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Autore: virgily    23/01/2017    5 recensioni
[Dal cap. 1 - Fatale Monstrum]
-Tu… Non esisti…-
Silenzio. E i suoi occhi, in quei lunghissimi secondi che trascorsero a rallentatore, non si staccarono mai dai miei, scrutandomi con curiosità. Una risata acuta e inquietante scoppiò nuovamente sulla sua bocca. Con estrema facilità si portò una mano alla giacca, continuando a ridere, puntandomi una pistola contro. Non pensai, non c’era più tempo per farlo. Mi gettai a terra non appena fece fuoco, serrando le palpebre più forte che potevo. Un boato, lo sgretolarsi di polveri sottili. Mi voltai appena, osservando con occhi sgranati il maestoso buco che attraversò la parete che si trovava alla mi spalle. Se mi avesse colpita, come minimo, sarebbe riuscito a farmi esplodere la testa, lasciando schizzi cremisi e materia grigia ovunque. Cercai di riprendere fiato, di tenere i nervi saldi sebbene sentissi i suoi occhi pesare su di me come un’incudine. Sollevai lo sguardo, ora era in piedi, e torreggiava su di me esponendo quel magnifico ghigno che riusciva ad incutermi una paura più profonda e malata del semplice terrore. [...]
-Allora, sono abbastanza reale per te, adesso?-
Genere: Dark, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joker aka Jack Napier, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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NDA: Nel seguenge capitolo sono presenti anche diversi punti di vista, espressi in terza persona e circostritti entro tre asterischi

Cap.12 - When you feel love like you never did

Come morta caddi al suolo, avvolta nell’invisibile abbraccio del vuoto. I secondi viaggiarono ad alta velocità nella mia mente quando sentii un tonfo, seguito da una nuvola di polvere e fuliggine che mi appannarono la visuale. Non potevo esserne sicura, ma mi parve di giacere sul freddo pavimento dissestato di quel palazzo. A malapena riuscivo a sollevare la cassa toracica, e sentivo del liquido denso uscire dalla mia testa e dal mio addome, e colare caldo sulla mia pelle. Sentivo delle voci ovattate raggiungere il mio orecchio, ma non capii che cosa mi stessero dicendo. Dai miei occhi socchiusi, tutto quello che riuscivo a vedere era l’immagine ofuscata di un luogo spoglio e grigio. Sentivo dolore. Tanto dolore in ogni parte del mio corpo, e sapevo che anche volendolo non sarei riuscita a muovermi. La testa lentamente cominciò a farsi leggera, girando come un’inquietante giostra a cavalli nella sua ultima corsa. Avevo la nausea, non capivo più dove mi trovassi e per quale motivo, ma sapevo perfettamente che presto avrei chiuso gli occhi, probabilmente per non riaprirli più. Non volevo perdere conoscenza, restare sola con me stessa nel buio della mia mente proprio quando la vita mi stava abbandonando. Ma il mio corpo oramai faceva tutto da solo, e io non avevo la forza di contraddirlo. Eppure, poco prima di perdere i sensi, riconobbi una figura scura scendere dal cielo verso di me. La vista era calata di colpo, per cui non riuscii a distinguere la creatura, completamente vestita di nero, che mi torreggiava. Per qualche istante pensai che fosse un angelo della morte, se non il diavolo in persona. Forse era venuto a giudicare la mia vita poco prima del grande balzo. In un battito di ciglia ricordai, allora, tutto quello che avevo vissuto con grande malinconia: La mamma, il papà, Jim e poi lui. Joker. Ripensai a quello che era successo, alla paura, al dolore, l’amore che avevo provato e le parole che non ebbi il coraggio di dirgli. Proprio in quell’esatto istante, nella mia mente tornarono le immagini. Quelle “visioni” che in una notte di pioggia scatenarono il mio inferno. In quel momento, quasi cadendo in trance, riuscii ancora una volta a vedere davanti a me un mondo che non mi era mai appartenuto: notte, oscurità, esplosioni… Se mi concentravo un poco, potevo sentire di nuovo l’odore inconfondibile della benzina, l’odore del sangue. Sentii una scossa elettrica pervadermi tutta, questa volta facendomi sussultare in preda alle convulsioni.
-Virgily!- il diavolo, ormai chino su di me, aveva pronunciato il mio nome con voce bassa e cupa. Una luce, quasi come uno spiraglio vorticoso e fiammante era scoppiato alle nostre spalle, sovrastando la figura che, al mio fianco, carezzò lentamente il mio viso. Purtroppo non riuscii a mettere bene a fuoco quel viso maschile che sostava ricuvo verso di me. Ma di una cosa fui assolutamente certa: furono i suoi occhi a ricordami, per l’ultima volta, Gotham City.
***
17 ore prima
La lancetta della piccola sveglia elettronica, poggiata sul mio comodino, aveva appena segnato le sette del mattino. Luci calde e soffuse penetravano dalle persiane socchiuse della mia finestra, mentre un pesante silenzio ci aveva avvolti in un gelido abbraccio. Con i boccoli biondi ancora umidi, e il torso nudo che ne metteva in risalto le contusioni e i lividi, Joker restava immobile sul ciglio del mio letto mentre io, seduta al suo fianco, con una salvietta bagnata finivo di togliere gli ultimi residui di cerone dal suo splendido viso, gonfio e lesionato dai colpi subiti qualche ora prima. Mi concentrai soprattutto sulle sue labbra e le sue cicatrici, che lentamente riemersero nel loro inquietante pallore da tutto quel mare cremisi di rossetto. Fortunatamente aveva solo lo zigomo arrossato e un labbro spaccato: un po’ di ghiaccio avrebbe risolto tutto, ma era il suo petto e il suo addome a preoccuparmi. Poteva avere qualche costola rotta, o peggio ancora un versamento interno… Ma ovviamente l’idea di andare in ospedale era fuori discussione. Dal canto suo, Joker non mostrava alcun segno di cedimento, ma probabilmente si stava trattenendo per non allarmarmi più di quanto non lo fossi già. Quando finii di ripulirgli il viso, posai la salviettina sporca sul comodino per afferrare delle pillole di antidolorifico e un bicchiere d’acqua. Di rimando, l’uomo le mandò giù a secco senza neanche fiatare. Quasi meccanicamente un angolo delle mie labbra si sollevò verso l’alto. Potevo solo immaginare il dolore che stava provando, eppure era così calmo, così sereno. Era inquietante eppure continuava ad affascinarmi. Improvvisamente i suoi occhi si posarono sui miei, e sospirando appena lasciai che questa volta la linea sottile di un sorriso si distendesse sulla mia bocca:
-Ben tornato, signor Napier…- sussurrai piano, accorciando lentamente le distanze dal suo volto che, di tutta risposta, si era avvicinano immediatamente al mio per azzerare il vuoto fra le nostre labbra.
