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Autore: Starishadow    26/01/2017    2 recensioni
L’umano era decisamente giovane per la sua specie, di questo era ora piuttosto sicuro: il suo viso era liscio e privo di quella peluria scura che sembravano avere tutti quelli che aveva visto a corte fino a quel momento, e il suo corpo era piuttosto piccolo, anche se naturalmente - rispetto alle dimensioni comunemente tenute dalle fate in territori sconosciuti - abbastanza grande da costituire una minaccia. (Otayuri Fairy!AU in cui una giovane fata del ghiaccio, Yuri, decide di salvare un umano senza pensare alle possibili conseguenze a lungo termine).
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Otabek Altin, Un po' tutti, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Fragili ali -
Prologo: di uomini e fate

 
Per gli abitanti del regno fatato, gli incontri col genere umano erano rari e non privi di attrattiva, specie per le fate più giovani che puntualmente si affollavano incuriosite davanti ai grandi portoni di legno e tentavano di sbirciare all’interno per vedere almeno di sfuggita quei forestieri che di tanto in tanto si presentavano alla loro corte per incontrare i loro regnanti; erano per lo più esseri umani disperati, imbruttiti dal dolore e dalla disperazione, magari consumati da qualche malattia, spinti dalla necessità a chiedere aiuto al popolo più ambiguo di tutti, disposti a pagare qualsiasi prezzo pur di ricevere un po’ della loro magia.
Probabilmente non veniva loro insegnato che non bisognava mai fidarsi di una fata, o forse nessuno gli aveva mai detto che, per poter accontentare certi tipi di richieste, una fata avrebbe dovuto rinunciare alle proprie ali, e naturalmente erano ben poche quelle disposte ad un simile gesto.
Girava voce che in passato gli umani fossero soliti presentarsi di continuo alla corte fatata in cerca di aiuto, portando con sé doni e beni di scambio, ma col tempo le richieste si erano fatte sempre più assurde, sempre più ingorde, e il loro atteggiamento sempre più minaccioso, fino al giorno in cui uno di loro afferrò le ali della regina delle fate e gliele strappò dal corpo, causandone la morte immediata; così era scoppiata la prima guerra fra gli umani e il popolo fatato, che aveva quasi portato all’estinzione di quest’ultimo e l’aveva spinto a rifugiarsi sulle cime innevate del monte El’brus.
Avevano pensato di essersi allontanati sufficientemente da quel popolo di ingrati, la storia aveva giocato in loro favore riducendo le voci sulla loro esistenza a mere leggende, ma ovviamente qualcuno che ci credeva esisteva ancora, qualcuno caduto tanto in basso da aggrapparsi anche alla speranza di una fiaba per bambini.
Le fate erano indecise se compatire o ammirare tale atteggiamento.
L’umano che tre giovani fate incontrarono quel giorno, però, non aveva nulla a che fare con quelli che avevano intravisto fino a quel giorno: non sembrava vecchio o malato, né aveva visibili malformazioni. Però se ne stava fermo a terra, rannicchiato contro il gelido manto bianco della neve, quasi altrettanto pallido.
«Dite che è morto?», chiese una delle tre fate, svolazzandogli attorno con fare curioso, le ali leggere che riflettevano i freddi raggi di luce ogni volta che venivano colpite da essi.
«Che ne so io?», scattò su l’altra, ferma a terra e di cattivo umore per il freddo che iniziava a farsi sentire persino sulla sua pelle. Erano pur sempre fate del ghiaccio, non del vento, e quell’aria gelida si accaniva crudelmente sui loro corpi.
«Penso di sì, guardalo, non si muove…», intervenne una terza, volando vicino al volto dell’umano e punzecchiandogli una guancia con due dita.
Con un grido, tutte e tre le fate si ritrassero quando il corpo dell’umano ebbe un sussulto, e le due che erano già in volo scomparvero in pochi istanti.
«Hey! Aspettatemi!!», protestò quella rimasta a terra, correndo più veloce che poteva, nonostante l’intralcio della neve. «Mila! Georgi!».
