Sam si desta con uno svogliato mugolio, accorgendosi subito che qualcosa non quadra. Ha troppo caldo e si sente… Oppressa. Come se avesse una piovra attorcigliata dietro la schiena, o una fastidiosa sanguisuga, o una stella marina che l'ha scambiata per uno scoglio a cui avvinghiarsi. Prova a muoversi, ma non ci riesce. Certo che non ci riesce, perché Cat la sta abbracciando al posto del suo pupazzo dal corno sbrilluccicante. È la terza volta, questa settimana. E si ritrova a sperare almeno che non abbia addosso il pigiama rosa con gli arcobaleni: lo odia. Cioè, odia tutti i suoi pigiami, ma a quello in particolare avrebbe voglia di dare fuoco. È una fortuna che sia così minuta, pensa: altrimenti non potrebbe comprare roba nei reparti per bambini. Anche se, d'altronde, senza il suo modo di vestire infantile e stravagante non sarebbe più la Cat che adora prendere affettuosamente in giro.

Quelle braccia non la mollano, ma perlomeno riesce a girarsi, finendo faccia a faccia con il suo viso da angelo. Un angelo caduto dal cielo, probabilmente battendo forte la testa e perdendo qualche rotella nell'atterraggio. Dopo quel pensiero, a detta sua geniale, si concede un'alzata di sopracciglia. “Buona, questa.”

Poi abbassa lo sguardo, con uno sbuffo che racchiude tutta la sua scocciatura: pigiama rosa con gli arcobaleni, come temeva. In sostanza, quindi, è come essere abbracciata da un orsetto gommoso con carenze d'affetto. Però è troppo pigra e ancora assonnata per scostarsi e darle una spinta – che basterebbe a farla ruzzolare giù dal letto, assicurandole di prendere una clamorosa capocciata per terra.

Si accorge che Cat sta sorridendo innocentemente, aggrappata alla sua maglia con le minuscole dita: è carina, inutile negarlo. Cat è sempre fastidiosamente carina, anche troppo. E preme il capo contro al suo petto, tanto per soffocare entrambe ancora di più. Fantastico: sta usando il suo corpo come un peluche e il suo seno prosperoso come un cuscino. Quel contatto la lascia un po' perplessa, anche se non è così male: come avere una borsa dell'acqua calda vivente addosso, morbida quanto un marshmallow. A proposito: da quella posizione il profumo dello shampoo dell'amica le invade le narici. Cannella e zucchero a velo, una miscela letale, schifosamente dolce – vomito di unicorno, in pratica. La nausea e allo stesso tempo le fa venire fame. Sbuffa di nuovo, cercando di sottrarsi all'abbraccio d'acciaio. Niente: il suo stomaco dovrà aspettare, per una volta. Dopo aver accantonato l'idea – decisamente disperata – di dare un morso a una delle sue ciocche rosso rubino, richiude gli occhi. E sa già che, al suo risveglio, Cat sarà in cucina a smanettare dietro i fornelli e faranno finta di non aver dormito insieme. Perché in fondo, per quanto sia appiccicosa e per quanto la faccia sentire scomoda, a Sam non dispiace. Meglio che sentirla rigirarsi di continuo tra le lenzuola, terrorizzata da chissà quale incubo il cui ricordo le impedisce di continuare a dormire da sola.
Non sa spiegarsi il motivo concreto per il quale ogni volta glielo permette senza troppe storie, ma perché dovrebbe importargliene? La preoccupa certamente di più sapere cosa mangerà per colazione.

È il respiro sereno di Cat a farla scivolare piano nel mondo dei sogni. Ode solo quello nel silenzio, insieme al battito del suo cuore, che per lei ha l'effetto inconscio di un dolce tranquillante.