-Ti sono mancato?- domandò con quell’intramontabile sorriso sghembo che, inutile dirlo, mi fece sciogliere. Sogghignai appena mentre con delicatezza coglievo il suo viso con entrambe le mani per poterlo portare nuovamente al mio e lasciarvi impresso un secondo bacio umido e premuroso.
-Un po’…- sussurrai sulle sue labbra, -Ma non dirlo a Joker…- una piccola risata riecheggiò finalmente nella nostra camera da letto, e avvolgendo le sue forti braccia attorno ai fianchi mi strinse al suo petto nudo, questa volta prolungando il nostro bacio in un contatto più intenso e passionale. Lasciò scivolare le sue mani calde e affusolate sotto la stoffa sottile del mio pigiama, e sentii le sue labbra scendere piano dal mio mento sino al collo, giù lungo tutta la sua curvatura per poi lasciarmi un’umida scia nell’incavo della clavicola e sulla spalla.
-Tu non immagini neanche cosa sarei disposto a fare per te…- bisbigliò pianissimo tra un bacio e l’altro, lasciandomi patire un lungo ed estenuante brivido che mi fece accapponare la pelle nel giro di pochissimi secondi.
-Lo immagino, invece. Sono una scrittrice, dopotutto- gli risposi inoltrando una mano fra i suoi soffici capelli ancora umidi, invitandolo a prolungare il contatto della sua bocca sulla mia pelle mentre mi inarcavo istintivamente contro di lui. Un sibilo sottile, molto simile a una risatina dispettosa rombò dal profondo della sua gola. Sollevò appena il capo esponendomi, con tanto di sopracciglio inarcato, uno sguardo divertito e malevolo.
-Cos..?- non feci neanche in tempo a finire la frase che, quasi vorticando a mezz'aria, mi ritrovai compressa fra il suo corpo e il materasso. Lui ora mi torreggiava, serrandomi i polsi tra le sue mani ben premute contro il letto. I suoi occhi, scuri ma al tempo stesso vivaci, sembravano volermi trapassare il cranio da parte a parte. Era serio, vigoroso ma gentile al tempo stesso. Sapevo oramai che avrebbe potuto farmi del male in qualsiasi momento, ma sapevo altrettanto bene che non lo avrebbe fatto. Non mentre era pienamente cosciente del contesto in cui si trovava.
-Grazie…- immediatamente impetrai, patendo una nuova ondata di brividi che mi fecero venire la pelle d’oca. I miei occhi si sgranarono di colpo quando il mio cervello riuscì a decodificare il suo messaggio. Cercai di dire qualcosa. Ma il silenzio fu inevitabile. Inutile dire che ero interdetta e a dir poco allibita. Forse, rivestendo ancora una volta i vecchi panni di Jack Napier, Joker stava lentamente recuperando il modus operandi del suo vecchio “io”. O magari era semplicemente una svista dovuta al suo sdoppiamento della personalità. Eppure mi stava ringraziando, e non osavo pensarne la motivazione. Intuendo allora il mio sconforto, l’uomo a cavalcioni sul mio grembo mi espose un piccolo sorriso:
-Se non fosse stato per te… io no ti avrei mai trovata, Virgily- si spiegò meglio, folgorandomi ancora una volta con quello sguardo che mi fu quasi fatale. Desiderio, bramosia, gratitudine. Guardarlo negli occhi era sempre una sorpresa per me. Tuttavia, non riuscii a fare a meno di notare una cosa strana: “trovata”, aveva appena detto. Non “incontrata” o “conosciuta”.
Trovare allude a qualcosa che lui stava cercando”.
 Questo pensiero mi inquietò per una manciata buona di secondi, lasciandomi muta innanzi alle occhiate dell’uomo che si era cucciato su di me per rubarmi l’ennesimo bacio a fior di labbra. Poi però pensai che, forse, quello era il suo modo per esprimermi i suoi sentimenti. Del resto, e di questo ne ero più che certa, Joker non era tipo da fare “piani”. A lui era sempre piaciuto improvvisare. E certo non poteva conoscermi prima che, chissà ancora per quale motivo, si ritrovasse catapultato nel mio mondo. Istintivamente, sgusciando fuori dalla sua salda presa, allacciai le braccia attorno al suo collo per portarlo a me e stringelo forte in un abbraccio. Joker ricambiò immediatamente, avvolgendomi per i fianchi mentre immergeva il viso ancora livido e gonfio fra i miei capelli.
-Lo pensi davvero?- sussurrai piano, nascondendomi nell’incavo del suo collo per poter meglio sentire il suo odore e il suo calore.
-Sì…- affermò secco, senza mai smettere di carezzarmi la schiena –Sei speciale. Molto di più di quello che pensi, bambolina…- soffiò al mio orecchio con voce bassa e roca, facendomi vibrare sotto il suo corpo accaldato.
