Salve a tutti.
Ieri non ho avuto tempo di scrivere
questa premessa. Per prima cosa voglio dire che molti dei dialoghi che
trovate
all’interno della storia sono presi direttamente dalla saga
di Harry Potter,
non sono ancora così brava come la zia Row xD
Come seconda
cosa voglio ringraziare tutti quelli
che recensiscono le mie storie ogni giorno….siete la mia
energia, mi spingete a
continuare!
Un grazie
particolare va a Pervinca Potter 97,
grazie a te e alle tue “schegge” perché
mi hai dato la spinta per scrivere di
Sev, una cosa che non ero mai riuscita a fare, ero come bloccata, non
riuscivo
a mettere su carta tutto il suo dolore. Non penso di esserci riuscita
appieno,
ma è un piccolo passo.
Un bacio a
tutti, Serena^^
A
time to Pain
Primo
Capitolo: Perché ti perderò.
“Non
mi serve l’aiuto di una piccola schifosa
Mezzosangue!”
Non ci vedeva
più dalla rabbia. Non vedeva più
nulla.
L’unica
cosa che vide fu lei, che trasaliva.
E in quel
momento gli si aprirono gli occhi, e
volle morire.
“E’
diverso se si è figli di Babbani?”
“No.
Non
è diverso”.
Severus che
cosa hai fatto?
Lily
è là, fredda e distante adesso, gli dice che
non lo aiuterà più.
“E se
fossi in te mi laverei le mutande, Mocciosus”.
Come un duello.
L’avversario rispose al fendente,
colpendolo dritto al cuore.
Nei suoi occhi
vede odio, e vede dolore. Ma non
potrà mai vedere il dolore profondo nel suo cuore. Lily non
potrà farlo. L’ha
visto nei suoi occhi. L’ha capito dalla sua voce.
“Lily…”
sussurrò Sev.
Ma non lo
udì nessuno. Nessuno. Adesso era davvero
solo.
Lei
andò via, lui la seguì con lo sguardo.
Lo stupido
ragazzo davanti a lui continuò quel
gioco che tanto lo divertiva.
Quel giorno
Severus Piton fu umiliato davanti a
tutta la scuola, davanti alla sua unica casa, davanti ai suoi amici,
che non
intervennero, davanti alle persone che stimava, davanti alla persona
per cui si
sarebbe gettato nel fuoco….quel giorno Severus Piton
perdette la sua dignità.
Ma non era poi così importante per lui. Poteva rinunciare a
tante cose, l’aveva
sempre fatto. Aveva rinunciato ad avere una famiglia, ad avere una
casa, ad
avere una popolarità, ad avere bellezza, ad avere una
ragazza. Cos’era in fondo
perdere la propria dignità? Per qualcuno potrebbe essere
tutto. Ma lui quel giorno
perse qualcosa che era più prezioso della vita. E perdere la
dignità non era niente a
confronto.
Correva lungo
il corridoio buio, attento a non
farsi scoprire. Salì le scale, una, due, tre rampe e
raggiunse il quadro della
Signora Grassa.
“Parola
d’ordine?”, domandò quella.
“Devo
parlare con Lily!”, rispose, invasato.
“Niente
parola d’ordine niente entrata”, disse
quella impertinente.
Severus
tentò un’ora buona di passare, e solo
quando la Signora Grassa minacciò di chiamare Silente si
calmò. Non voleva che
Silente sapesse cosa aveva detto. Si vergognava, si.
Si sedette la
davanti aspettando che qualcuno
passasse dal ritratto.
Per ore non si
vide nessuno. Ad un tratto sentì
dei passi per le scale, e vide Mary Arold sgambettare veloce per non
farsi scoprire
fuori oltre il coprifuoco.
“Piton!”,
strillò spaventata.
“Che
cavolo ci fai qui, Mocciosus?”
“Non..chiamarmi
con quel nome! Chiamami Lily,
dille che non me ne andrò da qui finché non
uscirà a perlare con me. Dormirò
qui piuttosto, sono disposto a tutto! Diglielo Mary Arold”,
disse.
La giovane
grifoncina non era tipo da farsi
intimidire da nessuno, era una di quelle toste. Ma qualcosa nello
sguardo di
Severus le chiuse la bocca e le serrò lo stomaco.
Sussurrò un si e scappò
dentro la torre.
Poco dopo ne
uscì lei, gli occhi pesti di chi ha
pianto ore, le mani graffiate da quanto le aveva tormentate.
“Mi
dispiace”.
“Non
mi interessa”.
“Mi
dispiace!”
“Risparmia
il fiato. Sono uscita solo perché Mary
mi ha detto che minacciavi di dormire qui”.
“L’avrei
fatto. Non volevo chiamarti schifosa
Mezzosangue, mi è…”
“…scappato?
Troppo tardi. Ti ho giustificato per
anni. Nessuno dei miei amici riesce a capire come mai ti rivolgo la
parola. Tu
e i tuoi cari Mangiamorte…vedi, non lo neghi nemmeno! Non
neghi nemmeno quello
che volete diventare! Non vedi l’ora di unirti a Tu-Sai-Chi,
vero?”
Severus voleva
dire di smetterla, smettila di guardarmi
così Lily, ti prego.
Ma non seppe dire nulla. Era inerme.
“Non
posso più fingere. Tu hai scelto la tua
strada, io la mia”. Le parole gli gelarono il sangue, gli
fecero esplodere la
testa.
“No…senti,
io non volevo…”
“…chiamarmi
schifosa Mezzosangue? Ma chiami così
tutti quelli come me, Severus. Perché io dovrei essere
diversa?”
Perché
ti amo Lily Evans, perché ti amo ti amo e tu non lo sai!
Avrebbe voluto
urlarlo, ma lei si voltò e andò
via.
Via. Via per
sempre.
E lui,
lì, da solo come solo non era mai stato
stato in tutta la sua vita. Scappò Severus, corse fino alla
Torre di
Astronomia, la torre più alta.
Urlò,
e urlò di nuovo, e pianse Severus, pianse
come un uomo che ha perso tutto, pianse come se fosse morto lui, pianse
e si
dimenò come un bambino.
“Perché?
Perché Lily perché? Oh dio, non volevo,
ti prego Lily…perdonami ti prego!”. Urlava al
vento. Alla luna. Alle stelle che
le ricordavano il suo sorriso.
Il calore che
aveva alloggiato nel suo cuore per
anni ora esplose in lui. Si arrampicò sul muretto della
torre, pronto a
gettarsi di sotto.
“Perché?...”
Il vento gli
scompigliava i capelli. Lavava le
lacrime.
No. Non doveva
farlo. L’amava giusto? Allora non
l’avrebbe fatta soffrire. Mai più. Non la avrebbe
mai più ferita. Mai.
Scese dal muro
e si ricompose.
Quella notte
dormì in cima alla torre. Ebbe gli
incubi, ma non aveva più paura.
Qualcuno lo
scosse quella mattina. Pioveva, il
cielo era grigio. E Severus Piton era solo.
Quel qualcuno
lo scosse e lui si svegliò. Il
professor Silente era di fronte a lui.
Non ebbero
bisogno di parole.
Forse lo aveva
sentito quella notte.
Severus Piton
si alzò e lentamente scese le scale
e arrivò al dormitorio vuoto.
Entrò
alla seconda ora di lezione di
trasfigurazione.
Si sedette
all’ultimo banco e tutti si girarono.
Tranne lei.
Era
completamente solo.