Ma ogni richiamo era inutile: l’avevano lasciato indietro, e ancora una volta il fatto di non avere ancora ottenuto le sue ali si faceva sentire. Solo che finora non si era mai trovato in una vera e propria situazione di pericolo.
«Brutti maledetti», sibilò fra i denti la fata, voltandosi lentamente verso l’umano, preoccupato di vederlo in piedi e pronto a catturarlo.
Fu sorpreso invece di vederlo ancora a terra, immobile come prima. Forse era morto davvero stavolta.
Spinto da qualche forza sconosciuta si avvicinò di nuovo, timidamente, all’erta, pronto a saltare di nuovo lontano. Si inginocchiò davanti al volto dell’umano, sempre più pallido e con le labbra quasi viola.
“Chissà come c’è finito qui”, si chiese distrattamente, mentre dentro di sé prendeva una decisione che sperava di non rimpiangere in futuro e le sue mani iniziavano ad illuminarsi di calda luce dorata. “Non sembra come gli altri… magari si è semplicemente perso”. Appoggiò le mani sul corpo dell’umano, concentrandosi, e presto la luce si sparse su tutto il corpo dell’altro, avvolgendolo e riscaldandolo. “Dovrebbe bastare”, pensò la fata, interrompendo l’incantesimo e allontanandosi di qualche passo quando vide l’umano iniziare a muoversi; quando quello si sollevò a sedere, confuso, l’altro si buttò in un cumulo di neve lì vicino, nascondendovisi e osservandolo incuriosito.
L’umano era decisamente giovane per la sua specie, di questo era ora piuttosto sicuro: il suo viso era liscio e privo di quella peluria scura che sembravano avere tutti quelli che aveva visto a corte fino a quel momento, e il suo corpo era piuttosto piccolo, anche se naturalmente - rispetto alle dimensioni comunemente tenute dalle fate in territori sconosciuti - abbastanza grande da costituire una minaccia.
L’umano si alzò e si portò le mani su tutto il corpo, come ad accertarsi della presenza di ogni arto, e una volta realizzato che , era tutto intero, ebbe come un sussulto, si chinò a cercare qualcosa nascosto nella neve e - recuperata una sacca di cuoio - corse via, lungo la discesa del monte, probabilmente diretto al villaggio da cui era venuto.
La fata emerse allora dal suo nascondiglio, togliendosi di dosso la neve rimasta, e tornò alle dimensioni “umane”: ora che non gli serviva più nascondersi, essere più grosso dello stelo di un fiore sarebbe tornato utile. Quell’umano l’aveva incuriosito più degli altri che aveva incontrato fino ad allora nella sua breve vita, e il fatto di essere riuscito a salvarlo lo riempiva d’orgoglio tanto da fargli gonfiare il petto e camminare baldanzosamente per i primi venti minuti, passati i quali, la stizza di essere stato lasciato a piedi e di non poter ancora volare tornarono a farsi sentire, e per quando arrivò a casa, il suo atteggiamento era tornato ad essere quello irritato e schivo di sempre.

 
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Nota dell'autrice: 
salve a tutti! Primo tentativo col genere fantasy e in questo fandom, quindi sono un po' preoccupata a dire il vero... spero che vi piaccia!
Il rating e gli avvertimenti potrebbero subire cambiamenti in base al corso della storia, ma in linea generale di massima ho intenzione di restare più o meno su questo genere; magari potrebbero spuntare delle scene erotiche e altre un po' violente in futuro, ma mi assicurerò di segnalare tutto preventivamente.
Se vi va, fatemi sapere cosa pensate della storia, soprattutto se notate qualsiasi problema fatemelo pure notare e provvederò a rimediare immediatamente! 
Per quanto riguarda gli aggiornamenti ho la prima parte già scritta, quindi sarò più veloce nell'aggiornare, intanto continuo a scrivere il resto sperando che l'università mi permetta di scrivere ad un ritmo decente ^^"
Grazie per la vostra attenzione e a presto!

- Starishadow
   
 
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