-Adulatore!- affermai sogghignando quando le sue labbra cominciarono a torturarmi il lobo dell’orecchio, accrescendo quella marea di brividi che mi stavano facendo letteralmente tremare. Fu questione di pochi secondi prima che la sua bocca trovò nuovamente la mia, zittendomi come solo lui sapeva fare. Istintivamente rafforzai la presa attorno al suo collo, cominciando a scivolare lungo le sue ampie spalle lisce e compatte. Riuscii a percepire come la sua pelle cominciasse ad incresparsi al passaggio lento e dispettoso delle mie unghie, e questo mi permise di esporgli un ghigno beffardo e compiaciuto. Smisi di pensare a quello che era successo quella notte, a quello che gli avevano fatto, alle parole che mi aveva detto e a tutti quei dubbi che non facevano altro che tormentarmi. Quando Joker mi toccava, il mondo smetteva di girare, e noi due cominciavamo finalmente a viverci. Tutto divenne caotico, disordinato e passionale. I vestiti volarono a terra, le lenzuola s’intrecciarono ai nostri corpi nudi. Fu diverso rispetto alla prima volta. Strano per certi versi: più dolce, premuroso. Niente abiti strappati, coltelli o morsi dettati dall’impeto. Senza smettere mai di baciarmi, Joker si muoveva lento e al contempo deciso. I suoi occhi erano costantemente fissi sui miei: erano seri, per un certo verso quasi spietati. Sembravano volermi silenziosamente ricordare “Tu sei mia. Non te lo scordare mai”.
Ci ritrovammo stesi sotto le coperte l’uno accanto all’altra. Sfogliava il mio quaderno dalla copertina nera, quello della nostra storia. Era così assorto nella lettura che quasi mi incantai ad osservare il suo sinuoso profilo. Le luci del pomeriggio mettevano in risalto i suoi boccoli dorati che gli incorniciavano il viso, e in quella circostanza anche le sue cicatrici assumevano un’aria meno inquietante e spettrale.
-Dimmi, Virgily…- mi chiamò piano, cercandomi con lo sguardo. Non appena mi trovò, proprio a pochi centimetri da lui, non riuscii a fare a meno di sorridergli. Dovevo essere impazzita, ma era bello stare con lui.
-Sì?- domandai a mia volta avvicinandomi piano, quel tanto che mi bastava per potergli lasciare l’impronta di un casto bacio sulla spalla nuda:
-Che cosa significa questo?- domandò indicandomi un segno che avevo disegnato su di una pagina: un piccolo palloncino stilizzato a forma di cuore. Onestamente non avrei mai pensato che lo avrebbe notato, e di fatto rimasi al quanto sorpresa della sua curiosità.
-Ah quello?- mi schiarii la gola, abbassando timidamente lo sguardo –Quello sono io…- affermai in un primo momento non riuscendo a nascondere l’imbarazzo nella mia voce appena tremante.
-O meglio: è come mi vedo io. Un piccolo palloncino… a forma di cuore. È stupido lo so…- istintivamente potrai ambo le mani al viso per nascondermi dal suo sguardo indagatore. Ci fu del silenzio che calò come un’incudine sopra di noi, e per qualche secondo persi un battito. Poi però, con grande delicatezza, sentii le sue mani grandi afferrare le mie per scostarmele dal viso. Abbassai allora lo sguardo, ma Joker prontamente mi afferrò per il mento con l’indice e il medio, costringendomi a guardarlo. I piccoli pigmenti verdognoli nascosti nelle sue iridi scure parevano aver cominciato a brillare, e sulle sue labbra storpie il clown finalmente dipinse la linea sottile di un dolce sorriso.
-Ha molto senso, invece- mi disse, stampandomi un piccolo bacio nel mezzo della fronte.
-Un palloncino, molto carino e fragile alla vista, che sfida incoscientemente il cielo per arrivare sempre più in alto. Fino al punto da esplodere. Ti rispecchia abbastanza direi…- specificò avvolgendomi le spalle con un braccio, lasciandomi adagiare con il capo sul suo petto.
-Ma tu sei molto più di un palloncino, bambolina- sospirò piano, cominciando a guardare, pensieroso, il soffitto della nostra camera.
-È per questo che stasera ti porto in un posto…- affermò subito dopo cogliendo immediatamente la mia attenzione.
-Che posto?- domandai curiosa ed euforica al tempo stesso. Ero nervosa dovevo ammetterlo.
-Non essere impaziente. È una sorpresa- disse ghignando dispettosamente-Riposati, ora. Ci aspetta una lunga serata- fu tutto quello che disse prima di tornare a fissare un punto indefinito della stanza. Le sue dita si inoltrarono fra i miei folti capelli bruni, cominciando a massaggiarmi la testa. Oramai sapeva fin troppo bene come farmi rilassare. E io, di rimando, rimasi avvolta fra quelle lenzuola, con la testa poggiata sul suo petto. Mi addormentai piano, cullata dalle sue forti braccia. Finché il cuore gli batteva nel petto, io ero sua e lui era mio. Era così che doveva essere, e mi convinsi che, oramai, il tempo non aveva più alcun un senso.
***
1 ora prima
Era ormai sera quando arrivammo in quel “posto”: una vecchia palazzina in costruzione che il comune non aveva mai terminato. All’ersterno si vedevano ancora le impalcature arrugginite che anni fa avevano lasciato lì, quasi sbadatamente. Il progetto iniziale prevedeva la costruzione di un piccolo centro commerciale di quattro, se non addirittura cinque piani molto ampi e spaziosi, ma i costruttori non andarono mai oltre il terzo piano. Sostanzialmente si trattava di uno scheletro di mattoni e calcestruzzo, senza finestre o protezioni per le scale di cemento. Al suo interno, poi, l’aria era rarefatta e polverosa mentre il tutto era illuminato dalla fioca e pallida luce della luna che filtrava da grandi aperture circolari fatte sui soffitti, probabilmente con lo scopo di contenere un vetro resistente che avrebbe dovuto permettere alle persone di “affacciarsi” al piano inferiore. Non vi era niente, se non desolazione e abbandono. Istintivamente mi portai le mani al petto, per stringere il bavero del cappottino di lana cotta più vicino al collo cercando invano di ripararmi dal freddo mentre Joker, che passeggiava beato come un bambino in gita scolastica, si guardava intorno con aria molto soddisfatta:
-Esattamente, cosa ci facciamo qui?- domandai cercando di seguirlo con cautela, per non inciampare fra le macerie di piccoli resti di mattoni e attrezzi vari.
