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Autore: njaalls    23/01/2017    2 recensioni
È bella, pensa.
Ma non bella perché ha un viso carino, i capelli lunghi e si veste bene; ma bella perché ha una presenza che riscalda, perché anche quando è ubriaca sembra genuina e immediatamente sembra che ogni parte del suo corpo irradi luce.

[CHRISEVA]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ambientata nella s2, durante la festa che i Penetrators danno per raccogliere i fondi per la bravata che hanno combinato (e per i rifugiati).
Per capirci meglio, è la festa dove Vilde vede Noora e William baciarsi, ma siccome shippo Chris ed Eva più di qualunque cosa, ho apportato qualche idea per un missing moment dopo la vomitata di una drunk!Eva, che per me è sempre adorabile.

 

Chris non sa nemmeno come sia finto per riportarla a casa.
Ricorda, che Vilde era piombata al suo fianco mentre beveva un bicchiere di birra e scherzava con gli amici, aveva spinto un'Eva goffa e barcollante verso di lui e con un'espressione dura aveva impartito degli ordini precisi, ma che lui aveva sentito appena. «Trova Sana. O Chris. Di' loro di occuparsi di lei»
C'era una certa urgenza nella sua voce, impellenza, ma tutto quello che lui riusciva a vedere erano quelle sopracciglia aggrottate tipiche di Vilde quando era arrabbiata, o spiazzata.
Non aveva atteso molto, prima di spingere con decisione l'amica contro Chris: quando lui aveva provato a ribattere, con le braccia aperte ed Eva tra queste, a stento in piedi, l'aveva vista sparire.
Qualche amico aveva fatto dei commenti, un paio di risatine e qualche battuta su Eva, o su di lui, che Chris aveva appena sentito. Guardava dall'alto, immobile, la ragazza avvinghiata al suo petto e la testa sulla sua clavicola. L'aveva vista in quell'esatta posizione con Vilde, ubriaca come una spugna e il cappellino con la visiera argentato girato sulla nuca: poi si erano baciate e si era goduto lo spettacolo. Ora però non era più un bello spettacolo, sopratutto perché sembrava toccasse a lui rimetterla in sesto.
«Non bacerai anche me, vero?» aveva chiesto, tirando indietro la testa e piagando le labbra in una smorfia.
«Tu vuoi baciarmi» aveva precisato Eva, con una risatina, gettandosi di fretta i capelli sudati all'indietro. Poi si era stretta di più al busto di Chris. «Tu hai rovinato la mia relazione con Jonas»
Lui aveva riso quasi di slancio e scuotendo la testa, aveva passato un braccio intorno alla vita della ragazza e «Puzzi di vomito. Te lo scordi che ti bacio» aveva scherzato lui, salutando gli amici con un cenno e spingendola verso il bancone. «E la tua relazione stava in piedi per miracolo»
«Non mi fai salutare i tuoi amici?» aveva urlato in protesta Eva, divincolandosi e provando a tornare dove poco prima Chris beveva tranquillamente con i compagni di scuola. L'aveva presa dai fianchi con entrambe le mani e l'aveva tirata di nuovo a sé.
«Meglio di no, o farai una figura ancor peggiore» le aveva suggerito, ma il tono era come sempre pieno di ilarità. Eva aveva ceduto a quel avvertimento senza battere ciglio e si era stretta nuovamente a lui. Chris l'aveva trascinata fino al bancone —dove aveva pomiciato ubriaca marcia con Vilde— e l'aveva fatta sedere su uno sgabello.
«Cristo Santo» aveva commentato quando stava per mancare la seduta e cadere per terra. L'aveva presa dalle braccia e si era accertato con un'alzata di occhi che non piombasse di nuovo giù. «Ma quanto hai bevuto?»
Eva si era messa a ridere con tono acuto e accasciandosi sul bancone aveva iniziato a piangere. A quel punto Chris era letteralmente andato nel panico, mentre intorno a loro la festa per la raccolta fondi dei Penetrators (e per i rifugiati) continuava come se a lui non fosse appena andata storta la serata.
«Che ti prende adesso?» aveva chiesto esasperato, avvicinandosi ad Eva.
