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Autore: rekichan    26/01/2017    4 recensioni
Erano vivi, erano a casa, erano assieme.
«Andrà tutto bene», si dissero, con un sorriso.
E furono così convinti delle loro parole, che finirono col crederci entrambi.
[FF partecipante alla challenge indetta dal gruppo Facebook SASUNARU FanFiction Italia]
Prompt: Ferite di guerra, Bottega di un pittore, Mansarda parigina.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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A Giuliana

 

Everything goes well

Il pennello scivolava piano sulla pelle; lento, tracciava con metodica precisione il contorno di ogni muscolo e ogni cicatrice. Il corpo del ragazzo fremeva sotto ognuna di quelle carezze vellutate. Inarcava la schiena ogni volta che, malizioso, si avvicinava al basso ventre, sfiorava appena le ossa sporgenti del bacino e risaliva con una lentezza che sapeva di provocazione, fino alla cicatrice da baionetta che percorreva il fianco.

«Lo fai apposta…», la debole protesta uscì con un gemito roco dalle labbra di Naruto. Alzò lo sguardo, incrociando gli occhi scuri del pittore e il sorriso sardonico sulle labbra sottili. Il pennello guizzò sul torace; accarezzò uno dei capezzoli scuri e scivolò di nuovo sul ventre, accarezzando la pelle sensibile della cicatrice. Naruto si morse il labbro per non gemere e non dare ulteriori soddisfazioni a quel bastardo sadico.

Sì, Sasuke non poteva essere definito altrimenti. Lui, la sua dannata mania per la pittura, i centinaia di quadri incompleti che facevano bella mostra di sé in quella mansarda che puzzava di trementina e colori a olio. Dall’unica finestra proveniva il vociare pieno di vita del quartiere di Mont-Maître; le musiche dei festeggiamenti per la fine della guerra riuscivano a raggiungere perfino la piccola mansarda.

«Affatto», negò Sasuke, per nulla convinto della sua stessa affermazione. Sapeva che Naruto era dalla parte della ragione: si divertiva a vederlo inarcarsi, a sentirlo gemere e a scorgere gli occhi azzurri liquidi per l’eccitazione. Fece scivolare con noncuranza il pennello sopra i pantaloni del compagno; esercitò una lieve pressione per combattere l’attrito con la stoffa e strappargli così un altro gemito roco. Con indifferenza apparente, si scostò una ciocca di capelli scuri dal volto per non negarsi neanche un briciolo della visuale che aveva davanti: spalle brunite, il volto abbronzato col naso un po’ screpolato per il troppo sole, il busto tonico e cosparso da tante piccole cicatrici tra cui spiccava, in rilievo, quella sul fianco. Trattenne un sospiro di soddisfazione e la propria voglia di chinarsi su Naruto a baciare una ad una quelle mute testimoni di una guerra troppo travagliata perché entrambi volessero ricordarla.

Naruto desiderava con tutto se stesso che Sasuke lasciasse perdere le sue cicatrici; sperava di dimenticare i colpi ricevuti, le volte che era stato sul punto di lasciarsi le penne, la sua stupida idea di essere tra i primi ad arruolarsi per proteggere quel paese che, per lui, era stato una seconda patria. Ogni cicatrice gli ricordava la stupida esuberanza con cui si era imbarcato in qualcosa che, allora, non era stato in grado di comprendere. Cinque anni di guerra di frontiera e tante – troppe – cicatrici sul corpo gli avevano insegnato che la guerra non era un gioco e si erano portate via la sua ingenuità.

Sasuke, invece, amava ognuno di quei piccoli segni bianchi sulla pelle di Naruto, almeno quanto quelli sul proprio. Erano memoria, erano testimonianza; erano la storia di come si erano incontrati su quelle barelle, feriti e sanguinanti. La tenda dell’infermeria, il non avere nessun altro con cui parlare, nessuno che capiva come si sentivano mentre agonizzavano nell’oscurità e pregavano di restare su quella terra un giorno in più. Soprattutto, a Sasuke ricordavano la speranza che gli aveva dato quel biondo un po’ troppo entusiasta, quando aveva esordito con un: «Andrà tutto bene». Lo aveva considerato un idiota – nessuno, in guerra, dice che andrà tutto bene. Nessuno è così imbecille o pazzo da credere a quelle parole; eppure Naruto ci credeva e pareva tanto convinto della sua affermazione, che aveva finito col farci credere anche lui.

Ed effettivamente era andato tutto bene. Erano vivi, fortuna della quale molti dei loro compagni non potevano godere. Erano vivi ed erano tornati a casa, a Parigi. Sasuke aveva ripreso i suoi studi d’arte, Naruto… Naruto non sapeva dove andare. Si era arruolato troppo giovane per imparare un mestiere e la prospettiva del futuro gli era sembrata atroce, priva di senso.

«Andrà tutto bene», lo aveva rassicurato Sasuke. Naruto non ne pareva convinto, ma Sasuke ci aveva creduto così tanto ed era stato così convinto delle proprie parole, che aveva finito col farci credere anche lui.

Guardò le cicatrici di Naruto illuminate dai raggi di sole che filtravano dalla finestra. C’era qualche macchia di pittura sulle coperte e sul corpo del ragazzo. Anche le sue mani erano sporche di solvente e colore. Le tele dipinte facevano da sfondo e parevano riflettere il disegno delle cicatrici di Naruto. Sasuke mise da parte il pennello e baciò Naruto, stringendo i capelli biondi come il sole tra le dita. Godette nel sentire il corpo del ragazzo reagire a quel bacio, nel percepire la risposta. In un attimo, i pensieri cupi sulla guerra sparirono nel vortice delle coperte.

Erano vivi, erano a casa, erano assieme.

«Andrà tutto bene», si dissero, con un sorriso.

E furono così convinti delle loro parole, che finirono col crederci entrambi.

 

N/A: niente di pretenzioso, niente di approfondito. E’ una di quelle cose scritte al volto e tanto per fare un pensierino a una persona che mi è stata particolarmente vicina durante la stesura della tesi <3. Questa è tua Giuliana.

Partecipante alla S. Valentino Challenge: Prompt fantastici e dove trovarli

   
 
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