-Questo posto, bambolina, oltre ad essere abbandonato, è anche piuttosto isolato. Ed è proprio qui, mia cara, che stasera ti insegnerò a sparare!- disse con un inquietante entusiasmo mentre, salendo i primi gradini delle scale cementate, si voltava di tre quarti per porgermi teatralmente la mano e suggerirmi di seguirlo al piano superiore. Ci misi qualche secondo per capire cosa avesse detto:
-N-Non parli sul serio, vero?- domandai un po’ titubante quando le mie dita si strinsero attorno alle sue, più grandi e guantate.
-Ti sembro il tipo da fare scherzi del genere, bambolina?- mi chiese di rimando mentre mi scortava al secondo piano. Due grandi finestroni rendevano l’aria più pulita rispetto al piano terra, ma vi era una grandissima apertura centrale che, del tutto priva di protezioni, avrebbe potuto farci fare un bel volo di cinque o sei metri buoni. Ovviamente non vi erano bersagli a cui sparare, il che mi rese ulteriormente sospettosa.
-Lezione numero uno…- disse il clown estraendo una pistola dal suo soprabito viola:
–Prendere confidenza con la propria arma-
-Confidenza?- domandai stranita mentre, a piccoli passi, Joker si fece sempre più vicino al mio corpo, porgendomi la sua cara amica.
-Più ti senti a tuo agio nel fare una cosa, più ti sarà facile farlo…- alla sua affermazione, quando l’adagiò sulle mie mani, il peso di quell’arma mi parve almeno triplicato. Non avevo mai sparato a qualcuno. Non avevo neanche mai pensato di sparare a qualcuno, prima d’ora. I miei occhi rimasero per secondi interminabili fissi su quell’oggetto. Ero pietrificata e, inutile dirlo, anche piuttosto spaventata.
-I-Io non…- senza riuscire a terminare la frase, le mani grandi di Joker arrivarono alle mie, guidandomi nei movimenti per impugnarla a dovere:
-Se vuoi stare con me, bambolina, devo avere la certezza che saprai difenderti- i suoi occhi ora erano fissi su di me, e parvero ribollire, pervasi dalla fiamma della follia. Senza fiatare allora annuii deglutendo rumorosamente. Joker mi istruì sul modo corretto di tenere le braccia, di guardarmi sempre intorno, specialmente a spalle scoperte. Poi mi disse di cominciare a fare fuoco, lasciandomi interdetta:
-Non importa cosa colpirai, se il muro o il vuoto. Quello che conta, ora, è che tu capisca com'è che funziona l’arma che tieni fra le mani. Devi sentirla rombare. Devi dominarla. Farla tua. La mira non ti serve più di tanto. Non oggi- inevitabilmente il cuore mi andò in gola. Sentivo le mani cominciare a tremare, e sapevo che non era per il freddo. Respirai piano, cercando di regolarizzare il battito cardiaco, che di propria sponte aveva cominciato ad accelerami freneticamente nel petto. Poi, non so di preciso con quale coraggio, feci pressione sul grilletto. Sentii un scoppio, e meccanicamente mi feci indietro portandomi le braccia al petto quasi per proteggermi. Avevo serrato gli occhi, perché non avevo la più pallida idea di dove avessi sparato. Tuttavia, nel giro di pochi secondi, una lunga ed estenuante risata riecheggiò per tutto l’ambiente, facendomi fremere. Con il cuore a mille schiusi lentamente le palpebre. La penombra certo non mi aiutava, ma se mettevo bene a fuoco, potevo vedere un buco aprirsi, lentamente, sulla parete di cemento grezzo a qualche metro di distanza dal mio corpo. Joker continuò a ridere in modo grottesco e inquietante, probabilmente a causa del mio stupore. Se solo ripensavo alla minima pressione che avevo esercitato qualche istante prima, mi veniva la pelle d’oca. Non l’avrei mai pensato, ma sparare era facile. Troppo facile. Mi guardai le mani, e con mio grande stupore avevano smesso di tremare. Neanche mi resi conto del fatto che il principe clown di Gotham avesse nuovamente azzerato la distanza fra i nostri corpi, avvolgendo le sue braccia attorno ai miei fianchi per poter adagiare il petto lungo tutta la mia schiena. Il suo fiato caldo parve una carezza seducente e lasciva sulla mia pelle, e questo mi fece tornare a fremere:
-Allora, bambolina. Come ti senti?- domandò con voce roca e suadente mordendomi appena il lobo destro, facendomi patire un brivido caldo che mi percosse tutta.
