Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: Carla Marrone    23/01/2017    1 recensioni
La storia di due giovani poliziotti, partner in un vicino futuro.
Andrea, igienista e meticoloso in tutto ciò che fa, fin quasi a rasentare la paranoia, da poco trasferitosi a Milano, dal sud Italia, dovrà affrontare il suo primo vero incarico in polizia. Scoprirà che il compito assegnatogli potrebbe essere persino più arduo di quanto immagini. Incontra Maria Rosa, sua collega, maggiore di rango ed età. Adorabilmente infantile nell’aspetto, ma, professionale e decisa, se conosciuta un po’ meglio. Sulle sue spalle grava un peso, forse, insopportabile. Starà ad Andrea, tentare di alleggerire il fardello, sostenuto dalla sua schiena minuta.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

IL NOME DEL TUO CUORE

 

 

Andrea Samuele ricordava, con esattezza, l’ultima volta che aveva visto piangere sua madre. Era successo quando, in terza elementare, le aveva confessato che gli piaceva una ragazzina della sua classe. Mai l’avesse fatto. Le presenti circostanze, tuttavia, erano un po’ diverse. Stava per entrare in polizia. Una volta arrivato alla stazione di Milano avrebbe preso servizio, per la prima volta. Abbracciò la madre in lacrime, certo che l’avrebbe rivista chissà quando. Non c’era dubbio: quando si trattava di rischiare di perdere il suo amato bambino, la donna sapeva trasformarsi in una navigata attrice drammatica. 

L’abbraccio, ora, toccava al padre. “In bocca al lupo.” L’uomo, invece, era di poche parole. Ma, Andrea sapeva che parlava ancora meno del solito, quando era emozionato. Si trattava della sua personalissima tattica per nascondere il disagio. 

Montò sul treno e si diresse verso il suo scompartimento, poco più in là di dov’era salito. 

Prese posto. 

Prima di poggiare la testa sullo schienale controllò di avere il biglietto. Guardò l’ora. 

 

Il treno partì in perfetto orario, persino un minuto prima. Non c’era nulla, come questo genere di cose, capace di allietare la giornata di Andrea. 

Andrea Samuele era il classico esempio di ragazzo perfettino. Ed in quanto tale, controllò di avere anche l’amuchina nel borsello che si portava a tracolla. Prima di depositare la sua piccola valigia nel vano per gli oggetti, ne trasse un poggia-testa. Non si era ancora adagiato sul sedile. 

Da qualche parte, aveva letto che una ragazza si era beccata la scabbia, perché si era seduta sul sedile di un treno, dopo una persona infetta, da tale malattia. Di sicuro, lui non voleva essere la prossima vittima! 

Andrea aveva ventisette anni. Fino a quel momento aveva abitato in una piccola cittadina di provincia, nell’Irpinia settentrionale. Milano, per lui, era una “gran cosa”. Ed entrare in polizia, il sogno di una vita. Quando scoprì di essere stato preso, non riuscì a crederci. Gli sembrava di non meritarlo. Fu il giorno più bello della sua vita. In famiglia avevano organizzato dei grandi festeggiamenti. 

Il resto stava, ora, a lui. No, non poteva deludere nessuno. In primis, se stesso. 

 

Aveva scelto la classe economica e viaggiato con la compagnia di nuova concezione “Italia now”. La sua famiglia non poteva permettersi di meglio. 

 

Nonostante tutto, trovò il viaggio molto piacevole. Le rare conversazioni con i vicini di posto di turno gli avevano lasciato il tempo di fantasticare su come sarebbe stato il suo ingresso alla centrale, i suoi colleghi, l’appartamento in cui avrebbe alloggiato… 

 

Non se ne rese quasi conto, quando il treno si arrestò a Milano, l’ultima fermata. Il tempo, immerso com’era nelle sue segrete digressioni, gli era trascorso in un baleno.

 

Si riappropriò del bagaglio, scese dal treno e, ovviamente, si disinfettò le mani. 

Si diresse alla più vicina fermata degli autobus. Aveva studiato l’itinerario che doveva compiere per arrivare alla centrale di polizia, su internet, diverse settimane prima di partire. Dunque: doveva prendere la linea 1 e scendere alla quarta fermata. Avrebbe, poi, camminato per circa un chilometro, svoltato l’angolo ed eccolo arrivato in un baleno! Sorrise di quanto era semplice. Bastava, semplicemente, essere preparati. “Essere preparati” era il suo motto. 

 

Fece come si era auto-istruito e giunse pronto a destinazione. Era decisamente emozionato, ma tentava il possibile per non darlo a vedere. Era un poliziotto, dopotutto. 

