Torno
a scrivere di loro
dopo tanto, troppo tempo.
E
lo farò ancora.
G |
occe
di pioggia sui capelli.
André
resta a guardarli al riparo di
un ombrello, mentre lei non ha niente. Niente.
Cammina
poco più avanti a lui, sulla
strada che attraversa la città deserta.
Ci
sono solo loro.
Le
luci sono spente, i marciapiedi
vuoti, le auto abbandonate… e lui prova l’impulso
irresistibile di raggiungerla
e spingerla contro di sé.
Potrebbe
farlo, proteggerla dalla
furia del tempo, stringerla tra le braccia come fosse
l’ultima donna che vede e
che vedrà per il resto dei suoi giorni.
Ma
resta in disparte, a studiare i
suoi movimenti lenti – disperati–come
se credesse di essere sola al mondo.
Non
lo sei.
Vorrebbe
gridarlo, raggiungerla e
lasciar cadere l’ombrello. Prenderle il viso tra le mani e
guardarla fino a
stare male.
Perché
sono soli. Perché non c’è
più
nessuno. Perché c’è lei.
André
teme il rifiuto, come se lo
avesse già vissuto, come se l’avesse
già incontrata.
È
rimasto solo così a lungo… che
sentire la sua voce potrebbe ucciderlo. Colpirlo dritto al petto come
una
fucilata.
Ha
la vista appannata, come se la
stesse studiando oltre un vetro bagnato.
Forse
sta piangendo; non lo sa. Non
gli importa.
La
segue sull’asfalto, osserva
l’incedere pesante, come se fosse stanca di camminare. Di
essere lì. Di essere viva.
Non
resiste. Non più. Non ora.
André
comincia a correre, vola verso
di lei, l’eco dei suoi passi nascosto dalla pioggia.
È vicino, le è quasi
addosso. È con lei.
Si
volta, e il suo viso appare
spaventato, sorpreso, conosciuto.
Sì,
conosciuto, perché l’ha già visto,
perché l’ha già incontrata.
Quando?
André
non lo ricorda, non è sicuro
che sia importante, non adesso che l’ha finalmente raggiunta.
Si
sofferma sulle sue labbra bagnate
e dischiuse, come se celassero una musica suadente.
Ascoltarla
potrebbe aiutarlo a
ricordare?
Sta
per chiederle il nome, mentre
solleva l’ombrello per coprire entrambi, ma un istante prima
che lo faccia, lo
sente risuonare nella mente.
«Oscar»
sussurra, riscoprendo la
propria voce dopo tanto tempo.
È
roca, come se la ruggine si fosse
infiltrata oltre la sua gola. Lei sgrana gli occhi, poi li socchiude;
che sia
la sua unica risposta?
«Come
lo sai?»
Era
convinto che il suo cuore avrebbe
ceduto, tanto che, per un istante, ha immaginato un fucile puntato
contro il
petto, e ne ha visto persino l’esplosione…
«Non
lo so» confessa, perché è
l’unica verità che conosce. «Quando ti
ho vista…»
Ma
lei solleva un dito – all’altezza
delle labbra – per interromperlo.
«Siamo
soli.»
In
realtà non sa nemmeno questo. Ma
Andrè china la testa, quel tanto che basta a raggiungere la
sua mano, a sentire
il tocco delle sue dita sul viso.
«Non
lo so» ripete, respirando sul
suo palmo.
Il
corpo si è fatto di pietra. Pietra
incandescente che brucia solo a guardarla. Adesso, lo sa, potrebbe
anche
morire.
Era
convinto di essere solo, ma c’era
lei. C’era sempre stata lei.
In
quella città, su quella strada,
sotto la pioggia battente. Una fucilata dritta al petto che lo ha
riportato in
vita.
Vorrebbe
allungare una mano e
toccarla, assicurarsi che sia reale, che lo sia davvero.
Ma
André ha paura.
Ha
paura di vederla svanire, ha paura
di perderla, di non sentire più la sua voce, di tornare a
essere solo.
«Non
lo so.»
È
la terza volta che lo dice, senza
che Oscar abbia chiesto niente. Ha bisogno di parlare, di parlarle, ma non sa cosa dire. Si
avvicina ancora, tanto da farle
abbassare la mano all’altezza del petto.
Lì
dove è esplosa la fucilata.
Lei
non indietreggia, non fugge da
lui, resta a guardarlo.
Un
altro passo, e piano, come se
temesse di vederla svanire, posa le dita sul fianco, facendole scorrere
fino
alla schiena.
La
sente tremare, il respiro
profondo, lento, caldo. Tanto che
André non aspetta oltre, chinandosi sul suo viso.
Guancia
a guancia, un soffio sulla
pelle, come se stessero danzando sotto la pioggia.
«Non
so se siamo soli, Oscar»
sussurra contro di lei, avvertendo la cute bagnata. Scosta i capelli
fradici e
si avvicina al suo orecchio. Fiato bollente contro acqua gelata.
«Ma
vorrei che lo fossimo.»
Ora,
solo ora, è l’unica verità che
conta. Unica verità di un mondo che li sta abbandonando.
Lei
si lascia stringere. Niente, nessuno,
potrebbe vederli, potrebbe
sentirli. Niente, nessuno, potrebbe fermarli.
Un
uomo e una donna su una strada
vuota, in una città deserta. Re e Regina del mondo.
Non
conta altro.
Quando
posa il capo contro il suo
petto – lì, dove è stato colpito, dove
la sua voce è penetrata in profondità,
dove ha rischiato di ucciderlo… – André
passa l’ombrello da una mano all’altra,
dietro la schiena di lei. Respira, e ogni respiro è
accompagnato da un fremito.
«Anch’io,
André» Anche lei sa il
suo nome? «Anch’io…»
Piove.
Tutto il resto non conta.
Note
dell’autrice:
Torno
un po’ titubante in questo
bellissimo fandom. Ho avuto un momento di incertezza, tanto da mettere
la long
“Catene” in pausa. Ma sta tornando. Grazie a Katia,
grazie al gruppo
meraviglioso messo su da Ornella, dove l’ispirazione
è dettata da immagini sempre
nuove e sempre più belle, ho deciso di riprendere quella
storia tra le mani e
di non lasciarmi bloccare da sciocche paure.
Quindi
grazie, a chi legge, a chi mi
conosce già o mi ha appena conosciuto. A chi
incontrerò nei commenti, nelle
seguite o preferite, e a chi vorrà dare uno sguardo a Catene.
Io vi aspetto, come sempre.
Celtica