«Vuoi scopare, Chris?» aveva urlato la ragazza in risposta, dimezzando la distanza e cercando di avvicinare le loro labbra. Quando lui si era allontano, Eva aveva ripreso a piangere e frignare qualcosa del tipo: «Nemmeno tu mi vuoi!» che era poi andato scemando a causa del piagnisteo isterico.
E, no, Eva non era nemmeno vicina alla verità, ma non sarebbe andato a letto con lei in quelle condizioni perché Penetrator Chris o no, c'erano certi livelli che non avrebbe superato nemmeno lui ed Eva in quel istante rientrava perfettamente nel tipo di situazione in cui non avrebbe nemmeno pensato di portarla a letto. Senza pensarci, le aveva poggiato una mano sulle spalle e si era avvicinato di nuovo a lei. «Resti qui? Due minuti e torno»
«Torni?» aveva ripetuto con tono infantile, alzando la fronte dal bancone e tirando di naso.
«Torno»
Chris aveva chiesto al barman di tenerla d'occhio e di darle un bicchiere d'acqua e, mentre si dava dello stupido e insultava Vilde, si era messo a cercare quelle che ricordava essere Chris e Sana. Ogni tanto qualcuno lo fermava e lui voleva davvero parlare con tutta quella gente che sembra conoscere, ma quando si voltava verso il bancone dall'altro lato della sala, vedeva Eva parlare e gesticolare da sola, completane persa e confusa, quindi sospirava e «Scusatemi, devo andare» urlava con una smorfia dispiaciuta.
Dieci minuti dopo, aveva cercato ovunque: dalla sala al bagno, dal bar alla strada, ma delle amiche di Eva, Sana o Chris, nemmeno l'ombra con suo grande disappunto, le guance rosse per l'alcol e gelate per il freddo, e le mani nelle tasche del giubbotto.
Aveva imprecato, e poi aveva visto Jonas.
Era in piedi contro un muro all'esterno del locale e parlava in maniera fitta fitta con una ragazza dai capelli scuri che ogni tanto gli sorrideva e a cui lui ricambiava di conseguenza.
L'ego smisurato di Chris combatteva tra la tentazione di dargli un pugno e prendersi la sua piccola rivincita per quel litigio sulle scale della scuola, o semplicemente di ignorarlo e tornare dentro a fare chissà cosa con Eva ubriaca marcia, senza dargli l'importanza e l'attenzione che quel fastidioso hipster sembrava sempre ricevere. Il pensiero che però potesse essere la sua ultima possibilità di continuare quella festa, senza dover badare ad una ragazza sbronza, alla fine l'aveva convinto a mettere da parte il fastidio impellente che provava al solo guardare l'ex di Eva. Aveva tiranti di naso e, alzandosi i jeans dalla vita, li aveva raggiunto con passo spedito.
«Hey, ragazzi» aveva esclamato con tono fintamente amichevole, che andava a braccetto con il sorriso fintamente cordiale. «Amico, posso parlarti?»
La testa di Jonas si era voltata di scatto, le sopracciglia folte aggrottate e un'espressione facciale prima confusa, poi scontrosa. «Non sono tuo amico»
«Sì, lo so, nemmeno tu mi stai simpatico» aveva chiarito Chris con una scrollata di spalle e smorfia ancora esagerata tra le sue labbra sottili. «Non sai quanto mi costi farlo, ma ho bisogno di un favore»
«Nemmeno per sogno»
«Riguarda Eva»
Chris l'aveva visto, il cambiamento nei suoi occhi, e ce ne capiva abbastanza per comprendere che per quanto quei due potessero aver rotto, c'era e ci sarebbe sempre stato qualcosa a legarli. Poi l'hipster aveva affilato lo sguardo e aveva fatto in modo che il suo viso tornasse la maschera di fastidio che fino a poco prima aveva cercato di esprimere in tutti i modi.