“Pater docet.” Si disse sottovoce. 

Certo, aver famelicamente divorato il panorama super urbanizzato di Milano dal finestrino del pullman non aveva giovato alla sua eccitazione. Anzi, l’aveva peggiorata. 

“Andrea?” Una delicata voce femminile lo riportò alla realtà. Si volse nella direzione di chi lo chiamava. Per conoscere il suo nome, doveva trattarsi di una collega…

Una giovane (doveva ammetterlo) piuttosto graziosa, in uniforme di polizia se ne stava in piedi di fronte al casermone, a pochi metri da lui. Un’espressione di attesa sul suo bel volto regolare. 

“Si, sono io.” Le rispose dopo un secondo di smarrimento. Non si aspettava che una donna lo ricevesse. 

“Vieni con me. Ti mostro la struttura e, poi, ti conduco dal maresciallo.” Andrea non mancò di notare come la gentile profferta della ragazza suonasse piuttosto assertiva, quasi un ordine, praticamente. 

Le si fece accosto. Da vicino, poté osservarla meglio. Era bassottella e minuta. Andrea si chiese se, con un corpo così mingherlino fosse possibile entrare nella polizia. 

“Probabilmente, svolge incarichi d’ufficio.” Si rispose, pensando tra sé. 

La giovane aveva occhi verdi come il mare che lui aveva tanto ammirato nel Golfo di Napoli; quelle rare volte che gli era stato dato di vederlo. 

Dal berretto da poliziotta spuntava un soffice ciuffetto di capelli ricci e biondissimi. 

 

 Arrestò i suoi passi. Si girò rapidamente ad osservare Andrea, dritto negli occhi, con un’espressione di sorpresa. 

“Scusami, dimenticavo. Io sono Maria Rosa.” Gli porse la mano. 

“Piacere Maria Rosa. - prese con vigore la manina della giovane e le sorrise - Terroncella anche tu, eh?” 

“Da parte di padre, sì. Mia nonna si chiamava così. - corrispose il suo sorriso e, reclinato il capo da un lato, aggiunse - Qui tutti mi chiamano Mary, comunque.” 

“Ah, d’accordo. Lo terrò a mente.” L’appellativo abbreviato gli sembrò calzare a pennello per la piccoletta, ma, tale considerazione la tenne per sé. 

Durante la visita alla caserma, riuscì persino a farsi venire in mente una perfetta somiglianza per Mary. Non appena l’aveva scorta, aveva cominciato a macinarci sopra. Anche se, all’inizio, aveva fatto un po’ di fatica a ricordarsela. Ne diede la colpa all’emozione del momento, mista all’insolita circostanza. 

Gli ricordava la coniglietta-poliziotta di Zootropolis, Judi Hopps. Aveva portato i suoi nipotini a vedere quel film, pochi mesi addietro e, non senza una punta d’imbarazzo, doveva ammettere che era molto piaciuto anche a lui. 

Si ripropose di appiopparle quel nome, in futuro, se fossero diventati amici. Bisognava, prima  di tutto, vedere se avrebbero lavorato agli stessi casi. Un po’ ci sperava, a dirla tutta. 

 

La visita all’ufficio del maresciallo fu breve e lasciò Andrea con un misto di perplessità e delusione. Non che si aspettasse di essere ricevuto in pompa magna, onore che preferiva fosse riservato, ancora, ai defunti illustri. Pareva, d’altronde, fossero rimasti gli unici a meritarlo al giorno d’oggi. Il maresciallo, tra l’altro, era decisamente occupato. 

 

Fu, tuttavia, squisitamente gentile e prodigo, seppur lesto, nel porgere il suo formale saluto alla nuova recluta. Ed altrettanto squisitamente vago nell’assegnargli le informazioni relative al suo primo incarico ufficiale. Quando erano giunti da lui, aveva chiesto a Maria Rosa di accomodarsi nell’ufficio assieme ad Andrea. Senza sprecare troppe parole, gli aveva chiesto di recarsi insieme a lei in un certo night club, nel quale avrebbero svolto insieme un lavoro di “monitoraggio di certi traffici”… Non aveva aggiunto altro ed aveva mandato i due per la propria strada. 

 

Andrea Samuele aveva immaginato subito si trattasse di una questione di spaccio di stupefacenti, ma, salvo particolari evenienze, si era riproposto di affidarsi a quegli scarsi dettagli che, era certo, i suoi colleghi gli avrebbero fornito, una volta giunti sul luogo. Era nuovo e non teneva affatto a farsi l’idea sbagliata sul suo primo caso. Gli era parso, infatti, ragionevole che non lo si volesse mettere al corrente di più del dovuto. 