-Ti è piaciuto?- pensandoci bene, non ne ero del tutto sicura. Certo, le mani non tremavano più, e anche la tachicardia sembrava essersi placata. Eppure, tutto questo mi spaventava a morte. Premere il grilletto era così semplice. Ma con quale coraggio avrei fatto fuoco su qualcuno? Al solo pensiero, riuscivo a sentire lo stomaco riggirarsi più volte, e la nausea intorpidirmi l’esofago. Tutto d’un tratto la testa mi cominciò a girare, proprio quando sentii il vento al di fuori dell’edificio cominciare soffiare veementemente. Come una tromba d’aria, la polvere, i nostri vestiti e i nostri capelli si sollevarono al passaggio repentino e violento del vento quando, con un scoppio potente e del tutto improvviso, uno spiraglio vorticoso e fiammante comparve innanzi ai nostri occhi ingrandendosi in modo spropositato. Tutto per un istante mi parve sfocato, a causa dell’immensa luce provocata da quell’innaturale deflagrazione. Poi sentii qualcosa, come dei passi pesanti riecheggiare con una certa fretta. Non riuscii a distinguere bene la figura di nero vestita che comparve dal vortice, ma istintivamente cominciai ad urlare quando, senza rendermene conto, mi ritrovai a terra. Joker mi aveva spinta via, lasciandosi travolgere da quell’imponente figura che lo trascinò per almeno un paio di metri, colpendolo in pieno viso. Nel giro di pochi secondi, giusto il tempo di perdere qualche battito, tachicardia, nausea e voltastomaco tornarono a torturarmi, lasciando che il mio corpo cominciasse a tremare come una foglia. A giudicare dal frastuono che stavano provocando, quella losca figura non si stava risparmiando nel malmenare Joker. In un breve lasso di lucidità pensai alla pistola, ma nella caduta doveva essere scivolata giù per l’enorme buco sul pavimento, non troppo distante da me. Cercai allora di respirare profondamente e fare maggiore chiarezza mentale, ma tutto quello che stava succedendo era a dir poco assurdo. Sentii poi due grandi mani agguantarmi per le spalle, e senza neanche pensarci ricominciai ad urlare, questa volta a squarciagola. Una lacrima incolore sgusciò dal mio precario autocontrollo, e serrando gli occhi in preda al panico mi lasciai sollevare di peso. Era la fine. Ne ero totalmente certa.
-Santo dio Virgy stai bene!- una voce molto mascolina e profonda mi entrò in testa, cogliendomi totalmente alla sprovvista. Era come se l’avessi già sentita da qualche parte, ma la mia mente non riuscita a collegarla ad un volto conosciuto. Proprio come quel paio di mani che si avvolsero attorno ai miei fianchi e alle spalle. Confusa e frastornata, contro ogni mio preavviso, mi ritrovai allora stretta in un caldo abbraccio.
-Virgily guardami! Sono io!- ancora tremante di paura, schiusi appena gli occhi, osservando dei pettorali ben definiti, messi in risalto da una sorta di “armatura” molto spessa e resistente. Era quasi familiare, per certi versi, ma la grande “R” impressa all’altezza del cuore mi lasciava piuttosto perplessa. Seguii con lo sguardo un percorso immaginario che dal suo torso mi portò alla curvatura elegante del suo collo, raggiungendo poi una mascella squadrata e affilata, delle labbra sottili e un intenso paio di occhi grigioverdi contornati da una piccola maschera poggiata sul suo naso. Fu in quell'esatto istante, quando posai nuovamente lo sguardo su quelle iridi chiare e sgargianti che mi parve di morire. Trattenendo il fiato, le mie mani si mossero senza alcuna autorizzazione, posandosi tremanti e delicate sopra le sue guance e sui suoi capelli, corti e molto scuri. La sua pelle era liscia, calda… reale.
-J-Jim?- un singhiozzo mi fece quasi storpiare il nome di mio fratello, mentre gli occhi cominciavano a gonfiarsi di lacrime. La testa aveva ricominciato a girare, ma lui era proprio lì, insieme a me. E non sarei svenuta per niente al mondo.
-Sì. Sì sono io!- anche i suoi occhi sembravano essersi lucidati per la commozione. E pur avendo il cuore in gola trovai comunque la forza di stringere le braccia attorno al suo corpo scultoreo, ricambiando il suo soffice abbraccio. Per minuti interminabili piansi a dirotto senza neanche rendermi conto di quello che, nel frattempo, stava accadendo attorno a noi. Dopo anni che lo avevo dato per disperso, mio fratello ora era finalmente tornato da me.
-Ma che cosa ci fai qui?- domandai tutto d’un fiato scostandomi appena, quel tanto che gli serviva per inchiodarmi con uno sguardo glaciale:
-No ascolta, Virgily. Siamo venuti a salvarti- mi disse con tono freddo e serissimo mentre mi afferrava per le spalle con decisione. Un brivido si arrampicò lungo tutta la mia colonna vertebrale facendomi tremare vistosamente:
-Siamo? Ma che…- non riuscii neanche a terminare la frase che i miei occhi caddero quasi meccanicamente su quella curiosa “R” impressa sulla sua armatura.
Silenzio. Pesante e asfissiante, parve quasi un gas letale che mi tolse il fiato.
-O mio dio…- tornando freneticamente con i piedi per terra, cominciai a dimenarmi fra le sue braccia, guardando in lungo e in largo per la stanza quando li vidi, per la prima volta, innanzi ai miei occhi: Batman e la sua nemesi, Joker, si stavano fronteggiando l’uno contro l’altro. Il principe clown di Gotham era steso a terra, e sogghignava sotto i potenti colpi del cavaliere oscuro. Ripensai istintivamente all’ombra che avevo visto la scorsa notte, alle contusioni e alle ferite di Joker. Ora tutto sembrava ricominciare ad avere un senso.
-O mio dio!- divincolandomi dalla presa di Jim, cominciai a correre verso quei due mostri sacri che, per anni, avevano dato vita a folli visioni nella mia mente contorta e malata da scrittrice. Il mio cervello aveva smesso di creare pensieri, ammutolitosi innanzi al miracolo che avevo davanti. E senza rendermene conto, ora ero lì: mi ero lanciata in mezzo fra quei due, come uno scudo umano, e avevo posato ambo le mani sui suoi pettorali massicci e scolpiti, messi in risalto dall’armatura corvina. Ero tutta un fremito, e mi tornò la nausea quando trovai il coraggio di guardarlo in viso: la mascella squadrata, le labbra sottili e ben disegnate. E pur indossando la sua inconfondibile maschera, i suoi occhi riuscivano comunque a scavarmi dentro, aprendomi una voragine che non sarei mai riuscita a risanare.     
-Spostati, Virgily- la sua voce, proprio come me la ero sempre immaginata, era bassa e roca. Un brivido freddo mi fece accapponare la pelle, ma il fatto stesso che conoscesse il mio nome, oltre ad essere “reale”, stava cominciando a diventare assurdo.
