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Autore: purplebowties    27/01/2017    1 recensioni
Sei momenti della vita di Chuck durante il primo anno di vita di Henry.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Blair Waldorf, Chuck Bass | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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One Year è una collezione di one-shot che ho scritto lo scorso anno, come regalo di Natale alla mia carissima Daphne. Il suo prompt era piuttosto specifico: ha chiesto una storia che si focalizzasse sul rapporto tra Chuck ed Henry, durante il primo anno di vita del piccolo Bass. Ho scelto di seguire il corso di un anno attraverso sei shots di diversa lunghezza. Leggendole, vi renderete conto che si concentrano principalmente su Chuck ed i suoi sentimenti, anche quando visto attraverso gli occhi degli altri personaggi. Come ho premesso, questa scelta risponde ad una richiesta specifica - oltre che ad una personale esigenza di esplorare la vicenda da questo punto di vista. Non era affatto mia intenzione sottovalutare la  maternità e, di conseguenza, il ruolo di Blair nella vita di suo figlio; semplicemente non è l'argomento primario di questi pezzi. 

Devo inoltre precisare che non ho una profonda conoscenza dei bambini e, dunque, la fanfiction in generale ha necessitato di diverse ricerche. Ho cercato di essere quanto più accurata possibile, documentandomi sugli stadi della crescita dei neonati e sulla loro cura per essere in grado di fornire una rappresentazione più dettagliata. Detto ciò, potrei non essere stata precisa e mi scuso per le possibili inesattezze.

 

20 Settembre 2014

Il suono chiaro e sorprendente del primo pianto di suo figlio scosse Chuck dallo stato di assoluto terrore che lo aveva stretto nella sua morsa fino a quel momento.
 
Le otto ore e mezza che Blair aveva passato in travaglio erano state le più lunghe e le più spaventose della sua vita. Nonostante le sue mani non si fossero mai scostate da sua moglie, forti e confortanti nella loro stretta nonostante la paura gli seccasse la bocca, il cosiddetto "miracolo della vita" lo aveva colto impreparato; si era scoperto impotente ed inerme di fronte all'agonia contro cui l'aveva vista combattere. Ai suo occhi spalancati e scioccati, la nascita era parsa dolorosa e crudele piuttosto che straordinaria. 
 
Fino a quel momento, almeno. Ora che il loro bambino si era presentato al mondo, rugoso e strillante con i suoi polmoni forti che si gonfiavano del loro primo respiro di vita, Chuck capiva finalmente il significato della parola "miracolo". Lo comprendeva pienamente ed eppure se ne sentiva del tutto sopraffatto, incapace di distinguere e dare un nome a nessuna delle emozioni che gli si agitavano nel petto. 
 
Osservò tramortito l'infermiera sistemare delicatamente il neonato sul seno di Blair. La donna si congratulò gentilmente con loro, ma Chuck non stava ascoltando. La spontaneità con cui sua moglie aveva preso loro figlio e lo aveva accolto prontamente tra le sue braccia - con gesti attenti ma sicuri, come se lo avesse già fatto un milione di volte prima - lo aveva lasciato meravigliato.
 
Non riusciva a scostare gli occhi da loro, le labbra leggermente dischiuse per lo stupore di fronte al prezioso momento di cui era testimone. Blair sorrise raggiante tra le lacrime di felicità che le rigavano il volto e cominciò a contare le dita del bambino, una per una, mormorando parole che Chuck non afferrò. 
 
"Chuck, vieni qui," lo chiamò Blair un minuto dopo, la voce tremante della stanchezza e dall'emozione. "Vieni a vederlo, vieni a conoscerlo." 
     
Ma Chuck non era in grado di muoversi. Rimase immobile ad un passo dal letto di Blair, incapace di fare nulla se non arrendersi alla consapevolezza che il convulso battere del suo cuore era pura, paralizzante paura. Paura di toccare suo figlio, che era minuscolo, perfetto, del tutto innocente; paura di fargli del male - e non solo con un movimento brusco, ma di ferirlo, con la sua inadeguatezza, in un modo più profondo ed irreparabile. 
 