Ad ogni modo, una volta fuori dall’ufficio, non era riuscito a tenere a freno la lingua:- Quindi, vengo affidato alla super visione di una collega più giovane! - scosse vistosamente il capo - Non lo trovo del tutto giusto. E’ il mio primo incarico e tutto, però… - 

“Hai ventisette anni, vero?” Fu la risposta asciutta di Mary. 

“Si, perché?”

“Io ne ho ventinove e sono in questa squadra da quando ne avevo ventitré.” 

Andrea era sinceramente stupito. “Davvero hai due anni più di me? Sembri così giovane!”

Lo sguardo che, a quell’affermazione, la ragazza gli rivolse lasciò Andrea ancora più sorpreso e, ad essere sincero, un po’ interdetto. Alle donne di solito faceva piacere essere considerate giovanili, no? Invece, Maria Rosa gli era parsa scoraggiata, triste ed un pizzico adirata. Anche se non la conosceva abbastanza, da poter interpretare, con esattezza, un simile sguardo fugace. Per quell’attimo che durò, però, gli fece quell’impressione. 

 

Fu ancora più sbalordito quando la vide, quella notte, all’ingresso del night. Una voce acuta ed armoniosa aveva attirato la sua attenzione. Sulle prime, non l’aveva riconosciuta come sua. Poi, l’aveva vista. Era proprio lei, lo stava aspettando davanti all’ingresso, anche se in una veste decisamente diversa, da quella con la quale gli si era presentata. Indossava un abitino rosa shocking, disgustosamente corto ed arricciato. I lunghi boccoli biondi erano legati in due codini. Si mosse, titubante, verso di lei. Quando la raggiunse, notò un rigonfiamento su una delle sue guance ed uno stecchino che sbucava fuori dal suo labbro. Quel lecca-lecca la rendeva ancora più immatura. Non che ne avesse bisogno, comunque. 

 

“La sua carta d’identità, prego.” Fece, meccanicamente, la voce del butta-fuori. 

“Io sono minorenne, ma mi accompagna il mio zietto! - esclamò soddisfatta Mary - fagli vedere i tuoi documenti, papi.” Ingiunse, poi, ad Andrea. Il quale non riuscì a trattenere una smorfia seccata per essere stato apostrofato così. Perché Maria Rosa si stava comportando così? E che diamine, era una poliziotta! Un po’ più di professionalità non avrebbe guastato. Invece, lei usava la scusa di apparire più giovane, per non pagare il locale. E brava furba. Se solo fosse stato un po’ più stronzo, ne avrebbe fatto subito rapporto al maresciallo. 

 

E non accennava a volersi dare una regolata. Una volta fatto il loro ingresso nel locale, gli aveva subito domandato di andarle a prendere una vodka. 

“Io non posso, zio, sono minorenne!” Gli aveva miagolato con voce infantile, in risposta al suo sguardo feroce e stizzito. 

“Diciamo pure che non dovresti bere in servizio.” Le aveva risposto così, ma una volta messo davanti ai suoi occhioni acquosi ed enormi, tutta la sua autorevolezza aveva ceduto. 

Così, mentre lei sorseggiava pacifica la sua stramaledetta vodka, lui si guardava intorno, alla ricerca degli altri suoi colleghi. Ne riconobbe un paio, che aveva visto nella sala tiro, in caserma. Erano in borghese, esattamente come avevano richiesto di presentarsi a lui. Se ci fossero stati altri poliziotti, là dentro, lui non ne era al corrente. Non conosceva ancora nessuno. Si voltò a guardare Mary. Leccava la sua caramella con aria lasciva e scanzonata. Aveva decisamente preso quell’incarico un po’ troppo sotto gamba. Il maniaco del lavoro-paranoico che era in lui le appioppò una pessima etichetta. Meglio non trascriverla. Inoltre, se continuava così… Ecco, come volevasi dimostrare. 

Un uomo, ad occhio e croce, sulla cinquantina si era seduto al loro tavolo. 

“Ti piace proprio quel lecca-lecca, vero, gioia?” Fece, rivolto a Mary.

Maria Rosa prese a dondolare il busto. “Mi piacciono tutte le cose dolci, come me!”

No, sul serio, dov’era finita la voce seriosa e decisa con cui gli aveva parlato quel pomeriggio? Andrea Samuele lo sapeva: era andata a puttane. Così come l’opportunità di portare a termine un lavoro decente con lei intorno. La nomea che si era guadagnata, ai suoi occhi, andava peggiorando, se possibile. 