-No- risposi secca. C’erano troppe domande nella mia testa, e non mi sarei mossa di lì senza aver ricevuto una valida risposta.
-Voi dovete assolutamente spiegarmi che cosa diavolo sta succedendo!-
-Virgily…- Jim si era fatto avanti ad ampie falcate, fiancheggiando il suo compagno di viaggio. C’era della seria preoccupazione nei suoi occhi chiari, e questo mi trasferì una forte inquietudine.
-Senti. So che è difficile da credere ma cinque anni fa, quando sono sparito, ho scoperto di avere questo…- il moro fu titubante per qualche istante, tanto da abbassare violentemente lo sguardo per osservarsi le mani. Mio fratello stava tremando.
-Potere…- aggiunse infine, cercando il mio sguardo incredulo.
-Quale potere?- domandai corrugando istintivamente la fronte, confusa e frastornata.
-Virgy. Io posso viaggiare fra i mondi. Teletrasportarmi in diverse dimensioni.- fece una piccola pausa, avvicinandosi di un passo.
-Non so come sia stato possibile, ma quella notte io sono finito a Gotham. E non sapevo più come tornare indietro. Batman mi ha trovato e mi ha aiutato a diventare quello che sono ora...- mio fratello aveva cominciato a raccontarmi tutto. A confidarmi quella verità che non mi sarei mai aspettata. Ma il mio cervello sembrava essersi sconnesso. Non riuscivo a crederci. Era impossibile. Doveva. Eppure, per quanto fosse assurdo, forse non aveva tutti i torti. Solo un viaggiatore di mondi possibili poteva aver provocato tutto quel casino.
-Ma Joker scoprì dove mi nascondevo…- la rabbia e il rancore erano talmente evidenti da impedirgli di continuare la frase. Ma era proprio quello il punto del racconto che volevo ascoltare.
-Ha visto una tua foto. Quella che ho sempre portato con me. E ha scoperto così che non ero del suo mondo. Dio… Virgily voleva ricattarmi per aprire il portale e-
-Aspetta un momento!- alzai di tutta fretta una mano per intimargli di tacere. Udite le sue parole, sentii inevitabilmente un dolore acutissimo all’altezza del cuore, come una lama che gelida e tagliente mi trapassò da parte a parte. Stava succedendo tutto così in fretta. E io non mi sentivo pronta per affrontarne le conseguenze. Mi voltai piano, e lui era proprio ai miei piedi, con il volto gonfio e le labbra tinte con il rosso del suo stesso sangue. Non osò parlarmi, ma il ghigno che vidi impresso nella sua maschera spettrale mi fece fremere di rabbia.
-Tu sapevi tutto…- sussurrai piano, cominciando a sentire gli occhi gonfiarsi di lacrime amare, mentre il dolore al petto cominciava a farmi barcollare.
-O mio dio TU SAPEVI TUTTO!- non riuscii a trattenermi dall'urlargli in faccia, quasi perdendo il fiato. La tachicardia riprese immediatamente a farmi sollevare pesantemente la cassa toracica, mentre la testa tornava a girare fortissimo. Tuttavia la rabbia e l’adrenalina, che aveva cominciato ad avvelenarmi il sangue, furono l’antidoto che mi conferì una veemenza spaventosa, tanto che feci quasi per saltargli addosso, ma le solide braccia di Jim mi circondarono prontamente i fianchi per impedirmi mosse azzardate o troppo rischiose. Ma a me, onestamente, non me ne importava più nulla. Joker mi aveva mentito spudoratamente. E questo mi faceva male. Tropo male.
-FIGLIO DI PUTTANA DILLO! PER UNA CAZZO DI VOLTA PARLA CHIARO! HAI RICATTATO MIO FRATELLO PER PASSARE IN QUESTO MONDO?- sbraitai continuando a divincolarmi fra le braccia di mio fratello, e quando i miei occhi caddero sul suo sguardo serio e austero, improvvisamente sentii un fuoco corrodermi le membra.
-Oh, no bambolina- sogghignò, visibilmente divertito alla mia reazione. Joker, proprio come la prima volta, mi espose il più spietato ed inquietante dei suoi ghigni:
-Sei stata tu- e non ebbi più il coraggio di fiatare. Quelle, furono tre parole che mi lasciarono completamente paralizzata. Una risatina perfida gonfiò le sue labbra cicatrizzate, mentre una frase particolare in un attimo mi balenò nella mente, rimbombando fra i miei stessi pensieri:
Se non fosse stato per te… io no ti avrei mai trovata, Virgily
Poi ricordai. Io, quella notte, avevo espresso un solo desiderio ben preciso.
-N-Non è possibile…- sussurrai pianissimo. Tradita. Usata. Così mi sentii in quell’esatto istante. E una lacrima incolore fuoriuscì dal mio controllo, colando solitaria lungo tutto il mio viso.
-Lo è, invece- mi rispose mio fratello, allentando un pochino la presa per tramutarlo in un abbraccio rassicurante.
-Tu sei come me. Lo so che sembra folle ma è così. E se tu verrai con noi…-
-Venire con voi?- scostandomi appena dal corpo, asciutto e prestante, di mio fratello, non riuscii a fare a meno di fulminarlo con lo sguardo. Che diavolo volevano farmi adesso? Non gli bastava avermi sconvolto la vita? Non gli bastava avermi fatto scoprire una verità, talmente amara, che mi stava letteralmente annientando?
-Virgily…- la voce calda e profonda di Batman mi colse alla sprovvista, me era decisamente gentile. Sapevo che forse voleva cercare di rassicurarmi, ma in quell’esatto istante, capii che probabilmente questo trauma mi avrebbe segnata a tal punto da impedirmi di fidarmi.