Non aveva idea di come essere padre e di come amare un bambino, una vita incontaminata che dipendeva da lui e per la quale era responsabile. Non aveva mai sperimentato l'amore istintivo ed incondizionato di un genitore; al contrario, aveva conosciuto il disprezzo e l'odio, l'abbandono o, al  meglio, l'indifferenza. E se fosse stato troppo danneggiato per insegnare a suo figlio l'affetto e l'accettazione, troppo guasto per mostrargli la bellezza ed il valore della vita? 
 
"Chuck?" Quasi come se avesse avvertito i suoi pensieri, Blair lo chiamò di nuovo. "Per favore, avvicinati," lo incoraggiò con un tomo più calmo e dolce. Allungò il braccio per prendergli la mano e la strinse per rassicurarlo. "Puoi toccarlo, ti prometto che non gli farai male."
 
La sua stretta gentile, anche se debole, fu abbastanza per fargli sollevare gli occhi su di lei. Blair gli sorrideva calorosa, gli occhi che le brillavano ancora di lacrime. Nonostante fosse pallida ed esausta, il suo volto risplendeva della più palese ed immensa felicità; e Chuck pensò che non fosse mai stata più bella o più forte ai suoi occhi. 

Era una costante nella sua vita, il modo in cui il suo coraggio fermo e resistente e la sua empatia riuscissero ad impedirgli di sprofondare nel suo tormentarsi; Blair aveva sempre avuto il potere di riportarlo alla realtà, di afferrarlo un attimo prima che cadesse - metaforicamente e non. Doveva solo fidarsi di lei e seguire il suo tocco. 

E così fece. Chuck fece un passo verso il letto e, cauto, si sedette al suo fianco. Abbassò lo sguardo verso loro figlio e trattenne il respiro. Così piccolo ed indifeso, il neonato sembrava essere comodo e sicuro nell'abbraccio attento ed esperto della madre, e Chuck aveva ancora troppa paura di rovinare quel contatto meravigliosamente naturale per toccarlo. 
 
Fu di nuovo Blair che guidò la mano di Chuck più vicino al viso del bambino. "E' tuo figlio, Chuck," gli disse quando lui la fermò appena prima che le dita potessero sfiorare la guancia di loro figlio. "Ha bisogno di conoscere suo padre."
 
Sopraffatto dalla paura, Chuck la guardò. "E se non fossi capace?" riuscì a chiederle rauco, ingoiando il nodo stretto in gola con difficoltà. Capace di essere un buon padre, capace di amalo abbastanza, capace di proteggerlo e di soddisfare i suo bisogni; la sua vaga domanda aveva dato voce a queste e a molte altre preoccupazioni - e nessuna di esse sembrava avere una facile risoluzione. 
 
Eppure, nel momento in cui il sorriso di Blair si allargò, Chuck capì che, in qualche modo, lei riconosceva tutte le sue insicurezze e sapeva come metterle a tacere. Lo aveva sempre saputo.
"Toccalo e basta," gli disse in un tono che era tenero ma, allo stesso tempo, sicuro.
Nelle braccia di Blair il neonato aveva cominciato ad agitarsi, costringendo Chuck a dirigere nuovamente lo sguardo su di lui.
 
Chuck sbatté le palpebre. Forse era davvero così semplice; forse doveva solo seguire il suo istinto ed l'ardente desiderio di conoscere suo figlio. Le mani gli tremavano nella presa rincuorante di quelle di Blair mentre lo fissava, incapace di distogliere lo sguardo.
 
Si piegò in avanti e, facendo un respiro profondo, si concesse finalmente di far scorrere un dito incerto lungo la gota del bambino. Fu in quel momento che la gioia più profonda ed il più potente e totalizzante, il più incondizionato amore che avesse mai provato lo colpirono. Era immediato, puro, e, nonostante le sue lacune quando si trattava di riconoscere ed accettare i sentimenti, Chuck ne diventò consapevole immediatamente, mentre accarezzava il viso di suo figlio e gli prendeva la manina. 
Era reale. Aveva un figlio; un piccolo essere umano disarmato da proteggere al meglio delle sue possibilità; un bambino che non avrebbe dovuto lottare per imparare ad amare e lasciarsi amare, che avrebbe vissuto un'esistenza semplice e felice. Il calore ed il supporto di una famiglia affettuosa lo avrebbero reso forte ed abbastanza sicuro da affrontare il mondo con il cuore leggero e con la certezza di essere sempre al sicuro e mai davvero solo; di essere speciale, essenziale per qualcuno - per un padre ed una madre che lo adoravano e si prendevano cura di lui. 
 