Al porco di turno, però, quella risposta parve fare molto piacere. “Cosa ci fa una bimbetta così giovane ancora alzata a quest’ora? In un night club, poi…” 

“Sono amica del proprietario. - avvicinò la bocca al suo orecchio, con la scusa di non riuscire a farsi sentire bene, per via della musica troppo alta - Sai, lui mi ha detto che devo essere molto gentile, con tutti i clienti.” A quell’affermazione, ad Andrea vennero i brividi. Probabilmente, vennero anche al maiale, ma, di tutt’altra natura, s’intende.  

 

La conversazione continuò ancora per qualche minuto, fin quando l’uomo non le domandò se voleva salire a “divertirsi un po’” con lui, al piano di sopra. Mary accettò subito. Andrea aveva cercato di non ascoltare i loro discorsi falsamente casuali, ma pieni di volgari allusioni, concentrandosi nello svolgere bene il suo lavoro di monitoraggio del locale. Se lei voleva fare una pessima figura come ufficiale dello Stato, lui non le sarebbe, di sicuro, andato dietro. Teneva molto alla sua carriera, lui. Per non parlare, poi, della reputazione. 

 

Poi, d’un tratto, capì. 

 

“Seguimi quando vado di sopra, ma fingi di non conoscermi.” Gli aveva detto Mary, con un tono di voce divenuto, improvvisamente, grave. 

Sulle prime, non aveva capito. 

Così, lei si era espressa meglio. “In questo night si affittano anche stanze ad ore. Pare ci sia un giro di baby squillo. Molti - aveva fatto una smorfia nauseata prima di pronunciare quella parola - pedofili si aggirano da queste parti.” Sputò con evidente schifo il lecca-lecca che aveva in bocca e, prima di seguire l’uomo che l’aveva abbordata, fece una rapida chiamata ai suoi colleghi. 

“Il maiale sta andando al porcile, stanza 216.” Il contenuto del messaggio. 

Rimanendo girata di spalle al pedofilo; con la complicità di Andrea, tolse dalla sua micro borsetta dorata una piccola pistola e se l’infilò nella fondina, attaccata ad una cinghia, proprio sotto le mutandine. 

 

Mai, come in quel momento, Andrea si era sentito più stupido ed inutile. “Sono un coglione.” Disse a sé stesso. 

 

La seguì, dopo qualche minuto, al piano di sopra. Si mosse con circospezione, evitando di dirigersi  palesemente alla 216. Si soffermò per qualche attimo a salutare delle ragazze, che gli sorrisero seducenti. Dopotutto, era un ragazzo attraente, alto e robusto, con marcati tratti mediterranei, quali i capelli mori ed un po’ mossi. Gli capitava spesso di ricevere delle avance, anche se, fra tutti, quello era il momento meno opportuno, per quel genere di circostanza. Ma poteva sfruttare la situazione a suo vantaggio. Voleva dare l’impressione di essere capitato lì per caso, mentre si avvicinava, poco alla volta, al suo obiettivo. 

 

D’improvviso, un rumore di sparo fu udito provenire dalla camera. 

Andrea si catapultò a raggiungere Mary. Sfondò la porta con una spallata, quasi fosse fatta di cartone. Scelse di ignorare il dolore al suo fianco destro. C’erano cose più importanti cui pensare, in quel momento. Dovette farsi largo tra la clientela che fuggiva in preda al panico. 

Trovò Mary seduta sulla schiena del maniaco, con la pistola puntata alla sua nuca.

 

“Non ti muovere, siamo della polizia.” Dichiarò Andrea, chiaramente intenzionato ad essere quanto più d’aiuto potesse alla sua collega. 

Fu questione di pochi minuti, prima che giungesse anche il resto dei rinforzi. 

“Tutto bene Mary?” Chiese un giovane sulla trentina. 

“Sì.” 

“Scusa il ritardo, giù si è creato un certo trambusto. - fece un altro - Hai preso la testimonianza audio?” 

“E’ nella borsa.” Rispose Mary, indicando la pochette con un cenno del capo. 

L’individuo fu presto ammanettato e condotto via.

Maria Rosa uscì dalla stanza. 

Andrea la seguì fuori dal locale. Aveva bisogno di parlarle, magari farle delle domande, o, semplicemente, scusarsi. Anche se non sapeva cosa avesse pensato di lei, Andrea si sentiva in dovere di fare ammenda, per tali considerazioni avventate.

 

La trovò che si strofinava la gamba sinistra con una salvietta umidificata. Lesse sulla confezione, poggiata su un tavolino: “igienizzanti”. 

“Se vuoi ho l’amuchina.” Propose con apprensione. 