-Vieni con noi. Possiamo aiutarti a dominare questo potere-
-E a rimettere questo bastardo al suo posto!- aggiunse mio fratello, chiaramente riferendosi al clown accovacciato ai nostri piedi, che osservava la scena con una serenità spaventosa. Tanto da farmi tornare a tremare per la rabbia. Ignorai totalmente le parole dei due paladini della giustizia, e mi ritrovai ad accorciare le distanze fra il mio corpo e quello di Joker. Incurvandomi piano, arrivai a inginocchiarmi a terra per arrivare più vicina all’altezza del suo sguardo. Jim fece per dirmi qualcosa ma non glielo permisi. Io e lui, purtroppo, non avevamo ancora finito:
-Perché non mi hai uccisa quella notte?- domandai piano, cercando di modulare bene la voce, sebbene cominciassi a sentire i primi singhiozzi intorpidirmi l’esofago. Inizialmente, il nemico dichiarato del cavaliere oscuro non mi rispose. Si limitò a guardarmi. I suoi occhi avevano assunto un’aria quasi malinconica, come se stesse cercando di tornare indietro con i ricordi a quella notte piovosa di marzo.
-Perché mi hai lasciato vivere?- riformulai la domanda, aspettando con pazienza.
-Te l’ho detto, bambolina…- mi disse in un primo momento sollevando, quasi in segno di rassegnazione, l’angolo sinistro delle sue labbra scarlatte.
-Ho visto qualcosa in te-
-Cosa?- Joker, per la prima volta abbassò lo sguardo dal mio. Titubò più volte alla ricerca delle parole adatte. Era nervoso, tanto da mordersi il labbro inferiore.
-Me…- sussurrò poco dopo. Non ero quasi riuscita a sentirlo, ma quell’affermazione mi aveva mandato il cuore in gola.
-Ho rivisto me in te…- specificò cercando il mio sguardo, quasi per studiare la mia reazione. Ignoravo l’espressione che dovevo aver assunto, ma sentii con chiarezza una seconda lacrima tracciare un nuovo solco sul mio viso.
-Dio quanto sono stupida…- singhiozzai piano, sentendo gli occhi cominciare ad esplodere, lasciando colare numerose gemme incolore sulle mie guance.
-Virgily…- mi chiamò piano, con una dolcezza quasi disarmante,
-No, Joker!- lo zittii alzando di qualche tono la mia voce mentre mi asciugavo frettolosamente con i palmi delle mani ancora sporchi di polvere,
-Ora basta con i giochetti- gli dissi –Da quando ti ho conosciuto sono stata rapita, drogata, torturata. Hanno ucciso la mia migliore amica. Ma non ho mai fiatato. Non mi sono mai data per vinta, perché sapevo che mi avresti sempre salvata. È allora che mi sono innamorata- sentii mio fratello sussultare alle mie spalle per la sorpresa, ma non gli diedi peso. Oramai ero troppo coinvolta. Anzi. Ero letteralmente a pezzi. Era stato lui a distruggermi. E del resto, lui era Joker. Dovevo aspettarmelo. Presi un respiro profondo, e tornai a fissarlo nei suoi occhi scuri come la pece. Era concentrato, attento, sbigottito. Ma niente in quel momento avrebbe placato la valanga di parole che mi si stavano arrampicando in gola:
-Ma dovevo saperlo che non c’è amore in te. Anzi. Mi hai appena dato la conferma che tu non puoi amare nessun’altro all’infuori di te stesso…- la mia voce fu spezzata da un ennesimo singhiozzo che mi fece rabbrividire tutta. Sollevai appena lo sguardo verso i due uomini alle mie spalle, che senza fiatare mi guardarono attoniti.
-Vengo con voi…- sussurrai piano mentre la linea sottile di un sorriso si dipinse sulla bocca di Jim, che prontamente mi aiutò a rimettermi in piedi. Non so se quello che stavo facendo fosse la cosa più giusta. Ma in quel momento, mi accorsi di non avere più niente da perdere. Joker mi aveva usata, questa era la verità. E io glielo avevo permesso come una stupida. E questo, non me lo sarei mai perdonata. Dandomi una piccola pacca sulla spalla, mio fratello mi superò per cucciarsi contro quell’uomo che non aveva fatto altro che crearci un sacco di problemi. Quell'uomo a cui pensavo di appartenere. Voltandogli le spalle cominciai ad allontanarmi con lo sguardo fisso sui miei passi. Non avevo il coraggio di guardarlo oltre. Volevo soltanto ricominciare, e sperare che presto quel vuoto che cominciava a logorarmi lentamente finisse di mangiarmi le membra. Sentii improvvisamente una mano grande e pesante sul mio braccio, afferrandomi saldamente. Sobbalzai di tutta sorpresa, sbattendo numerose volte le palpebre. Era Batman, e quando misi bene a fuoco i miei dintorni, mi accorsi che non aveva fatto altro che bloccarmi a pochi centimetri da quell’ampia apertura del pavimento che, se fossi stata incauta, mi avrebbe fatta precipitare nel buio.