«Non mi interessa cosa tu ed Eva facciate, non sono più affari miei» aveva ribadito Jonas con una scrollata di spalle. Poi aveva indicato la ragazza con fare eloquente a Chris e le sue sopracciglia si erano inarcate maggiormente. «Ho da fare. Sparisci, o—», ma Chris si era già allontanato, il dito medio alzato verso Jonas e gli occhi scuri che cercavano di individuare chiunque potesse aiutarlo con Eva, la quale giocava adesso con i propri capelli. Appurato che non avesse trovato nessuno, con un sospiro l'aveva afferrata dalla vita e con il suo braccio intorno alle proprie spalle l'aveva fatta scendere dallo sgabello.
«Spero ti ricordi dove abiti, perché ho bisogno dell'indirizzo preciso di casa tua» le aveva detto, conducendola verso un divanetto dove aveva ammesso di avere abbandonato il proprio cappotto. Chris le aveva chiuso i bottoni e poi l'aveva condotta fuori dal locale. Aveva protestato un po' contro l'aria fredda e pungente, ma era riuscito a farla salire in macchina senza doverla sollevare da terra ogni due passi come aveva temuto.
«Eva, mi sai dire l'indirizzo?» aveva domandano con gentilezza una volta dentro l'abitacolo.
Il sorriso che aveva ricevuto in cambio l'aveva un po' spiazzato, ma aveva ricambiato a sua volta e si era sporto verso di lei con fare alla mano, invitandola a rispondergli. «Te lo dirò, solo se farai sesso con me»
Un sospiro e «Come vuoi», prima di accendere la macchina, alzare gli occhi al cielo e ricevere finalmente la via e il numero civico di casa Mohn.


Adesso, casa di Eva si stende contro il cielo scuro alla sinistra di Chris, che la osserva da dentro il vano dell'auto posteggiata vicino al marciapiede. Quando poi si volta verso la ragazza al suo fianco sospira e impreca ad alta voce.
C'è la testa di Eva schiacciata contro il finestrino, i capelli tagliati alla spalla che le coprono il viso tondo e le mani che stringono la propria borsa, come se temesse che qualcuno gliela possa rubare da un momento all'altro, quando Chris la scuote per una spalla, senza ricevere risposta, si rassegna al fatto che non si sveglierà.
«Mi devi un favore» borbotta con sofferenza, prima di aprire la portiera e scendere al freddo della notte, le mani che gelano all'istante e il cappuccio tirato sulla testa. «Mi devi più di un favore» mormora ancora, tra sé e sé, ma non è nemmeno lontanamente arrabbiato e quando apre lo sportello contro cui Eva sta schiacciando la guancia, fa attenzione che non cada fuori dall'auto.
Aprire la porta di casa con una sola mano libera è più complicato di quanto Chris si aspettasse, il mazzo di chiavi che ha trovato nel cappotto di Eva ha almeno sei chiavi appese e nessuna sembra voler entrare nella serratura della porta di ingresso, mentre cerca si centrare il buco nella semioscurità della notte.
«Fanculo» sussurra, battendo i denti ai pochi gradi di Oslo e sistemandosi Eva meglio contro il petto.
«Quella con lo smalto viola e i brillanti» ed è un suono appena accennato contro l'orecchio di Chris, gentile, un po' impastato dall'alcol, forse anche stanco. Quando si volta, lei sta provando a sistemarsi sui propri piedi, poi barcolla e il ragazzo la afferra saldamente dalla vita, obbligandola a reggersi a lui.
«Ci ho già provato e non entra nella serratura» le fa notare, con una smorfia, ma cercando comunque nel mazzo la chiave smaltata di viola.
«È difettosa, devi forzarla un po'» gli spiega, prima di sprofondare con il viso contro spalla di Chris e uno sbadiglio che non riesce a trattiene contro la sua giacca. «Mi gira la testa»
Vorrebbe lanciarle un commento sarcastico, magari ringraziarla per il tempismo, ma l'unica cosa che riesce a dirle è «Ora ti porto dentro» prima che con una certa forza, spinga la chiave nella serratura, facendola poi girare.