“Grazie, mi sarebbe davvero d’aiuto.” Rispose lei, una nota stressata, nella voce. 

“Ti ha toccata, vero?”

“Già…” 

“Perché nessuno mi ha detto che si trattava di questo?”

“Lo sai da te, è il tuo primo incarico. - Prese la bottiglietta di plastica che le veniva porta, versò sulla mano una buona dose del suo contenuto e prese a spalmarla sulla coscia. - Si chiama operazione Scolopendra. Questo posso dirtelo. Non temere, comunque, stasera sei stato bravo. Verrai messo al corrente di tutti i dettagli quanto prima. Lavorerai con la nostra squadra.” 

“Scolopendra?” 

“Sì, è quell’insetto apparentemente innocuo, perché somiglia ad un millepiedi. In realtà, è velenoso.” 

Andrea sorrise. “Sì, lo sapevo. Ce ne sono parecchie, giù, dalle mie parti. - Fece una pausa, durante la quale rifletté un po’. - Dunque, usano te, che sembri molto più giovane, per adescare individui, segnalati come potenzialmente pericolosi.”

“L’idea è quella di riuscire a venire a capo del mercato della prostituzione minorile.”

“Suona piuttosto utopico. C’è parecchia roba che bolle in pentola…”

“Il maresciallo è un sognatore.”

“Un don Chisciotte.”

“Già io sono il suo Sancho Panza.” Abbassò lo sguardo, visibilmente preoccupata. 

“La sua scolopendra.” Andrea ironizzò, ridendo. 

“Posso anche sembrare gioviale ed infantile…”

“Ma sei velenosa!”

“Solo con chi lo merita.” 

I due giovani si sorrisero. Andrea era, quanto mai, ansioso di cominciare quel lavoro, che gli appariva nobile e delicato. Molto delicato. Adesso era certo, come mai prima di allora, di essere nel posto adatto a lui. Ed aveva anche una splendida collega. Una donna coraggiosa. Una scolopendra. 

 

“Posso chiederti solo un’ultima cosa? Poi ti lascio tornare a casa in pace.”

“Spara.” 

“Come mai avete scelto proprio me, per un incarico così importante?”

“Abbiamo tenuto conto dei tuoi eccellenti meriti accademici.”

Andrea chinò il volto, era un po’ imbarazzato. “Per me è un onore.”

“Non lo devi dire. Lo devi dimostrare.” 

“Lo farò! Ti prometto che, finché ci sarò, non permetterò che ti accada mai nulla di brutto. Dopotutto, il ruolo più difficile è proprio il tuo.” 

“Se non fossimo stati pronti a correre dei rischi, avremmo scelto un lavoro diverso, non trovi collega?”

Quell’appellativo fece un po’ arrossire Andrea. Mary gli sorrise. Finalmente, aveva sorriso. 

“Allora ci diamo la mano?” Gli propose.

Si strinsero la mano per la seconda volta, nel giro di due giorni. In quel momento, però, aveva una valenza diversa. 

“Allora, siamo d’accordo, io mi metto in pericolo e tu mi pari il culo.”

“Una promessa è una promessa.” 

Rimasero a guardarsi, mano nella mano, per diversi secondi. Poi, si sciolsero. 

“Dove hai la macchina?” 

“Proprio lì in fondo.” La ragazza indicò un punto più in là, davanti a loro. 

“Ti ci accompagno.” 

“Che galante, ma la tua piccola scolopendra non corre pericoli, in meno di cinquanta metri di strada.”

“Mah…per come sei vestita, proprio non saprei.” Lei rise.

“Dimentichi che ho una pistola sotto la gonna.” 

Andrea Samuele alzò le mani e gli occhi al cielo. “Ah, beh, allora!” 

Ma l’accompagnò lo stesso. 

Mentre guardava allontanarsi la sua macchina, meditava.

 

Molte cose erano state apprese quella sera. Cose che, forse, a sua insaputa, l’avevano reso un po’ meno fissato. Per tutta una vita, era stato sicuro di sé. Ma non era questo l’importante. Non  quanto essere “in” sé lo fosse. Abbattere le barriere ed imparare a giudicare al di là delle apparenze era il primo passo da compiere, se voleva diventare un buon poliziotto. Come affermava Saint Exupéry, “l’essenziale è invisibile agli occhi”. 

 

Nel caso di Maria Rosa, la sua essenza era scritta nel nome che portava: giusta e corretta, come una donna di Chiesa, ma, allo stesso tempo, invitante come un bel fiore. Quello era, senza dubbio, il modo più appropriato per descriverla. Era il nome del suo cuore.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Carla Marrone