-Metteremo tutto a posto…- mi disse con tono gentile. Ora che lo guardavo bene, non era poi così spaventosa la sua maschera. Certo, probabilmente avrebbe potuto incutere timore a chiunque dei suoi avversari. Ma quando i suoi occhi scuri s’incontrarono con i miei, non riuscii a far a meno di notare una certa luce nello suo sguardo. Come se anche lui, in fondo, comprendesse a pieno il dolore che stavo provando. Istintivamente sollevai le labbra in un mezzo sorriso, e anche lui fece lo stesso. Poi, il tempo riprese a scorrere a velocità aumentata. Un grido di dolore scoppiò all’improvviso dalle nostre spalle, e quando ci voltammo io e il cavaliere oscuro ci ritrovammo il clown sociopatico di Gotham City a pochi metri da noi, e brandiva una pistola mentre il corpo di mio fratello giaceva a terra privo di sensi. Ci fu uno scoppio, talmente potente da farmi vibrare. Non riuscii nemmeno a fare in tempo a gridare “Attento!” che le mie mani si erano già mosse: in un gesto del tutto impulsivo, i miei palmi avevano spinto via l’uomo al mio fianco con tutta la forza che avevo in corpo. Ci fu un secondo sparo, e cominciai a sentire lo stomaco e la spalla destra bruciare con una intensità spaventosa. Poi, persi l’equilibrio. Come morta caddi al suolo, avvolta nell’invisibile abbraccio del vuoto. I secondi viaggiarono ad alta velocità nella mia mente quando sentii un tonfo, seguito da una nuvola di polvere e fuliggine che mi appannarono la visuale. Non potevo esserne sicura, ma mi parve di giacere sul freddo pavimento dissestato di quel palazzo. A malapena riuscivo a sollevare la cassa toracica, e sentivo del liquido denso uscire dalla mia testa e dal mio addome, e colare caldo sulla mia pelle. Sentivo delle voci ovattate raggiungere il mio orecchio, ma non capii che cosa mi stessero dicendo. Dai miei occhi socchiusi, tutto quello che riuscivo a vedere era l’immagine offuscata di un luogo spoglio e grigio. Sentivo dolore. Tanto dolore in ogni parte del mio corpo, e sapevo che anche volendolo non sarei riuscita a muovermi. La testa lentamente cominciò a farsi leggera, girando come un’inquietante giostra a cavalli nella sua ultima corsa. Avevo la nausea, non capivo più dove mi trovassi e per quale motivo, ma sapevo perfettamente che presto avrei chiuso gli occhi, probabilmente per non riaprirli più. Non volevo perdere conoscenza, restare sola con me stessa nel buio della mia mente proprio quando la vita mi stava abbandonando. Ma il mio corpo oramai faceva tutto da solo, e io non avevo la forza di contraddirlo. Eppure, poco prima di perdere i sensi, riconobbi una figura scura scendere dal cielo verso di me. La vista era calata di colpo, per cui non riuscii a distinguere la creatura, completamente vestita di nero, che mi torreggiava. Per qualche istante pensai che fosse un angelo della morte, se non il diavolo in persona. Forse era venuto a giudicare la mia vita poco prima del grande balzo. In un battito di ciglia ricordai, allora, tutto quello che avevo vissuto con grande malinconia: La mamma, il papà, Jim e poi lui. Joker. Ripensai a quello che era successo, alla paura, al dolore, l’amore che avevo provato e le parole che non ebbi il coraggio di dirgli. Proprio in quell’esatto istante, nella mia mente tornarono le immagini. Quelle “visioni” che in una notte di pioggia scatenarono il mio inferno. In quel momento, quasi cadendo in trance, riuscii ancora una volta a vedere davanti a me un mondo che non mi era mai appartenuto: notte, oscurità, esplosioni… Se mi concentravo un poco, potevo sentire di nuovo l’odore inconfondibile della benzina, l’odore del sangue. Sentii una scossa elettrica pervadermi tutta, questa volta facendomi sussultare in preda alle convulsioni.
-Virgily!- il diavolo, ormai chino su di me, aveva pronunciato il mio nome con voce bassa e cupa. Una luce, quasi come uno spiraglio vorticoso e fiammante era scoppiato alle nostre spalle, sovrastando la figura che, al mio fianco, carezzò lentamente il mio viso. Purtroppo non riuscii a mettere bene a fuoco quel viso maschile che sostava ricurvo verso di me. Ma di una cosa fui assolutamente certa: furono i suoi occhi a ricordami, per l’ultima volta, Gotham City.
***
Con un colpo ben assestato, Joker era riuscito a mettere k.o quel guastafeste di Robin, e senza fiatare sfoderò la sua seconda pistola. Aveva fatto tanto per trovarla, e ora nessuno gli avrebbe portato via la sua bambolina. Lo aveva promesso a sé stesso. E lei, d’altro canto, gli apparteneva. Ma in realtà, era proprio lui che aveva bisogno della sua Virgily. Era diventata il suo unico spiraglio di razionalità. Il fine che guidava tutte le sue deprecabili azioni. Ma le aveva mentito. L’aveva ferita. E ora la stava perdendo. E non glielo avrebbe permesso. Puntò dritto al petto di quell'insulso pipistrello, che per anni non aveva fatto altro che tormentare la sua stessa esistenza. Poi, vide qualcosa di inaspettato: sfoderando un coraggio a dir poco spaventoso, la sua bambolina aveva spinto via Batman per incassare i colpi al posto suo. La vide impallidire tutto insieme, per poi cadere nel vuoto. Con il cuore che gli parve esplodergli nel petto, il folle principe non riuscì a credere ai suoi occhi. Si avviò, a grandi falcate, verso quell’apertura circolare che aveva inghiottito nel buio la sua dolce Virgily. Batman lo aveva preceduto, lanciandosi proprio dietro di lei. Per qualche istante non ebbe il coraggio di abbassare lo sguardo, ma poi lo fece.
-Lei me lo aveva detto- sussurrò piano. La voce della ragazza risuonò, soffice e vellutata, nella testa del clown:
Sarà il caos stesso ad annientarti, quando sarà arrivato il momento…
E quando la vide annaspare in una pozza di sangue proprio ai suoi piedi, Joker capì che forse quel momento era arrivato. Ed era stato lui ad averlo provocato.

*Angolino di Virgy*
Finalmente sono tornata. E questa volta, ho svelato tutte le mie carte. Questo è il capitolo più importante. Per scriverlo ho pianto, ho riso, mi sono strappata i capelli ma, soprattutto, non ho dormito. Detesto fare del male ai miei personaggi, ma era inevitabile. Spero che vi piaccia. Da questo momento possiamo dire che comincia veramente la storia. Senza più trucchetti. Scrivere di Joker diventa sempre più difficile e, come se non bastasse, ora c'è anche Batman.
Non esitate a farmi sapere cosa ne pensate. Il vostro parere è importante.
Grazie per la lettura.
Un bacio.
-V-
  
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