"Henry," Chuck disse in un sospiro tremulo, una semplice parola che sintetizzava i suoi pensieri e le sue speranze. Gli occhi gli si riempirono di lacrime e lui le lasciò scivolare libere sulle guance, senza vergogna. 
 
Non era la prima volta che prendevano in considerazione questo nome. Piaceva ad entrambi, ma, fino ad ora, Henry era stata solamente una delle opzioni che avevano vagliato. Adesso, tuttavia, Chuck sentiva chiaramente che era il nome che voleva dare a suo figlio. Suonava come una promessa, un simbolo della vita che gli voleva dare.
 
Girò la testa verso Blair e fu sollevato nel vederla annuire. Non aveva smesso di sorridergli. "Gli calza a pennello," commentò, stringendo la mano di Chuck ancora una volta per fargli capire che aveva compreso le sue ragioni. "E' un nome da principe. Henry Charles Bass. E' regale."
 
Chuck, pieno di inesprimibile gratitudine, le sorrise a sua volta. Le fece passare il braccio libero introno alle spalle e piegò il capo per darle un bacio sulla tempia, mentre le dita della mano proseguivano ad accarezzare le guance e la fronte di Henry. "Ti amo," le sussurrò nell'orecchio, cogliendo l'occasione di prendere un respiro profondo che avesse il suo odore. "Vi amo entrambi così tanto." 
 
"Ti amo anch'io." Blair portò la mano sul suo volto e, con il pollice, gli asciugò le lacrime.
 
I loro occhi si incontrarono per un breve momento quando Chuck poggiò la fronte contro quelladi lei, ma presto gli sguardi furono di nuovo attratti dal loro bambino.
 
"E' perfetto, Chuck," Blair parò attraverso un risolino soffice e commosso. 
 
Chuck sorrise. "Perfetto," ripeté. Si sporse in avanti e, delicatamente, baciò la fronte di Henry per la prima volta - la prima di molte, promise a se stesso mentre le labbra sfioravano la pelle morbida ed umida.
 
Comprese in quel momento che la sua vita era cambiata per sempre. Non era più solo il marito di qualcuno; era anche - e sopratutto - il padre di qualcuno, una componente essenziale della famiglia che avevano costruito. Aveva una bellissima moglie ed un figlio prezioso di cui prendersi cura e, abbracciandoli, non si sentì minacciato dalla responsabilità di essere così indispensabile, ma completo e pieno di orgoglio.
 
La paura sarebbe tornata (solo un minuto dopo, un Chuck fin troppo allarmato avrebbe seguito l'infermiera che portava Henry ad essere pesato e pulito, terrorizzato all'idea di lasciarlo in mani inaffidabili - mani che non erano sue o di Blair), ma era semplicemente naturale. Significava solo che era conscio che aveva qualcosa da perdere - tutto, in realtà, perché sapeva che la sua famiglia era il suo modo.  
 
Per ora, comunque, fu dimenticata. Tutto ciò che riusciva a sentire era la soddisfazione ed una gioia travolgente.
 

[1] Riguardo alla data che ho scelto per la nascita di Henry: io sono dell'opinione che Henry avesse tre anni nel flash-forward dell'ultimo episodio della serie. Sono anche convinta che Chuck e Blair abbiano atteso un anno intero dopo il loro matrimonio prima di allargare la famiglia. Nel mio head-canon, Blair era incinta per la fine di Dicembre 2013.

[2] La mia opinione sul perchè Chuck e Blair abbiano deciso di chiamare loro figlio Henry è leggermente diversa da quella della gran parte del fandom. Se la gran parte dei Chair shipper pensa che la scelta sia stata dettata dalla voglia di Chuck di essere un "uomo migliore", io credo che la decisione riguardi più la possibilità di Henry di vivere la vita che il padre non ha potuto avere, libero dalle lotte e dal dolore che inevitabilmente hanno reso Chuck la persona che è.

[3] La fanfiction è stata scritta prima in inglese (da me) e poi tradotta. Qui l'originale. 



 
   
 
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