La casa è calda e quando accende la luce a tentoni, la trova completamente anonima nella sua eleganza: è come se non vi abitasse nessuno, senza quasi completa personalità, se non fosse per lo zaino di scuola di Eva abbandonato per terra, accanto ad un paio di scarpe da ginnastica e una sola giacca di jeans appesa malamente all'appendiabiti all'ingresso. Chris aveva dedotto che in casa non ci fosse nessuno dalle luci spente e poi dalla porta chiusa a chiave, ma ora gli sembra che lì non ci viva davvero anima viva, se non Eva.
Con un sospiro e un calcio, Chris chiude la porta alle proprie spalle, lasciando le chiavi su un mobile all'ingresso e prendendo meglio in braccio la ragazza, che lo lascia fare con gli occhi di nuovo chiusi. Avanza rispetto all'entrata, e la cucina-salotto è immacolata se non per un pacco di pane a fette abbandonato sul tavolo di marmo, vicino ad un piatto sporco di molliche.
Chris lascia Eva sul divano scuro pieni di cuscini ricamati e quando la adagia, lei gli sorride quasi lo stesse prendendo in giro, si stesse prendendo gioco di lui. È sicuro lo stia facendo, con quelle sue labbra piene e i capelli attorno al viso che, quando l'aveva conosciuta, erano lunghissimi. Le sbottona la giacca ed Eva apre gli occhi per un istante, mentre le dice di togliersela di dosso.
«Grazie» mormora.
«Non farci l'abitudine» la avvisa, gettando la giacca sulla spalliera del divano quando se la toglie. Eva stende le gambe sulla seduta del mobile e poggia meglio la testa contro un cuscino e il bracciolo del sofà. «Ma prego, immagino»
L'istante dopo Eva si addormenta senza nemmeno battere ciglio, o continuare a sorridere a Chris come se volesse confessargli qualcosa di stupefacente. La guarda dormire per i primi dieci minuti, poggiato al bracciolo, con le mani nelle tasche del giubbotto e il cappuccio caduto sulle spalle. È bella, pensa.
Ma non bella perché ha un viso carino, i capelli lunghi e si veste bene; ma bella perché ha una presenza che riscalda, perché anche quando è ubriaca sembra genuina e immediatamente sembra che ogni parte del suo corpo irradi luce. Perfino quando piangeva, alla festa di Halloween, Chris si era accorto di quanto fosse abbagliante e lui ci avesse provato lo stesso con lei, senza pudore. Sa di piacerle, che prova qualcosa per lui, eppure non sente il bisogno di allontanarla, come è abituato a fare: non è come Iben, perché loro, per qualche assurdo motivo, stavano insieme, ma non è nemmeno come Ingrid o qualsiasi altra ragazza che abbia baciato e poi dimenticato subito dopo.
Quando Eva si muove dopo dieci lunghi minuti, accomodandosi meglio tra i cuscini, Chris si ridesta dai propri pensieri e scuote la testa, come per cacciarli via. Sta per percorrere la distanza che lo separa dall'ingresso, prima di arrestarsi quasi automaticamente: basta una sola rapida occhiata ad Eva, per tornare indietro e coprirla con cappotto che si è tolta.
Quando si chiude la porta di casa Mohn alle spalle e il gelo pungente penetra fin dentro alle ossa, pensa ad Eva e al bicchiere d'acqua che le lasciato sul tavolo basso del salotto, in un gesto quasi attento. Probabilmente troppo.
Per questo stesso motivo, cerca di evitare di parlare della serata con Eva e le sue amiche per il resto dei giorni, quasi avesse fatto un torto a se stesso, come se avesse fatto il passo più lungo della gamba e ora non sapesse come rimediare a tutta quella gentilezza gratuita.
Ci prova con tutte le sue forze a non guardare quanto Eva sia bella, o solare, o a mostrarsi diverso rispetto a come lo ha conosciuto: sicuro, un ragazzino spavaldo, tanti conoscenti intorno e pochi amici su cui contare.
Eva è qualcosa che non sa controllare, che non ha ancora compreso, ma con cui è meglio non scottarsi, quindi alza il cappuccio sulla testa e le sorride in maniera arrogante quando sa che lo sta guardando. Come se, alla fine, non sentisse l'impellente desiderio di riviverla tutto da capo.

  
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