sfondarle il petto.
Il vociare delle
persone
aumentò, ubriacandola. Tutti indossavano dalle maschere,
compresi i musicisti,
che già davano il ritmo alle danze. Il vino della vendemmia
scorreva a fiumi,
le risa riecheggiavano in ogni dove, riempivano gli angoli, si alzavano
verso
il cielo punteggiato di stelle e via via sempre più nero.
Ad un tratto, il
falò al
centro della piazza prese ad ardere con un’unica vampa, sotto
gli occhi
eccitati e strabiliati dei compaesani.
- Ora sì che inizia la festa! – urlò
qualcuno, lontano.
Rin
iniziò a ridere e
danzare, seguendo quel fiume di persone che girava
tutt’intorno al fuoco, come
impazziti.
Rideva forte,
Rin. Gioiva
nell’animo e, per un solo istante, i suoi pensieri
abbandonarono il ricordo di
Sesshoumaru e della sua infanzia ormai così lontana.
D’improvviso,
però, i
suoi piedi si arrestarono. Davanti ai suoi occhi un po’
stanchi e smarriti
sfilavano mille maschere di ogni forma e dimensione, che la fissavano
con
sguardi neri simili a pozze oscure. Per un istante si
ritrovò a rabbrividire di
paura e d’angoscia. Cercò una via di fuga che non
c’era, urtando contro le
persone che le stavano accanto. Era circondata da volti sconosciuti e
il lezzo
del vino la stordì. Le gambe si fecero molli e
l’aria soffocante. Si ritrovò ad
essere sballottata a destra e a manca come una bambola inanimata,
finché tutti
pian piano non si fermarono.
Rin si
guardò intorno e
vide le fiamme riflettersi sulle maschere delle persone e quasi
animarne i volti
pallidi e amimici. Tutti erano rivolti verso il falò e
stavano fissando una
figura ammantata d’oscurità comparsa tutto ad un
tratto proprio al centro della
piazza.
Rin
sbatté ripetutamente
le palpebre e rivolse anche lei gli occhi sullo straniero. Si
portò le mani
alle labbra, mentre la musica continuava imperterrita. Gli
strumenti suonavano ancora o era solo frutto della sua
immaginazione?
Lo sconosciuto
avanzò fra
la folla, che si aprì al suo passaggio come lo schiudersi di
un bocciolo.
“Non
può essere!”.
Le lacrime le
appannarono
la vista, mentre la figura longilinea e austera di Sesshoumaru si
delineava davanti
al suo sguardo atterrito e languido. Anche lui indossava una maschera,
dietro
alla quale gli occhi gialli divampavano come le fiamme alle sue spalle.
Rin avrebbe
voluto dirgli
qualcosa, ma le parole non raggiungevano la gola e la lingua era come
intrappolata
fra i denti. Dischiuse le labbra rosse e prese un profondo respiro. Era
lì per
lei? Stava forse sognando? Il vino che aveva saggiato le aveva forse
annebbiato
la mente e adesso si ritrovava a vivere quel sogno meraviglioso?
Sesshoumaru le
si fermò
di fronte e le tese una mano pallida come la Luna, senza staccare gli
occhi dai
suoi.
- Vuoi danzare con me, Rin2?
Rin
abbassò le palpebre e
calde lacrime le rigarono le gote fredde.
Finalmente!
Le
risollevò, mentre le sue
labbra si stiravano in un radioso sorriso.
- Sì – sussurrò in risposta, tendendo
la propria mano e afferrando quella del
demone.
Si
strinsero l’una
all’altro – come a non
volersi più
lasciar andare –
e, leggeri come piume, iniziarono a volteggiare fra la
folla ammutolita.
1 in Giappone,
regalare un kimono
equivale al corteggiamento.
2 nel manga Fushigi Yuugi – special di Yu
Watase compare una nota molto
interessante: in Giappone, non chiedetemi in che epoca, invitare a
ballare la
persona che si ama equivale(va) ad una proposta di matrimonio.
Spero di
non ricordare
male e di non aver detto una castroneria. In tal caso, chiedo venia.
Sciagura
su di me e sulla mia mucca (cit.).
Angolino
dell’autrice:
Ciao a tutti!
Ecco cosa
succede quando
due delle tue ossessioni – il Fantasma dell’Opera e
Inuyasha – si incontrano e
decidono di comune accordo di fondersi fra loro.
Che dire di
questa OS?
Spero vivamente che vi sia piaciuta. Ultimamente sono un po’
fuori allenamento
e ho un brutto blocco dello scrittore che dura da agosto, per cui non
sono nel
pieno delle mie facoltà creative (?).
Senza
pretese.
Alla prossima,
Elly